La tragedia di
Kunming è stata riportata da molti media occidentali come un
episodio di «violenza insensata»,
dando spostando l'accento dall'accezione terrorista dell'accaduto.
Nelle ore successive agli eventi del 1 marzo, le fonti governative cinesi
hanno immediatamente individuato i colpevoli nel terrorismo islamico
dei separatisti della regione dello Xinjiang.
L'uso delle
virgolette sulla parola terrorismo da parte dei media occidentali ha
indispettito Pechino, che ha formalmente protestato contro l'uso di
doppi standard nell'interpretazione della minaccia terrorista. «Forse
la simpatia che l'occidente ha dimostrato verso il separatismo dello
Xinjiang può spiegare questo atteggiamento», scrive un editoriale
del 'South China Morning Post'.
Quando
accadono episodi che scatenano il terrore tra la popolazione, non
dovrebbe essere difficile chiamarli 'terroristi', vista l'azione
irregolare, improvvisa, ma organizzata. Un manipolo di persone
vestite di nero che accoltella i passanti in una stazione
molto trafficata non può essere una coincidenza. La portavoce del
Dipartimento di Stato USA, Jen Psaki ha ceduto alla
fine di una lunga conferenza stampa, affermando che «sì, si
tratta di terrorismo, anche se mancano fonti di informazione
indipendente per confermarlo». La
titubanza della diplomazia americana nel pronunciare la parola-tabù
del ventunesimo secolo segnala l'interesse a preservare le relazioni
ostili che Washington intrattiene con Pechino sulla questione dei
movimenti separatisti interni alla Cina. (Segue su L'Indro)
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