sabato 23 febbraio 2013

Arricchirsi è glorioso?


(Al-Jazeera propone un servizio sulla vita dei paperoni cinesi)

Deng Xiaoping lo aveva preannunciato: "qualcuno si arricchirà prima degli altri!" A più di trent'anni dall'inizio delle riforme, grazie alle quali la Cina è riuscita ad ottenere il titolo di seconda potenza economica del mondo, la predizione del Piccolo Timoniere trova riscontro in una società affetta da una disparità di ricchezza allarmante. Con elevato rischio rivolte e un malcontento popolare che sempre più spesso sfocia in una critica serrata contro i piani alti del potere.

I numeri parlano chiaro: sommando i beni detenuti dai 70 membri più ricchi dell'Assemblea Nazionale del Popolo (il "parlamento" cinese), si ottiene una somma pari ad oltre 85 miliardi di dollari, ben superiore ai 5,5 miliardi di dollari dei 70 paperoni del Congresso Usa. Secondo Hurun, l'equivalente di Forbes in Cina, nel Regno di Mezzo ci sono 2,5 milioni di milionari e 251 miliardari.

Pare proprio che il "socialismo con caratteristiche cinese" abbia battuto il capitalismo a stelle e strisce, con buona pace di Mao e di tutti gli irriducibili della sinistra più intransigente. Qualcuno inorridisce. "Gli amministratori delle società non dovrebbero essere segretari del Partito", ha commenta l'economista Zhang Hongliang, "dovrebbe essere il proletariato a fornire i segretari e gli amministratori che rappresentano i capitalisti. Quando una stessa persona assume entrambi i ruoli vuol dire soltanto una cosa: che il Partito comunista non è nient'altro che un partito capitalista in tutto e per tutto".

Non è d'accordo, invece, Wu Renbao, ex boss del partito di Huaxi, provincia del Jiangsu, per il quale il benessere della Nuova Cina poggia, sostanzialmente, su un sistema meritocratico: "qualunque sia l'ideologia, l'importante è che diventiamo ricchi insieme". Detto in altre parole, i benefici della crescita sono alla portata di tutti, basta rimboccarsi le maniche. Compagni, "andate e arricchitevi!"

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