martedì 30 gennaio 2018

In Cina e Asia



Wang Qishan delegato dell’Assemblea nazionale del popolo


L’ex zar dell’anticorruzione cinese, nonché fedele alleato di Xi Jinping, è stato eletto tra i delegati dell’annuale Assemblea nazionale del popolo, ciò che più si avvicina a un parlamento in Cina. Pur avendo abbandonato il comitato permanente del Politburo al termine dell’ultimo Congresso del Partito per sopraggiunti limiti d’età, secondo gli esperti, Wang ha continuato a mantenere un ruolo informale, partecipando agli incontri a porte chiuse dei leader e la recente nomina sembra darlo in corsa per un posto come vicepresidente — probabilmente con l’incarico di supervisionare rapporti tra Cina e Stati Uniti. La longevità politica di Wang segna un precedente replicabile da Xi alla fine del secondo mandato quinquennale, segno che le regole non scritte del Partito hanno sempre meno peso nella “nuova Era” del socialismo con caratteristiche cinesi.

Nella lista dei delegati spicca anche il nome di Hu Chunhua, uno dei possibili pretendenti al trono di Xi. Nell’immediato futuro per lui ci sarebbe un posto come vicepremier per gli affari commerciali. Ma dovremo attendere il prossimo marzo perché le indiscrezioni diventino realtà.

Trump vuole nazionalizzare la rete 5G contro lo spionaggio cinese


Con la Cina a mente, il team di Trump sta pensando di nazionalizzare la rete 5G nel giro di tre anni. Secondo una nota riportata da un funzionario del National Security Council ad Axios — e confermata da fonti indipendenti allaReuters — l’amministrazione guidata dall’ex imprenditore ha al vaglio un progetto per realizzare un network statale di tecnologie wireless di quinta generazione a prova di spionaggio. Motivo? Arrestare la lunga marcia cinese nello sviluppo dell’AI. Proprio di recente Washington ha additato Pechino tra i principali pericoli per la sicurezza nazionale. Secondo la circolare, “costruire una rete 5G sicura a livello nazionale pone le condizioni per un successo futuro nel dominio delle informazioni. Non costruire la rete ci metterebbe in svantaggio permanente nei confronti della Cina”. Quando si parla di competitor nelle infrastrutture spicca su tutti il nome di Huawei, il colosso tecnologico da sempre sospettato di spionaggio per i suoi legami con l’esercito cinese. Il programma prevedrebbe persino l’estensione della rete agli alleati asiatici degli Usa, così da contrastare il “comportamento neocolonialista della Cina”. Ma i costi del piano, tuttavia, hanno già incontrato diverse opposizioninel mondo della politica e del business americano.

Migranti ripagati in mattoni

Un curioso caso di cronaca ha riaperto il dibattito sulla condizione dei lavoratori in Cina. A incendiare il web è la sorte toccata a 30 operai di Nanchang, ricompensati con 290mila mattoni da loro stessi realizzati dopo il protratto ritardo nel pagamento dei salari. Nonostante negli ultimi 5 anni la All-China Federation of Trade Unions sia riuscita a ottenere indietro 4,5 miliardi di dollari in stipendi non pagati, nella prima metà del 2016 si è assistito ad un aumento del 20% di scioperi e proteste sul posto di lavoro, in particolare nel comparto edile e dei trasporti, settori ambedue trainati dalla manodopera “mobile”. Eppure stando al China Labor Bulletin il malumore si sta espandendo in maniera costante anche ai servizi e al retail, mentre le proteste nel manifatturiero sono calate del 20% rispetto al 2014. “L’aumento della crescita economica lo scorso anno ha generato solo più posti di lavoro mal retribuiti e instabili”, accusa l’Ong i Hong Kong. Una bella gatta da pelare per Xi Jinping determinato a spostare l’accento dai tassi di crescita vertiginosi al miglioramento della qualità della vita.

140mila sentinelle vigilano su Pechino

La chiamano “la quinta agenzia d’intelligence più numerosa” al mondo. E’ l’organizzazione di quartiere le “masse di Chaoyang”, incaricata di sostenere le forze dell’ordine nella lotta al crimine. Lo scorso anno, la squadra sguinzagliata nell’omonimo distretto di Pechino ha raggiunto quota 140mila unità, ovvero 300 sentinelle per chilometro quadrato. Grazie alle “masse di Chaoyang”, nel 2017 la polizia ha ricevuto 8.300 soffiate inerenti 370 casi, sfociate in 270 arresti e 390 situazioni di rischio per la sicurezza riportate con successo alla normalità. Chi sono in realtà le masse? Volontari — per lo più anziani o venditori ambulanti facilmente identificabili per via di una fascia rossa al braccio — addetti al mantenimento della sicurezza presso la comunità locale e alla segnalazione di facce sospette. La tecnica si ispira alle varie forme di vigilanza popolare, come i baojia di epoca Song. Ma c’è anche chi rintraccia inquietanti similitudini con la campagna di linciaggio avviata sotto la Rivoluzione culturale.

E’ l’Africa il vero salvagente di Pyongyang?


Dopo aver chiamato a rapporto Cina, Russia e Sudest asiatico, gli Stati Uniti hanno cominciato a dirottare il loro pressing verso i paesi africani, con i quali Pyongyang ha scambi diplomatici nonché militari. Nel mirino sopratutto le 13 ambasciate nordcoreane sparse per il continente grazie alle quali il regime di Kim Jong-un continua a fare affari. Le fonti di valuta forte più redditizie sembrano essere il contrabbando di parti di animali selvatici, come il corno di rinoceronte, e il commercio di armi, che sommati ad altre attività fruttano sui 100 milioni di dollari, ovvero il 3–5% delle transazioni intrattenute dal Regno Eremita con l’estero. Lo scorso settembre la Nazioni Unite avevano citato 11 paesi africani tra i possibili partner commerciali di Pyongyang.

Effetto sanzioni: più esecuzioni e diserzioni e meno esercitazioni militari

Le sanzioni stanno cominciando a mostrare i primi effetti. E’ quanto suggerito da alcuni funzionari americani che al Wall Street Journal hanno evidenziato un netto rallentamento delle esercitazioni militari nordcoreane nel periodo invernale. Le operazioni si tengono solitamente tra dicembre e marzo, ma il ridimensionamento di quest’anno potrebbe essere attribuibile alla carenza di carburante dovuta al blocco Onu dell’export di prodotti petroliferi verso il Nord. Secondo il generale Vincent K. Brooks, comandante delle truppe americane in Corea del Sud, sempre le sanzioni sarebbero responsabili di un aumento delle esecuzioni per corruzione tra i militari, oltre che delle defezioni in aree del paese inusuali, come nel caso della rocambolesca fuga di Oh dalla zona demilitarizzata tra Nord e Sud.

(Pubblicato su China Files)

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