mercoledì 8 gennaio 2014

Il NYT diventa cinese?


I dirigenti del New York Times non l'hanno nemmeno voluto vedere. Il viaggio nella Grande Mela, che avrebbe dovuto suggellare l'acquisto del noto quotidiano da parte del filantropo cinese Chen Guangbiao, si è concluso (per ora) con un buco nell'acqua. "Il livello di difficoltà [dell'affare] è alto" ha commentato Chen martedì attraverso un interprete. Intervistato dal Wall Street Journal, il businessman ha reiterato quanto promesso nei giorni passati; ovvero di voler comprare una società "con influenza a livello mondiale" nel campo dell'informazione.

Già in precedenza il colorato imprenditore -spesso immortalato in un completo verde mela- aveva fatto sapere di aver puntato il Wall Street Journal, in caso non dovesse venire raggiunto un accordo con la famiglia Sulzberger, che da oltre un secolo è proprietaria del Times. Chen ha ammesso di conoscere molto poco le modalità attraverso le quali operano i media sull'altra sponda del Pacifico. Ma ha anche aggiunto di voler "riferire come i ricchi possono aiutare i poveri", mostrando la volontà di perseverare nel suo obiettivo, meglio se affiancato da un imprenditore americano. Per le cose in cui crede investirà ogni bene, fino all'ultimo centesimo di quegli 810 milioni di dollari guadagnati riciclando materiali da costruzione: "sono venuto al mondo nudo e nudo morirò. Manterrò la promessa", ha dichiarato Chen, che i primi anni della sua vita li ha trascorsi in un villaggio del Jiangsu tra mille difficoltà.

Dopo le donazioni alle popolazioni colpite dai disastri naturali di Cina, Giappone e Pakistan; dopo aver venduto lattine di aria fresca ai connazionali soffocati dallo smog che avviluppa le città della Repubblica Popolare -e dopo molte altre stramberie rilanciate dalla stampa internazionale- l'ultima impresa di Chen si inserisce perfettamente nella visione del giornalismo patriottico del presidente Xi jinping. Il mondo conosce una Cina distorta, così come viene dipinta dalla stampa a stelle e strisce. C'è bisogno che qualcuno la racconti per bene -come la vuole il suo leader-: da grande potenza. Proprio in occasione del discorso per il Nuovo Anno, Xi aveva ricordato "ai media, ai gruppi e agli individui" che i loro sforzi sono necessari per "la costruzione di un'immagine nazionale della Cina."

Il denaro sembra essere per molti il motore trainante di questa rinascita mediatica. "C'è la convinzione emergente nella società cinese che se non ci piace il loro (dei media stranieri, ndr) punto di vista, allora dobbiamo comprarli",  ha commentato Jiang Ying docente dell'Università di Adelaide.
Non è la prima volta che i cinesi mettono gli occhi su un importante organo d'informazione Usa. Già alcuni anni fa il Southern Newspaper Media Group, media outlet con sede a Canton tra i più liberali della Cina, aveva puntato il Newsweek invano.

C'è una buona dose di orgoglio (quando non arroganza) in quel paese che nel giro di mezzo secolo ha attraversato ad ampie falcate gli anni della Grande Carestia e della Rivoluzione Culturale, arrivando a tallonare la prima economia globale. Quella stessa sicurezza ha spinto Pechino a giocare fino all'ultimo con i visti dei corrispondenti di Bloomberg e New York Times. Le due testate, responsabili di spinose inchieste sulle ricchezze dei leader cinesi, hanno rischiato di vedere i loro uffici nel Regno di Mezzo chiudere i battenti. Di oggi la notizia che il sito in lingua inglese del Guardian non risulta più consultabile all'interno della Repubblica Popolare, per ragioni non ancora chiare.

"I giornalisti stranieri ormai non hanno più lo scopo di raccontare una grandezza che è già stata raggiunta, ma diventano i corollari di una presenza occidentale che se è per business, viene sopportata, se è per informare, diventa un ostacolo (agli occhi dei cinesi)," scriveva tempo fa su East Simone Pieranni di China Files.

Ma, per quanto l'impresa di Chen Guangbiao dovrebbe essere motivo d'orgoglio nazionale, pare che invece nemmeno la stampa più oltranzista dell'ex Impero Celeste riponga grande fiducia in lui. Mentre ieri il quotidiano-bulldozer Global Times definiva l'acquisizione del New York Times "un'illusione", oggi l'agenzia di stampa ufficiale Xinhua si è focalizzata su un aspetto del viaggio di Chen ben poco inerente al mondo degli affari. In conferenza stampa il filantropo cinese ha annunciato di aver pagato personalmente le spese e gli interventi chirurgici per due praticanti della Falun Gong, la setta spirituale messa al bando da Pechino nel 1999. Madre e figlia, immolatesi nel 2001 in piazza Tian'anmen, sono ora ricoverate in un ospedale della Grande Mela per dei trattamenti estremamente delicati. Un'opera pia che a Chen costerà oltre 2 milioni di dollari. 

(Pubblicato il 5 gennaio)
Segue la traduzione di un articolo riassuntivo dei fatti pubblicato questa mattina dal Xinjing Bao.

"L'acquisto viene prima di tutto, presto partirò per New York!" La mattina del 3 gennaio l'imprenditore cinese Chen Guangbiao ha postato su Weibo il biglietto aereo per New York, annunciando di essere ufficialmente sul piede di partenza verso gli States dove verranno avviate le trattative per l'acquisizione del New York Times. A questo proposito il prestigioso giornale non ha rilasciato alcun nuovo commento, sebbene in precedenza avesse detto di non aver preso in considerazione alcuna vendita.
L'annuncio dell'acquisto, che ha suscitato grande clamore, era stato fatto da Chen prima dell'inizio del nuovo anno, in occasione di un evento da lui presieduto. In un articolo pubblicato sulla stampa cinese egli aveva detto che "pure di comprare il New York Times, non esiterò a spendere tutte le mie ricchezze". Accettata un'intervista dai media britannici Chen ha poi aggiunto che "tutto è acquistabile, basta trovare un prezzo giusto".
Al momento il giornale ha un valore di mercato di circa 2,4 miliardi di dollari, ma il businessman cinese ha dichiarato che potrebbe riuscire a comprarlo per 1 miliardo. Pare che Chen abbia già trovato un socio di Hong Kong -che ha chiesto di rimanere anonimo- in grado di investire nell'affare 600 milioni di dollari. Chen ha rivelato che il 5 gennaio incontrerà un azionista di riferimento nella Grande Mela per ultimare l'acquisizione.
Il New York Times, da parte sua, ha smentito tutto riportando le parole della portavoce Irene Murphy: "Non abbiamo mai sentito parlare di questo incontro". Allo steso tempo viene ripresa un'affermazione fatta dallo storico editore Arthur Sulzberger nel 2003, quando questi disse che la famiglia che controlla il quotidiano non aveva alcuna intenzione di vendere l'azienda.

Punti chiave della vicenda:
La prima volta che Chen ha pensato di comprare il New York Times è stato quando ha pubblicato sul giornale un pezzo in cui sosteneva la sovranità della Cina sulle isole Diaoyu.
"Per tradizione e stile il Times difficilmente può avere una posizione obiettiva sulla Cina. Nel caso in cui riuscissimo a comprarlo, potremmo cercare di cambiare questo tipo di approccio." 

Nel caso in cui l'affare non andasse in porto, punterà a qualche altra società
"Negli affari bisogna essere pronti alla vittoria così come alla sconfitta. L'importante è portare avanti le trattative con onestà e convinzione. Una volta dissi che tutto è comprabile ad un giusto prezzo. Negli ultimi anni le entrate pubblicitarie del giornale sono state tutt'altro che buone, per questo sono piuttosto fiducioso in questa acquisizione. Ma se dovesse andare male, cercherò un altro giornale americano di buona reputazione e con un forte influenza mediatica." 

In caso di successo avvierà grandi riforme
"Se riuscirò a comprare il New York Times avvierò alcune riforme necessarie. L'obiettivo finale è quello di implementare la veridicità e l'oggettività del quotidiano per rimodellarne la credibilità e l'influenza."

Chen non scherza
"Sembra uno scherzo, ma non è una cosa impossibile. Al tempo delle riforme e dell'apertura, in questo antico paese -in cui la gente lottava per raggiungere un sogno- abbiamo prima dovuto creare un varco nelle acque profonde della mente ed esplorare con coraggio e innovatività. Mi piacciono le cose curiose ma non gli inganni. L'acquisto del New York Times è tutt'altro che una barzelletta."

“行动高于一切,我马上要登机飞纽约了!”1月3日上午,中国企业家陈光标在其个人微博上晒出了飞往纽约的机票,表示已正式踏上赴美洽谈收购《纽约时报》的行程。《纽约时报》对此没有最新置评,但此前他们表示公司无意出售。
  新年前陈光标在出席活动时表示,他将收购《纽约时报》,一时引发舆论热议。他在中国媒体上撰文表示,“只要能收购《纽约时报》,我会毫不犹豫倾尽家产。”
  而在接受一家英国媒体采访时,陈光标说道,“只要价格合适,没有什么买不到。”
  按当前股价计算,纽约时报公司市值约为24亿美元。陈光标则称,他认为收购所需资金约10亿美元。他已说服一名不愿透露身份的香港老板投入6亿美元。
  陈光标透露,1月5日他将在纽约与一名“主要的股东”见面,洽谈收购事宜。
  《纽约时报》对此事进行了报道,同时援引该报女发言人艾琳-墨菲的话表示:“我们没有听说过此类会面。”
  《纽约时报》同时在报道中称,其出版人小阿瑟·苏兹伯格曾在2013年表示《纽约时报》的控股家族无意出售该公司。(高美)
  ■ 节选
  陈光标昨日在中国媒体上撰文表示,“只要能收购《纽约时报》,我会毫不犹豫倾尽家产。”
  第一次萌生收购念头
  我第一次在《纽约时报》刊登广告,声明中国对钓鱼岛的主权时,就萌生了收购这家报纸的念头。
  ……《纽约时报》的传统和作风,让他们很难对中国作出客观公正的新闻报道和评论分析。倘若我们能收购它,则可以推动其风气发生改变。
  如交易破裂将另寻一家
  既然是收购,成功和失败就都有可能,需要的是坦诚沟通和艰苦谈判。我也曾说过,只要价格合适,没有什么买不到。
  ……《纽约时报》近年广告收入并不十分理想……所以我对此次收购还是充满信心。如交易破裂,我会在美国寻找另一家信誉良好且有影响力的媒体,实现最终的收购目标。
  如收购成功
  将进行改革
  如果收购成功,我会对《纽约时报》进行一些必要的改革。最终目的就是增加这张报纸的真实度和客观性,重塑其公信力和影响力。
  不要当成一个笑话来听
  有些事看起来似乎是在开玩笑,但未必不可能。君不见……身处改革开放新时代,在这个人人为梦想而砥砺奋斗的古老国度,需要我们首先突破头脑里的“深水区”,多些大胆而新颖的探索实践。我喜欢出些怪招,但怪招不是花招。收购《纽约时报》,请不要当成一个笑话来听。

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