sabato 11 ottobre 2014
Quando nell'Hong Kong britannica si parlava di 'rule of law'
La Dichiarazione congiunta sino-britannica, sottoscritta dall'allora Primo Ministro cinese Zhao Ziyang e l'omologo britannico Margaret Thatcher nel 1984, ha avviato il lento processo di ritorno di Hong Kong alla madrepatria sotto il motto 'un paese, due sistemi'. Gli accordi prevedevano per l'ex colonia il mantenimento di 'un alto grado di autonomia' lasciando immutato il sistema capitalistico al tempo vigente. E la Basic Law, la minicostituzione di Hong Kong adottata nel '90 su ispirazione del modello britannico (ma, va detto, alquanto suscettibile a svariate interpretazioni), avrebbe dovuto assicurare alla regione amministrativa speciale (dal 1997) la sopravvivenza di istituzioni indipendenti e di piena indipendenza decisionale nelle questioni di ordine economico e giuridico. L'attuale discusso sistema della nomina attraverso preselezione è un retaggio dell’amministrazione coloniale britannica, che si basava su dei consigli di notabili e su un governatore nominato da Londra. Ed è soltanto nel 2007 che il Comitato Permanente del Politburo, il Gotha della politica cinese, si è spinto a concedere il suffragio universale per la nomina del Chief Executive (2017) e del Consiglio Legislativo (2020).
In questi giorni di acese proteste hongkonghesi, qualcuno ha rimarcato come, sotto il dominio inglese, Hong Kong non fosse più democratica di quanto non lo sia stata in questi anni di 'un paese, due sistemi'. Un punto sul quale ritengo meriti menzione lo scambio di opinioni avuto con il giurista e sinologo Fabrizio Franciosi. Questo è quanto Fabrizio mi diceva lamentando la scarsa reattività delle potenze occidentali davanti alle prepotenze di Pechino:
"In termini legali (la Cina ha assunto l'impegno con trattato internazionale di garantire elezioni democratiche) e storici (è vero che gli hongkonghesi non eleggevano il governatore, ma la colonia era retta dalla rule of law.... come si sa, uno stato di diritto può compensare almeno in parte l'assenza di regole totalmente democratiche). Quello che viene troppo spesso omesso è che - sotto i britannici - vigeva un sistema di rule of law che sopperiva alla mancanza di elezioni dirette dei civil servants di rango più elevato. In soldoni: era una democrazia imperfetta, certamente. Ma garantiva i diritti civili.... se un cinese si fosse lamentato dell'illegittimità di un provvedimento dell'amministrazione coloniale, il suo ricorso avrebbe trovato un giudice pronto ad esaminarlo imparzialmente. Diciamo che io vedo questi fatti più sotto l'aspetto "legal-garantista": posso convenire sulla volontà occidentale di mettere a profitto tutte le difficoltà e gli inciampi cinesi, ma occorre anche riconoscere che - avendo la Cina preso determinati impegni con trattato internazionale - è diritto/dovere della controparte (cioè la Gran Bretagna) monitorare costantemente la situazione ed il grado di avanzamento delle riforme pattuite, facendo valere nelle opportune sedi il rispetto dell'accordo del 1984. Ecco, il problema è proprio questo: io non ho sentito nessuno, da Londra, alzare la voce innanzi a ciò che stava accadendo; e, come si sa, chi tace acconsente. Perciò, credo sia difficile sostenere che la Cina sia oggi "sotto schiaffo"; se anche i media criticano Pechino, si tratta di punture di spillo. Paradossalmente, stavolta chi aveva davvero voce in capitolo non ha aperto bocca perché siamo innanzi ad un gioco delle parti..."
Altra questione ampiamente sottovalutata, ma a mio parere decisiva per comprendere perché Pechino si ostini ad alzare un muro davanti alle richieste degli studenti, è quella del termine della Dichiarazione congiunta. Gli accordi tra Zhao Ziyang e la Thatcher coprivano un periodo di 50 anni a partire dal 1997; in teoria dopo il 2046 Hong Kong dovrebbe venire definitivamente reinserita all'interno della Repubblica Popolare cinese, ma è altamente improbabile che questo possa accadere nel caso in cui la regione amministrativa speciale riuscisse nel frattempo a dotarsi di istituzioni pienamente democratiche.
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