lunedì 3 marzo 2014
Il porto della discordia
Un pugno in un occhio. Così gli abitanti di Hong Kong giudicano il progetto che prevede la costruzione di una darsena militare cinese nel cuore della regione amministrativa speciale, deturpando la vista mozzafiato su Victoria Harbour che accompagna quotidianamente le loro passeggiate.
Fieramente osteggiato dalla popolazione locale, il piano ha ottenuto l'approvazione unanime da parte del Consiglio per la Pianificazione urbanistica a metà di febbraio, ed per il momento in attesa della conferma da parte del Consiglio esecutivo della città, l'organismo che dal 1997 -anno del ritorno dell'ex colonia britannica alla Cina- detiene il potere locale sotto il motto 'un paese, due sistemi'. Si tratterebbe soltanto di un'area di 0,3 ettari (2.970 metri quadrati) proprio difronte alla guarnigione murata che il PLA (Esercito di liberazione popolare) detiene a Central, il quartiere finanziario della città. Una porzione ridicola rispetto ai 9,87 ettari di spazio continuo di cui è composto il lungomare, sottolineano i fautori del progetto. Stando a quanto riferito dal consiglio di pianificazione, lo sviluppo in verticale sarebbe limitato a 5,8 metri di altezza: la zona sarà destinata alla costruzione di edifici di piccole dimensioni come uffici, spogliatoi e strutture per la distribuzione di energia elettrica. Il tutto verrebbe, inoltre, occultato da cancelli elettronici pieghevoli, poi nascosti all'interno degli edifici secondari, quando non in uso.
Sì, perché, come rassicura il Segretario per lo Sviluppo Paul Chan Mo-po, la banchina sarebbe «a volte utilizzata dal PLA, ma più spesso destinata ad uso pubblico». In altre parole, l'Esercito potrà utilizzare l'area quando ne ha bisogno, ma per il resto del tempo continuerà a rimanere sotto il controllo del governo locale, anche se diversi legali interpellati dal South China Morning Post hanno fatto notare che non è ben chiaro in che misura i cittadini potranno usufruire dello spazio. «Sarà ancora possibile sedersi e protestare? Potremmo radunarci lì o esercitare il diritto alla ricreazione?» Paul Zimmer, fondatore della Ong Designing Hong Kong dà voce ad alcune delle domande che in questo periodo ronzano per la testa a molti in città.
"Dopo il massacro di piazza Tina'anmen, a Hong Kong parecchie persone vedono ancora il PLA con sospetto", racconta all'Indro John Carroll esperto del periodo coloniale e professore di storia moderna della Cina presso l'Università di Hong Kong, "alcuni hanno espresso la preoccupazione che il molo possa essere utilizzato per portare nuove truppe al fine di reprimere i disordini civili (anche se vale la pena notare che, in realtà, ci sono già milizie a sufficienza sull'isola). L'aspetto simbolico della manovra è determinante. L'Esercito fin'oggi a continuato a mantenere un basso profilo a Hong Kong, ma la nuova banchina cambierà certamente la situazione nel Central District, che il centro finanziario della città".
Il piano era nell'aria fin dal 1994 -ben tre anni prima del ritiro inglese dall'isola- quando un accordo tra Pechino e Londra stabilì che l'amministrazione locale avrebbe dovuto concedere alla Cina 150 metri di lungomare per la costruzione di un molo destinato a scopi militari. La questione era poi rimasta sotto traccia fino a quando, nel febbraio dello scorso anno, il governo locale ha deciso di chiedere 'democraticamente' il parere dell'opinione pubblica. Il sondaggio lanciato dal Consiglio si è concluso il 28 maggio con 19.000 commenti a sfavore e soli 20 sì. Pare che i residenti del Porto Profumato non vedano proprio per quale ragione «un luogo che appartiene alla gente di Hong Kong» debba finire nelle mani dei soldati cinesi. Anche se la Basic Law, documento costitutivo assicura (almeno sulla carta) un alto grado di autonomia in svariati settori, fuorché -espressamente- per quanto riguarda la politica estera e la difesa.
Il fatto è che, come spiega alla rivista 'Time Out' Chu Hoi-dick, fondatore di Land Justice League, il PLA sull'isola detiene già 2000 ettari di terra, ereditata dall'esercito inglese al passaggio dei poteri e tutt'oggi sottoutilizzata. Molti a Hong Kong vorrebbero che quel suolo venisse restituito e destinato allo sviluppo urbanistico della città, una delle più densamente popolate del mondo. «(I soldati cinesi)
hanno accumulato tanta terra inutilizzata e ne vogliono ancora?!» si chiede Chu. (Segue su L'Indro)
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