Nel 2014 la Cina potrebbe spendere per la Difesa 148 miliardi, rispetto ai 139,2 dell'anno precedente, secondo le stime della società di consulenza e analisi IHS Jane's. Una somma equivalente al totale dei budget di Gran Bretagna, Francia e Germania, e inferiore soltanto ai 574,9 miliardi previsti per l'esercito degli Stati Uniti.
L'aggressività proiettata dai numeri potrebbe non trovare un riscontro sul campo di battaglia. Come fa notare il professor Liu Mingfu al Nanfang Weekly, il 70% dei soldati cinesi proviene da famiglie con un solo figlio; ben l'80% se ci si sposta nelle "truppe da combattimento". La questione assume un significato considerevole se combinata agli esiti di uno studio pubblicato tempo fa su Science, in base al quale i figli unici sarebbero meno competitivi, meno sicuri di sé e meno inclini al rischio. Non esattamente caratteristiche ideali quando si imbraccia un'arma.
In una relazione indirizzata al governo centrale nel 2012, Liu aveva sottolineato come mandare il proprio unico figlio in guerra sia sempre stato un tabù nella storia dell'Impero Celeste. Liu aveva inoltre ricordato l'esempio americano della Sole Survivor Policy -introdotta dopo il decesso dei cinque fratelli della famiglia Sullivan, rimasti uccisi nell'affondamento dell'incrociatore USS Juneau nelle acque del Pacifico, durante la Seconda guerra mondiale- per poi aggiungere che in Giappone i leader militari hanno la responsabilità di impedire ai figli maggiori di partecipare alle missioni ad alto rischio.
Antony Wong Dong, esperto di questioni militari di stanza a Monaco, ha affermato che molti funzionari delle forze armate e analisti della Repubblica popolare, fin dal 1993, hanno cominciato ad esprimere preoccupazione per l'impatto che la politica del figlio unico potrebbe avere sulla sicurezza nazionale a lungo termine. Senza considerare le conseguenze che il venire meno della "pietà filiale" scatenerebbe a livello sociale: "Sotto le rigide regole militari della Cina i disertori vengono fucilati sul posto, e ponendo anche che i soldati figli unici non abbiano paura di combattere, chi si prenderà cura delle loro famiglie se dovessero morire o rimanere gravemente feriti?" è quanto si chiede l'analista.
Negli ultimi anni l'esercito ha cercato di temprare "i ragazzi e le ragazze viziate" attraverso una formazione specifica per rafforzarne le capacità di combattimento, ma l'alto tasso di figli unici nell'Esercito popolare di liberazione (Pla) rappresenta ancora una preoccupazione di ordine strategico. Secondo quanto riportava anni fa il PLA Daily, è pratica diffusa tra le reclute sputare inchiostro rosso per fingersi malati e sfuggire al duro allenamento.
Con il Terzo Plenum dello scorso autunno il Dragone ha imboccato la strada delle riforme; tra queste svetta un allentamento della politica del figlio unico, in base al quale ora le coppie in cui uno solo dei due membri è figlio unico hanno il diritto ad avere un altro bambino. Non per questo il problema della forza lavoro nella Difesa può dirsi superato. Come fa notare il professor di Shanghai Ni Lexiong, bisognerà attendere almeno 20 anni perché i secondi figli divengano adulti.
Di pari passo con l'impennare delle belligeranze nel Mar Cinese Orientale, la politica del figlio unico del Gigante asiatico è diventata oggetto di accese discussioni sui media di Giappone e Sud Corea. Proprio a dicembre il Korea Times diceva la sua, scommettendo che "nel caso in cui scoppiasse una guerra per le isole Diaoyu, il Pla verrebbe certamente sconfitto dalle forze di autodifesa giapponesi perché la maggior parte dei soldati cinesi sono piccoli imperatori e reginette viziate".
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