mercoledì 13 agosto 2014
Intolleranza religiosa al confine sino-nordcoreano
«See you soon»: un cartello appeso alla finestra del Peter's Coffee House di Dandong, la più grande città al confine sino-nordcoreano, annuncia una breve pausa prima della riapertura. Ma Kevin e Jualia Garrat al loro locale non hanno ancora fatto ritorno. I coniugi, di nazionalità canadese, sono spariti martedì 5 agosto e di loro nulla si sa da quando la stampa cinese ha annunciato un'indagine a loro carico che potrebbe portare ad incriminazioni formali di «spionaggio e furto di segreti militari». Il caso non è di quelli che sempre più spesso vedono Pechino e l'Occidente scambiarsi accuse di cyberspionaggio. Stavolta abbiamo due cittadini canadesi, un caffè, e una linea rossa che per 1300 chilometri separa l'ex Celeste Impero dal 'Regno eremita'; un confine poroso lungo il quale ogni anno migliaia di nordcoreani fuggono dalla fame rischiando di venire rispediti indietro, come stabilisce un accordo tra Pyongyang e le autorità cinesi. Campi di lavoro, torture e in alcuni casi la pena di morte li attendono al rientro.
Dandong costituisce una comoda base per i missionari occidentali che vogliono inviare aiuti oltre il fiume Yalu, la frontiera naturale che divide la Cina dalla Corea del Nord per svariati chilometri. Qui proliferano attività umanitarie camuffate da operazioni commerciali, bar, panifici, ristoranti e agenzie di viaggi. Si dice che i Garrat facessero parte del giro; non avevano mai superato il limite della legalità, ma non si erano nemmeno mai curati di nascondere la propria fede. Avevano aperto il Peter's Coffee House nel 2008 dopo aver lasciato Vancouver alcuni anni prima, diventando punto di riferimento per i cristiani protestanti della zona e i nordcoreani che fanno la spola tra tra Repubblica Popolare Cinese e Repubblica Democratica Popolare di Corea per ragioni di business o per scopi umanitari. Gestivano una 'casa di formazione' per i fuggiaschi nordcoreani fuori Dandong e collaboravano con la North Star Aid, organizzazione che si occupa di spedire aiuti alimentari nel 'Regno eremita', e con varie chiese domestiche cinesi (che Pechino considera illegali) per fornire assistenza sull'altra sponda dello Yalu. Secondo quanto ammesso dal Signor Garrat in un sermone pubblicato sul sito web della Terra Nova Church, nella Columbia Britannica, «il 99% dei nordcoreani che abbiamo incontrato sono tornati indietro per predicare il Vangelo. Hanno dovuto farlo perché gliel'ha ordinato Dio».
Se nella Repubblica Popolare il Protestantesimo rientra -affianco al Cristianesimo, all'Islam, al Buddhismo e al Taoismo- tra le religioni riconosciute dallo Stato e viene accettato purché professato all'interno del TSPM (Three-Self Patriotic Movement), l'unica chiesa protestante riconosciuta dal Governo, nella stalinista Corea del Nord vi è tolleranza zero per qualsiasi credo all'infuori del culto della personalità nei confronti dei i membri della famiglia Kim. Nemmeno la diplomazia statunitense è riuscita a salvare il missionario americano Kenneth Bae condannato nel 2013 a 15 anni di lavori forzati per aver tentato di «rovesciare il regime» fingendosi un operatore turistico. Anche lui era solito frequentare Dandong. (Segue su L'Indro)
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