giovedì 17 maggio 2018

In Cina e Asia


Negoziati Cina-Usa: l’amministrazione americana si spacca

Il pollice all’insù con cui il vicepremier cinese Liu He ha salutato la stampa non sembra riassumere troppo fedelmente l’esito dell’incontro preliminare avuto ieri con i membri della Camera dei Rappresentanti nel tentativo di prevenire l’imposizione di dazi incrociati. Non sono infatti mancate lamentele sulle politiche cinesi in materia di proprietà intellettuale, trasferimento di tecnologia e barriere sugli investimenti nel mercato interno. “Ho esortato il vice-premier cinese a cogliere questo momento in tempo per affrontare le preoccupazioni e continuare a far crescere questa relazione in un modo più giusto”, ha dichiarato Kevin Brady, presidente repubblicano del Comitato che sovrintende le controversie commerciali. Per il momento dal vicepremier non sono giunte promesse di nessun tipo solo la disposizione a “lavorare duro” per risolvere i problemi che minacciano le relazioni bilaterali. Ma le negoziazioni reali cominceranno soltanto oggi, quando Liu incontrerà il segretario al Tesoro Steven Mnuchin, il segretario al Commercio Wilbur Ross e il US Trade Representative Robert Lighthizer. Incerta la presenza del falco Peter Navarro,che stando alle prime indiscrezioni — poi smentite dalla Casa Bianca — sarebbe stato messo da parte a causa del suo atteggiamento “imprevedibile e poco professionale”. Secondo il Financial Times, il trade advisor non avrebbe gradito l’organizzazione di meeting privati tra Mnuchin e Liu. Segno di una spaccatura crescente in seno all’amministrazione Trump.

Xinjiang: le prove schiaccianti delle detenzioni forzate

Il numero dei detenuti nei campi di rieducazione dello Xinjiang potrebbe avvicinarsi al milione. Lo rivela uno studio accademico che documenta 138 milioni di dollari in contratti di appalto per la costruzione, il rinnovamento e l’espansione delle strutture in giro per la regione autonomia islamica al confine con l’Asia Centrale. I dettagli che emergono tratteggiano l’immagine di vere e proprie prigioni con tanto di muri circostanti, recinzioni di sicurezza, reti metalliche, filo spinato rinforzato, sistemi di sorveglianza, sistemi di accesso sicuro, guardie, stazioni di polizia o strutture per forze di polizia armate. Secondo l’autore dello studio, il sistema potrebbe essere anche più esteso del vecchio laojiao, la “rieducazione attraverso il lavoro” abolita nel 2013 con l’inizio di una riforma giudiziaria. Mentre di queste strutture detentive si è cominciato a parlare fin dal 2014, è solo lo scorso anno che il reclutamento del personale e le gare d’appalto sono state rese pubbliche. Dal canto suo Pechino disconosce l’esistenza del fenomeno e respinge le richieste di informazioni da parte dei governi stranieri.

Il prezzo dello spionaggio

100mila dollari cash più “assistenza a vita”. E’ quanto promesso da Pechino a Jerry Chun Shing Lee, la talpa assoldata tra il 2007 e il 2011 per spiare Washington, stando agli atti processuali visionati dal South China MorningPost. L’uomo — arrestato a gennaio — venerdì dovrà rispondere davanti a un tribunale della Virginia delle accuse di cospirazione e possesso illegale di documenti segreti sulla difesa nazionale. Si tratta di uno dei casi più clamorosi ad aver coinvolto l’intelligence delle due superpotenze. Il tradimento di Lee è costato agli Usa l’uccisione di una decina di agenti della CIA e l’arresto di almeno altri sei per opera delle autorità cinesi, decretando lo smantellamento temporaneo delle attività di spionaggio americane oltre la Muraglia.

Uccisa ragazza. L’Uber cinese corre ai ripari
Non bastano le scuse. La violenta morte di una 20enne di Zhenzhou per mano di un autista ha spinto Didi (“l’Uber cinese”) a pubblicare un piano per tutelare la sicurezza dei propri clienti. Tra le norme proposte c’è quella di realizzare — previo consenso del passeggero — una registrazione audio di ogni viaggio effettuato sulla piattaforma, che verrà archiviata per 72 ore prima di essere cancellata dai server di Didi, A ciò si potrebbe aggiungere una sorveglianza video all’interno delle automobili così da risolvere più facilmente l’incorrere di controversie tra conducente e cliente, oltre al riconoscimento facciale obbligatorio per gli autisti e alla sospensione del servizio dalle 22.00 alle 6.00 di mattina. Finora la proposta ha raccolto oltre15mila commenti perlopiù positivi e poco preoccupati dalle ricadute che un maggior controllo potrebbe avere sulla loro privacy. La sicurezza prima di tutto. Le polemiche non sembrano comunque dare tregua alla società che nel 2016 ha acquisito le operazioni di Uber Cina. E’ sopratutto il servizio low cost Hitch — che permette ai conducenti di scambiarsi informazioni sui clienti — ad aver sollevato il putiferio per i toni sessisti adottati. Dopo l’incidente di Zhenzhou molti utenti di sesso femminile hanno deciso di cambiare foto e profilo per occultare la propria identità. Intanto, la televisione di stato CCTV consiglia alle passeggere di “non parlare troppo” con i driver.

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