giovedì 7 giugno 2018

In Cina e Asia



L’entertainment cinese sotto inchiesta per evasione fiscale


“La SAT [State Administration of Taxation] ha ordinato agli uffici delle imposte del Jiangsu [una provincia nella Cina orientale] di indagare e verificare le accuse online secondo cui alcuni attori televisivi e cinematografici avrebbero evaso le tasse firmando due contratti” con importi differenti. I cosiddetti “yin-yang”. Lo ha reso noto la CCTV a stretto giro dal polverone aizzato sui social dalla tenzone tra il conduttore televisivo Cui Yongyuan e la famosa attrice Fan Bingbing, accusata — con tanto di immagini dei documenti — di aver evaso il fisco per un importo di 50 milioni di yuan. Secondo Forbes, nel 2016 Fan — che ha recitato in X-Men: Giorni di un futuro passato — era la quinta attrice più pagata al mondo. La casa di produzione ha respinto le accuse, ma il caso sembra aver già scatenato una caccia alle streghe, tanto che le azioni delle società televisive e dell’intrattenimento hanno sperimentato un brusco crollo nella giornata di lunedì. Un bel colpo per il mercato cinematografico cinese che, con un valore di ormai 8,6 miliardi di dollari, si appresta per la prima volta a superare quello americano quanto a incassi annuali.

Finito il “sogno cinese-etiope”?

La China Export & Credit Insurance Corporation ha chiuso i rubinetti del credito per nuovi progetti in Etiopia, una delle mete più bersagliate dagli investimenti cinesi negli ultimi anni. La mossa arriva mentre la linea ferroviaria Addis Ababa — Gibuti si trova a operare al di sotto delle proprie capacità e il paese subsahariano fronteggia un debito estero in crescita e un’erosione delle riserve forex. Questo nonostante il neopremier Abiy Ahmed abbia introdotto nuove speranze per una svolta democratica — a discapito tuttavia di riforme economiche. Quanto sta avvenendo in Etiopia rispecchia i rischi affrontati dalla lunga marcia cinese nei paesi emergenti affetti da instabilità politica. Proprio in questi giorni la Malaysia (fresca di elezioni) e il Myanmar (guidato dalla Lega nazionale per la democrazia) stanno mettendo in dubbio la fattibilità di due progetti chiave della Belt and Road.

La passione della Cina per gli scarafaggi

Basta girare per i principali mercati notturni del paese per notare, tra i tradizionali ravioli e spaghetti saltati, la presenza dei curiosi spiedini animati con tanto di antenne e tenaglie. Gli insetti non sono di certo elemento fondante dell’alimentazione cinese, nondimeno sono sempre più presenti e versatili. Tanto che ormai soltanto nella provincia dello Shandong esistono circa 400 impianti dedicati all’allevamento degli scarafaggi. Già utilizzati nella medicina cinese per realizzare un miracoloso elisir contro l’ulcera, si preannunciano una preziosa variante ecologica nello smaltimento degli scarti alimentari ai metodi tradizionali come la combustione e il sotterramento. Ma, tra gli altri usi, sperimentati c’è anche quello di tostare e ridurre in polvere gli scarafaggi per dare un più alto valore proteico al mangime per animali. Secondo un rapporto pubblicato dalla FAO nel 2013, il consumo di insetti potrebbe diventare una una soluzione alla carenza di cibo, mentre uno studio del 2016 condotto da ricercatori indiani suggerisce che il latte di scarafaggio contiene oltre tre volte più energia del latte delle mucche — anche se non è ancora stato accertato sia effettivamente sicuro per il consumo umano.

McDonald’s guarda alla Corea del Nord

Mc Donald’s potrebbe presto sbarcare in Corea del Nord. Lo rivela un rapporto dell’intelligence americana a pochi giorni da un commento dell’advisor del governo sudcoreano Chung-in Moon, secondo il quale Pyongyang sarebbe disposto ad accogliere la nota catena di fast food una volta raggiunta una relativa stabilità nelle relazioni con Washington. Considerato un simbolo della cultura americano e del capitalismo occidentale, Mc Donald’s è approdato nei mercati comunisti negli anni ’90 prima in Russia e poi in Cina. Secondo l’Economist, tra il 1967 e il 1987, la catena si è espansa con una media di due paesi all’anno, ma verso la metà degli anni ’90, il ritmo è salito a 10 paesi, molti dei quali “comunisti, ex-comunisti e in via di sviluppo”. E sebbene gli hamburger facciano da tempo parte della dieta dell’eilte nordcoreana grazie a spedizioni aeree dalla Cina su base giornaliera, la penetrazione di McDonald’s a livello popolare potrebbe facilitare una riconciliazione dei cittadini nordcoreani nei confronti degli americani, un popolo contro cui il regime ha da sempre scagliato una retorica dell’odio.

Nessun commento:

Posta un commento

Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...