Le difficoltà economiche della Cina potrebbero persistere ancora "per qualche tempo". Lo ha dichiarato domenica il primo ministro cinese Wen Jiabao durante una visita a Chengdu, provincia del Sichuan, sottolineando come il Paese si trovi ad affrontare sfide "gravi" e "complesse". Ha chiesto maggiori sforzi il premier del gigante asiatico, sebbene- abbia aggiunto- "il tasso di crescita economica sia ancora all'interno del range di riferimento stabilito dal governo all'inizio di quest'anno e le politiche di stabilizzazione stiano facendo il loro corso".
Vietato adagiarsi sugli allori però: "dobbiamo essere cauti e tenere presente che la ripresa economica non è ancora stabile. Le difficoltà potrebbero continuare ancora per un po'". Pechino -ha continuato Wen- darà priorità assoluta alla creazione di posti di lavoro e alla concessione di aiuti finanziari e sgravi fiscali per le imprese in affanno a causa del rallentamento delle esportazioni.
Il calo della domanda dall'estero, dovuto alla crisi del debito pubblico europeo e alla faticosa ripresa americana, hanno assestato un duro colpo alla seconda economia mondiale. Venerdì scorso, i dati rilasciati dall'Ufficio Nazionale di Statistica, relativi al periodo aprile-giugno, hanno messo in evidenza una crescita del PIL del 7,6%, in netta frenata rispetto +8,1% del precedente trimestre e inferiore al 7,7% pronosticato dagli economisti; la performance peggiore da quando tre anni fa il colpo di coda della crisi dei mutui subprime aveva colpito in pieno il Dragone.
Una boccata d'ossigeno è arrivata, invece, dai numeri sull'inflazione che, con un calo dei prezzi al consumo dal 3% del mese di maggio al 2,2% di giugno, si attesta al minimo dal gennaio 2010 e al di sotto del tetto massimo stabilito dalle autorità. Una buona notizia per i portafogli dei consumatori, ma, per alcuni, campanello d'allarme di un pericolo deflazione.
Gli ammonimenti di Wen e la promozione di una "politica fiscale proattiva" da parte delle autorità cinesi non fanno che aumentare i timori per un "hard landing". All'inizio di luglio il governo ha deciso di tagliare i tassi d'interesse per la seconda volta nell'arco di 30 giorni, al fine di immettere liquidità nel sistema in panne. Provvedimento, questo, che si è andato ad aggiungere alle sforbiciate sui requisiti di riserva obbligatoria; sei da novembre ad oggi.
Grava, però, sulle spalle del gigante asiatico un mercato immobiliare rovente, foraggiato negli ultimi anni da una forsennata corsa agli investimenti nel mattone e che Pechino sta tentando di tenere a freno attraverso una serie di misure di contenimento. Una delle ragioni principali per le quali il governo cinese ha in più occasioni detto no ad un nuovo pacchetto di stimoli economici; misura che nel 2008 permise al Dragone di arginare i danni della crisi globale, ma che, tutt'oggi, è all'origine dei prezzi esorbitanti del real estate.
Aumentare il sostegno all'economia nazionale senza incappare nella trappola del credito facile e schivare le zampate dell'inflazione: è questa una delle sfide più ardue che si trova ad affrontare il gigante asiatico alla vigilia del ricambio ai vertici previsto per il prossimo autunno.
E per gli esperti del settore la situazione è sufficientemente critica da poter costringere Pechino ad una manovra a sorpresa. Secondo il colosso bancario nipponico Nomura, il Consiglio di Stato cinese potrebbe introdurre nuove misure di sostegno entro il termine delle visite che Wen Jiabao e il vice premier Li Keqiang stanno conducendo nelle varie province del Paese.
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