giovedì 31 maggio 2018

In Cina e Asia



Mao “promoter” del Blockchain


Non capita spesso di vedere l’immagine di Mao Zedong comparire ad un evento pubblico. Men che meno se l’evento in questione ha l’obiettivo di promuovere una tecnologia controversa come la Blockchain, pilastro delle criptovalute che Pechino sta sottoponendo a controllo stringente. E invece proprio il Grande Timoniere — o meglio un suo sosia — ha aperto i lavori del Boao Blockchain Forum for Asia sull’isola di Hainan. “Spero sinceramente che questo forum sia un successo, vi ringrazio nel nome di Mao Zedong!”, ha scandito con accento dello Hunan l’attore. La legge cinese vieta l’utilizzo dell’immagine o del nome dei leader per scopi commerciali, e la trovata pubblicitaria è stata criticata ferocemente dal popolo della rete che ne ha condannato il cattivo gusto e il “sensazionalismo”, sebbene il dibattito sull’evento sia stato drasticamente censurato. L’episodio si inserisce nell’ambito di un inatteso entusiastico interessamento della Cina per il Blockchain. Promossa dalle autorità soprattutto nel settore finanziario, la nuova tecnologia è stata recentemente associata a ogni genere di business, spesso a sproposito e con semplici finalità pubblicitarie. Ma negli ultimi tempi è diventata anche un astuto espedienti per proteggere il movimento #METOO dalla censura grazie al suo alto grado di decentralizzazione. Ed è forse proprio questo il più grande ostacolo per una sua applicazione sistematica in un sistema politico fortemente centralizzato come quello cinese.

L’Africa potrebbe aggiungere il renminbi alle sue riserve valutarie

Le banche centrali di 14 paesi africani si incontreranno quest’oggi e domani ad Harare per discutere la possibile inclusione dello yuan nelle riserve valutarie. Lo rivela un comunicato del Macroeconomic and Financial Management Institute of Eastern and Southern Africa (MEFMI), secondo il quale parteciperanno i rispettivi vice governatori, oltre ad alcuni funzionari dell’African Development Bank. “La maggior parte dei paesi della regione MEFMI ha ricevuto prestiti o sovvenzioni dalla Cina e sarebbe solo economicamente conveniente ripagare in renminbi [yuan cinesi]”, ha spiegato Gladys Siwela-Jadagu, portavoce del MEFMI. Nell’ultimo anno la graduale stabilizzazione dello yuan ha dato nuovo vigore al processo di internazionalizzazione della valuta cinese. Piani analoghi di diversificazione dei depositi in moneta straniera sono al vaglio delle banche centrali europee.

Cina: dal 2014 circa 200 simulazioni di test nucleari


La Cina sta promuovendo lo sviluppo del suo arsenale nucleare a un ritmo senza eguali. Secondo l’istituto di ricerca China Academy of Engineering Physics, ogni settimana Pechino effettua mediamente cinque test per simulare esplosioni nucleari. In confronto gli Stati uniti sono ancora fermi a quota uno. Tradotto sul lungo periodo, questo vuol dire che tra il settembre 2014 e lo scorso dicembre, il gigante asiatico ha realizzato all’incirca 200 sperimentazioni in laboratorio contro le 50 messe a segno da Washington tra il 2012 e il 2017, stando ai dati della Lawrence Livermore National Laboratory. Cina e Stati uniti sono entrambi firmatari del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari e pertanto impossibilitati a condurre test atomici. Sono invece ancora liberi di realizzare esperimenti per mezzo di una pistola a gas che simula il calore estremo, la pressione e le onde d’urto prodotte da una vera esplosione nucleare. Si tratta di uno tecnologia che risponde ai nuovi equilibri mondiali, come espresso a inizio anno in un rapporto del Pentagono dedicato allo sviluppo di armi nucleari più leggere e meno devastanti, utilizzabili per attacchi di precisione e montabili su missili da crociera. La Casa Bianca ha al vaglio un programma di ampliamento delle proprie scorte nucleari da 1,2 trilioni di dollari.

Cina-Usa: l’Alaska è il vero ago della bilancia (commerciale)

Mentre il segretario al Commercio Wilbur Ross si appresta a raggiungere Pechino per finalizzare i negoziati commerciali, l’Alaska si offre di raddrizzare la bilancia commerciale. Come dichiarato in un’intervista a Bloomberg dal governatore Bill Walker, lo stato più grande e meno popoloso degli Usa può — con le sue risorse naturali — fare la differenza negli scambi con la Cina, che dal 2011 è già il suo primo partner commerciale. Da solo l’accordo sulle forniture di gas naturale liquefatto siglato lo scorso anno è in grado di ridurre il deficit americano di 10 miliardi di dollari. A ciò si aggiunge l’export di prodotti ittici — che al momento si attesta sul miliardo di dollari ma che Walker stima possa essere triplicato — oltre a centinaia di milioni di dollari di opportunità nell’industria mineraria. Ma nei piani di Pechino, l’Alaska riveste anche un ruolo strategico come trampolino di lancio per le proprie ambizioni artiche. Non è un caso che Xi Jinping l’abbia scelta come tappa intermedia di ritorno in Cina dal suo primo faccia a faccia con Trump a Mar-a-Lago.

Pyongyang: sì alla denuclearizzazione ma con tempi nordcoreani

La Corea del Nord porterà avanti la denuclearizzazione della penisola secondo i propri tempi. In un’editoriale, ripreso dal Rodong Sinmun e l’agenzia KCNA, Pyonyang definisce lo smantellamento del sito nucleare di Punggye-ri la prova dei propri intenti pacifici ma mette anche in chiaro che “la Corea del Nord avanza lungo la strada intrapresa da sola, secondo la propria tabella di marcia — indipendentemente da quello che gli altri possono dire e da dove soffia il vento — , per attuare la decisione presa della Terza Assemblea Plenaria del Settimo Comitato Centrale del partito dei Lavoratori”. Un’affermazione che sembra confermare la propensione nordcoreana per un processo diluito nel tempo. Esattamente quello che non vuole l’amministrazione Trump, ma che gli stessi esperti americani ritengono sia necessario considerato il coinvolgimento di “decine di siti, centinaia di costruzioni e migliaia di persone”. Secondo uno studio della Stanford sono necessari 15 anni per portare a compimento il processo.

Intanto, ieri il parlamento del Seul ha mancato la ratifica della Panmunjom Declaration (l’accordo raggiunto da Kim Jong-un Moon Jae-in durante il loro storico incontro) a causa della contrarietà dell’opposizione, preoccupata per l’assenza di riferimenti chiari a una denuclearizzazione “completa, verificabile e irreversibile”. Dettagli su cui presumibilmente si sono confrontate le delegazioni americana e nordcoreana confluite nel weekend nella zona demilitarizzata per colloqui propedeutici al vertice del 12 giugno tra Trump e Kim, mentre in queste stesse ore funzionari dei due paesi sono riuniti a Singapore per definire gli aspetti logistici dell’evento. La Corea del Sud non sta a guardare e alla Casa Blu si ragiona sulla possibilità di una partecipazione di Moon allo storico incontro in qualità di mediatore.

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