mercoledì 22 gennaio 2014
Da Chongqing a Singapore: le Società nere diventano "rosa"
(Scritto per Uno sguardo al femminile di febbraio)
14 ottobre 2009: Il volto impassibile non lasciava trasparire alcuna emozione. Avvolta nella tipico giubbotto arancione dei detenuti, Xie Caiping veniva condotta fuori dalla Quinta Corte Intermedia del Popolo scortata da due guardie. Il 3 novembre una controversa sentenza ha drasticamente fine a una delle carriere più brillanti del panorama criminale di Chongqing, megalopoli della Cina centro-meridionale. Una carriera da 2 milioni di yuan (243mila euro) che è valsa a Lady Mafia un posto nella top ten dei "boss più infami di sempre" stilata dal Time, di cui è anche l'unica donna.
Oggi Xie sta ancora scontando diciotto anni di carcere con le accuse di "gioco d'azzardo, associazione mafiosa, sequestro di persona, corruzione e di aver dato protezione e rifugio ai consumatori di droga". Attività, queste, che aveva portato avanti dal settembre 2004 con la connivenza delle autorità per via della sua parentela con il capo della polizia Wen Qiang, protettore delle gang locali per circa un decennio. Non è certo un caso che nel 2000 fosse riuscita a fuggire da una delle sue innumerevoli bische con una valigetta piena di soldi, soltanto dieci minuti prima che le forze dell'ordine facessero irruzione. Alcuni anni dopo uno sfortunato poliziotto, pizzicato a ficcare il naso dove non doveva, fu picchiato fino a perdere i sensi, infilato in una sacca e scaricato in campagna.
Gli affari sono andati a gonfie vele fino a quando, nel 2007, l'amministrazione della città non è passata nelle mani di Bo Xilai, politico dai natali illustri caduto in disgrazia, ma al tempo ancora in rapida ascesa verso i vertici del Partito. Due i capisaldi della strategia da lui messa in campo per guadagnarsi le simpatie del popolo: il revival maoista e la lotta alla mafia, come riassume lo slogan "canta il rosso e picchia il nero". Da quel momento in poi, Chongqing, anche nota come la Gotham City d'Oriente per l'alto tasso di criminalità, venne squassata da una maxi campagna anti-corruzione nelle cui maglie finirono 9mila persone. Veri malavitosi o semplici nemici politici di Bo. Tra questi anche Xie e Wen, condannato a morte nel luglio 2010 "per stupro, aver coperto bande criminali e per aver intascato tangenti per 12 milioni di yuan (1,4 milioni di euro)". Il bottino è stato ritrovato seppellito sotto uno stagno.
Al tempo dell'arresto la stampa cinese non risparmiò dettagli sulla vita lasciva condotta da Lady Mafia. Xie aveva ville lussuose e 16 giovani amanti, oltre ad un favorito di vent'anni meno a farle da autista e braccio destro nella gestione dei casinò illegali. Un atteggiamento sopra le righe che ha mantenuto persino alla sbarra, quel 14 ottobre, quando il giudice la bacchettò per via del suo linguaggio troppo scurrile. Fuori dal tribunale, ad attendere con impazienza l'esito del processo, c'erano diverse vecchie conoscenze. Come Chen Yaling, percossa da una banda di delinquenti dopo aver rifiutato la richiesta di un poliziotto corrotto di trasformare la propria sala da tè in una casa da gioco. La sentenza a 18 anni quel giorno lasciò l'amaro in bocca a quanti aspettavano da anni vendetta.
7 Dicembre 2011: Siamo ancora a Chongqing. Un'iniezione letale mette fine alla vita di Wang Ziqi, leader spietata di un giro di prostituzione che, tra il 1994 e il 2009, ha visto implicate oltre 300 donne. Le ragazze che si rifiutavano di lavorare per Wang subivano pestaggi, minacce e venivano private dei documenti d'identità e di ogni bene. Alcune, dopo essere state sottoposte a lunghi periodi di isolamento, hanno perso il senno. Sette sono morte in circostanze sospette. Una è rimasta paralizzata dopo aver tentato il suicidio buttandosi dall'ottavo piano di una case da tè. Wang non operava da sola, ma con l'appoggio della sorella, Wang Wanning, e sotto la protezione del suo influente amante: quel Wen Qiang, cognato di Xie Caiping e capo della polizia di Chongqing.
Xie e Wang rappresentano dei casi abbastanza insoliti nel panorama malavitoso della Repubblica popolare. Normalmente nella mafia cinese la donna ricopre il ruolo della vittima; risucchiata nel traffico di esseri umani o venduta come merce nei bordelli. Un topos che è stato ripreso in Shanghai Triad, pellicola del 1995 diretta da Zhang Yimou, che (tra lusso e atrocità) insiste sugli intrighi e la condizione femminile già visti in Lanterne rosse. Negli ultimi trentanni, episodi in cui giovani ragazze cinesi sono state condannate a morte per crimini commessi sotto costrizione di un uomo o in situazioni di disperazione hanno conquistato l'attenzione dell'opinione pubblica.
In generale, come evidenzia il noto giurista Giovanni Fiandaca in Women and the Mafia: Female Roles in Organized Crime Structures, spesso il ruolo della donna nei gangli mafiosi nasce da vincoli di tipo famigliare: mogli, sorelle, fidanzate di gangster ricevono compiti anche di notevole importanza pur di mantenere le varie attività criminali tra parenti. La figura maschile tende comunque ad esercitare sempre un forte potere di controllo sugli elementi femminili che, d'altra parte, per via della loro insospettabilità si sono spesso rivelati l'asso nella manica di molte bande malavitose. Stereotipi consolidati che associano la criminalità alla mascolinità hanno finito per regalare alle donne una sorta di immunità davanti alla giustizia. Così che nella maggior parte dei casi vengono ritenute soggetti passivi o addirittura vittime degli uomini del clan, pur essendo delle vere e proprie delinquenti.
E' capitato che, in alcuni periodi di crisi -come avvenuto in Brasile, Argentina e Giappone-, le donne abbiano assunto le redini di organizzazioni criminali, ma è difficile dire se l'ascesa "rosa" rilevata in queste circostanze sia da attribuire all'assenza di uomini capaci o se sia, invece, dovuta all'effettiva "pericolosità" di queste donne. Piuttosto sembra che la progressiva scalata della donna da posizioni accessorie a ruoli più attivi sia da inquadrare in una prospettiva allargata di emancipazione e rivalsa femminile che interessa tutto il contesto sociale in cui una determinata organizzazione opera.
Il ruolo duale (un po' vittima e un po' carnefice) della donna nelle Società nere lo ritroviamo nell'ambito della diaspora cinese. All'inizio del Novecento la scarsità di donne cinesi in America rese possibile la creazione di un losco traffico con l'Impero Celeste, dove giovani ragazze venivano rapite o vendute dalle famiglie in difficoltà ai mercanti che le portavano negli Stati Uniti per avviarle alla prostituzione. Si pensi che, fino al 1910, in California, il rapporto tra maschi e femmine cinesi era di dieci ad uno. Ma l’arrivo delle donne finì per innescare anche le prime guerre tra le varie società segrete clandestine sino-americane (tong). La prima disputa con grossi problemi d’ordine pubblico scoppiò proprio per via di un contenzioso su una prostituta tra membri di tong differenti. Sebbene fossero ricorrenti anche controversie per debiti di gioco e per questioni territoriali, le più gravi furono sempre quelle relative alle sing-song girl. Per togliere una ragazza dal giro della prostituzione era necessario riscattarla, ma colui che se ne innamorava generalmente non aveva soldi a sufficienza per farlo e si trovava così costretto a rivolgersi alle organizzazioni illegali.
Il problema principale incontrato da chi lasciava la mainland per costruirsi una vita oltreconfine era trovare un'occupazione. Questo rendeva gli immigrati, sopratutto quelli sbarcati nel Sud-Est asiatico, facili prede della malavita locale che offriva loro lavoro. E' quanto accaduto alla periferia di Singapore, dove gang giovanili si sono formate nel tentativo di sopperire ai bisogno delle comunità emarginate e ignorate dalla autorità. Si stima che nel 1954 nella città Stato vi fossero 368 società segrete per oltre 20000 membri.
Una di queste, attiva tra gli anni '60 e '70 era la Ang Hor Tiap, nota anche come Red Butterfly, unica gang di Singapore interamente al femminile. Come riporta lo Strait Times in un articolo del 1986, a farne parte erano sopratutto ragazze ventenni del cabaret, cameriere e hostess, tutte riconoscibile per le farfalle colorate tatuate in parti del corpo nascoste che rivelavano come avvertimento solo quando entravano in azione. Molte avevano aderito alla banda perché il loro ragazzo faceva a sua volta parte della malavita locale. "Erano molto maliziose e selvagge", spesso venivano coinvolte in combattimenti, estorsioni e aggressioni. Utilizzavano cinture per legare le vittime e indossavano un anello con una pietra estraibile come arma segreta. La loro tecnica di reclutamento era semplice: "unitevi a noi o vi sfregeremo corpo e viso". La cerimonia di iniziazione richiamava quella delle triadi dell'ex Celeste Impero: bevevano il sangue di un gallo e si ferivano per mischiare tra di loro il proprio sangue e diventare così "sorelle". Queste gang "rosa" avevano, sopratutto all'inizio, lo scopo di proteggere le ragazze che lavoravano nei bar e nei night club. Amavano ritrovarsi a Clifford Pier, Eu Tong Sen Road, Jalan Besar, Tanjong Katong, Geylang e nei pressi di Capitol Theatre.
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