Non si può certo dire che il primo approccio renziano all'Oriente fosse stato entusiasmante: il Presidente del Consiglio si è reso responsabile di una gaffe clamorosa proprio alla vigilia della tournée asiatica, accogliendo il Premier giapponese Shinzo Abe, in visita a Roma, con un piccolo inchino a mani giunte. Un saluto esotico, sì, peccato che tipicamente indiano. Renzi se l'è cavata decisamente meglio sul campo, guadagnandosi il plauso di chi fa affari con l'Asia da anni. Dopo un breve pit stop in Vietnam - trampolino di lancio delle aziende italiane verso il mercato asiatico in virtù degli accordi di libero scambio tra Hanoi e le Nazioni dell'Asean -, il Premier ha proseguito per Shanghai e Pechino spalleggiato da uno stuolo di imprenditori.
A dieci anni dalla prima missione 'di sistema' guidata da Ciampi e Montezemolo, le pmi italiane faticano ancora ad espugnare la Grande Muraglia, scontrandosi con il capitalismo di Stato cinese. Ma come fa notare Alessandro Barbera su 'La Stampa', due dati infondono conforto: innanzitutto, l'idea che il capitalismo di Stato non potrà durare per sempre. Secondo pronostici di Andrea Goldstein dell'Ocse, ci si aspetta in un prossimo futuro un riequilibrio tra Stato e mercato. In secondo luogo, la constatazione che le similitudini tra il gigante asiatico e il Belpaese sono di più del previsto: nonostante lo strapotere dei colossi statali, «l'80% dell'economia cinese è fatta a sua volta di piccole imprese».
Le cifre dell'interscambio commerciale tra Cina e Italia (33 miliardi di euro nel 2013), per il Presidente del Consiglio Renzi, non rispecchiano le effettive potenzialità dei due Paesi e la responsabilità è nostra. «I 23 miliardi di euro di importazioni a fronte dei 10 miliardi di export del 2013 dipendono tutti da noi e siamo noi a dover cambiare questa situazione». Secondo il gruppo assicurativo SACE, l'export italiano verso il Regno di Mezzo metterà a segno una crescita media annua superiore all'11% nei prossimi quattro anni, scrive l''Huffington Post'. Come spiegato dallo stesso Renzi, la direzione da seguire è quella dell' internazionalizzazione. «Noi non siamo qui per riportare a casa le aziende», ha scandito, «siamo qui per dire che occorre più Italia all'estero». (Segue su L'Indro)
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