Che si tratti della sfera popolare o di quella più 'ufficiale', l'Italia - oggi la terza economia dell'Europa - sembra essere diventata il paradiso per i cinesi che vogliono fare affari all'estero. Ultimo caso in ordine di tempo, Pirelli-ChemChina. Un'inchiesta del Shidai Zhoubao, in due puntate.
Il 14 ottobre 2014, in occasione di un colloquio con il primo Ministro cinese Li Keqiang, il Premier italiano Renzi ha dichiarato che "dobbiamo adoperarci affinché in Italia arrivi più Cina e in Cina arrivi più Italia." L'incontro ha fatto da sfondo alla firma per accordi commerciali da 8 miliardi di euro. Ma per Renzi si tratta soltanto di un "antipasto". Non rimane che un'unica speranza: farsi comprare dai cinesi. Nel 2013, il sito Vendereaicinesi.it ha cominciato a crescere silenziosamente e nella mente degli italiani i cinesi sono diventati una preziosa risorsa finanziaria.
Vendereaicinesi.it è nato nel febbraio del 2013, quando una serie di venditori ha cominciato a pubblicare messaggi pubblicitari sul sito. Lo scopo era quello di aiutare gli italiani a trovare degli acquirenti cinesi disposti a comprare immobili, beni e servizi in un momento di grave crisi economica. Un fattore che vale la pena considerare: l'assoluta maggioranza degli utenti cinesi registrati sul sito vive in Italia.
Dieci anni fa, Clotilde Narzisi e Luca Soliman hanno aperto una caffetteria a Milano. Si chiama Caffè Orefici e sorge in una posizione privilegiata a soltanto 60 metri dal duomo. Purtroppo di recente, a causa della cattiva gestione e dell'eccessiva pressione fiscale, sono stati costretti a metterlo in vendita. L'unica speranza è che se lo comprino i cinesi.
"I cinesi sono gli unici acquirenti possibili", spiega Narzisi, 43 anni, in un momento di riposo durante la pausa pranzo.
Caffè Orefici è soltanto uno dei 18mila inserzionisti presenti sul sito Vendereaicinesi.it. Qui è possibile trovare merci di ogni tipo: una gelateria in Toscana, un antico laboratorio di jeans a Cremona, persino una Ferrari 458 Italia. E il pubblico di riferimento è rigorosamente cinese.
"I cinesi comprano di tutto, così anche io ho deciso di mettere su la mia pubblicità per tentare la fortuna", racconta Marina. Nel luglio del 2013, la donna ha venduto il suo parco giochi nella città di Alba a una famiglia di cinesi residenti a Bologna. Non erano passati nemmeno 40 giorni da quando aveva messo l'annuncio sul sito. "Non ho dovuto nemmeno fare sconti, sono riuscita a vendere al prezzo che volevo io", spiega.
Al momento la situazione economica dell'Italia non è per nulla buona. Ogni giorno attività di vario genere e grandezza falliscono. Ad essere più vulnerabili sono le piccole e medie imprese che costituiscono la colonna portante dell'economia nazionale. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto un nuovo record del 12,7%, mentre il Pil continua a contrarsi e l'aumento accumulato negli ultimi 14 anni risulta appianato. L'economia italiana è tornata ai livelli del 2000.
Di contro, i 321mila cinesi che vivono in Italia sono diventati la salvezza del paese. La ragione sta nel fatto che per ottenere un finanziamento i cinesi possono comodamente rivolgersi ai canali famigliari piuttosto che passare per le banche. In questo momento di declino le attività commerciali, dalla manifattura ai ristoranti fino a bar e alberghi, i cinesi possono dare nuova vitalità all'Italia. Tra il 2012 e il 2013, le società cinesi sono aumentate del 6,1% a fronte di un calo dell'1,6% registrato dalle imprese italiane.
Stando a quanto dichiarato dagli artigiani italiani e dalla CGIA, l'Associazione Artigiani Piccole Imprese Mestre, in Italia le aziende straniere di nuova apertura hanno superato per numero quelle locali, con i cinesi a quota 66.050, di cui 24.050 sono società commerciali. Seguono aziende manifatturiere, circa 18.200, mentre alberghi, ristoranti e bar contano 13.700 unità.
Il mercato immobiliare italiano ha suscitato grande interesse tra i cinesi.
Una ricerca di Jones Lang LaSalle rivela che, nella prima metà del 2014, gli investimenti cinesi all'estero, finiti nel mattone, sono cresciuti del 17% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, raggiungendo il valore complessivo di 5,4 miliardi di dollari. La fetta più consistente è rivestita dagli investimenti in immobili commerciali, quasi 4 miliardi di dollari, ma a trainare la crescita sono sopratutto gli investimenti nell'edilizia residenziale. Nei primi sei mesi dell'anno, i cinesi hanno investito nell'edilizia residenziale d'oltremare 1,5 miliardi di dollari, l'84% in più rispetto al 2013.
Negli ultimi anni la situazione del real estate italiano non è stata per niente rosea. Secondo i dati rilasciati da Fiaip, Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali, da quando nel 2008 la crisi del debito ha colpito l'Europa, le case in Italia si sono svalutate del 25%. Lo scorso anno il deprezzamento era ancora intorno al 10%.
Secondo la società di intermediazione immobiliare AsiaBraschi, molti di quelli che possiedono attività a Milano hanno intenzione di cedere i loro immobili o le loro attività ai cinesi. Pensano sia una gran fortuna riuscire a vendere ai cinesi, data la loro vivacità imprenditoriale.
"Gli acquirenti cinesi sono famosi in tutto il mondo, in particolare per quanto riguarda il settore immobiliare. Soltanto di recente ho ricevuto una dozzina di cinesi interessati a investire nel real estate italiano", racconta un agente immobiliare del posto. "Per molti ormai l'unica speranza è che i cinesi vengano [in Italia] a fare affari. Credono sia un modo per rimettere in moto il mercato locale".
"Dallo scorso giugno fino a oggi, le ville unifamiliari che ho venduto, oltre ad alcuni appartamenti, sono state prese tutte dai cinesi", racconta Monica, broker immobiliare di Milano. "Alcuni dei proprietari pretendevano persino che fossi io ad andare a cercare degli imprenditori cinesi perché hanno fama di essere molto 'schietti' quando investono nel mattone".
"Se soltanto l'immobiliare italiano avesse sufficiente potenzialità di crescita, i cinesi sarebbero anche più entusiasti di fare affari", aggiunge Monica.
Alla ricerca dei colossi asiatici
Mentre i piccoli commercianti italiani mettono gli occhi sui cinesi emigrati in Italia, le grandi società sono alla ricerca di investimenti diretti dai colossi asiatici.
I dati di Bloomberg dimostrano che, nel 2014, le fusioni e le acquisizioni transfrontaliere supereranno i 54,3 miliardi di dollari con un incremento del 35%. Secondo le statistiche della Banca Centrale Europea, dal 2006 al 2012, gli IDE dalla Cina sono triplicati e gli investimenti di capitali sono cresciuti del 60%.
Nel 2014 l'Italia è diventata il secondo paese europeo per l'ammontare di investimenti cinesi. "Dai dati raccolti abbiamo rilevato che dallo scorso anno molti clienti hanno mostrato interesse a investire in Italia. Quest'anno sono aumentati del 50%", racconta Sara Marchetta, partner dello Studio legale Chiomenti:
Non molto tempo fa, in occasione del vertice Asem, il Premier Li Keqing ha scritto sul quotidiano italiano di economia il Sole 24 Ore che le relazioni tra Italia e Cina sono entrate in una nuova fase da cui beneficeranno entrambi i paesi. Li ha dichiarato che gli accordi siglati dalle due parti sono il frutto del miglioramento dei rapporti economici e culturali. Ha spiegato che la Cina non vuole conservare un surplus commerciale sull'Italia e che importerà più made in Italy. Inoltre, da un punto di vista strutturale gli ultimi accordi sono molto più orientati nel settore della tecnologia e della finanza; fattore che indica un allontanamento dal semplice scambio di merci e implica il raggiungimento di un livello più sofisticato nelle relazioni bilaterali.
Prima che Li Keqiang visitasse l'Italia, nel corso dell'anno le imprese cinesi avevano già effettuato diverse acquisizioni su larga scala. A maggio, Shanghai Electric Group ha acquistato il 40% della società di Ansaldo Energia. A giungo, Renzi si era recato in Cina accompagnato da una delegazione di imprenditori in rappresentanza di dozzine di aziende italiane per chiedere l'aiuto dei cinesi. Dopo poche settimane, Cassa Depositi e Prestiti ha annunciato di aver venduto a China National Grid, la più grande società elettrica al mondo, il 35% del capitale sociale di CDP Reti al prezzo di 2,101 miliardi di euro, sancendo l'ingresso formale della Cina nel mercato italiano della rete elettrica.
Il 10 agosto, la statale Bright Food, sussidiaria di Shanghai Yimin, ha comprato una quota di maggioranza di Salov, produttore italiano di olio d'oliva di proprietà della famiglia Fontana. La Banca Centrale cinese ha acquisito oltre il 2% di Telecom Italia e Prysmian, mentre la State Administration of Foreign Exchange (SAFE), controllata della Banca centrale, è entrata con una partecipazione simile in Eni ed Enel. Non solo. Stando al Financial Times, a ottobre la SAFE ha acquistato anche una quota di minoranza del 2,001% nella banca d'affari italiana Mediobanca. Secondo alcune stime la SAFE, ha speso rispettivamente 2,5 miliardi di euro per comprare quote attorno al 2% di Fiat-Chrysler, Telecom Italia, Prysmian, Eni ed Enel, cinque tra le più grandi società italiane.
Negli ultimi anni l'entusiasmo delle società cinesi per l'Italia è visibilmente cresciuto. Sun Yanhong, Vice direttore del Centro per gli Studi europei presso l'Accademia cinese delle Scienze Sociali, in un'intervista ha dichiarato che l'Italia si è affermata come un nuovo mercato di sbocco per i cinesi da quando la crisi finanziaria l'ha resa un paese piuttosto economico per gli investitori.
"Funzionari italiani hanno riconosciuto che l'accordo sulle infrastrutture firmato tra Cina e Italia, prima della crisi finanziaria, sarebbe stato impensabile per via della molta reticenza a vendere a investitori stranieri azioni in asset strategici", spiega il Financial Times. Oggi, tuttavia, nonostante le ansie della leadership italiana, le risorse finanziarie sono ben accette indistintamente dalla provenienza, anche se si tratta di economia sommersa.
(Tradotto dal Shidai Zhoubao per Internazionale/China Files)