lunedì 21 marzo 2016
La lunga marcia cinese verso i consumi
I consumatori cinesi spenderanno un 10 per cento in più entro la fine della prima decade degli anni Duemila. E' quanto pronosticato dall'agenzia di consulenza McKinsey, che prevede nel prossimo lustro un significativo aumento in busta paga per il 55 per cento della popolazione cinese.
A riempire i carrelli cinesi non saranno soltanto beni di prima necessità. Mentre il paese più popoloso al mondo affina i propri gusti, volano prodotti di lusso, turismo e l'entertainmen per la gioia degli alti papaveri di Pechino intenti a promuovere un modello di crescita non più "investimenti-dipendente", bensì dominato da servizi e consumi interni. "L'attenzione si sta spostando verso i prodotti di alta qualità e un modo di vita più equilibrato, sano e incentrato sulla famiglia", spiega McKinsey. Senza contare la strepitosa crescita dei pagamenti mobile, passati dallo zero del 2011 al 25 per cento del 2015.
Come riporta Bloomberg, le vendite al dettaglio continuano a registrare una crescita a doppia cifra nonostante il rallentamento dei primi due mesi dell'anno, nel 2017 gli incassi al box office cinese potrebbero superare quelli americani, mentre il turismo cinese in outcoming si avvia a raggiungere i 200 milioni di dollari entro il 2020. Una data d'importanza cruciale per la leadership cinese, che punta a festeggiare il centenario dalla nascita del Partito Comunista (2021) con la costruzione di una "società moderatamente prospera" (xiaokang shehui).
Il quadro roseo tracciato da McKinsey, tuttavia, non sembra convincere tutti. Specie alla luce della recente campagna di ristrutturazione cui sono sottoposti le imprese statali e i comparti in esubero. Cui Ernan, analista di Gavekal Dragonomics, ha dichiarato alla Reuters che "l'effetto più probabile dei licenziamenti nel settore industriale [affetto da sovrapproduzione, ndr] non è la disoccupazione piuttosto una decelerazione nella crescita degli stipendi delle famiglie". Questo perché gli impieghi verso cui vengono dirottati quanti rimasti senza un lavoro (ovvero servizio pubblico, agricoltura e silvicoltura) sono settori meno redditizi. Per esempio, chi lavora nei campi o nei boschi percepisce 28.356 yuan l'anno, contro i 61.677 di un minatore (dati del 2014). E va da se che una stagnazione o per giunta un calo dei salari finirebbe per complicare inevitabilmente l'agognata transizione verso i consumi.
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