giovedì 31 maggio 2018

In Cina e Asia



Le divergenze tra Usa e Corea del Nord rimangono “significative”

Mentre a New York si apre un secondo giorno di colloqui, le divergenze tra Washington e Pyongyang sulle modalità in cui deve essere effettuata la denuclearizzazione “rimangono abbastanza significative” e “non sarà facile colmare il divario”, secondo il ministro dell’Unificazione sudcoreano. Ieri sera Mike Pompeo e Kim Yong-chol, vicepresidente del comitato centrale del partito dei Lavoratori (primo alto funzionario a mettere piede su solo americano dal 2000) si sono confrontati davanti a una bistecca per “una buona cena di lavoro” durata circa 90 minuti. Mentre i dettagli rimangono oscuri, un funzionario della Casa Bianca ha dichiarato che la Corea del Nord “deve mettere in chiaro cosa vuole fare”. Intanto i preparativi continuano come da programma, con incontri diplomatici su più fronti. “Saremo pronti per il 12 giugno”, ha dichiarato la portavoce Sarah Sanders.

Cresce l’influenza cinese nel mondo

La Cina sta accorciando la distanza dagli Stati uniti in termini di influenza globale. Complici gli investimenti e le donazioni elargite ai paesi a basso-medio reddito. Lo rivela uno studio di AidData, secondo il quale dall’ultimo rapporto del 2014, il gigante asiatico ha superato India e Giappone arrivando a tallonare Washington. Le due superpotenze sono rispettivamente a quota 354,4 e 394,6 miliardi di dollari di aiuti e altre forme di sostegno. Ma mentre l’influenza cinese si espande anche grazie alla famigerata “nuova via della seta”, Pechino rimane piuttosto indietro nel fornire ausilio e consulenza nell’implementazione delle politiche di sostegno. “Il modo in cui la Cina ha storicamente fornito assistenza allo sviluppo è stato molto frammentato tra più agenzie [e] dipartimenti governativi”, spiega Samantha Custer, curatrice del rapporto.

La Cina vince i mondiali. Fuori dal campo

Mengniu, Vivo e Wanda. Sono alcuni degli sponsor esotici che affiancheranno Coca Cola, Visa e Adidas ai prossimi mondiali. Mentre la nazionale cinese di calcio non è tra le 32 squadre ad essersi qualificate, le ambizioni calcistiche di Pechino sono cosa ben nota da quando Xi Jingping ha annunciato una rivoluzione sportiva mirata a rendere la Repubblica popolare una superpotenza del pallone entro il 2050. Nell’attesa che le capacità tecniche degli atleti cinesi raggiungano i livelli auspicati, la Cina si è ritagliata un ruolo da protagonista lontano dal campo. Complici gli scandali che hanno colpito la FIFA e la natura controversa del paese ospite (la Russia), la manifestazione sportiva quest’anno ha faticato a trovare l’appoggio di finanziatori occidentali venendo snobbata da Sony, Johnson & Johnson e Castrol. Una situazione che la Cina ha saputo capitalizzare al meglio.

Due anni fa, nel pieno dell’inchiesta anticorruzione, il colosso Wanda ha siglato una partnership da 150 milioni di dollari con la FIFA spiegando che “poiché alcune società occidentali si stanno ritirando, cogliamo l’opportunità. Se più compagnie di fratelli cinesi diventeranno sponsor della FIFA come Wanda, uniremo le forze per far progredire gli interessi del calcio cinese”. Negli ultimi 18 mesi, Hisense, Vivo, Mengniu e Yadea hanno risposto all’appello. Ma se la fratellanza imprenditoriale “made in China” sarà in grado di veicolare il soft power cinese nel mondo è ancora tutto da vedere.

Le emissioni tornano a crescere

Le emissioni di carbonio generate dalla Cina aumenteranno ulteriormente nel 2018, nonostante gli sforzi pubblicizzati da Pechino per passare a fonti e politiche energetiche più ecologiche. Lo rivela uno studio di Greenpeace,stando al quale dall’inzio del 2018 le emissioni sono aumentate del 4%. Se questo tasso dovesse persistere per il resto dell’anno, assisteremmo al più rapido aumento su base annua in sette anni. Contribuendo a oltre un quarto della produzione globale di CO2, la Cina è già il primo emettitore al mondo. Come riporta il Financial Times, la ripresa dell’economia cinese nel 2017 ha innescato una spirale crescente dopo due anni di calma piatta. Mercoledì, Bloomberg ha riferito che la Cina starebbe anche valutando di aumentare le sue importazioni di carbone dagli Stati Uniti per agevolare la riduzione del surplus commerciale, pomo della discordia con l’amministrazione Trump.

Protezionismo e alluvioni
Le inondazioni causate dai cambiamenti climatici potrebbero costare alla Cina 389 miliardi di dollari nei prossimi due decenni, molto più di qualsiasi altro paese. Ma l’effetto a catena innescato dai disastri naturali sul commercio globale potrebbe vedere gli Stati Uniti uscire come il vero sconfitto. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature Climate Change secondo il quale le spese che la Cina dovrà sostenere in seguito alle alluvioni aumenteranno dell’82% nel periodo 2016–35 a dispetto dei soli 30 miliardi che dovrebbe sborsare la prima economia mondiale. Tuttavia, la Cina riuscirà ad arginare meglio gli effetti secondari delle catastrofi naturali grazie al suo network di relazioni economiche. Secondo lo studio, infatti il libero scambio permette alle nazioni di scambiare beni e servizi per superare temporaneamente carenze o interruzioni delle attività produttive nelle regioni colpite da gravi inondazioni. L’agenda protezionistica di Trump al contrario, nei prossimi 20 anni, rischia di far lievitare i costi di Washington a 170 miliardi.

I nuovi cinesi vivranno una vita più sana degli americani

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, per la prima volta la Cina ha superato gli Usa quanto ad aspettativa di vita in buona salute. I dati, che fanno riferimento al 2016, pronosticano ai nuovi nati 68,7 anni in buone condizioni fisiche rispetto ai 68,5 a cui andranno i contro gli americani, anche se questi ultimi, in termini assoluti, vivranno più a lungo (78,5 contro i 76,4) — gli ultimi dieci anni tuttavia saranno contraddistinti da una salute precaria. Il gigante asiatico sorpasserà gli Stati Uniti anche per quanto riguarda la durata della vita nel 2027. Secondo un’analisi Reuters dei dati dell’OMS, gli Stati Uniti rientrano tra quei soli cinque paesi — insieme a Somalia, Afghanistan, Georgia e Saint Vincent e Grenadine — dove l’aspettativa di una vita sana alla nascita è diminuita nel 2016. Singapore rimane al primo posto con un’aspettativa di 76,2 anni in buona salute, seguito dal Giappone.

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