giovedì 30 giugno 2016

Cade il silenzio tra Pechino e Taipei


Cade il silenzio tra le due sponde dello Stretto. Pechino ha sospeso i contatti con l'agenzia taiwanese responsabile di mantenere la comunicazione con la mainland. A provocare lo strappo, il mancato riconoscimento da parte di Taipei del «principio di una sola Cina». In realtà, da quando la nuova presidente filo-indipendentista Tsai Ing-wen ha assunto il potere, il governo cinese non ha mancato occasione per esternare la propria disapprovazione nei confronti della leadership del Democratic Progressive Party.

Secondo quanto affermato sabato dal portavoce del Taiwan Affairs Office (TAO), An Fengshan, «la comunicazione tra le due sponde dello Stretto è stata sospesa a causa del mancato riconoscimento da parte di Taiwan del consenso 1992», il principio che stabilisce l'esistenza di «una sola Cina» senza ben chiarire, tuttavia, se essa sia quella rappresentata dalla mainland o quella che oggi corrisponde all'ex Formosa.

L'ultimo utilizzo dei meccanismi di comunicazione tra le due parti risale a venerdì quando il Mainland Affairs Council (MAC) aveva contattato il Taiwan Affairs Office per esprimere le proprie preoccupazioni riguardo alla deportazione dalla Cambogia in Cina di 25 taiwanesi sospettati di essere implicati in una serie di frodi telefoniche e online che Pechino stima siano costate ai cittadini cinesi milioni di yuan; ultima tranche di una lunga sequela di «rimpatri» forzati da Paesi amici di Pechino - come Kenya e Malaysia - che Taipei definisce «rapimenti».

Ad ogni modo, stando alle dichiarazioni del TAO, i contatti tra le agenzie amministrative risultavano interrotti da maggio, ovvero da quando la leader del partito indipendentista Democratic Progressiv Party (DPP) Tsai Ing-wen si è insediata alla presidenza dell'isola democratica con un discorso inaugurale che Pechino ha definito «incompleto»: Tsai si è detta favorevole al mantenimento dello status quo bypassando volutamente un riferimento esplicito al «consenso del 1992», condicio sine qua non il normale svolgimento dei rapporti attraverso lo Stretto risulta inaccettabile, fanno sapere dalla mainland, dove Taiwan viene ancora considerata una «provincia ribelle» da riannettere.

Malgrado i progressi registrati dalle relazioni bilaterali negli ultimi tempi, culminati nello storico incontro al vertice tra Xi Jinping e l'ex presidente taiwanese Ma Ying-jeou, il ritorno al potere del DPP riapre un periodo di incertezze per le due Cine, dopo anni di gestione filocinese sotto l'egida nazionalista del Guomindang. Difficile ipotizzare l'adozione di una linea dura proprio ora che la nuova leadership taiwanese si trova a dover gestire con urgenza una spinosa congiuntura economica sulla quale l'incombente vicino incide drasticamente (nel bene e nel male), contando per il 40 per cento dell'export dell'isola. Proprio in questi giorni Taipei si trova a dover domare il primo sciopero della storia da parte di una compagnia aerea locale, con i dipendenti della China Airline che negli scorsi giorni hanno incrociato le braccia per ottenere maggiori indennità e migliori condizioni di lavoro.

Questo non sembra tuttavia implicare una resa di Taipei alle richieste del gigante asiatico. Dopo aver consolidato la sua posizione nell'esercito visitando due basi militari nella contea di Hualien lo scorso maggio, domenica la Tsai ha fatto la sua prima apparizione pubblica oltremare per presenziare alla cerimonia organizzata per celebrare il «raddoppio» del canale di Panama, uno dei pochi Paesi a riconoscere ancora la statualità di Taiwan, ma che -si mormora- potrebbe in futuro scaricare Taipei per stringere più stretti rapporti con la Repubblica popolare. Un'ipotesi avvalorata dal simbolico battesimo della portacontainer cinese Cosco Shipping Panama, prima imbarcazione ad aver attraversato l'istmo delle Americhe dalla conclusione dei lavori di ampliamento avviati otto anni fa. Ecco che nonostante la pesante assenza di Xi Jinping - il capo di Stato cinese aveva respinto l'invito delle autorità panamensi denunciando l'ambiguità mantenuta da Taipei sul principio «una sola Cina» - anche da lontano Pechino sa bene come rivendicare il proprio ruolo di «convitato di pietra». L'arte della persuasione diventa superflua quando si hanno un portafoglio bello gonfio e ghiotti progetti infrastrutturali in cantiere.

Sebbene finalizzata a cementare la posizione della Repubblica di Cina (ROC) sullo scacchiere internazionale, la trasferta americana di Tsai - che proseguirà in Paraguay e comprende scali a Miami e Los Angeles - per il momento si è svolta all'insegna del basso profilo. Anche troppo secondo i colleghi del Guomindang, indispettiti dal fatto che la leader abbia preferito utilizzare il nome informale di Taiwan anziché quello più ufficiale di ROC, verosimilmente per non infastidire i compagni del continente.

Negli ultimi mesi il Dragone ha giocato di sponda, prima pressando le nazioni alleate per una consegna dei «truffatori» taiwanesi, poi centellinando il numero dei turisti cinesi oltre lo Stretto. In tutta risposta, per disinnescare la tensione Tsai si è trovata costretta ad arricchire il proprio entourage di «veterani» con forti legami nel Guomindang, deludendo le aspettative di quanti si attendevano un governo più giovane, sulla scia dell'attivismo nato dalle proteste studentesche dei Girasoli contro il famigerato trattato commerciale sui servizi. Ultimamente sono girate voci su una possibile ripresa dei dialoghi per rinegoziare i 23 accordi siglati dalle due parti negli ultimi otto anni, nel caso si dovessero rivelare inaccettabili alle condizioni attuali. Un'eventualità che, tuttavia, smentirebbe le promesse della leader del DPP di mantenere invariati i termini delle intese precedentemente sottoscritte. Il che se da una parte accontenterebbe le neonate forze politiche, dall'altra finirebbe per irritare ulteriormente Pechino.

(Pubblicato su China Files)

mercoledì 29 giugno 2016

Corruzione uteri in affitto tra Cina e Giappone


Per sfuggire alla campagna anticorruzione lanciata dal presidente Xi Jinping , i componenti della nomenklatura preferiscono che la propria progenie venga al mondo direttamente oltremare: un escamotage per trasferire in modo sicuro i propri beni nel Paese del Sol Levante.

Mentre la campagna anticorruzione lanciata dal presidente cinese Xi Jinping nel 2012 continua a fare vittime tra i ranghi del Partito, le «mele marce» sono costrette a ripiegare su nuovi escamotage per mettere al sicuro i propri averi oltreconfine; dall’ottobre 2014, ammontano a 124 i corrotti estradati in Cina da 34 paesi e regioni. Un tempo si parlava di funzionari «nudi», alludendo all’usanza in voga tra i quadri di spedire moglie e figli all’estero con le fortune occulte di famiglia per aggirare i controlli. Oggi c’è chi preferisce che la propria progenie venga al mondo direttamente oltremare, per meglio depistare la Commissione incaricata di mantenere la disciplina ai vari livelli del Partito.

Secondo un’inchiesta realizzata dal quotidiano nipponico Mainichi, le nuove frontiere della corruzione cinese si estendono fino al Giappone, dove da alcuni anni la nomenklatura cinese si sta affidando al mercato nero della maternità surrogata per assicurarsi una prole giapponese. Nel Sol Levante, infatti, non soltanto non esiste una legge che vieti esplicitamente la gestazione per altri, ma è anche possibile che il nuovo nato ottenga la cittadinanza della madre surrogata indipendentemente dalla nazionalità dei genitori biologici, con tutti i vantaggi del caso. Avere un figlio con passaporto nipponico dà la possibilità (a tutta la famiglia cinese) di trasferire in modo sicuro i propri beni in Giappone o in un Paese terzo, oltre a facilitare la compravendita di immobili e l’apertura di società nel vicino asiatico.

Una delle fonti intervistate dal Mainichi, una trentenne di Pechino avvicinata nel quartiere del business di Hong Kong grazie alla mediazione di un broker, racconta – dopo alcune resistenze – di essere stata indotta ad affittare un utero dallo zio del marito, un alto funzionario del Partito con incarichi governativi. «Più sono in alto nella scala del Partito e meno hanno voglia di sacrificarsi per il loro Paese», commenta la donna. È il maggio 2013, e la lotta contro le «mosche e le tigri» raggiunge il culmine con un’ultima vittima eccellente: l’ex zar della sicurezza Zhou Yongkang finisce sotto indagine per corruzione. La notizia verrà confermata dai media di Stato soltanto nel luglio 2014, ma le indiscrezioni su una sua detenzione cominciano ad agitare gli alti papaveri.

La versione della donna combacia con quella del marito incontrato dal quotidiano nipponico lo scorso 11 giugno a Tokyo, dove l’uomo si è trasferito per spianare la strada ad un’eventuale espatrio del clan famigliare e per seguire il figlio lasciato alle cure di un asilo nido. Il quarantenne spiega di come il 9 giugno 2013 lo zio abbia chiamato a raccolta lui e la moglie per annunciare che «la famiglia aveva preso una decisione»: «La leadership di Xi Jinping si appresta a colpire duro. Dobbiamo trasferire i nostri asset ancora più lontano dalle autorità», ha dichiarato lo zio che deve tutta la sua carriera ad una figura di spicco vicina alla cerchia di Jiang Zemin, ex presidente della Repubblica popolare e tutt'oggi eminenza grigia della politica cinese, dato da alcune fonti non troppo attendibili ad alto rischio manette. Dopo tre anni, le ricchezze di famiglia si trovano ormai al sicuro in giro per il mondo; 2 miliardi di yen sono sul conto giapponese del piccolo, nonostante la sua tenera età, grazie ai controlli rilassati della Financial Service Agency (l’authority bancaria nipponica) che rendono il Sol Levante una meta anche più appetibile rispetto agli Stati Uniti, per chi vuole fare perdere le tracce di soldi sporchi.

È nel controverso distretto di Kabukicho, un tempo infestato dalla mafia cinese, che il business degli uteri in affitto – pensato inizialmente per sopperire al crescente tasso di infertilità tra le coppie d’oltre Muraglia – prospera indisturbato al prezzo di 15 milioni di yen a gravidanza. Il Mainichi ha avuto modo di consultare «l’archivio» di un broker cinese di base a Tokyo. Due raccoglitori di colore blu contenenti tutte le informazioni accumulate in quattro anni di attività: nomi dei clienti e dati personali, indirizzo, professione, sesso del nuovo nato e Paese di residenza. In tutto sono 86 i bambini nati da uteri in affitto, di cui 28 lasciati alle cure di asili nido e altre strutture in Giappone, 58 quelli riportati in Cina dai genitori biologici.


(Pubblicato su il Fatto quotidiano)

domenica 26 giugno 2016

Mar cinese meridionale: la Cina e i suoi (presunti) alleati

Pechino raccoglie consensi per quanto riguarda le sue posizioni nel Mar cinese meridionale, a pochi giorni dal verdetto del tribunale internazionale dell'Aia, al quale si sono appellate le Filippine un paio di anni fa. Secondo quanto riportato dai media cinesi, sono 47 i paesi ad aver affermato di non riconoscere la validità dell'arbitrato qualsiasi sia il suo esito. Le dichiarazioni ufficiali dei rispettivi governi, in realtà, dicono altro.



giovedì 23 giugno 2016

Rassegna: Dispacci dalla Silk Road Economic Belt


Le relazioni tra la Cina e l'Uzbekistan diventano "partnership comprensiva strategica". E' quanto stabilito durante il colloquio di tre ore tra Xi Jinping e il suo omologo Karimov a Tashkent, dove il presidente cinese si trova per presenziare al 16esimo summit SCO. I due paesi si erano impegnati in una partnership strategica nel 2012. Durante la sua visita di due giorni in Uzbekistan Xi ha anche partecipato all'inaugurazione del tunnel Qamchin, il più lungo dell'Asia Centrale realizzato dalla China Railway Tunnel Group. (Xinhua)

Non solo controterrorismo. La SCO deve diventare qualcosa di più. Pechino propone di estendere la cooperazione in sei comparti: connettività, finanza, capacità produttiva, sicurezza, affari sociali e commercio. Segno che anche la SCO sta diventando sempre più uno strumento al servizio della One Belt One Road. (Xinhua)

L'ingresso di India e Pakistan nella SCO è ancora lontano dal realizzarsi. E' il commento di alcuni esperti cinesi allo scoccare del 16esimo summit che riunisce i leader dei paesi membri dell'organizzazione. Sull'estensione della membership pesano lo sviluppo nucleare dei due paesi dell'Asia Meridionale, nonché le reciproche frizioni per la sovranità sul Kashmir. (China Radio International)

Alashankou, cittadina di 10mila anime lungo il confine sino-kazako, è uno dei centri della regione autonoma dello Xinjiang destinata a diventare centro nevralgico della Nuova Via della Seta malgrado le caratteristiche geografiche lo rendano un posto tutt'altro che ospitale. Nel 1990 la cittadina ha visto nascere il primo contatto ferroviario con l'Unione Sovietica e oggi viene considerata il principale "porto secco" della Cina occidentale. Nonostante lo scorso anno il valore dei commerci sia stato di soli 135 milioni di dollari, ormai da Alashankou partono regolarmente servizi di trasporto verso Mosca, Rotterdam e Madrid. E la zona di libero commercio lanciata nel 2014 fa sperare in una crescita. Almeno questo è quanto si augurano le 80 compagnie cinesi che hanno scelto la città come trampolino di lancio verso l'Europa. Come a Khorgos, tuttavia, la realtà dei fatti è ben lungi dall'avvicinarsi al futuro vagheggiato dai cartelloni pubblicitari. (The West Australia)

L'imminente visita di Putin (25-16 luglio) dovrebbe portare alla finalizzazione di una trentina di accordi tra Cina e Russia. Recentemente Pechino ha confermato un prestito di 400 miliardi di rubli per costruire la ferrovia superveloce da Mosca a Kazan, espandibile a Pechino. Mentre ad aprile, due banche statali cinesi hanno promesso finanziamenti per 12 miliardi di dollari per sviluppare il giacimento di gas nell'Artico russo. Il progetto renderebbe la Cina il primo acquirente di gas russo. (SCMP) Secondo alcune indiscrezioni, Putin vuole vendere i gioielli di famiglia a Cina e India, due partner strategici. Sotto i riflettori soprattutto la possibile vendita del 19,5 per cento del colosso energetico Rosneft OJSC, la cui cessione dovrebbe fruttare 700 miliardi di rubli. (Bloomberg)

Eurasianet fornisce un'analisi del progetto di delocalizzazione della sovrapproduzione industriale cinese in Kirghizistan. La lista presentata dal ministro degli Esteri cinese a Bishkek lo scorso maggio presenta una quarantina di siti papabili: tra gli impianti vacanti in lizza, impianti per la lavorazione del silicio e dell'antimonio, una fabbrica di lampadine a Mailuu-Suu, due distillerie a Karakol e Kara-Balta, oltre a linee di produzione tessili nel sud. A remare contro l'accordo, tuttavia, permangono le barriere commerciali innalzate con l'accesso del Kirghizistan nell'Unione economica eurasiatica a guida moscovita. Mentre in passato il paese centroasiatico lucrava sopratutto sul re-export di merci cinesi nello spazio ex-sovietico, adesso conviene piuttosto concentrarsi sulla produzione e sull'assemblaggio di merci. Chi, nonostante il calo dei profitti, invece rimane fedele all'import export testa nuovi schemi, come l'importazione di prodotti cinesi attraverso il confine sino-kazako, dove sorge la zona economica speciale di Khorgos. Stando ad alcune fonti locali, molti preferirebbero l'arrivo di investimenti dalla Russia in virtù del passato comune, ma per ora il coinvolgimento di Mosca nel paese si è dimostrato illusorio. Proprio di recente è stato annullato il contratto per la costruzione di due centrali idroelettriche a causa del ritardo nei lavori. In compenso sono state avviate trattative con la China’s State Power Investment Corporation per quattro stazioni lungo il fiume Naryn in grado di generare 4,6 miliardi di kilowattora. Ad ogni modo, secondo Gulnur Chekirova, l'interesse di Pechino per il Kirghizistan è finalizzato sopratutto alla stabilizzazione di rapporti strategici sul lungo periodo, mentre nell'immediato il paese centroasiatico funge da canale di transito verso le nazioni della regione. (Eurasianet)

L'intenzione di Astana di estendere la durata dell'affitto della terra agli stranieri da 10 a 25 anni ha innescato una serie di proteste popolari non prive di sfumature anticinesi, riprese dalla stampa locale. E se è vero che la sinofobia è direttamente proporzionale all'ammontare degli investimenti iniettati dal Dragone nella regione, probabilmente i governanti centroasiatici dovranno fare il callo alle proteste di strada. Negli ultimi 5 anni Pechino ha investito oltre 10 miliardi di dollari nel paese, mentre all'inizio del 2016 si contavano 668 imprese cinesi su suolo kazako, un più 35 per cento rispetto al 2013. A febbraio è stato attivata la linea merci che da Almaty arriva a Linayungang, il volume di container dall'Europa alla Cina passante per il Kazakistan è raddoppiato nel 2015. Intanto l'area industriale di Khorgos ha attratto (inspiegabilmente) 3,1 miliardi di dollari di investimenti da quando è stata lanciata nell'aprile 2012, mentre il Dragone continua a fare la parte del leone nell'industria energetica kazaka, controllando il 30 per cento delle estrazioni petrolifere nel paese centroasiatico (nel 2013 la statale CNPC ha acquistato l'8,33 per cento del mega giacimento di Kashagan). (Eurasianet)

Più di 1.700 treni container sono stati lanciati tra Cina ed Europa da quando sud-ovest sinistra della Cina Chongqing per Duisburg in Germania nel 2011. La maggior parte di questi treni passati attraverso la Polonia, mentre il treno merci Chengdu-Europa e "Sumanou" da Suzhou a Varsavia, a due non fermare i treni, gestito dalla Cina direttamente alla Polonia. Quasi tutti i treni merci tra Cina ed Europa passano per la Polonia. (Xinhua)

Un'analisi di Raffaelo Pantucci sugli interessi cinesi in Asia Centrale e lo stato dell'arte della Silk Road Economic Belt. Pantucci sembra contestare velatamente la mancanza di una strategia regionale chiara. (Eurasianet)

Il Jihad arriva in Cina? Intervista al professor Gunaratna


Negli ultimi tre quattro anni la Cina ha dovuto far fronte ad un'ondata di radicalizzazione con epicentro nella regione autonoma islamica dello Xinjiang. Nel mirino delle autorità la minoranza musulmana e turcofona degli uiguri che dal XIX secolo sfida il governo cinese rivendicando la propria appartenenza alla grande famiglia del Turkestan, la regione storica compresa tra Asia Centrale e Xinjiang. Se nel corso del secolo scorso non sono mancate spinte secessioniste e sollevazioni locali, da qualche tempo la situazione sembra risentire più marcatamente dell'influsso del terrorismo globale. Difficile poter continuare a considerare quella dello Xinjiang una questione puramente etnica. Pechino punta il dito contro l'East Turkestan Islamic Movement (ETIM), un'organizzazione della quale molti ormai mettono in dubbio l'esistenza.

Professor Rohan Gunaratna, è sensato parlare ancora di ETIM? E se sì, quali sono i suoi rapporti con il terrorismo internazionale?

L'ETIM ha cambiato nome in Turkestan Islamic Party (TIP) sotto l'influenza di al-Qaeda. A differenza dell'ETIM che ha combattuto per la liberazione del Turkestan Orientale (ovvero dello Xinjiang), il TIP si batte per la liberazione di tutto il Turkestan, compreso quello Occidentale[composto dalle 5 nazioni centroasitiche] ed è ancora il gruppo dominante tra i militanti uiguri. Nel corso del tempo la struttura del TIP ha subito cambiamenti radicali. A causa dell'aumento delle operazioni e delle attività di intelligence, adesso il TIP è diventato più discreto. I suoi operatori utilizzano tecnologie criptate per comunicare, ed è una sfida per Pechino e i governi stranieri riuscire a monitorare e interrompere le loro attività in modo efficace. Grazie alla sua interazione con una serie di gruppi terroristici, sia in Asia che in Medio Oriente, il TIP ha stabilito cellule altamente compartimentate, dirette, guidate e finanziate sia da dentro che da fuori della Cina. Le figure chiave si trovano in Pakistan, Afghanistan, Turchia e Siria. Nonostante alcune defezioni in favore dell'Isis, la maggior parte della leadership e della base di supporto del TIP, per ora, rimane legata ad al-Nusra, il più attivo dei gruppi gravitanti intorno alla galassia di al-Qaeda. Questo per via della storica lealtà che lega l'ETIM/TIP ad al-Qaeda e Talebani (sia con base in Afghanistan che in Pakistan). Ma non si può negare che il Califfato stia avendo una crescente presa sui militanti uiguri, da attribuire soprattutto alla superiorità dei suoi strumenti di propaganda. Per cui non ci dovremmo stupire se in futuro assisteremo ad uno spostamento della militanza uigura da al-Nusra verso Isis.

Secondo l'analista Christina Lin, la primavera araba del 2011 ha sancito un punto di svolta per la questione sicurezza in Cina. Quell'anno Kashgar (Xinjinag meridionale) fu colpita da un attentato dinamitardo e per la prima volta i separatisti uiguri piantarono una bandiera nera con scritte arabe piuttosto che quella tradizionale blu dell'East Turkestan con una stella e la mezzaluna. Quel gesto starebbe a simboleggiare lo slittamento dei militanti uiguri dalla storica posizione separatista ad una più radicale ispirata dal jihad globale. E' d'accordo? A cosa dobbiamo tale cambiamento?

Confermo. In effetti è proprio con la primavera araba del 2011 che il TIP ha perso ancora di più il suo carattere nazionalista per abbracciare l'idea di jihad globale diffusa da al-Qaeda. Si noti che la bandiera utilizzata dal TIP non è quella dell'Isis bensì quella di al-Qaeda, proprio perché il gruppo dominante al tempo delle primavere arabe era il movimento di Bin Laden non quello del Califfo. Il 2011 è stata un punto di svolta per molti, non soltanto per il TIP. Da quel momento il TIP ha capito quanto impatto può avere la mobilitazione delle masse e l'importanza di investire nella propaganda per una loro radicalizzazione e politicizzazione. Oggi la propaganda del TIP appare trasformata; è diventata molto più simile a quella di al-Qaeda e dell'Isis. Per esempio, il braccio mediatico del TIP, l'Islam Azawi (“Voice of Islam”), rilascia la propria propaganda attraverso il Global Islamic Media Front (GIMF), che è pro-al-Qaeda. La qualità dei filmati ormai è quasi Hollywoodiana come dimostrano gli ultimi video della presa di Khalidiyah e Khan Touman a nord di Aleppo.

È ormai largamente condivisa la teoria che dietro l'Isis vi siano paesi arabi come Qatar e Arabia Saudita. Quando parliamo di TIP dove dobbiamo guardare?


Il TIP può contare su svariate fonti di finanziamento in Medio Oriente e in Germania, dove ha sede il World Uyghur Congress, quello che potremmo definire il suo ramo politico. Inoltre bisogna tenere presente come il sistema di reclutamento dei miliziani uiguri si sovrapponga al traffico di essere umani passante per il Sud-est asiatico.

Secondo fonti non verificabili, la presenza di jihadisti cinesi tra le fila di Isis e al-Nusra ammonta a diverse migliaia. La maggior parte è costituita da uiguri, tuttavia lo scorso novembre l'Isis ha rilasciato un video in mandarino con il chiaro intento di raggiungere una più ampia fetta della popolazione islamica cinese. E' lecito ipotizzare che l'obiettivo fosse l'altra minoranza musulmana cinese, quella degli hui, parlante mandarino e tradizionalmente considerata da Pechino come "innocua" per i suoi storici rapporti di cordialità con l'etnia maggioritaria han. Addirittura si comincia a parlare di una nuova fascinazione tra gli stessi han per il Salafismo nelle province cinesi in cui l'Islam è più presente, come il Gansu.

Isis e al Nusra sono in aperta competizione per assoldare uiguri, hui e altre comunità musulmane. Questo deve aver spinto il Califfato a produrre propaganda in mandarino. Chiaramente si tratta di una svolta che avrà un impatto decisivo sulla sicurezza in Cina, ampliando la minaccia oltre i confini dello Xinjiang. E' probabile che in futuro assisteremo ad attacchi ispirati da Isis e al-Nusra anche al di fuori dallo Xinjiang.

In realtà, negli ultimi anni, di attentati rilevanti al di fuori dei confini della regione autonoma ce ne sono già stati almeno due. Quello avvenuto nell'autunno del 2013 in piazza Tian'anmen e quello del 2014 alla stazione di Kunming, nello Yunnan. Sono episodi attribuibili in qualche modo al terrorismo internazionale?

La nuova strategia del TIP prevede un'estensione delle operazioni ben al di fuori del tradizionale arco d'azione per aumentare l'impatto. Questo se da una parte è servito a pubblicizzarne le attività, allo stesso tempo ha innescato una risposta schiacciante da parte del governo cinese, impegnato a smembrare le cellule, la rete e le infrastrutture del TIP. Al contrario di quanto si pensa in Occidente, gli attentati di piazza Tian'anmen e Kunming non sono opera del terrorismo internazionale. Sono stati pianificati, preparati e realizzati dal TIP, che ha impiegato anni per riuscire a ricostruire e riorganizzare il proprio network in Cina.

Recentemente Pechino ha varato la sua prima legge antiterrorismo che, tra le altre cose, permetterà all'esercito cinese di prendere parte a missioni all'estero. Ci dobbiamo aspettare un maggiore attivismo di Pechino oltreconfine, nonostante lo storico principio di non ingerenza negli affari interni degli altri paesi?

Con l'ascesa della Cina sullo scacchiere internazionale Pechino non può più permettersi di procedere in solitaria; è giusto che il governo cinese cerchi di proteggere i paesi colpiti dal terrorismo e dalla guerriglia. Il vero problema è che le capacità cinesi in materia di sicurezza sono ancora molto limitate rispetto a quelle di Usa ed Europa. Non è facile dire cosa succederà in futuro. In genere Pechino applica la politica del non interventismo. Ma con la nuova legge antiterrorismo - diventata effettiva il 1 gennaio - adesso il regime cinese ha il potere di ingaggiare in missioni all'estero forze militari e di polizia. E mentre per la spedizione di forze di polizia è necessario il consenso del paese coinvolto, per quelle militari tale autorizzazione non è del tutto obbligatoria. Staremo a vedere.

A marzo il generale Fang Fenghui, in visita a Kabul, ha proposto l'istituzione di un'alleanza regionale con Pakistan, Afghanistan e Tajikistan in chiave antiterrorismo. Sebbene i dettagli siano ancora pochi, il progetto è stato letto dalla stampa russa nell'ambito del crescente protagonismo cinese in Asia Centrale, ex feudo di Mosca. Dobbiamo considerarlo un'implicita ammissione del fallimento della Shanghai Cooperation Orgnization, l'organizzazione a guida russo-cinese che - riunendo sotto di sé tutte le nazioni centroasiatiche tranne il Turkmenistan - ha rappresentato finora la principale piattaforma multilaterale per il mantenimento della sicurezza regionale?

Non direi che la SCO non stia funzionando. Anzi. Rappresenta ancora un importante meccanismo di dialogo multilaterale per i paesi membri, in particolare per Russia e Cina. Che sia funzionale lo dimostra il fatto che gli uiguri non riescono a raggiungere il Medio Oriente passando per l'Asia Centrale; devono deviare per il Sud-est asiatico. Se solo ci provano finiscono per essere arrestati dai paesi SCO e deportati in Cina.

Da quando il regime cinese ha dichiarato guerra al terrorismo una serie di misure controverse hanno dominato le cronache locali. A una progressiva militarizzazione dello Xinjiang è seguita l'imposizione di regole più ferree sulla popolazione musulmana, con progressiva limitazione della libertà religiosa e delle tradizioni locali. A giudicare dal crollo degli episodi violenti riportati nell'ultimo anno dalla stampa cinese è una strategia che sembrerebbe funzionare. E' proprio così?

Il controterrorismo necessita un approccio che sia hard e soft allo stesso tempo. Se la Cina non avesse reagito duramente in passato, come ha fatto, probabilmente avrebbe finito per perdere il controllo sullo Xinjiang. Ma col tempo Pechino ha capito l'importanza del lato soft, così ora sta tentando di spingere sulla crescita economica. Si sta adoperando per migliorare la governance, l'istruzione e l'occupazione nella regione autonoma. Ma rimane da vedere se la strategia del bastone e della carota basterà a tenere sotto controllo la situazione.

Rohan Gunaratna è professore di Security Studies e capo dell’International Centre for Political Violence and Terrorism Research presso la Nanyang Technological University di Singapore. Precedentemente è stato Senior Fellow presso il Combating Terrorism Centre della United States Military Academy ed ha preso parte alla Commissione d'indagine sull'attentato dell'11 settembre. Autore di 16 libri, tra cui “Inside al Qaeda: Global Network of Terror” (University of Columbia Press), ha avuto modo di intervistare di persona terroristi e insorti in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Yemen, Libia, Arabia Saudita e altre zone di conflitto. Ha svolto il ruolo di trainer presso agenzie di sicurezza nazionale e unità operative con funzioni di antiterrorismo. Sebbene sia considerato uno dei massimi esperti a livello internazionale, alcune sue teorizzazioni sulle attività delle Tigri Tamil all'estero sono state ritenute controverse.

[Scritto per il manifesto]

giovedì 16 giugno 2016

Dajavu: Obama incontra il Dalai Lama, Pechino protesta


Nella giornata di mercoledì, Barack Obama e il Dalai Lama si sono incontrati privatamente alla Casa Bianca, quarta visita ufficiale del leader spirituale tibetano in esilio dal 1959 e considerato da Pechino un separatista. Il meeting si è tenuto alle 10:15 ora locale nella Map Room, una location meno prestigiosa rispetto allo Studio Ovale dove il presidente americano è solito accogliere gli alti dignitari stranieri. Tradotto dal diplomatichese: Obama riconosce la statura morale di Tenzin Gyatso, ma ne disconosce uno status politico, al quale d'altra parte il vecchio monaco ha rinunciato formalmente nel 2011, passando la patata bollente nelle mani di un leader «eletto democraticamente». E non è un mistero che il governo cinese stia puntando una fiche su un progressivo indebolimento del movimento tibetano, una volta che Sua Santità sarà passato a miglior vita.

Il faccia a faccia, un fuori programma, è stato reso possibile - con la complicità del massacro di Orlando - dalla cancellazione del viaggio di Obama in Wisconsin per la prima uscita elettorale insieme a Hillary Clinton. In un'intervista alla Reuters il Dalai Lama ha definito l'inquilino della Casa Bianca un «amico di vecchia data», stimabile per il coraggio con cui ha ricordato le vittime di Hiroshima recandosi di persona sul luogo della strage e per il ruolo rivestito nel processo di distensione con paesi un tempo ostili come Cuba, Iran e Vietnam.

L'ultimo incontro privato tra il leader tibetano e quello statunitense risale al febbraio 2014, ma lo scorso anno avevano presenziato entrambi alla National Prayer Breakfast, l'appuntamento di preghiera multiconfessionale organizzato annualmente a Washington in occasione del quale Obama ha esternato il proprio sostegno in difesa dei diritti umani dei tibetani. Come allora, anche stavolta il tête-à-tête con l'illustre monaco non ha mancato di innescare la risposta stizzita di Pechino che nelle ultime ore ha intimato agli Stati Uniti di rispettare gli impegni presi in riferimento allo status del Tibet e di Taiwan, l'isola democratica che la Cina considera una provincia ribelle da riannettere ai propri territori.

La digressione su l'ex Formosa è stata resa «necessaria» dall'annuncio martedì di un pit stop statunitense (a Miami all'andata e a Los Angeles al ritorno) della nuova presidente taiwanese Tsai Ing-wen, che nei prossimi giorni raggiungerà l'America Centrale per presenziare alla cerimonia di chiusura dei lavori per l'espansione del canale di Panama, uno dei pochi Paesi a riconoscere ancora la statualità di Taiwan. Ma che, si mormora, potrebbe in futuro scaricare Taipei per stringere più stretti rapporti con la Repubblica popolare. Invitato a sua volta all'evento, il capo di Stato cinese Xi Jinping ha declinato l'offerta chiamando in causa il principio «una sola Cina», punto di frizione tra le due sponde dello Stretto per via delle posizione ambigue mantenute dalla leader del Democratic Progressive Party a riguardo.

Tibet e Taiwan (sostenuta militarmente dagli Usa) rappresentano due vecchi scogli per le relazioni bilaterali tra la prima e la seconda economia mondiale. A poche ore dal meeting tra Sua Santità e Obama, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lu Kang ha riferito in conferenza stampa che la decisione del presidente americano di incontrare il Dalai Lama «invierà un segnale sbagliato alle forze separatiste del Tibet e danneggerà la cooperazione e la fiducia reciproca tra la Cina e gli USA» in un momento in cui la liaison tra le due potenze risulta quasi giornalmente minata da reciproche provocazioni nel Mar Cinese. Washington ha risposto all'invettiva caustica rinnovando le sue precedenti posizioni e negando un appoggio all'indipendenza del Tibet. Ma Zhu Weiqun, direttore del Comitato per gli Affari etnici e religiosi della Conferenza politica consultiva del popolo, ha dichiarato al Global Times che «la classe politica americana non ha mai smesso di manipolare il Dalai Lama per dividere la Cina».

Pechino descrive l'annessione della regione autonoma (1951) in termini di «liberazione pacifica» dal regime feudale a cui era asservita fino al secolo scorso la società tibetana. Nel 2015, il Pil del Tibet ha raggiunto i 102,6 miliardi di yuan, in crescita dell'11 per cento rispetto all'anno precedente, mentre il reddito pro capite è stato di 25.457 yuan per i residenti urbani e 8.244 yuan per i residenti rurali, contro un reddito pro capite nazionale di 21.966 yuan. Ma progresso e modernizzazione hanno innalzato la qualità della vita della popolazione autoctona snaturandone, al contempo, usi e consumi. Oltre 130 tibetani hanno scelto la morte nel fuoco per protestare contro quella che viene avvertita localmente come un'invasione delle terre ancestrali da parte del regime cinese. Il governo ha ancora mastodontici progetti ferroviari in cantiere per meglio uncinare la regione autonoma al resto del Paese.

(Pubblicato su China Files)





Rassegna: Dispacci dalla Silk Road Economic Road



Xi Jinping nell'Europa centrale e orientale e in Asia Centrale:
E' la seconda visita di Xi nell'Europa orientale nel giro di tre mesi. Secondo le anticipazioni Durante le trasferte in Serbia, Polonia e Uzbekistan (dal 17 al 22) verranno siglati una serie di accordi dal commercio, all'educazione passando per l'aviazione civile. Dei 20 miliardi di euro investiti dalla Cina in Europa circa la metà è andata a Germania, Francia e Gran Bretagna, mentre nell'Europa orientale sono arrivate soltanto le briciole. L'export della sovraccapacità industriale dominerà l'agenda. Già ad aprile la Hebei Iron & Steel Group ha siglato un accordo da 46 milioni di euro per comprare un'acciaieria serba in crisi. Altro punto cruciale della visita sarà la promozione della OBOR e delle infrastrutture cinesi nella regione. Dal 23 al 24 andrà in scena il summit SCO a Tashekent (China Daily)


4 miti da sfatare sulla strategia cinese nell'Europa centrale e orientale (CEE). Il format 16+1 viene talvolta considerato un "cavallo di Troia" messo in piedi da Pechino per dividere l'Europa. In realtà, mentre la CEE è stata assente dalla politica estera cinese per tutti gli anni '90, anche oggi il numero di piattaforme di cooperazione tra l'Ue e la Repubblica popolare supera di gran lunga quello di progetti analoghi con la CEE. Lo stesso vale per il flusso di investimenti e gli scambi commerciali. (The Diplomat)

Vice premier cinese in visita a Yerevan cementa i rapporti tra la Cina e l'Armenia sullo sfondo della New Silk Road (Xinhua)

Le dispute nel Mar Cinese Meridionale si fanno sentire fino in Asia Centrale. La Shanghai Cooperation Organization ha rilasciato un comunicato in cui appoggia la posizione cinese nella regione in contrapposizione all'antagonismo americano. (Exeter Central Asian Studies Network)

Pechino spenderà 8,5 miliardi di dollari per migliorare le ferrovie pakistane e realizzare il progetto Gwadar-Nawabshah LNG Terminal & Pipeline, il gasdotto che collegherà la città portuale a quella della provincia di Sindh e che, in una seconda fase, aprirà un potenziale canale al gas iraniano. Il budget stanziato è compreso nei 46 miliardi del Corridoio Cina-Pakistan. (NDTV)

E' boom delle fornitore d'armi made in China ai regimi centroasiatici. Secondo l'ultimo rapporti del SIPRI la Repubblica popolare è diventata il terzo esportatore di armi al mondo. Nel caso dell'Asia Centrale, a favore di Pechino gioca l'esigenza dei governi locali di diversificare le proprie fonti per allentare la dipendenza dalla Russia. Mentre l'arsenale turkmeno è ancora largamente sovietico, la maggior parte dei missili strategici di difesa aerea sono di derivazione cinese. In una vittoria ancora più alto profilo, il Kazakistan ha scelto di acquistare Pterodactyl WJ-1 veicoli aerei senza equipaggio (UAV), costruiti da Chengdu Aviation Industries Group. (Popular Science)

Proteste nel Punjab per la costruzione di una ferrovia cinese nell'ambito del progetto OBOR. I lavori hanno costretto la popolazione locale a sbaraccare la proprie abitazioni nel giro di pochi giorni, mentre le autorità locali sono restie a rivelare i dettagli del piano definendole informazioni sensibili. Allo stesso tempo il premier Sharif spinge per una conclusione della ferrivia entro le elezioni del 2018. (Los Angeles Time)

L'India potrebbe fare pressioni sulla Cina per un suo ingresso nel Nuclear Suppliers Group (NSG)in occasione del summit SCO di Tashkent (Live Mint)

Per migliorare il livello di istruzione nelle province occidentali della Cina, circa 30mila insegnanti provenienti da altre aree del Paese verranno dislocati in Xinjiang e Tibet entro il 2020. (Global Times)

Shadian, la "mecca dell'Est" nello Yunnan ha una storia di massacri e divisioni etniche. Tuttavia è riuscita nel corso dei secoli a sostenere una forma di "Islam con caratteristiche cinesi" grazie al pragmatismo degli hui. (The New Yorker)






martedì 14 giugno 2016

Comune campano ai cinesi: "Comprateci!"


«AAAAAA...causa perenne mancanza di fondi (soldi) cercasi facoltoso investitore CINESE disposto a rilevare il Comune di S. Sossio Baronia.....offresi carica di SINDACO». E' il messaggio provocatorio diramato su Facebook da Francesco Garofalo, medico del 118 che da 7 anni guida l'amministrazione del piccolo comune in provincia di Avellino, che oggi conta 1.742 anime. Il post, che ha conquistato un centinaio di like ed emoticon, si conclude con un commento altrettanto ironico in cui il primo cittadino fa notare come l'acquisto sarebbe ben meno dispendioso rispetto alla cifra sborsata per la recente acquisizione dell'Inter da parte del patron di Suning, Zhang Jindong.

A un commento lasciato da un internauta, in cui si fa sarcasticamente riferimento alla triste sorte in cui andrebbero incontro i cani randagi della cittadina (vale a dire nei pentoloni dei cuochi cinesi), Garofalo risponde per le rime affermando che dalla riduzione dei vagabondi gioverebbero le aree verdi del paese. Meno scherzosi i toni utilizzati dal sindaco in un'intervista al TGcom24, in cui Garofalo fa notare come molti cinesi si siano avventati sulle squadre di calcio, quando potrebbero fare un investimento molto profittevole comprando terreni in buono stato e con un forte potenziale turistico.

Letteralmente: «Penso ai cinesi che stanno rilevando importanti squadre di calcio italiane: con molto meno, farebbero un investimento molto redditizio acquistando un pezzo di territorio caratterizzato da grande salubrità ambientale e fortissime potenzialità turistiche. Avverto un senso di frustrazione e di inutilità per una funzione, quella di sindaco, che 'ormai è stata ridotta a quella del gabelliere».

Premesso che i cinesi probabilmente non si farebbero troppi problemi (almeno un precedente c'è: l'acquisto della morente cittadina mineraria canadese Bradian per 840mila dollari) a quanto pare, tuttavia, la provocazione di Garofalo resterà tale. Il sindaco, esponente Ncd nonché interista sfegatato, chiarisce: «Non posso vendere la mia carica o cedere la comunità che rappresento. Il mio sfogo forse è stato ingigantito».

Secondo quanto riporta Repubblica.it, i problemi per il comune sono cominciati nel 2012, quando Garofalo divenne il primo sindaco a fare a meno di Equitalia. Oggi S. Sossio Baronia, pur avendo un bilancio florido, non possiede la disponibilità di cassa per muovere un solo euro. Colpa degli evasori, spiega il primo cittadino, perché da quando ha avuto l'idea di fare a meno dell'Agenzia pubblica - attuando la riscossione delle tasse direttamente in Municipio - pare che il popolo sossiano abbia optato semplicemente per non pagare quanto dovuto. Con il risultato che il Comune si è trovato a combattere con un alto tasso di evasione, in particolare per quanto riguarda l'aliquota sui rifiuti: circa 150mila euro che è costretto ad anticipare e che non riesce a recuperare dai cittadini. Sarebbe proprio la mancata riscossione la causa del vuoto di cassa che impedisce al comune di sistemare le strade e fare altri piccoli interventi come, ad esempio, mettere un sistema di videosorveglianza.

L'appello di Garofalo - ripreso ampiamente dai media internazionali - giunge a pochi giorni dalla pubblicazione di un dossier di Legambiente (presentato all'Anci) sull'allarmante stato di abbandono in cui vertono i piccoli centri. Basta passeggiare per i vicoli dei borghi italiani più rinomati per scorgere i cartelli VENDESI pendere sbilenchi da porte e finestre. Il Belpaese ospita, infatti, 5627 cittadine con meno di 5000 abitanti, di cui 2.430 alle prese con una grave crisi demografica. Considerando che le aree a rischio riuniscono complessivamente tre milioni di italiani questo vuol dire che il fenomeno delle ghost town minaccia oltre il 5 per cento della popolazione dello Stivale.

In soli 25 anni 675mila persone hanno lasciato i piccoli comuni, e con il progressivo invecchiamento della popolazione il fenomeno non potrà che peggiorare. Per frenare l'esodo occorre innanzitutto migliore i servizi locali, spiegava tempo fa Davide Zicchinella, sindaco di Sellia, cittadina calabrese a rischio «estinzione». C'è chi per riempire i forzieri comunali ha puntato sul turismo, come Civita di Bagnoregio - scesa a quota 100 residenti- che, imponendo ai visitatori 1,50 euro ad ingresso, è riuscita ad accumulare una cifra sufficiente a mantenere operativi i servizi essenziali.

All'indomani del terremoto dell'Aquila, il governo Berlusconi aveva stilato una lista di 44 patrimoni artistici danneggiati da sottoporre all'attenzione di investitori stranieri per eventuali «adozioni» e riparazioni, in occasione del G8 del 2009. Ma a cinque anni di distanza, l'Ansa faceva notare che il progetto era rimasto largamente disatteso, seppur con le generose eccezioni di Russia, Francia, Kazakistan e Germania.

Sebbene l'alluvione di investimenti cinesi in Italia (3,5 miliardi di dollari nel 2014) non abbia ancora interessato l'acquisto di città, Garofalo non è l'unico sindaco ad essersi appellato al Paese asiatico per tentare di resuscitare il proprio comune. Due anni fa era stato il primo cittadino di Agrigento, Marco Zambuto, a chiamare in causa i nuovi ricchi cinesi. In uno spot sottotitolato in caratteri e diventato virale sui social, Zambuto lanciava la sfida ai turisti del Dragone senza troppi giri di parole: «Amici cinesi, invadeteci!»

(Pubblicato su China Files)

martedì 7 giugno 2016

Copiare agli esami in Cina può costare fino a 7 anni di carcere


In Cina, chi copia rischia fino a sette anni di carcere. Lo stabilisce una nuova legge introdotta da Pechino lo scorso novembre per assicurare un corretto comportamento in sede d'esame. Nello specifico la nuova normativa prevede una reclusione di tre anni e una multa per le trasgressioni più lievi, mentre nei casi più seri la pena è di sette anni a cui si aggiunge l'esclusione dagli esami nazionali per i successivi tre anni. Secondo quanto riportato lunedì dai media cinesi, la legge ha già fatto diverse vittime: lo scorso dicembre 11 organizzazioni educative sono state chiuse in seguito al rilevamento di infrazioni durante la prova di ammissione per un corso post-laurea. Non è ben chiara l'entità delle sanzioni comminate, tra gli altri, a un ex dipendente di una stamperia specializzata in testi scolastici.

Va da sé che quest'anno la tensione che normalmente ammanta il gaokao, l'equivalente cinese della nostra maturità da cui dipende gran parte della carriera futura dell'esaminando, è a livelli altissimi. Martedì oltre 9 milioni di studenti -20mila in meno rispetto al 2015- si sono recati nelle varie sedi d'esame sottoposte a rigorosissimi controlli al fine di evitare scopiazzamenti. A Pechino per esempio sono stati dispiegati otto funzionari della polizia in ognuna delle 96 strutture apprestate per l'esame, mentre per la prima volta a distribuire i test è stato un team della SWAT, l'unità speciale destinata all'antiterrorismo. Ma non solo. Negli ultimi anni, le cronache locali si sono soffermate sulla descrizione di misure particolarmente ingegnose, come l'istituzione nelle scuole di scanner per le impronte digitali e divieto per le ragazze di indossare reggiseni col ferretto, potenziale nascondiglio per dispositivi di trasmissione.

Lo scorso anno nella città di Luoyang, nella Cina centrale, le autorità si sono avvalse dell'utilizzo di droni per monitorare non  vi fosse nessuno nei paraggi a suggerire le risposte via radio. Precauzioni che tuttavia non hanno ostacolato il proliferare di nuovi espediente. La fantasia dei bari va oltre ogni immaginazione. E' così che ultimamente sono spuntate penne con telecamere incorporate e canottiere munite di ricevitori audio. Il tutto con la connivenza dei genitori dei ragazzi disposti addirittura ad assoldare compagnie specializzate per suggerire le risposte ai figli il giorno dell'esame, o ad adulare i funzionari locali con generose mazzette per sbirciare i test prima che vengano distribuiti.

Secondo i piani del governo, la minaccia della prigione dovrebbe dissuadere definitivamente anche i più temerari. Eppure non sono tutti d'accordo sull'efficacia della nuova legge. Per Wang Yirean, matricola della Yangtze University, d'ora in avanti nessuno avrà più il coraggio di denunciare gli imbrogli al pensiero di mandare un compagno dietro le sbarre. Mentre l'opinione pubblica si divide su Weibo, il Twitter cinese, il tabloid Global Times definisce la legge necessaria per implementare "la giustizia sociale", dal momento che il gaokao costituisce un importante strumento di emancipazione economica per le famiglie più povere, facendo da spartiacque tra l'accesso a un'istruzione di alto livello con prospettive di lavoro migliori e, in caso di fallimento, un destino relegato a impieghi poco redditizi. Tanto più che quest'anno, per la prima volta nella storia, la provincia del Guangdong ha concesso la partecipazione all'esame anche ai figli dei lavoratori migranti privi di hukou, il certificato che dà accesso ai servizi essenziali, tra cui l'istruzione, sulla base del luogo di residenza.

Data la rilevanza, per assicurarsi le condizioni psicofisiche migliori a ridosso del test, chi può fa ricorso al tutoring di cosiddetti «babysitter per il gaokao»: studenti universitari che si trasferiscono a casa dei maturandi per preparali a dovere e mettersi in tasca qualche soldo. Pare infatti che il temuto esame sia diventato anche fonte di ingenti guadagni per chi ha deciso di cavalcare il successo dell'internet mobile in Cina. Stando al South China Morning Post, il business delle lezioni online pre-gaokao può fruttare a un docente fino a trenta volte il normale stipendio percepito grazie al numero pressoché illimitato di studenti raggiungibili attraverso l'app WeChat. Vale a dire ben 50mila dollari al mese.

(Pubblicato su Gli Italiani)

La Corea del Nord sta con Trump


Mentre le presidenziali americane si avvicinano, la Corea del Nord ha già fatto la sua scelta: Donald Trump è l'uomo giusto per ricucire i rapporti con la superpotenza. Nell'ultima settimana la stampa nordcoreana ha dedicato ben due editoriali al magnate che pochi giorni fa ha conquistato la nomination repubblicana per la corsa alla Casa Bianca.

Per la statale DPRK Today, Trump è un «politico saggio» e un «candidato lungimirante»; Hillary Clinton una «stupida testarda» intenzionata ad applicare il modello iraniano per perseguire la denuclearizzazione della penisola coreana. L'articolo pubblicato martedì a firma di Han Young-muk, accademico con base in Cina, loda il progetto vagheggiato dall'imprenditore (in un precedente intervista al New York Times) di ritirare le truppe statunitense parcheggiate in Corea del Sud nel caso in cui Seul rifiutasse di contribuire più incisivamente alle spese per la difesa nazionale.

«Andatevene via! Presto! Chi avrebbe mai detto che lo slogan 'Yankee Go Home' che abbiamo urlato con entusiasmo sarebbe potuto diventare realtà tanto facilmente», incalza Han spiegando che il giorno in cui questo avverrà veramente la penisola coreana tornerà ad essere unita. Secondo Pyongyang, infatti, sebbene la Guerra di Corea si sia conclusa con un precario armistizio - piuttosto che con un trattato di pace - a creare tensione nella regione è sopratutto la massiccia presenza di truppe a stelle e strisce a sud del 38esimo parallelo.

«La tragedia è che le autorità del Sud sono incapaci di provare alcuna vergogna, anche quando i loro padroni americani li sottopongono a umiliazioni insopportabili. Lo dimostra il modo in cui reagiscono terrorizzati ai commenti di Trump», rincara la dose il Rodong Sinmum, il quotidiano ufficiale del Partito dei Lavoratori, di cui il leader Kim Jong-un è stato eletto capo durante il Congresso dello scorso mese. Stando a quanto riportato dal New York Times, funzionari di Seul sarebbero già in contatto con lo staff di Trump per tentare di convincere il candidato repubblicano a ritrattare la sua posizione riguardo un ipotetico disimpegno americano dalla penisola.

Nessuno degli articoli, tuttavia, fa riferimento alla proposta del tycoon di fornire a Corea del Sud e Giappone la possibilità di avvalersi un proprio arsenale nucleare in modo da allentare il cordone ombelicale che li lega militarmente a Washington. Mentre appena pochi giorni fa un'intervista rilasciata da Trump alla Reuters, in cui veniva ventilata l'ipotesi di abbandonare la tradizionale strategia isolazionista americana in favore di una ripresa dei colloqui con il Regno Eremita (letteralmente: «non avrei problemi a parlare direttamente con lui [Kim Jong-un]»), era stata accolta con diffidenza dalla nomenklatura nordcoreana. «Un'operazione di facciata», così l'aveva bollata a stretto giro l'ambasciatore nordcoreano presso le Nazioni Unite So Se-pyong, che aveva aggiunto: «Spetta al mio Leader Supremo decidere se incontrarlo o meno. Tuttavia, penso che l'idea non abbia alcun senso».

Sino ad oggi, Washington ha sempre rigettato l'ipotesi di ripristinare il dialogo in mancanza di un seria rinuncia di Pyongyang al suo programma nucleare. Rinuncia che parrebbe essere fuori discussione stando alle recenti provocazioni missilistiche e a quanto riferito dall'ex ministro degli Esteri Ri Su-yong, attualmente in visita a Pechino per aggiornamenti sugli esiti del Congresso del Partito dei Lavoratori e sulla Byungjin Line, la strategia che poggia simultaneamente sul doppio binario della crescita economia e dello sviluppo nucleare. Dopo il quarto test atomico e il lancio balistico a lungo raggio di inizio anno, le relazioni con il potente benefattore si sono ulteriormente incrinate. Ecco che il riavvicinamento allo Zio Sam può essere ragionevolmente inserito in un contesto di crescente emarginazione del regime nordcoreano sullo scacchiere internazionale.

(Pubblicato su China Files)

lunedì 6 giugno 2016

Rassegna: Dispacci dalla Sil Road Economic Belt


Jack Ma all'Astana Economic Forum: servono più piccole imprese e "un'electronic road" per rilanciare l'economia kazaka. (ATAMEKEN)

La China Railway Tunnel Group. ha terminato la costruzione del tunnel Qamchiq - il più lungo dell'Asia Centrale (19,2 chilometri) - compreso nella linea ferroviaria Tashkent - Namangan. (Xinhua)

Entro il 2030 Pechino prevede di lanciare la linea ferroviaria Chengdu-Lhasa, che si snoderà per 2000 chilometri tra la regione autonoma del Tibet e il Sichuan. La tratta ha una duplice importanza: da un punto di vista strategico si inserisce nel progetto OBOR, dal momento che il Tibet costituisce un importante punto di partenza per il corridoio Cina-Pakistan. Da una prospettiva più di politica interna, invece, la ferrovia rappresenta un nuovo canale attraverso cui estendere il controllo sulla regione attraverso l'invio di truppe in caso di rivolta. (Diplomat)

Da Urumqi a Duisburg in 10 giorni. Ecco la nuova linea ferroviaria Xinjiang-Germania, la più veloce tra Cina ed Europa (Xinhua)

La costruzione della pipeline Kirghizistan-Cina è rimandata per un indefinito periodo di tempo. Le autorità cinesi sono in trattative con il Turkmenistan, paese da cui parte il gasdotto. "Prima la Cina chiarirà i costi prima si comincerà", ha dichiarato il ministro dell'Economia kirghiso. (24kg.news agency)

Ecco come la speculazione edilizia di Lanzhou, Gansu, getta ombre sui progetti in corso lungo la Nuova Via della Seta (WaPo)

La Cina sta sviluppando un treno proiettile di nuova generazione in grado di viaggiare a 400 chilometri all'ora e pensato appositamente per i tragitti cross-border grazie alla sua capacità di adattarsi a scartamenti diversi. Il treno verrà impiegato sia nelle ferrovie cinesi sia nella linea superveloce Mosca-Kazan che dovrebbe essere poi estesa a Pechino, creando così un collegamento più rapido tra la capitale cinese e quella russa. (China Daily)

La Cina è la benvenuta nello sviluppo del porto iraniano di Chabahar nel quale per il momento sono coinvolti soltanto India e Afghanistan. Il progetto - che prevede la costruzione di una rotta di transito strategica tra i tre paesi rimane aperto - è aperto alla partecipazione di nuovi partner come Pechino e Islamabad, ha dichiarato l'ambasciatore iraniano in Pakistan. (The Indian Express)

Durante la Second National Work Conference on Religion, Xi Jinping ha invitato i cittadini ad abbracciare "l'ateismo marxista" e a guardarsi dal praticare l'Islam e dal consumare prodotti ad esso collegati come l'halal food, che continuerà ad essere vietato. (The Indian Express)

Secondo il Libro bianco "Freedom of Religious Belief in Xinjiang", la libertà religiosa nella regione autonoma dello Xinjiang ha raggiunto livelli senza precedenti. "Nessun cittadino è soggetto a discriminazione o a un trattamento ingiusto per praticare o non praticare un certo culto". In Xinjiang ci sono 24.400 moschee, 59 templi buddhisti, 227 chiese protestanti e 26 luoghi di culto protestanti, un tempio taoista e tre chiese ortodosse. (China Economic Net)

Sette giorni lungo la Pamir Highway, 2.038 chilometri attraverso paesaggi desertici fino a raggiungere il corridoio del Wakhan, in Afghanistan. Il reportage della CNN. (CNN)


L'agricoltura è diventata tra i principali canali di collaborazione tra Cina e Kyrghizistan. "NOi esportiamo vegetali, pelli e lana, mentre importiamo carne, pollo, maiale e uova", ha dichiarato il vice ministro dell'agricoltura sottolineando come il giro d'affari non ha subito contraccolpi dopo l'ingresso di Bishkek nell'unione economica eurasiatica. (Xinhua)

Mosca ha ribadito l'intenzione di voleri istituire uno spazio economico comune tra l'Unione economica eurasiatica e la Cina. Nello specifico, pare che Putin abbia in mente di promuovere una partnership economica tra UEE, Shanghai Cooperation Organization e Association of Southeast Asian Nations, sebbene non siano stati forniti dettagli sul progetto. (Xinhua)

Il ferimento di un ingegnere cinese, del suo autista e di una guardia privata a Karachi starebbe spingendo le autorità pakistana a velocizzare l'istituzione di una task force di 2000 uomini per la difesa dei cittadini cinesi coinvolti nei progetti di sviluppo nella provincia del Sindh, specie in riferimento al China-Pakistan Economic Corridor. (Dawn)

Entro l'anno i membri dell'AIIB passeranno da 57 a quasi 100, 30 sono in attesa di formalizzare il loro ingresso, 20 hanno espresso il loro interesse per un'adesione. Tra questi parrebbero comunque non esserci Stati uniti e Giappone (Xinhua)

Reportage fotografico da Xining, provincia del Qinghai. Eccome come la Nuova Via della Seta sta trasformando il paesaggio locale. (Tencent)

Cina e Turchia hanno lanciato una piattaforma di e-coomerce multilingue in cinese, turco, uiguro e inglese, ovvero le lingue più parlate lungo la nuova Via della Seta (Xinhua)



mercoledì 1 giugno 2016

"Marx è uno degli anni 90": il rap del Capitale


Dalle canzoni rosse al rap spinto; le vie della propaganda cinese sono infinite. Dopo il successo mediatico della campagna di reclutamento delle nuove leve in versione hip pop, stavolta a finire sullo spartito è niente meno che Karl Marx, eroe del Pantheon comunista cinese nonostante le sue origini teutoniche lo rendano un'icona controversa per un governo ossessionato dalla rivalutazione purista della cultura tradizionale locale.

Secondo quanto riportava il 5 maggio l'agenzia di stampa Xinhua, la nuova hit del web è un motivetto rap dedicato al filosofo tedesco e tagliato su misura per un pubblico giovane. Intitolata «Marx è uno degli anni '90», la canzone costituisce la sigla di un programma televisivo in nove puntate trasmesso dall'emittente regionale Inner Mongolia TV («Marx is trustworthy») con la partecipazione di conduttori perlopiù trentenni. Ennesimo prodotto della grancassa comunista volto a conquistare i cuori delle nuove generazioni, tendenzialmente poco interessate alla politica se non come canale per fare carriera. «Speriamo che dopo aver guardato il nostro programma molti ragazzi sentano la voglia di andare in biblioteca e in libreria per leggere veramente un'opera di Marx», spiega alla Xinhua uno dei conduttori. E poco importa che persino l'autrice della canzone, Zhuo Sina, studentessa della rinomata Peking University, abbia ammesso di non aver mai aperto un suo libro.

Ormai si sa, ai mandarini di Pechino piace avvalersi di cartoni animati e canzoncine orecchiabili per diffondere il proprio verbo tra la popolazione e dare nuovo smalto alla «linea di massa» con lo scopo di centralizzare il potere e ricreare un'unità ideologica intorno al Partito. Nel tentativo di riavvicinare a sé la pancia del Paese e ripulire la gerarchia comunista dalle sbavature ideologiche comparse nel corso della progressiva apertura della Repubblica popolare al mondo, negli ultimi due anni, l'amministrazione di Xi Jinping ha auspicato un ritorno ai dettami del marxismo tra i ranghi del Partito, ma non solo. Al filosofo tedesco sono stati dedicati corsi per giornalisti e studenti universitari, dando nuovo vigore all'opera di riqualificazione della tradizione marxista avviata sotto la precedente leadership.

Temendo la rapida diffusione di insidiosi valori occidentali - quali liberalismo e democrazia - nel 2004 il governo Hu Jintao - Wen Jiabao aveva provveduto ad avviare il «Marx project» al fine di mettere bene in chiaro cosa salvare e cosa bandire di quanto importato da oltremare. Oggi presso la prestigiosa Peking University sono sei i progetti dedicati al filosofo tedesco, inclusa la costruzione di un nuovo edificio e una raccolta letteraria che comprenderà tutte le opere di Marx oltre a documenti sulla storia del marxismo dalla sua introduzione in Cina, più di un secolo fa, fino ad oggi. E a quanti reagiscono al piano di rilancio di Marx con un'alzata di sopracciglio, Su Daiyao, vice preside della scuola di marxismo presso l'Università di Pechino, risponde che «dieci anni fa le compilazioni dei classici confuciani avevano incontrato gli stessi dubbi e le stesse critiche tra il pubblico. Ma a distanza di dieci anni, nessuno mette più in discussione il valore del nostro lavoro» .


«Marx è uno degli anni '90»

Il mio primo approccio a Marx risale alle lezione di politica.
Ho studiato il suo pensiero soltanto per l'esame,
e una volta passato non me ne sono più interessato.
Ma quando in seguito ho sfogliato i suoi libri ho scoperto che non mi dispiacciono affatto.
La vita è sempre piena di imprevisti,
un giorno ho capito quanto è forte.
Ho trovato la mia fede non chiedermi perché,
ormai non leggo più riviste, leggo solo Marx.

Sono nato negli anni '90,
sono il tuo Bruno Mars,
ma tu sei il mio pianeta Venere, mio caro Marx.

I governanti parlano di Utopia ma non sa nemmeno come si scrivere la parola libertà.
Alzati in piedi e dì che la classe operai non temerà mai più il male.
Non è per il potere non è per i soldi
è solo per la fede che continueremo ad andare avanti.
(Sempre più avanti, sempre più avanti)

(Non ci arrenderemo fino alla morte)

Come una canoa solitaria trasportata dalla corrente tra le montagne,
allo stesso modo ci battiamo per i veri valori.
Come lui odiamo il male,
Come lui odiamo gli inganni.

Non è facile sacrificarsi per gli altri.
Tutti pensano sia inimmaginabile,
inimmaginabile e difficile.

Ma il mondo forse è già pronto.
Marx non è un piano B
è come un nostro fratello maggiore.

Anche se siamo già 1,4 miliardi di persone
stammi a sentire.
Il Comunismo è dolce come il miele.

Sono nato negli anni '90
sono il tuo Bruno Mars
ma tu sei il mio pianeta Venere, mio caro Marx.

I governanti parlano di Utopia ma non sanno nemmeno scrivere la parola libertà.
Alzati in piedi e dì che la classe operai non temerà mai più il male.
Non è per il potere, non è per i soldi.
è solo per la fede che continueremo ad andare avanti.

(Sempre più avanti, sempre più avanti)

(Non ci arrenderemo fino alla morte)

Generazione anni '90 (yeah), da ora in poi non ci arrenderemo fino alla morte
e questa canzone non morirà mai.

Come una canoa solitaria trasportata dalla corrente tra le montagne
allo stesso modo ci battiamo per i veri valori.
Come lui odiamo il male,
come lui odiamo gli inganni.

Come una canoa solitaria trasportata dalla corrente attraverso le montagne
allo stesso modo ci battiamo per i veri valori.
Come lui odiamo il male,
come lui odiamo gli inganni.

Marx è uno degli anni '90.


《马克思是个九零后》

我对他的第一印象,在政治课
学了他的思想,只是为了及格
本打算过了就算,书再也不念
后来翻开却发现并不讨厌
人生总是充满意外
有一天我看到他的厉害
看到我的信仰别再问why
别再看magazine(杂志)我在看马克思
我出生在1990s,

我就是你的Bruno Mars(布洛诺马尔斯)
但你是我的维纳斯(Venus),
我亲爱的马克思(Marx)
统治者说着乌托邦却不知自由该怎么写
你站出来说无产阶级的力量永远正不畏邪
不为了权不为了钱
但是为了信仰我们一往无前
(前进进 前进进)
Cause we both won’t give up till we die
(到死也不会放弃)
我出生在1990s,

我就是你的Bruno Mars(布洛诺马尔斯)
但你是我的维纳斯(Venus),
我亲爱的马克思(Marx)
统治者说着乌托邦却不知自由该怎么写
你站出来说无产阶级的力量永远正不畏邪
不为了权不为了钱
但是为了信仰我们一往无前
(前进进 前进进)
Cause we both won’t give up till we die
(到死也不会放弃)

为了别人牺牲自己不会容易
总有些人会觉得不可思议
不可思议 不会容易
但世界可能已经ready(准备好)
马克思已经不是 plan B(备用方案)
(Be mine)决定可以当他的小弟
虽然已经有了至少14亿
(You’re gonna listen to me )(听我说)
共产主义甜如蜜

我出生在1990s,
我就是你的Bruno Mars
但你是我的维纳斯(Venus),
我亲爱的马克思(Marx)
统治者说着乌托邦却不知自由该怎么写
你站出来说无产阶级的力量永远正不畏邪
不为了权不为了钱
但是为了信仰我们一往无前
(前进进 前进进)
Cause we both won’t give up till we die(到死也不会放弃)

九零后(yeah) 从此以后(you know)
we both won’t give up till we die(我们不会放弃到死)
and this song will never die (whoo)(这首歌也永远不会死)

像叶孤舟行在山丘
那样的为真理争斗
像他一样嫉恶如仇
像他一样不屑权谋

像叶孤舟行在山丘
那样的为真理争斗
像他一样嫉恶如仇
像他一样不屑权谋
马克思是个九零后

(Pubblicato su China Files)





Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...