Il Presidente Xi Jinping aveva preannunciato la nascita dell'istituto alla viglia del summit APEC (Asia Pacific Cooperation) tenutosi a Bali nell'ottobre 2013. Negli ultimi mesi si era parlato di un capitale sociale di 'soli' 50 miliardi di dollari, una cifra che -secondo fonti del 'Financial Times'- il Governo cinese ora vorrebbe portare a 100 miliardi in aperta competizione con l'ADB (165 miliardi), nella quale a fare la parte del leone sono Stati Uniti e Giappone, rispettivamente con il 15,7 e 15,6% del capitale sociale contro il 5,5% detenuto dalla Repubblica popolare. Con base a Manila, l'ADB sta al Sol Levante come la Banca Mondiale sta agli States e il Fondo Monetario Internazionale all'Unione Europea; tant'è che usanza vuole sia Tokyo a nominarne il Governatore.
Da tempo Pechino lamenta l'inadeguatezza delle istituzioni internazionali dalle quali non si sente adeguatamente rappresentato, e ambisce a ribaltare i criteri di concessione del credito sulla base dei propri principi diplomatici. Prestiti a 'interessi zero' per i vicini asiatici, senza esercitare alcuna leva politica: nessuna pressione interna, richiesta di riforme, garanzie a lungo termine o critiche in materia di diritti umani. Tutti fattori dei quale le organizzazioni finanziarie occidentali si servono spesso per dettare le proprie condizioni. «E' evidente che la Cina non assoggetterà la concessione dei prestiti a fattori non-economici», dichiarano fonti diplomatiche a 'The Hindu'.
La composizione dell'azionariato potrebbe essere annunciata proprio in occasione del prossimo meeting APEC, che si terrà tra il 10 e l'11 novembre a Pechino, mentre il Governo cinese prevede un taglio del nastro entro la fine dell'anno. 22 sono i Paesi ad aver mostrato interesse per il progetto, 10 quelli con i quali il Dragone ha già firmato protocolli d'intesa. Si tratta sopratutto di Nazioni asiatiche in via di sviluppo (Cambogia, Vietnam, Birmania e Corea), ma secondo la stampa internazionale il progetto farebbe gola perfino ad «alcune monarchie petrolifere del Medio Oriente». L'invito è stato esteso anche a Giappone, Stati Uniti e India, nonostante fonti a conoscenza degli eventi assicurano che Pechino farà di tutto per ridurre al minimo la loro influenza all'interno dell'istituto. La maggior parte dei fondi proverrà da oltre Muraglia. (Segue su L'Indro)
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