sabato 14 novembre 2015

Xi goes global


Rassicurare il mondo sulla tenuta dell'economia cinese e riaffermare l'ascesa pacifica del Dragone sullo scacchiere internazionale. E' con questo messaggio che il presidente cinese, Xi Jinping, continua la sua fitta tournee estera. Alla fine di novembre, ammonteranno a 24 i giorni trascorsi da Xi oltreconfine negli ultimi quattro mesi. Giunto sabato ad Antalya per presenziare alla decima edizione del forum che dal 2008 riunisce i leader dei paesi membri del G20, il 17 novembre il presidente cinese si rimetterà in volo per partecipare al summit Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation Forum) ospitato quest'anno dalle Filippine, e poi ancora alla volta di Parigi per il decisivo vertice sul clima, facendo tappa in Sud Africa dove a inizio dicembre si terrà il China-Africa Cooperation Summit. Si tratta di un attivismo internazionale "insolito" per un leader cinese, commenta l'agenzia di stampa governativa Xinhua.

Stando a quanto evidenziato da Jin Canrong, consulente del governo cinese nonché docente della Renmin University di Pechino, le impellenti sfide sul fronte internazionale giustificano le frequenti trasferte di Xi, appena rientrato dalla sua prima visita di Stato in Vietnam e a Singapore, entrambi Paesi bagnati dalle agitate acque del mar Cinese Meridionale, teatro di frequenti battibecchi tra il Dragone -che si arroga il diritto di sovranità su oltre l'80% della sua superficie- e i vicini rivieraschi. "Davanti a problemi interni, come la situazione economica, [Xi] non è in grado di trovare soluzione immediate e si trova ad affrontare molte più sfide in politica estera, come per quanto riguarda il Mar Cinese Meridionale", spiega Jin al South China Morning Post.

Nonostante la recente missione del Presidente cinese negli States, le relazioni tra Pechino e Washington (già tese per via delle reciproche accuse di cyberspionaggio) hanno subito una nuova battuta d'arresto in seguito alle recenti incursioni navali e aree americane in prossimità delle isole artificiali costruite dalla Cina nell'arcipelago delle Spratly. E' altamente probabile che tali frizioni marittime, sebbene non ufficialmente in agenda, faranno da sfondo al vertice Apec di Manila. Tanto più che Pechino è in attesa di ricevere il responso del tribunale internazionale dell'Aja a cui le Filippine si sono rivolte nel 2013 per dirimere le controversie territoriali con l'incombente vicino- arbitrato, tuttavia, non riconosciuto dalla Repubblica popolare che continua a preferire il confronto bilaterale con i vari attori regionali.

Salvo l'aspra condanna contro il massacro di Parigi, l'intervento di Xi ad Antalya ha avuto invece un taglio prettamente economico. "Siamo ancora un importante motore per la crescita mondiale. Dobbiamo portare avanti la transizione del G20 da meccanismo di risposta in caso di crisi a governance di lungo termine", ha dichiarato il presidente nella giornata di domenica, "dobbiamo costruire un'economia globale aperta, opporci al protezionismo, spingere per l'assunzione di politiche macroeconomiche responsabili da parte di tutti i paesi del G20, e insieme espandere la domanda globale". La Cina, da parte sua, "ha ancora l'intenzione e la capacità di sostenere una crescita medio alta e creare opportunità di sviluppo per gli altri paesi". Un punto ribadito in occasione del meeting con i leader dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), tenutosi a margine del vertice. Letteralmente: "L'oro puro non teme il fuoco. Finché manteniamo la fiducia e rafforziamo il coordinamento, i paesi BRICS riusciranno sicuramente a navigare anche con onde e vento".

Cerniera tra le economie mature e i paesi in via di sviluppo, la Repubblica popolare ha il potere, nel bene e nel male, di influire pesantemente sul'assetto mondiale, contando per un terzo della crescita globale. E' stato, pertanto, compito di Xi illustrare al mondo le linee guida tracciate nell'ambito del quinto plenum del Partito comunista, appuntamento chiave della politica cinese tenutosi lo scorso mese a Pechino. Come sintesi del consesso rosso, è al Tredicesimo Piano Quinquennale (2016-2020) -summa del pacchetto di riforme preannunciato nel novembre del 2013- che bisogna guardare per avere anticipazioni sul cammino intrapreso dal gigante asiatico. Quella di Xi sarà una Cina a crescita "medio-alta" (lontana dai tassi di crescita iperbolici dell'ultimo decennio), "ecofriendly" e "high-end". Scordiamoci la fabbrica del mondo, la paccottiglia a basso costo e il fake. Pechino ora punta alla produzione di beni ad alto valore aggiunto e ad una distribuzione più equa delle ricchezze accumulate negli anni del miracolo cinese. Si parla di raddoppiare il Pil e il reddito pro capite del 2010 entro il 2020, obiettivo che -stando alla leadership cinese- potrà essere raggiunto anche con una crescita del 6,5 per cento (contro il 6,9 per cento registrato nei primi tre trimestri del 2015 e un 7 per cento stimato da Xi per la fine di quest'anno). Non solo. 70 milioni di persone usciranno dallo stato di povertà in 5 anni, promette il Tredicesimo Piano Quinquennale.

Sarà in grado Pechino di passare dalle parole ai fatti? La domanda è pertinente dal momento che il rallentamento dell'economia cinese ha coinciso con alcuni bruschi incidenti di percorso, come nel caso del tonfo della Borsa di Shanghai sprofondata dell'8,48 per cento lo scorso 24 agosto. Da oltre Muraglia replicano ostentando la solidità dei fondamentali e la crescita del settore dei servizi e dei consumi interni, ma secondo voci di corridoio la performance sottotono dell'economia nazionale starebbe ritardando l'implementazione delle riforme volte a dare "un ruolo decisivo al mercato nell'allocazione delle risorse". Condizione fondamentale per facilitare l'arrivo di nuovi investimenti esteri in Cina.

(Pubblicato su Gli Italiani)

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