martedì 1 maggio 2018

Così la Cina farà piovere sull’altopiano tibetano


Cina sta sviluppando tecnologia militare all’avanguardia per aumentare la piovosità sull’altopiano tibetano, un’area del paese che con i suoi ghiacciai irrora alcuni dei fiumi più imponenti d’Asia. Secondo quanto riporta il South China Morning Post, il contractor China Aerospace Science and Technology Corporation elaborerà un sistema di camere di combustione in grado di generare 10 miliardi di metri cubi di pioggia l’anno — circa il 7% del fabbisogno idrico nazionale — grazie alla formazione di ioduro d’argento, un agente dotato di una struttura cristallina simile al ghiaccio con cui si inseminano le nuvole.

Decine di migliaia di combustori saranno istallati fino a coprire un’area complessiva di circa 1,6 milioni di chilometri quadrati, ovvero tre volte la dimensione della Spagna. La collocazione, ad alta quota, permette di intercettare i monsonicarichi di umidità in arrivo dall’Asia meridionale, che urtando le montagne producono una corrente ascendente andando a colpire le particelle emesse nell’atmosfera dalle camere di combustione così da generare i desiderati rovesci. Una sola camera è in grado di creare una densa distesa nuvolosa di 5 chilometri. “[Finora,] più di 500 impianti sono stati dispiegati su pendii in Tibet, nello Xinjiang e in altre aree per uso sperimentale. I dati che abbiamo raccolto mostrano risultati molto promettenti”, riferisce al quotidiano di Hong Kong un ricercatore coinvolto nel progetto, “a volte la neve inizia a cadere quasi immediatamente dopo l’accensione delle camere. È come stare sul palco di uno spettacolo di magia”.

Il piano consiste nella riconversione ad uso civile di tecnologia militare sviluppata inizialmente per per creare condizioni atmosferiche svantaggiose (come alluvioni, tornado e siccità) in caso di conflitto con paesi rivali. Stati Uniti e Russia stanno provando a fare lo stesso. Ma la Cina per il momento è il primo paese ad essere riuscito nell’impresa nonostante le avversità ambientali dovute all’altitudine, compresa la scarsità di ossigeno necessario ad alimentare i combustori. Di più. Il progetto Made in China sembra ecofriendly, economico e permette di evitare i molti disagi causati da altri metodi di inseminazione delle nuvole — per mezzo di droni, cannoni e aeroplani — che richiedono la designazione di “no-fly zone”.

Mentre infatti la combustione rilascia soltanto vapore, le varie apparecchiature elettroniche sono alimentate con energia solare e le camere possono essere gestite attraverso un’app per smartphone a migliaia di chilometri di distanza. Il tutto con una spesa piuttosto contenuta. Costruire e istallare un combustore costa 50.000 yuan (8.000 dollari) contro i milioni necessari per un aereo, in grado peraltro di operare su un’area più ridotta. L’unica caratteristica penalizzante sembra essere la dipendenza dal vento e dalla direzione verso cui soffia.

“[La modifica del clima in Tibet] è un’innovazione fondamentale per risolvere il problema della scarsità idrica in Cina. Contribuirà in maniera importante non solo allo sviluppo del paese e alla prosperità mondiale, ma anche al benessere dell’intera razza umana”, ha dichiarato Lei Fanpei, presidente della China Aerospace Science and Technology Corporation, che con la sua tecnologia integrerà quanto vagheggiato fin dal 2016 da un panel di esperti della rinomata Tsinghua University con il piano “Sky River”, sistema volto a trasportare vapore dal bacino dello Yangtze al fiume Giallo.

Pur essendo ricco di ghiacciai, infatti, l’altopiano tibetano viene considerato una delle zone più aride del mondo, soggetta ad appena 10 centimetri di pioggia all’anno — secondo il US Geological Survey, un livello inferiore ai 25 centimetri richiede tecnicamente l’utilizzo del termine “deserto”. È proprio in quest’area della terra che nascono i corsi d’acqua più importanti d’Asia — tra cui il fiume Giallo, lo Yangtze, il Mekong, il Salween e il Brahmaputra — il cui controllo è da sempre all’origine di accese dispute tra Cina, India, Nepal, Laos e Myanmar.

[Pubblicato su Il Fatto quotidiano online]

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