Si mettono male le cose per HNA, la conglomerata cinese costretta a disinvestire assets per 15 miliardi di dollari dopo aver speso negli ultimi due anni circa 50 miliardi in acquisizioni estere. Ieri il suo co-presidente Wang Jian è morto in un incidente mentre si trovava in Francia. Secondo il Financial Times, la sua disgraziata uscita di scena complica non poco gli sforzi di deleverage della compagnia, che nel suo portfolio vanta una partecipazione in Deutsche Bank AG. del 3,69%. Mr. Wang ha svolto un ruolo fondamentale nell’ascesa della società, guidando il suo processo di espansione all’estero con l’aiuto del fratello Wang Wei, una figura chiave rimasta dietro le quinte come molti dei suoi misteriosi azionisti.
Cina, il business della sorveglianza sociale
L’attenzione maniacale di Pechino per la stabilità sociale è fonte di polemiche all’estero e di business in patria. Secondo calcoli di Adrian Zenz, esperto dell’ European School of Culture and Theology, la regione autonoma uigura ha visto la spesa per la sicurezza interna lievitare del 100% lo scorso anno,arrivando a superare i 9 miliardi di dollari. Nel solo 2017, la regione ha sborsato per la sorveglianza tanto quanto nei sei anni dal 2007 al 2012 messi insieme. Tra le tecniche utilizzate, spiccano l’utilizzo di telecamere a riconoscimento facciale, scansione dell’iride e altre rilevazioni biometriche. Le aziende cinese ci si sono buttate a capofitto. E’ il caso di Hikvision, con sede a Shenzhen, che ha firmato cinque contratti con il governo locale per un totale di 280 milioni di dollari, in gran parte destinati ad apparecchiature video da disseminare nelle aree rurali e urbane. Solo la contea di Moyu nei primi 10 mesi del 2017, ha speso oltre un miliardo di yuan per la sicurezza pubblica, un aumento del 380% su base annua e più di tre volte le entrate totali del governo nello stesso periodo.
Tokyo sfida la comunità internazionale sulla caccia alle balene
La passione del Giappone per la caccia alle balene rischia di tramutarsi in un fattore di rischio per le relazioni diplomatica tra Tokyo e la comunità internazionale. Secondo quanto riportato dal Guardian, il Sol Levante potrebbe riprendere la criticata pratica con fini commerciali già entro la fine di quest’anno. Ovvero dopo che la delegazione nipponica sfrutterà il vertice dell’International Whaling Commission (IWC) che si terrà a settembre in Brasile per modificare le regole di voto sulla ripresa della caccia per scopo di lucro. Funzionari giapponesi hanno riferito che la proposta sarà limitata solo alle specie non più a rischio ed è giustificata dall’aumento del numero di alcuni esemplari come le megattere e minke. Una motivazione non sufficiente a placare le critiche. “Cercare di sovvertire il modo in cui l’IWC prende le proprie decisioni non cambierà il fatto che per decenni la maggioranza dei membri non ha avuto alcun appetito per un ritorno all’era passata della caccia commerciale”, ha dichiarato Nicola Beynon, responsabile delle campagne dell’australiana Humane Society International.
La Corea del Sud in protesta contro l’upskirting
Mentre il Regno Unito si prepara a introdurre una legislazione che vieta esplicitamente il cosiddetto “upskirting”, in Corea del Sud è polemica sulla diffusione virale di filmati di natura sessuale, una pratica conosciuta localmente come molka. Secondo la polizia, il numero di arresti per molka è salito dai 1.110 del 2010 ai più di 6.600 del 2014, anche se si ritiene che il numero reale di casi sia di molte volte superiore. Delle 16.201 persone arrestate tra il 2012 e il 2017 con l’accusa di aver effettuato registrazioni illegali, il 98% erano uomini a fronte dell’84% delle 26.000 vittime di sesso femminile. Più di 400.000 persone hanno recentemente firmato una petizione per chiedere alla Casa Blu di costringere la polizia a indagare adeguatamente su tutte le accuse di molka. Il mese scorso, circa 22.000 donne sono scese nelle strade di Seul in quello che i media locali hanno definito la più grande manifestazione per i diritti delle donne nella storia della Corea del Sud.
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