Un mondo "deamericanizzato" prevede certamente un ridimensionamento dell'utilizzo della sua lingua franca, l'inglese. A partire dal paese più popoloso: la Cina.
Nella giornata di ieri le autorità di Pechino hanno reso noto di voler ribilanciare il rapporto tra il cinese e l'idioma anglofono, a favore del primo. Attualmente negli esami di ammissione alle scuole superiori e nel gaokao, step obbligato per l'università, le due lingue hanno pari importanza, insieme alla matematica. Dal 2016 il cinese però potrebbe valere di più (180 punti dai 160 attuali, mentre l'inglese verrà retrocesso da 150 a 100 punti).
Il nuovo sistema consentirebbe anche agli studenti delle scuole superiori di sostenere prove di inglese più volte, al fine di ottenere un punteggio migliore per l'ingresso all'università. Quello che però lascia perplessi è che, se il nuovo regolamento -ancora al vaglio dell'opinione pubblica- dovesse passare, l'insegnamento della lingua inglese verrebbe reso obbligatorio dal terzo anno delle elementari, e non più dal primo come avvenuto fino ad oggi.
Tempo fa erano già circolate voci su una possibile rimozione delle prove d'inglese dal gaokao nella provincia orientale del Jiangsu, così come a Shanghai e nello Shandong.
Recentemente gare di dettato a livello nazionale hanno messo in risalto una certa nostalgia per le pratiche "antiche" come la scrittura a mano dei caratteri, ormai tristemente rimpiazzata dalla tastiera dei computer. Il concorso, che è stato persino stato trasmesso sulla TV nazionale, ha riscosso subito un notevole successo.
L'importanza ricoperta dall'inglese, chiave d'accesso per una carriera brillante, negli ultimi anni ha innescato una richiesta crescente di corsi di lingua preparatori. Sopratutto da quando la middle class cinese ha cominciato a proiettare la carriera universitaria dei propri figli negli atenei più prestigiosi; rigorosamente oltre la Muraglia. In Cina, il superamento di un test d'inglese (come il TOEFL e lo IELTS) è un prerequisito necessario per l'ottenimento di un diploma, nonché per l'ammissione a una scuola di specializzazione.
Secondo il Ministero dell'Istruzione, sarebbero 50.000 le aziende specializzate nell'insegnamento dell'inglese su territorio nazionale, per un mercato del valore di 30 miliardi di yuan (quasi 5 miliardi di dollari). Leader nel settore è New Oriental Education & Technology Group, società quotata alla borsa di New York nel 2006 e con una capitalizzazione di mercato di 4,15 miliardi di dollari.
Stando a quanto riporta l'agenzia di stampa Xinhua, questa modifica nei punteggi ha lo scopo di promuovere un apprendimento dell'inglese non più finalizzato esclusivamente al risultato degli esami, ma piuttosto ad una padronanza della lingua. Come, però, rimane un mistero.
"Sebbene abbia dedicato molto tempo e molti sforzi all'apprendimento dell'inglese, ho ancora difficoltà a comunicare con gli stranieri, perché una comunicazione fluente richiede la comprensione di una cultura straniera e del suo gergo. Tutte cose che non si imparano a scuola" ha commentato un impiegato di Pechino.
La nuova manovra di contenimento dell'inglese giunge dopo mesi di speculazioni circa il controverso Documento numero 9, una direttiva interna al Partito comunista cinese che è apparsa fin da subito come una dichiarazione di guerra ai valori occidentali. A metà ottobre, mentre gli Stati Uniti erano ancora in pieno shutdown, la Xinhua è tornata sul tema con un editoriale a firma di Liu Chang. "E' necessario porre fine a giorni così preoccupanti dove i destini di altri sono nelle mani di nazioni ipocrite", recita l'articolo, "mentre bisognerà introdurre un nuovo ordine mondiale, secondo il quale gli interessi chiave di tutte le nazioni, grandi e piccole, povere e ricche, possano essere rispettati e tutelati allo stesso modo. Con questo obiettivo dovrebbero essere gettate le basi per de-americanizzare il mondo."
Cina che punta il dito contro l'Ovest, ma anche Cina incapace di dare valide alternative, come dimostra il Sogno cinese di Xi Jinping. Un concetto vacuo e sfuggente, ricalcato sull'American Dream, che finora è apparso poco più comprensibile unicamente nei suoi connotati spiccatamente nazionalistici: una voglia di rivincita dopo le umiliazioni ottocentesche inferte dall'Occidente. Ad esso il presidente ha fatto ancora una volta riferimento proprio lunedì, in occasione del centenario della Western Returned Scholars Association. Xi ha esortato "i talenti cinesi formatisi all'estero a contribuire alla rinascita nazionale", senza necessariamente dover tornare in patria ("Se vorrete venire in Cina sarete i benvenuti. E se volete restare all'estero vi aiuteremo lo stesso, servendo il paese in vari modi"). L'importante è conservare uno spirito patriottico.
Ma in questo vuoto ideologico, in cui il Dragone sembra aver perso la bussola dopo un trentennio all'insegna dell'"arricchimento glorioso" incentivato da una crescita economica iperbolica, il settore educativo è uno dei primi a risentirne. Lo dimostrano i dubbi tentativi di rinnovamento del sistema, a partire da una lezione molto "alternativa" in una scuola media dello Anhui, in cui un discorso del presidente americano Barack Obama (non di Confucio!) è stato studiato e recitato da tremila studenti suscitando le reazioni non proprio entusiaste dei genitori. Tema centrale, per l'appunto, l'istruzione. Negli stessi giorni a tenere banco sul web era il futuro a tinte fosche di Lu Xun, pilastro della letteratura cinese del '900, unico scrittore "leggibile" durante la Rivoluzione Culturale, e oggi a rischio estinzione dai libri di testo perché ritenuto "troppo profondo" per essere sfogliato sui banchi di scuola.
Un profetico Yu Hua nel suo "La Cina in 10 parole" scriveva: "Il destino di Lu Xun in Cina, da scrittore a parola e, poi, di nuovo da parola a scrittore, di fatto rispecchia il destino della Cina stessa. Lu Xun è la cartina tornasole dei mutamenti storici e degli sconvolgimenti sociali del paese." E pare c'abbia proprio preso.
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