venerdì 13 ottobre 2017

In Cina e Asia



La Cina ha un nuovo paperone

Xu Jiayin, presidente di China Evergrande Group, ha superato Jack Ma e Wang Jianlin diventando l’uomo più ricco di Cina. E’ quanto emerge dalla classifica stilata da Hurun, il Forbes cinese, che stima le ricchezze di Xu a 43 miliardi di dollari grazie alla performance delle azioni di Evergrande, in crescita di oltre il 450% quest’anno. Il sorpasso su Wang, fondatore della conglomerata Wanda (ormai in quinta posizione), arriva mentre in Cina cambia il vento: nell’ultimo anno Pechino ha fatto capire di voler mantenere gli investimenti in casa dopo un’ondata di acquisizioni estere non sempre ragionate. E di volerli dirottare nello sviluppo di nuove tecnologie. Non a caso al secondo e terzo posto troviamo Pony Ma di Tencent e Jack Ma di Alibaba. La lista, con un patrimonio complessivo di 2,6 trilioni di dollari, evidenzia una crescita della ricchezza media del 12,5%. Secondo Hurun, in Cina, ci sono 2130 individui con beni pari ad almeno 300 milioni di dollari. Ovviamente senza contare le fortune sommerse.

Cosa si nasconde dietro il curioso interesse di Steve Bannon per Guo Wengui?
L’ex chief strategist di Trump ha incontrato l’uomo più ricercato da Pechino ben due volte in meno di una settimana. In un post su Twitter, corredato da prove fotografiche, il businessman racconta di aver visto Bannon per un pranzo a Washington lo scorso giovedì e di nuovo martedì, quando il direttore di Breitbart News è stato a cena nel suo lussuoso appartamento di New York. Fuggito negli Usa alcuni anni fa per sottrarsi alle accuse di corruzione, Guo è diventato il nemico numero uno del Partito quando all’inizio dell’anno ha cominciato a puntare il dito contro la degenerazione morale della leadership cinese, forte di alcune indiscrezioni ottenute grazie alle sue conoscenze ai piani alti. Tra i bersagli preferiti c’è niente meno che Wang Qishan, lo zar dell’anticorruzione nonché braccio destro di Xi Jinping. Stando al Financial Times, durante la trasferta asiatica dello scorso mese Bannon avrebbe incontrato anche Wang presso il quartier generale del Pcc. Il topic dell’incontro pare sia stato il contenuto del discorso tenuto dall’ex chief strategist davanti alla comunità di affari di Hong Kong a settembre. Ma non è finita qui. Lo scorso mese Bannon è volato negli Emirati Arabi per incontrare il principe Sheikh Mohammed bin Zayed Al Nahyan, che stando al settimanale cinese Caixin avrebbe collaborato con Guo fin dal 2013 per istituire un fondo da 3 miliardi di dollari amministrato congiuntamente dal businessman cinese e dalle autorità di Abu Dhabi. Una pura coincidenza? Benché le affermazioni di Guo siano ancora in cerca di conferma, alcuni dettagli sembrano aver fatto scattare qualche campanello dalle parti di Washington. Giovedì, durante la sua prima comparsa pubblica, il fuggitivo ha accusato Pechino di aver inondato l’America di spie e di tramare qualcosa di ancora più devastante dell11 settembre.

Carrie Lam tratteggia il futuro di Hong Kong

In un discorso durato 40 minuti la nuova leader di Hong Kong Carrie Lam ha tracciato la propria agenda economica per gli anni avvenire, pronosticando un futuro radioso per l’ex colonia britannica. “Di fronte alla concorrenza delle altre economie e all’aumento del protezionismo degli ultimi anni, Hong Kong si trova ad affrontare sfide sempre più severe”, ha affermato Lam, “dobbiamo sviluppare un’economia ad alto valore aggiunto e diversificata”. La leader ha dichiarato di voler catapultare Hong Kong nelle’era dell’informazione tecnologica ed è con questo scopo che ha annunciato riduzioni sull’imposizione fiscale per le aziende e miliardi in deduzioni fiscali per la ricerca e lo sviluppo.

Ma l’Hong Kong di Lam non sarà soltanto una “smart city”, sarà anche una città più vivibile. Un piano di sovvenzioni per chi è all’acquisto della “prima casa” dovrebbe aiutare a raffreddare i prezzi del mercato immobiliare, tra i più proibitivial mondo. E poi arriveranno sussidi per i trasporti pubblici e una riforma del fondo pensioni. E’ un’agenda che strizza l’occhio sopratutto ai più giovani, la cui presenza nelle commissioni governative verrà alzata al 15%, mentre 20–30 giovani verranno inclusi nella Central Policy Unit, incaricata di supportare il chief executive. Rimandate invece le riforme politiche (invocate dai tempi delle proteste democratiche degli Ombrelli) in attesa che si creino le condizioni giuste, sebbene sia chiaro che ogni “minaccia alla sovranità, sicurezza e sviluppo” della regione amministrativa speciale è severamente bandita. Nel rimarcare l’appartenenza di Hong Kong alla mainland Lam ha annunciato di voler partecipare al progetto della nuova via della seta non più autonomamente bensì all’interno di un piano di sviluppo nazionale grazie a un accordo con la National Development Reform Commission (NDRC) e alla continua cooperazione con il governo centrale.

L’Unione europea tronca con i generali birmani

L’Ue si appresta a tagliare i rapporti con i generali birmani ritenuti responsabili della pulizia etnica in corso contro i rohingya. E’ quanto emerge da un accordo — visionato da AFP — tra gli ambasciatori del blocco in attesa che venga sottoscritto lunedì nell’ambito di un meeting tra i rispettivi ministri degli esteri. Nel documento si spiega che la fuga di massa dallo stato Rakhine “indica fortemente un’azione deliberata per espellere una minoranza”. “Alla luce dell’utilizzo sproporzionato della forza da parte degli apparati di sicurezza, l’UE e i suoi Stati membri sospenderanno gli inviti al comandante in capo delle forze armate del Myanmar / Birmania e ai funzionari militari di alto livello. Verrà inoltre riesaminata tutta la cooperazione pratica di difesa”. Ad oggi le restrizioni imposte dall’Ue vietano l’export di armi ed equipaggiamenti utilizzabile per una repressione interna. Ma se la crisi non accenna a migliorare potrebbero essere introdotte nuove misure, riferiscono fonti ben informate.

Intanto, ieri sono ricominciati a fluire gli aiuti umanitari nelle zone colpite dalle violenze tra esercito e ribelli. L’accesso alla Croce Rossa e ai cooperatori internazionali era stato vietato tre mesi dopo il ritrovamento di derrate alimentari nel campo dell’Arsa.

Duterte esclude la polizia dalla campagna antidroga

Rodrigo Duterte ha sollevato la polizia dalle operazioni antidroga responsabili della morte di oltre 3.850 persone. Sarà la Drugs Enforcement Agency ad assumere la guida della campagna di bonifica, mentre 1,200 funzionari di Manila verranno riaddestrati e assegnati ad altre unità. La mossa ricorda la l’interruzione temporanea di gennaio, quando il presidente filippino sospese la polizia per 5 settimane definendola “corrotta fino all’osso”. In un memorandum reso noto quest’oggi, Duterte dice di voler “portare ordine nella campagna” dopo che ad agosto la morte in circostanze sospette di un diciassettenne ha indignato l’opinione pubblica. Secondo un sondaggio pubblicato domenica, negli ultimi tempi il leader ha perso nettamente consensi sebbene complessivamente continui ad avere dalla sua il 67% della popolazione.

(Pubblicato su China Files)

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