martedì 8 maggio 2018

In Cina e Asia



Seul corteggia il Nord con un piano di cooperazione economica


Seul ha un piano di integrazione economica con il Sud ben preciso. Secondo il Scmp, durante lo storico incontro del 27 aprile, Moon Jae-in avrebbe consegnato a Kim Jong-un un dispositivo USB contenente una “nuova mappa economica della penisola coreana”. L’iniziativa comprenderebbe tre cinture economiche: una che collega la costa occidentale della penisola alla Cina, facendo della regione un centro logistico; un’altra che unisce la costa orientale alla Russia per la cooperazione energetica e la terza sull’attuale confine per promuovere il turismo. I dettagli del piano non sono stati resi noto, anche se secondo fonti dell’ufficio presidenziale sudcoreano i contenuti sarebbero in linea con quanto affermato da Moon lo scorso anno durante una visita a Berlino nonché in campagna elettorale. “La nuova mappa economica include collegamenti ferroviari tra le due Coree e il nordest della Cina estendendosi fino in Europa”. La proposta si sposa perfettamente con quanto ha in mente Pechino per sviluppare il proprio Nordest — la cosiddetta “cintura di ruggine” — ed espandere la Belt and Road alla penisola coreana. Non a caso la stampa cinese ha contestualmente auspicato la ripresa del Tumen River Area Development Program con la Russia. Resta soltanto una grande incognita: davvero Pyongyang ha intenzione di rinunciare al proprio arsenale nucleare, precondizione necessaria a qualsiasi cooperazione economica con la comunità internazionale?

Pechino minaccia di estendere i crediti sociali alle aziende estere

Le società straniere che non rispettano la sovranità cinese su Taiwan, Tibet e Macao rischiano di venire sanzionate secondo quanto stabilito dal controverso “sistema del credito sociale”. E’ quanto minacciato dalla Civil Aviation Administration in una lettera inviata a 36 compagnie di trasporto, tra cui la United Airlines. L’episodio — che la Casa Bianca ha definito “un’assurdità orwelliana” — arriva a pochi mesi dalla polemica innescata dalle scuse di Zara e Mercedes per aver contravvenuto alla “politica di una sola Cina” e mentre la lunga mano di Pechino minaccia l’integrità intellettuale di università e organi d’informazione stranieri facendo leva sul proprio ascendente commerciale. Di crediti sociali si è parlato molto nell’ultimo anno come di quel sistema che stabilisce premi e punizioni — per individui e società — in base al punteggio realizzato sulla base della condotta on e offline. Una vera e propria distopia — secondo molti — che ufficialmente ha lo scopo di creare una società basata sulla fiducia.

Nel frattempo, proseguono le negoziazioni tra Cina e Stati uniti sui dazi. Nonostante l’esito deludente della prima tornata di colloqui degli scorsi giorni, il vicepremier Liu He è atteso a Washington la prossima settimana.

Il grattacielo più alto di Pechino minaccia il Partito

528 metri d’altezza per un totale di 108 piani. Sono i numeri di China Zun, il grattacielo più alto di Pechino terminato lo scorso anno e in attesa di essere inaugurato il prossimo ottobre. Ciò che lo ha reso inviso alla leadership cinese. Secondo la stampa di Hong Kong, infatti il palazzo sarebbe tanto alto da permettere a potenziali spie di sbirciare tra le mura di Zhongnanhai, il quartier generale del partito comunista a soli 6 km di distanza. E’ per questo che gli apparati di sicurezza avrebbero già provveduto ad espropriare gli ultimi tre piani, quelli potenzialmente più remunerativi. Ma anche più insidiosi. Secondo l’analista militare di Macao, Antony Wong, infatti, dalla sommità del China Zun è teoricamente possibile colpire bersagli all’interno e intorno a Zhongnanhai con un fucile semi-automatico Barrett M82. Un’ipotesi che starebbe costringendo lo sviluppatore CITIC Group a rimandare il taglio del nastro.

Cina pronta a superare gli Usa come prima potenza dell’Asia Pacifico

La Cina diventerà la prima potenza asiatica entro il 2030. A dirlo è un rapporto del rinomato think tank australiano Lowy Institute, che imputa l’avanzata cinese al regresso americano. E’ soprattutto la politica estera isolazionista e protezionista di Trump . Al momento gli Usa sono primi secondo una serie di criteri (risorse economiche, capacità militari, resilienza, reti di difesa e influenza culturale); a seguire Cina, Giappone, India e Russia. L’istituto definisce la posizione diplomatica di Washington nella regione “un’evidente debolezza”, soprattutto se paragonata all’appeal della Belt and Road a guida cinese. Entro il 2030, il think tank prevede che il Pil del gigante asiatico sarà quasi due volte quello degli Stati Uniti in termini di potere d’acquisto. Allora la Repubblica popolare ricoprirà il ruolo di nazione più potente d’Asia.

Coree: l’ipotesi di un ritiro dell’America preoccupa gli alleati

“Segnali preoccupanti suggeriscono che un ritiro delle truppe statunitensi dalla Corea del Sud potrebbe essere usato come moneta di scambio nei negoziati con la Corea del Nord”. E’ quanto avverte il quotidiano sudcoreano di stampo conservatore Chosun Ilbo, facendo eco a quanti temono che una riduzioni delle truppe Usa “esacerberà le attuali paure degli alleati in Corea del Sud e Giappone sull’impegno e la determinazione degli Stati Uniti nel perpetuare il proprio compito difensivo”. Seul paga un po’ meno della metà dei costi per lo stazionamento delle truppe statunitensi nel paese e da tempo Trump minaccia di rincarare la spesa da addebitare ai paesi amici coperti dall’ombrello militare americano. Secondo alcuni osservatori, le forze a stelle strisce sostengono la stabilità regionale contrastando l’espansione della Cina nell’Asia Pacifico. Addirittura stando a Chung Dong-young, ex ministro dell’Unificazione, lo stesso Kim Jong Il, il padre dell’attuale leader nordcoreano, avrebbe lodato la presenza dell’esercito statunitense nella penisola come forza stabilizzatrice grazie al suo deterrente contro una corsa agli armamenti nel Nordest asiatico. Intanto secondo la stampa del Sud, Washington e Pechino starebbero negoziando un ritiro del criticato sistema antimissile americano THAAD all’origine del crollo registrato due anni fa dai rapporti diplomatici e commerciali tra la Cina e Seul.

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