(Prima parte di un servizio della BBC in quattro puntate)
Rilassarsi guardando una soap in costume, un programma di cucina, un talk show oppure le ultime ore di un condannato a morte. Nelle giornata di ieri, la TV di stato cinese CCTV è stata oggetto di aspre critiche per aver trasmesso il preludio all'esecuzione dei trafficanti di droga birmani, responsabili di aver ucciso 13 pescatori cinesi sul fiume Mekong, nel 2011. Ai telespettatori è stato risparmiato il momento del'iniezione letale, ma per qualcuno si è trattato, comunque, dell'ennesima scivolone del soft power d'oltre Muraglia, un'uscita di pessimo gusto. Gli sforzi messi in atto da Pechino per rinforzare il proprio arsenale mediatico continuano a suscitare diverse perplessità, sopratutto in Occidente.
Sulla stampa cinese, la cattura del signore della droga, Naw Kham, è stata paragonata all'uccisione di Osama bin laden da parte degli americani. Il tabloid in lingua inglese Global Times alcuni giorni fa ha rivelato che le autorità avevano preso in considerazione l'idea di sferrare il primo attacco drone cinese proprio per uccidere il trafficante. Poi avrebbero deciso di prenderlo vivo e processarlo.
Uno spettacolo inappropriato
"Due ore di trasmissione per raccontare il processo di questi criminali condannati alla pena capitale è una violazione dell'articolo 252 del codice di procedura penale della Repubblica popolare cinese" ha commentato il noto avvocato Liu Xiaoyuan "vi è una disposizione che vieta l'esposizione in pubblico dei condannati a morte". La CCTV, inoltre, sarebbe anche responsabile di aver infranto la legge emessa dalla Corte suprema del popolo, secondo la quale "la dignità delle persone non dovrebbe mai essere insultata", ha aggiunto Liu.
Simili scene, per anni riproposte con una certa frequenza sul piccolo schermo, erano quasi scomparse da circa due decenni, affiorando solo sporadicamente sui canali provinciali. Il popolo del web non sembra aver gradito il ritorno alle vecchie macabre usanze televisive. "Lo hanno legato con delle corde e fatto sfilare davanti a 1,3 miliardi di cinesi. Sono questi i diritti umani di cui parla tanto il governo?" ha scritto un utente sul Twitter cinese Weibo. "So che aver ucciso 13 persone è una cosa terribile, ma non è per nulla appropriato trasmettere in diretta un processo d'esecuzione in questo modo; va contro le regole della Corte Suprema" ha commentato un altro.
Nonostante tutto, in Cina pare che molti non disdegnino le tematiche scabrose. Dal 2006 al 2012 la televisione dello Hunan ha mandato in onda "Intervista prima dell'esecuzione", programma condotto da Ding Yu, nel quale i condannati a morte parlavano dei loro crimini, davano sfogo ai loro rimpianti, versavano lacrime di coccodrillo raccontando davanti alle telecamere le loro storie strazianti. Ed è stato subito un successone: ogni sera lo spettacolo ha incollato alla poltrona 40 milioni di spettatori, quasi la metà della popolazione dello Hunan, e 1,25 volte il numero degli americani che hanno seguito la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi.
Spesso i protagonisti dello show erano personaggi controversi, come un ragazzo gay che aveva ucciso la madre o una giovane coppia colpevole di aver freddato la nonna di lui. A dirigere il programma una spietata Ding Yu, spesso artefice di pesanti provocazioni: "sono andata a trovare tuo fratello e tua sorella. Sanno che stai per lasciare questo mondo ma non ti vogliono vedere" avrebbe detto ad un condannato, come riportato dalla NBC. La anchorwoman, d'altronde, si è giustificata così: "alcuni spettatori possono ritenere crudele chiedere ai criminali di fare un'intervista, quando sono in procinto di essere giustiziati. Ma al contrario, la verità è che loro vogliono essere ascoltati". Allarmato dalla disdicevole notorietà ottenuta dallo spettacolo all'estero (grazie ad un mega servizio della BBC), lo scorso marzo il governo di Pechino ha deciso di interromperne la programmazione.
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