martedì 10 aprile 2012

L'appeal culturale del Drgone è anche "word power"


(Pubblicato su Dazebao)

Non vi sono dubbi che la Cina abbia impressionato il mondo con il suo boom economico. Ma questo non e’ sufficiente”. Lo ha dichiarato Yu Guoming, professore di giornalismo presso la Renmin University di Pechino.
La questione e’ ancora una volta quella da mesi dibattuta dalla stampa internazionale: il Dragone non si accontenta di conquistare i nostri portafogli, vuole di piu’; vuole dettare le regole di un nuovo “way of life” penetrando nell’immaginario collettivo. E il “soft power” sara’ il catalizzatore del nuovo “grande balzo in avanti”; perche’ oggi la Cina, secondo potenza economica al mondo, puo’ permettersi di puntare a tanto.

La cultura sta rapidamente emergendo come indicatore cruciale della competitivita’ cinese nel mondo contemporaneo” ha affermato Yu, sottolineandeo come nella sua crescita a ritmi serrati il Regno di Mezzo in futuro non potra’ piu’ accontentarsi di esportare all’estero soltanto merci, ma dovra’ invece puntare a far conoscere il suo stile di vita e la cultura nazionale in tutto il mondo.

Secondo i dati forniti dall’Amministrazione generale delle dogane, nel 2011 l’esportazione cinese di prodotti culturali ha battuto un nuovo record raggiungendo i 18,7 miliardi di dollari, con un incremento del 22,2% rispetto all’anno precedente. E per gli esperti, i numeri continueranno a crescere sostenuti dalle politiche governative in materia di “soft power”.

All'inizio del nuovo anno, il presidente Hu Jintao aveva messo subito le cose in chiaro, firmando un editoriale apparso sul Qiushi, periodico bimensile pubblicato dal Comitato centrale del Partito. La forza culturale e’ alla base della competitivita’ cinese e sara’ determinante per stabilire il suo ruolo sullo scacchiere internazionale, aveva scritto Hu, aggiungendo come la Cina non puo’ essere “un gigante economico e contemporaneamente un nano culturale”.
Lo scopo e’ ovviamente anche quello di dare una nuova immagine del paese che non sia unicamente affiancata a prodotti di bassa qualita’ o alla minacciosa assertivita’ nel continente Asia. “Il mondo ha una grande curiosta’ e voglia di conoscere la Cina, non soltanto la sua forza economica” ha dichiarato Martyn Davies, chief executive di Frontier Advisor, societa’ leader nella ricerca e la consulenza strategica nei mercati emergenti.

E una grande prima sorpresa e’ gia’ arrivata dal mondo dell’editoria. Perche’ l’ex Impero Celeste ha una letteratura millenaria che aspetta di essere scoperta anche da quella fetta di mondo che non ha dimestichezza con i caratteri.
La presenza di buoni traduttori e’ fondamentale per permettere alle opere di scrittori cinesi di raggiungere il mercato estero” ha dichiarato Ya Ding, presidente dell’Association for the Development of China-France Exchanges.

Nel 1985 Ya fu insignito dal governo francese del Young Translators' Prize grazie alla sua versione in cinese dell’opera del filosofo Jean-Paul Sartre, “l’Age De Raison”. Gli ultimi 27 anni della sua vita li ha dedicati alla creazione di opere letterarie in lingua francese, sette in totale e tutte incentrate sulla Cina.
Il suo primo lavoro, “Le Sorgho Rouge” (titolo non nuovo nel panorama letterario cinese) pubblicato in Francia nel 1987, divenne subito un bestseller con oltre 500mila copie vendute a distanza di poco tempo dalla sua uscita.
Le persone in Europa sono appassionate di letteratura cinese, ma la mancanza di canali di diffusione e la carenza di traduttori veramente capaci fa si che molte opere continuino ad essere ignorate dai più.”
Per dare nuova visibilita’ alla produzione letteraria dell’Impero di Mezzo scrittori ed editori stanno unendo i loro sforzi. “I bestseller e le opere di famosi autori cinesi cominciano ad attrarre sempre maggiormente gli editori internazionali, perche’ i lettori d’oltremare vorrebbero leggere piu’ “storie” che riflettono la Cina contemporanea,” ha affermato Ya.

Secondo le statistiche della General Administration of Press and Pubblication il rapporto tra le importazioni e le esportazioni di copyright e’ scivolato dal 7,2:1 del 2005 al 3:1 del 2010. Inoltre i dati dimostrano che, dall’inizio della politica di riforme e apertura sino ad oggi, oltre 1000 opere cinesi contemporanee sono state tradotte in altre lingue, di cui oltre il 90% apparteneti al genere romanzesco e alla narrativa.
Anche Pechino ce la sta mettendo tutta. Il People’s Literature, principale rivista letteraria nazionale, lo scorso novembre ha lanciato una nuova versione in lingua inglese, stabilendo un trampolino di lancio per proiettare il settore editoriale dell’Impero di Mezzo oltre oceano.

E lo scorso anno il China Publishing Group, il piu’ grande conglomerato editoriale di proprietà statale, ha esportato 544 libri d’autore, evidenziando un aumento del 124% rispetto ai 243 del 2006. Il gruppo ha anche stabilito tie-up con piu’ di 60 case editrici in 30 paesi differenti.

La Cina deve puntare sulle co-edizioni con case di paesi sviluppati, che hanno una ricca esperienza a livello internazionale. Solo cosi’ potra’ ottenere risultati di piu’ ampio respiro” ha precisato Zhang Qinghua, direttore dell’International Communication Center della Beijing Normal University, “ risultati che non potranno mai essere raggiunti attraverso canali diplomatici.”

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