mercoledì 31 agosto 2011

La Città Proibita e l'imbarazzo del Dragone

La Città Proibita, baluardo dell'ex- Impero Celeste e per secoli orgoglio nazionale, sta diventando motivo di imbarazzo generale. Finito nella spirale scandalistica già lo scorso 9 maggio per il furto di  sette opere d'arte del valore di 10 milioni di yuan (più di un milione di euro), il Palace Museum, altro nome con il quale è conosciuta l'antica residenza imperiale, sembrerebbe essere nuovamente nei guai.

E il ritrovamento di parte della refurtiva non è bastato a scagionare l'agenzia di sorveglianza dalle accuse di lassismo alle quali si è andato ad aggiungere l'ulteriore imbarazzo per l'imperdonabile distrazione con la quale il Museo, esposto uno striscione in seta per lodare l'efficienza mostrata dall'Ufficio municipale di Pubblica Sicurezza nel gestire la situazione, ha confuso il carattere han, “proteggere”, per il suo omofono “tremare”. Mantenuto il silenzio per due giorni, il 16 maggio il microblog del Palace Museum riportava pubblicamente le scuse della direzione ammettendo l'errore. Nel frattempo l'11 dello stesso mese, a gettare nuove ombre sul Palazzo Imperiale ci ha pensato Rui Chenggang, anchorman della China Central Television (CCTV), dichiarando sul suo microblog che il padiglione Jianfu, restaurato nel 2005, sarebbe stato presto trasformato in un club esclusivo per selezionatissimi 500 membri disposti a pagare la loro iscrizione a caro prezzo.

Ma non è tutto. Messo allo scoperto dalle dichiarazione del blogger “Longcan” comparse sul web il 4 luglio, lo staff del Museo ha dovuto faticosamente ammettere la rottura accidentale di un preziosissimo piatto in ceramica di epoca Song (960-1279 d.c) durante un tentativo di restauro, mentre il 2 agosto sempre lo stesso netizen tornava a puntare il dito contro il Palace Museum per aver messo a tacere altri quattro incidenti avvenuti negli anni passati (tra questi il danneggiamento di un pannello a parete in palissandro intarsiato con fiori e uccelli di giada di epoca Qing e la perdita di alcuni libri antichi). A far perdere ulteriormente la faccia al millenario simbolo della cultura cinese un rapporto, con tanto di videofilmati, che accusava alcuni dipendenti di aver intascato nel 2009 il ricavato della vendita di biglietti in realtà mai rilasciati ai loro legittimi compratori; raggiunto un accordo con il testimone scomodo della vicenda, questa volta al Museo il silenzio è costato ben 100mila yuan (quasi 11mila euro), contro i 200mila inizialmente chiesti dall'uomo.

Poi, a rincarare la dose gli ultimi sospetti di evasione fiscale dovuti all'assenza dell'imposta di bollo sui biglietti venduti all'esterno della Duanmen Gate. Insomma il Museo più famoso della Cina, colto sul fatto, fa orecchie da mercante, preferendo continuare a nascondere sotto il tappeto i cocci rotti.

A.C

lunedì 29 agosto 2011

"Ora e qui": un inedito Ai Weiwei in lingua cinese



Uno stile semplice, colloquiale quasi infantile, ma allo stesso tempo vivido e brillante; Ai Weiwei, padre del Nido d'uccello che ha ospitato le Olimpiadi di Pechino 2008, ha scelto così di rivolgersi per la prima volta ai suoi lettori attraverso un libro in lingua cinese. Passato il vaglio della censura dell'ufficio di propaganda, il testo è stato pubblicato nella sua versione “ripulita” dalla Guanxi Normal University, mentre quella integrale uscirà ad Hong Kong il prossimo anno. “Ora e qui” (此时此地), questo il titolo dell'opera, raccoglie articoli, commenti, recensioni e interveste che l'archistar ha scritto e pubblicato sul suo blog nel periodo di tempo tra il 2005 e il 2008 e che sono stati anche oggetto di un libro in lingua inglese dato alle stampe nel mese di aprile, “Ai Weiwei's Blog: Writings, and Digital Rants, 2006-2009”. Il volume in cinese, che ha ricevuto grande apprezzamento sopratutto dai giovani, è disponibile presso numerosi siti web tra cui amazon.cn, taobao o quello della Xinhua.



Sotto segue il primo capitolo in lingua originale con una mia traduzione. Mi scuso già da ora qualora vi dovessero essere degli errori nella traduzione perchè, reduce da un viaggio sotto il sole cocente e con 5 ore di sonno alle spalle, non posso dire di essere molto lucida. Per ulteriori approfondimenti su Ai Weiwei consiglio un articolo molto buono pubblicato su AgiChina24

碎语(1)

热爱生活这个词有些简单,生命力、好奇心、欲望、热情这些都可以说是组成部分。生活更多是一种体验。因为体验才可以活着,才可以称之为生活。
我通常比较自由散漫,常态是没有一定的目的和方向。兴趣对我而言很重要。在可能的情况下,尽量不去做不愿做的事。生活多少有点无奈,那么就凭着一些兴趣来把它们克服、转化。
如何处理人和外在世界的关系是人最大的困惑。对我个人而言,是如何认识自己并建立一个自己的体系,这样,你才能形成一个有形态的、确定的东西,以便在和别人交往时提供一个明确的依据:说清楚你是谁,你的确定性,你和别人的相同、不同之处。当你确定以后,你的个人价值才能呈现。当你的特征、个性出现的时候,你的“名”和用途才能出现。
网络是人类几千年来创造的最神奇的事物,使人有机会从技术层面、知识层面和历史结构中解放出来。它引起的自由和民主意识、个人觉悟、个人的参与和体验,让人独立并更加自由。它是真正的革命,将最终改变这个世界的格局。
我更看重现在,因为我缺少宗教感。历史,对我而言,仅仅是累积发生的一些事情 必然的或偶然的 我常常认为,它不必是这样。未来,我觉得没有未来。每一天,要么是历史的一部分,要么是未来的一部分。我能够想象的,就是今天,就是现在。你能够为今天所做的,就是能为历史所做的,就是能为未来所做的。记忆,是人怎么看待自己的一个特别重要的部分。记忆更像是我们行为习惯的一种模式。我们做任何一件事情通常建立在一种安全感上,而安全感是建立在记忆梳理的基础上的。记忆会影响到我们今天的行为。梦想,我没有什么太多的梦想,也很难看到梦想有什么好的结果。

感性让我们的生活具有可能性,气味、光线,让我们知道生命是延续的,有快感或痛感。感性告知我们生命的存在。理性是确保感性持续下去的一种工具。理性告诉我们一段时间的安全性和可辨性,它有时是狭隘和片面的。感性不希望在这个狭隘的范围之中,希望让不可能成为可能。感性是我们前行的一种诱惑,有隐瞒性、欺骗性,感性常常是我们行为的理由。
教育说到底,是告诉他人什么是可能的。但我们所受到的教育,更多是告诉我们,什么是不可能的,它既没有启发性,也不是一个榜样。坏的教育比没有教育还坏,它是对人一生的误导。我自己就是一个最没谱、没把握的例子,我没有教育他人的可能,在很多问题上自己都是一塌糊涂。
艺术只有作为一种实践和体验,才是有价值的。它的价值就在于实践者、体验者和观看者由此获得了对生命的新的认识 在个人行为上,在认识论上,生命由此不同于从前。这种认识的含义其实也是有限的,但我们的生命如此简陋,这种有限就显得珍贵,使这类实践具有某种必要性。
当代艺术是当代人在今天的哲学、科学和认识论发生了变化的情况下,对自己感知世界的一个重新的表述。它可能是文学的、音乐的、形体的或视觉的。我们对节奏、速度的理解,对空间和对个人身份的理解,每时都在发生变化,所以重新表述是非常正常的。当它建立在当代的生活方式和生活状态上时,才是有效和具有含义的。艺术媒介发生很大的变化,媒介本身已成为表达的含义,或是和所要表达的含义一样重要。
艺术市场最无法评价。艺术品值不值这个价钱,为什么值这个价钱,谁说了算,都没有太大的道理。就像股票市场一样,是一个很虚的事。有人愿意出钱买,愿意做一次投机,或是像圣物一样供奉起来,这完全是个人的事。它对艺术本身没有什么真正的意义。艺术不会因此而变得更好,也不会变得更坏。艺术市场是有钱人的游戏,是博物馆、艺术机构的一个游戏,它又紧密地和人的欲望、权力、占有、希望永恒、战胜死亡这些愿望联系在一起。其实是挺愚蠢的。
作品通常表达无聊的状态,没有什么高深的.

Schegge di parole

Amare ardentemente la vita, è qualcosa che ha in sé una certa semplicità. Vitalità, curiosità, passione ed entusiasmo si può dire ne siano tutti elementi strutturanti. Ma la vita è ancora di più, è una sorta di esperienza, una conoscenza mutuata attraverso la pratica, e dato che l'esperienza può essere vissuta, in definitiva può essere anche chiamata vita.
Normalmente sono piuttosto indisciplinato e agisco senza un obiettivo certo, senza una direzione. Avere degli interessi penso sia molto importante. Per quanto possibile, mi adopero al meglio per non fare ciò che non ho voglia di fare. Nella vita capita di incorrere in situazioni in cui non vi è possibilità di scelta, e allora non rimane che aggrapparsi ad alcuni interessi per cercare di superarle e cambiarle. Uno degli aspetti più confusi della vita dell' uomo è cercare di capire come affrontare i rapporti tra individuo e mondo esterno. Secondo me, conoscere sé stessi e stabilire un proprio sistema alla fine permette di modellare qualcosa di definito e dotato di forma, in modo da fornire una base chiara sulla quale fondare i rapporti interpersonali, dando così modo di far sapere chiaramente chi sei, quali sono le tue certezze, i punti in comune e le differenze che ti accomunano e distanziano dagli altri. Una volta che hai stabilito chi sei, le tue doti personali saranno finalmente in grado di manifestarsi, e, quando le tue caratteristiche individuali saranno emerse, allora anche il tuo “nome” e il tuo scopo diverranno chiari.
Internet è sicuramente la più miracolosa invenzione mai creata dal genere umano in migliaia di anni, e ha fornito all'uomo l'opportunità, muovendo dal piano della tecnica e della conoscenza, di liberarsi dalle catene della storia. Attraverso la diffusione dei concetti di libertà e democrazia, consapevolezza individuale, esperienza e partecipazione, ha reso l'uomo più indipendente e libero. Internet è a tutti gli effetti una vera rivoluzione e sicuramente in futuro modificherà la struttura del mondo attuale.
Ma, data la mia scarsa fede, preferisco dare importanza al presente. Secondo me la storia è soltanto un ammasso di eventi, inevitabili o fortuiti, anche se credo che non debba essere necessariamente così. Quanto al futuro...beh, penso che non ci sia un futuro. Ogni giorno è una parte di storia e una parte di futuro, mentre ciò che sono in grado di immaginare è proprio “oggi” e “questo momento”. Ciò che sei in grado di fare per “oggi”, è esattamente ciò che puoi compiere per la storia e per il futuro. La memoria è una parte particolarmente importante di come l'uomo considera sé stesso e pertanto sembra ancora di più un modello delle nostre abitudini e dei nostri comportamenti. Quando facciamo qualsiasi cosa spesso ci basiamo su una sensazione di sicurezza, ma questa stessa sicurezza in realtà poggia e prende forza a sua volta dalla memoria. La memoria è in grado di influenzare le nostre azioni anche “oggi”.
I sogni...io non ho molti sogni e ritengo sia difficile riuscire a scorgere se questi possano dare realmente dei buoni frutti.

La percezione attribuisce alla nostra esistenza una possibilità, un certo sapore, un raggio di luce, ci permette di capire che la nostra vita continua, piacevole o dolorosa che sia; ci ricorda che siamo vivi. La ragione è uno strumento che garantisce il protrarsi della percezione, ci informa della natura sicura di una fase temporale e ci fornisce la possibilità di distinguerla, anche se talvolta è limitata e unilaterale. Ma la percezione non sopporta di rimanere racchiusa entro questo spazio limitato, e vuole piuttosto far sì che l'impossibile diventi possibile. E' una specie di seduzione, che nascosta e ingannevole, spesso rappresenta il motivo stesso delle nostre azioni.
L'educazione alla fine si può dire sia ciò che insegna agli altri cosa è lecito fare, anche se quella che noi abbiamo ricevuto ci insegna piuttosto quello che è illecito compiere; non ha nulla di illuminante e non può essere nemmeno di esempio. Ricevere una cattiva educazione è peggio che non riceverne alcuna e diventa fuorviante per la vita di un uomo. Io sono un esempio di persona insicura, che non ha certezza alcuna. Non posso essere di insegnamento per gli altri e difronte ai problemi io stesso mi sento totalmente confuso.
L'arte è di valore solo quando scaturisce dall'esperienza e dalla pratica, e questo valore è determinato da chi compie l'esperienza e da chi osserva, ottenendo così una nuova comprensione della vita. Ed è sulla base del comportamento umano e sulla teoria della conoscenza che la vita si trasforma rispetto al passato. Il significato di questa conoscenza in realtà ha dei limiti, ma la nostra esistenza così semplice fa sì che questo limite ci appaia come un tesoro prezioso, rendendo l'esperienza pratica in qualche modo necessaria.
L'arte contemporanea è una nuova forma di percezione sensoriale che l'uomo dei nostri tempi ha sviluppato alla luce dei cambiamenti che oggigiorno hanno interessato la filosofia, la tecnica e l'epistemologia. Può esprimersi nella letteratura, nella musica, e può essere di natura fisica o visiva. La nostra comprensione del ritmo, della velocità, dello spazio e anche dell'identità individuale è in continuo cambiamento, pertanto il rinnovamento dellaL forma di espressione è una cosa assolutamente normale. Quando si fonda sul modello e sullo stato di vita contemporanea, solo allora acquisisce un significato e diventa efficace. Anche i mezzi di espressione artistica si sono evoluti e ormai il mezzo stesso è diventato il significato espresso o almeno importante quanto il significato che si vuole esprimere.
Il mercato dell'arte non può soggiacere a valutazioni. Nessuno di coloro che effettua le stime e giudica se e perchè un'opera valga o meno un certo prezzo, ha poi veramente ragione. E' esattamente come il mercato azionario, si tratta di una cosa virtuale. Se una persona desidera spendere i propri soldi per fare un acquisto o se decide di fare un investimento è come quando si compie un'offerta votiva, si tratta di una scelta che dipende interamente dal volere personale di un individuo. Tutto ciò non centra molto con il significato dell'arte in sè. Perciò l'arte non può migliorare e non può nemmeno diventare peggiore di così. Il mercato artistico è un gioco per i ricchi, per i musei e le istituzioni artistiche, è un desiderio dal quale l'uomo non si può distaccare, è un senso di possesso, potere e brama dell'eterno, una lotta contro la morte...e in definitiva è tutti questi desideri messi insieme, ma in realtà è una cosa veramente stupida. Le opere spesso riflettono uno stato di tedio e insensatezza, e non c'è proprio nulla di profondo in loro.


di Alessandra Colarizi

Vie della Seta: Biennale Internazionale di Cultura




Con un programma di 11 mostre di grande livello - che spaziano dalla storia all’archeologia, dall’arte contemporanea all’attualità - e con un ricco calendario di conferenze ed eventi, la Città di Roma, profondamente impegnata nell’ambito del dialogo tra civiltà e religioni, in qualità di Capitale culturale e luogo di incontro internazionale, inaugura la Biennale Internazionale di Cultura dedicata a quei Paesi del Medio ed Estremo Oriente che, fino al XIII secolo, in sostanza fino ai viaggi di Marco Polo, hanno costituito un mistero per l’Europa.
Grazie alla sinergia tra il Ministero degli Affari Esteri, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Roma Capitale, la Biennale Internazionale di Cultura “Vie della Seta” - che già dal nome si rifà all’importante ruolo che le rotte carovaniere hanno avuto, a partire dal III secolo a. C., come canale di trasmissione dell’antica civiltà orientale e come ponte degli scambi economici e culturali tra Oriente e Occidente - da ottobre 2011 a febbraio 2012 coinvolgerà diversi luoghi della città: alcuni dei musei più prestigiosi (Museo dei Fori Imperiali ai Mercati di Traiano, Museo di Roma in Palazzo Braschi, Museo di Roma in Trastevere e Macro Future)
e lo straordinario complesso delle Terme di Diocleziano, che per l’occasione riaprirà al pubblico due padiglioni.
Attraverso la collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e grazie all’impegno della rete diplomatico consolare e degli Istituti italiani di Cultura alcuni degli eventi proposti “ripercorreranno” la via della seta per essere proposti nei luoghi storici che hanno segnato questo cammino. Gli Istituti italiani di Cultura di Pechino, New Delhi, Jakarta ed Istanbul saranno promotori, con il coinvolgimento delle Istituzioni locali, di iniziative, mostre, incontri, conferenze e rassegne da realizzare nelle rispettive città.
Il complesso lavoro di organizzazione e coordinamento dell’intera Biennale è a cura di Zètema Progetto Cultura, società in house di Roma Capitale. Storia, archeologia, tradizioni e attualità saranno oggetto delle sei mostre alle Terme di Diocleziano, al Museo dei Fori Imperiali ai Mercati di Traiano, al Museo di Roma in Palazzo Braschi e al Museo di Roma in Trastevere.

Alle Terme di Diocleziano, esposta in anteprima mondiale, la mostra Le strade degli Dei (a cura dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente, con la cura scientifica di Gherardo Gnoli, Pierfrancesco Callieri e Francesco D’Arelli) metterà in scena, sulla traccia di una mappa cinese di oltre 30 metri, risalente all’inizio del XVI secolo e rinvenuta recentemente in Giappone, la sovrapposizione di culture e religioni lungo le Vie della Seta, grazie allo scenografico allestimento di Studio Azzurro. Quasi come lo svolgimento di un rotolo, il percorso porterà il visitatore a percorrere un affascinante ed interminabile viaggio, illustrato con materiali virtuali e con una selezione di importanti manufatti di varia tipologia, attraverso le Città che più animarono la via dal Mare Nostrum a Pechino, tra il II secolo a.C. e il XIV secolo d.C..

segue :http://www.viedellaseta.roma.it/

domenica 28 agosto 2011

Memorie da Kathamndu



Come preannunciato, Cinasia vuole essere molto più di un portale d'informazione giornalistica. E detto fatto, metterò subito in chiaro la natura eterogenea dei miei interessi. Così dopo un articolo di analisi economica vi propongo tutt'altro, con un salto dal mondo materiale a quello spirituale. 
Proprio in questi giorni ho fatto incorniciare una pittura che ho acquistato lo scorso gennaio durante un viaggio in Nepal, a Kathmandu per l'esattezza (purtroppo non ho avuto l'accuratezza di conservare il biglietto da visita della scuola di pittura presso la quale è stato realizzata l'opera). Il dipinto appartiene al genere dei thangka, stendardi buddisti dipinti o ricamati, solitamente appesi nei monasteri o sugli altari di famiglia, che vengono portati in processione dai lama o dai fedeli.Mentre molti li ritengono piacevoli e folkloristici oggetti da attaccare al muro, per i buddisti questi dipinti religiosi tibetani presentano una bellezza considerata manifestazione del divino.I thangka possono essere raggruppati per tipo in base alla tecnica e al materiale con cui sono stati realizzati. In genere si suddividono in due ampie categorie: quelli dipinti (tibetano: bris-tan) e quelli su seta, per appliquè (tibetano: go-tang) o per ricamo (tibetano: tshim-tang). Il thangka in questione è del primo tipo e rappresenta le nove fasi del Sentiero per il raggiungimento della Calma Interiore. Coltivando azioni virtuose e grazie allo studio del Dharma, il primo passo lungo il sentiero buddista consiste nell'interrogarsi sulla natura della mente al fine di placare lo stato di agitazione mentale attraverso la concentrazione su di un oggetto. Nella pittura in questione l'elefante simboleggia proprio la mente umana che a poco a poco viene prima inseguita, poi legata e in fine sottomessa dal monaco. Si tratta di una metafora che ricorre anche nell'iconografia del buddismo Chan, anche se nella scuola cinese l'elefante è sostituito da un bue. Alla fine del percorso si otterrà la concentrazione su di un singolo punto con conseguente purificazione della mente. Il monaco in volo rappresenta la  beatitudine del corpo, mentre quello a dorso dell'elefante la beatitudine della mente. Cavalcando l'animale attraverso l'arcobaleno, brandisce la spada della visione perfetta avendo ottenuto la fiamma di una chiara comprensione e della memoria originaria; in altre parole l'ultimo tratto del sentiero simboleggia la liberazione dal samsara ottenuta attraverso la visione superiore e la calma interiore.


sabato 27 agosto 2011

La crisi economica statunitense, un bene per la Cina? Ecco l'opinione degli analisti

Se da una parte la crisi finanziari statunitense ha assestato un duro colpo all'Occidente, dall'altra, arrestando l'aumento dei prezzi del petrolio, ha così concesso a Pechino di tirare un sospiro di sollievo. Parola di Shen Jiangguang, analista di Mizuhuo Securities. La piaga dell'inflazione al consumo, che da mesi affligge il Dragone, è in via di guarigione e ci sono buone speranze che il Consumer Price Index, (CPI), in aumento a giugno del 6,5% , nei prossimi mesi rallenti la sua corsa. Secondo le previsione degli analisti, agosto si concluderà con una crescita del CPI pari al  6,2%, con i prezzi degli alimenti alti, ma in via di raffreddamento rispetto al mese scorso. "Con un picco nel mese di luglio, la media annua dell'aumento del CPI si attesterà tra il 5,4% e il 5,6%", ha dichiarato Lu Zhengwei direttore dell'Industrial Securities. Ma c'è anche chi ipotizza per l'indice dei prezzi alla produzione una risalita sino alla soglia del 7,3% entro la fine di agosto, sebbene la crescente volatilità del mercato delle materie prime ne minacci un tracollo per il prossimo mese.

 di Alessandra Colarizi.

Go-out policy, l'arma a doppio taglio del Dragone


La Cina rafforza le sue mire espansionistiche sul mercato estero, facendo della "Go-global strategy" il suo cavallo di battaglia. Secondo l’Asia Society, organizzazione non-profit sul mondo asiatico, entro il 2020 gli investimenti oltremare del Dragone potrebbero raggiungere i 2 miliardi di dollari, un chiaro segno di come il governo cinese aspiri ad incrementare il processo di internazionalizzazione delle proprie imprese. Ma che convogliare il flusso monetario oltre i confini del Paese possa essere una garanzia di successo per le multinazionali cinesi è un’ipotesi che non sembra convincere Shujie Yao, professore di economia presso l’Università di Nottingham. A dare forza ai suoi dubbi, l’incontestabile evidenza che la Cina, pur avendo sottratto al Giappone il primato di seconda economia mondiale, tuttavia non è ancora riuscita ad eguagliare i “cugini asiatici” nella produzione di marchi di fama internazionale quali la Toyota o la Samsung; una situazione che riflette la debolezza di base insita nel metodo di “fare business” adottato nel Regno di Mezzo. Ed è proprio dal business che, secondo Shujie, dipende la crescita economica del Paese: “se le compagnie nazionali non riusciranno a rendersi competitive sul mercato occidentale, difficilmente la Cina sarà in grado di mantenere costante l’attuale ritmo di crescita per altri 20 o 30 anni”, scrive il professore in un articolo pubblicato sul Financial Times lo scorso giugno. Una riflessione, o forse più una critica, quella del’accademico dell’Università di Nottigham che va a colpire la startegia economica assunta dal Partito Comunista nel 1999, anno in cui la leadership di Pechino diede ufficialmente il via alla “go-out policy”, una politica volta a incoraggiare le imprese nazionali ad investire oltremare, affidando, nel contempo, alle società governative (SOEs) il monopolio del mercato nazionale attraverso sussidi e crediti bancari, così da dar loro un netto vantaggio economico sui rivali stranieri.


Ma sullo scenario controverso del mercato internazionale, le riserve monetarie da sole non bastano a garantire alle compagnie cinesi uno sviluppo sul lungo periodo, mettendo il Dragone davanti al rischio di dover cedere il suo posto sul podio delle grandi potenze economiche mondiali. Cosa non funziona nella strategia di Pechino? Sicuramente una vita troppo facile sul mercato nazionale ha infiacchito le SOEs, privandole di qualsiasi spirito competitivo: lo scorso anno, la somma dei profitti ricavati da due società governative è stata pari a quella delle 500 compagnie private più importanti del Paese. A differenza di altri Stati asiatici come Giappone e Corea, i facili guadagni ottenuti in patria distolgono le compagnie cinesi dalla ricerca di uno sviluppo tecnologico che possa renderle in grado di rivaleggiare con i colossi occidentali. 


Alti rischi, una tecnologia povera e la scarsa qualità dei prodotti (spesso non a norma secondo gli standard occidentali) sono i principali impedimenti che trattengono molti imprenditori privati dal varcare i confini nazionali. Ma non solo. Le società private oltre a non beneficiare del supporto statale, di fatto vedono loro negato anche l’accesso ai crediti bancari, ben due terzi dei quali è destinato proprio alle SOEs, mentre la maggior parte dei neolaureati, abbagliati dai cospiqui guadagni e dal prestigio assicurato dalle compagnie governative, relegano il settore privato ad ultima spiaggia.


Dal canto suo, Pechino sembra aver incentrato la sua politica espansionistica sulla “strategia degli accordi energetici”, ancorando il suo successo mondiale alla fusione e all’acquisizione di società straniere, nonché ad una serie di accordi internazionali (primi tra tutti quelli stipulati con Sud America e Africa) volti a saziare la sua incontenibile fame di risorse naturali. Il risultato? Secondo Shujie, oltre ai costi eccessivi, una mancata attenzione per la creazione di importanti marchi indigeni in grado di ridare credibilità al made in China, riscattando la fama del Regno di Mezzo ormai infangata da numerosi scandali: “ La rapida crescita economica della Cina è stata resa possibile da una parte, grazie alla politica di esportazione e alla produzione di beni di consumo di bassa manifattura, dall’altra, grazie alla manodopera a basso costo e all’imitazione o all’importazione di tecnologie occidentali. Attualmente il governo cinese sta tentando di cambiare questa situazione canalizzando ingenti investimenti nell’innovazione del settore scientifico-tecnologico; il “progetto 985” che stabilisce l’impiego di fondi per la ricerca universitaria ne è un segnale. Benchè nell’ultimo decennio gli investimenti statali nella ricerca abbiano visto un aumento annuale del 20%, fintanto che le università continueranno ad essere trattate alla stregua di organizzazioni governative, è assai difficile che si possa avere qualche giovamento.”


Insomma, la strada verso l’innovazione tecnologica è ancora lunga e il Dragone sembra arrancare nella sua scalata: a dimostrarlo, le ampie riserve di lavoro a basso costo che al momento continuano ad essere impiegate massicciamente nel processo produttivo. Ma una soluzione ai mali del mercato cinese Shujie sembra averla trovata: più “creatività” e meno “contraffazioni”. La chiave di volta di questo processo risiede nella capacità dell’ex-Impero Celeste di dar vita a marchi nazionali di alta qualità. “Il suo successo è direttamente proporzionale alla fioritura oltremare delle sue multinazionali. Incentivando la sfida interna, eliminando il monopolio statale e permettendo una sana competitività tra le società private e le SOEs, soltanto così la Cina potrà diventare una nazione realmente ricca e potente.”


di Alessandra Colarizi 

Pechino dice si allo Stato palestinese

Giunge non del tutto inaspettata, sebbene in completo disaccordo con la “dottrina” della non ingerenza nella politica interna degli altri Paesi tradizionalmente professata da Pechino, la notizia secondo la quale il Dragone si schiererà a favore del riconoscimento della candidatura presso le Nazioni Unite dello Stato palestinese. Ad ufficializzare le voci di corridoio e a rimarcare l'appoggio della Cina alla causa palestinese è stato Wu Sike, inviato speciale per il Medio Oriente del ministero degli Esteri, durante un incontro con i leader palestinese tenutosi nella città di Ramallah. Con un anticipo di qualche giorno su Pechino, ad inizio settimana il ministro degli Affari Esteri spagnolo Trinidad Jimenez aveva già elargito parole di sostegno per la nascita del nuovo Stato indipendente, auspicando che il meeting dei ministri degli esteri dell'ONU, in agenda per il prossimo 2 settembre, possa portarne al riconoscimento. “C'è nell'aria la sensazione che sia giunto il momento di fare qualcosa, di dare al popolo palestinese la speranza che il loro sogno possa diventare realtà”, ha dichiarato il ministro in un'intervista rilasciata domenica scorsa al quotidiano El Pais.

Nel 2008 i negoziati tra Palestina e Israele sono giunti ad un punto morto e l'autorità nazionale palestinese, organo di semi-governo che controlla la Cisgiordania, accantonata l'ipotesi di un accordo, ha lanciato il suo appello alla comunità internazionale presentando quella che può essere di fatto ritenuta una dichiarazione d'indipendenza unilaterale. Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, aree sotto il controllo israeliano dalla fine della Guerra dei Sei Giorni del 1967, diverrebbero così parte integrante del nuovo Stato palestinese. Del tutto prevedibile la controffensiva di Israele che per bocca del primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato di voler raccogliere il sostegno di trenta nazioni contro la mozione palestinese. E immediata è stata l'adesione di Germania e Italia.

Ma data la nota predilezione della Cina per farsi i fatti propri, è lecito chiedersi cosa stia bollendo nel calderone di Zhongnanhai. In seguito all'attacco israeliano sferrato lo scorso 31 maggio contro un'imbarcazione turca che trasportava materiali umanitari a Gaza, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Ma Zhaoxu, aveva sollecitato Israele ad attenersi alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU nel perseguimento della pace e della collaborazione con la controparte palestinese. D'altra parte non può sfuggire inosservato come negli ultimi anni il miglioramento delle relazioni con il governo di Hamas abbia visto un andamento direttamente proporzionale al raffreddamento dei rapporti con Israele. Alleato degli Stati Uniti, partner commerciale di Taiwan, incurante delle richieste del Dragone, nel 2006 ha accolto il Dalai Lama: di certo il curriculum di Netanyahu non è visto di buon occhio da Pechino. Ma non solo; la “questione iraniana” concorre ad impensierire la leadership cinese. Se da una parte Theran, ricoprendo un ruolo chiave nella strategia commerciale attuata dalla Cina nel Medio Oriente, si è assicurato un posticino sotto l'ala protettiva del Dragone, dall'altra rappresenta il pericolo numero uno e una grave minaccia per l'esistenza stessa di Israele.
Conflitto di interessi sotto le false spoglie di un apparente pacifismo; quando si parla di affari, il detto “i panni sporchi si lavano in famiglia” in Cina lascia il tempo che trova.

di Alessandra Colarizi

Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...