giovedì 10 maggio 2018
In Cina e Asia
Malaysia: l’opposizione al potere per la prima volta dal ‘57
E’ ufficiale, la coalizione d’opposizione Pakatan Harapan, guidata dall’ex leader novantenne Mahathir Mohamad, ha ottenuto 113 seggi in parlamento,un numero sufficiente a formare il nuovo governo. Si tratta di un voto storico che manda a casa il Barisan Nasional (BN), partito al potere dal 1957 capitanato dal contestato premier Najib Razak. La vittoria dell’opposizione giunge inaspettata — nonostante le accuse di corruzione contro Najib relative al fondo statale 1MDB — per via del consenso ottenuto tra l’etnia maggioritaria Malay. Recentemente indagato sotto la nuovissima legge sulle fake news, Mahathir aveva promesso che in caso di vittoria avrebbe ceduto lo scettro a Anwar Ibrahim, ex leader incarcerato nel 2015 con l’accusa di sodomia. Se la parola verrà mantenuta, la Malaysia potrebbe rappresentare un primo incoraggiante esempio democratico in un il Sudest asiatico dominato da figure dittatoriali, dopo il deludente epilogo del Myanmar.
La Corea del Nord ha liberato i tre prigionieri americani
La Corea del Nord ha liberato gli ultimi tre cittadini americani ancora in stato di detenzione. Due di loro, Tony Kime Kim Hak-song, erano stati arrestati lo scorso anno per aver commesso “atti ostili” contro il regime. I tre — in buono stato di salute — sono stati consegnati nelle mani del neo segretario di Stato Mike Pompeo, giunto al Nord per una nuova missione diplomatica. Ad accoglierli il presidente Trump in persona. La visita sarebbe servita a ultimare i dettagli dell’atteso incontro tra Trump e Kim Jong-un. L’esito soddisfacente della spedizione si discosta nettamente dalla triste sorte toccata a Otto Warmbier, il ragazzo rilasciato in fin di vita lo scorso anno. “Per decenni, siamo stati avversari”, ha affermato Pompeo durante un pranzo in suo onore, “ora speriamo di poter lavorare insieme per risolvere questo conflitto, scacciare le minacce al mondo e fare in modo che il vostro Paese abbia tutte le opportunità che la sua gente merita”. La scarcerazione dei tre detenuti è stata salutata come un segno distensivo nel processo di pacificazione della penisola.
Cina ed Europa allineate sull’Iran
La Cina “manterrà la comunicazione con tutte le parti e continuerà a proteggere ed eseguire pienamente l’accordo” sul nucleare iraniano. Lo ha dichiarato il ministero degli Esteri nella giornata di ieri. Da quando Trump ha annunciato un ritiro degli Stati uniti dal JCPOA, la propaganda cinese ha costantemente rimarcato l’allineamento tra gli interessi di Cina ed Europa in contrapposizione alla tendenza isolazionista degli Usa. Secondo gli esperti, in caso di reintroduzione degli sanzioni contro Teheran la Cina — essendo economicamente meno dipendente dagli States — potrebbe riuscire con più facilità a dribblare i paletti seminati dal dipartimento del Tesoro aiutando a sua volta l’Unione europea a preservare i propri rapporti commerciali con l’Iran attraverso canali finanziari alternativi. Questo tuttavia non risparmierà il gigante asiatico da inevitabili contraccolpi. Se da una parte la chiusura a Occidente spingerà Teheran sempre più tra le braccia di Cina e Russia, dall’altra le restrizioni sul commercio del petrolio potrebbero pesare sulle tasche di Pechino. E poi c’è il caso esemplare di ZTE, la società tecnologica bandita per 7 anni dal mercato americano proprio per aver violato le sanzioni contro l’Iran. L’intesa Cina-Ue è stata rafforzata nelle ultime ore con la visita di una delegazione guidata dal relatore dell’Europarlamento Iuliu Winkler e culminata nella condanna contro il protezionismo americano.
ZTE vittima della guerra commerciale Cina-Usa
Non è Apple né Huawei, bensì proprio ZTE sembra essere la prima vera vittima della (non dichiarata) guerra commerciale tra Washington e Pechino. Ieri la compagnia ha fatto sapere di aver interrotto tutte le principali attività. La produzione presso l’impianto di Shenzhen risulta congelata, le vendite online sono state sospese, mentre il personale afferma di non aver nulla da fare a parte corsi di aggiornamento. L’annuncio arriva dopo il raggiunto accordo con la società di semiconduttori taiwanese Mediatek, apparentemente disposta a sopperire al taglio di forniture tecnologiche “made in Usa”. Il danno potrebbe essere catastrofico. Al momento ZTE impiega 75.000 persone e opera in 160 paesi, detenendo il quarto posto per vendite negli States.
In Cina lievita il numero dei suicidi adolescenziali
Il governo rilasci al più presto le statistiche sui suicidi. E’ l’appello del 21st Century Education Research Institute, istituto con base a Pechino che dal 2013 monitora indipendentemente il fenomeno in Cina. Secondo l’ultimo China Educational Development Yearbook, tra ottobre 2016 e settembre 2017, sono stati registrati 392 casi in cui bambini in età scolare si sono tolti la vita o hanno cercato di farlo. Tra i casi valutati dal rapporto, il suicidio risulta 4,7 volte più frequente tra gli alunni di 13 -17 anni piuttosto che tra gli 8 e i 12 anni, con un’incidenza superiore tra i maschi. Il rapporto evidenzia una diminuzione del fenomeno durante le vacanze estive e invernali a cui coincide un’impennata in prossimità dei test scolastici a sottolineare il nesso che lega il disagio adolescenziale alle pressioni esercitate dal rigidissimo sistema educativo cinese. Un terzo dei casi è collegato a un contesto famigliare problematico. In 23 situazioni il suicidio o il tentativo di suicidio è stato innescato da una lita causata dalla restrizione sull’utilizzo dello smartphone.
Giappone: vittime della sterilizzazione chiedono giustizia
Vogliamo giustizia. E’ quanto chiedono a distanza di decenni le vittime del programma messo in atto dal governo nipponico tra la fine della Seconda guerra mondiale e gli anni ’90 per prevenire la nascita di “discendenti inferiori”. Secondo quanto riporta la Reuters una 60enne con disabilità mentale ha fatto causa contro il governo per ottenere scuse formali e oltre 100mila dollari di rimborso. Abolita soltanto nel ’96 l’ “Eugenics Protection Law” si dice abbia portato alla sterilizzazione di circa 25mila persone, di cui 16.500 non consenzienti. Perlopiù disabili, individui considerati meno intelligenti della media o con problemi del comportamento ma nessuno con patologie realmente trasmissibili. Mentre politiche analoghe sono state adottate anche in altri paesi, come la Svezia e gli Stati Uniti, il Giappone rimane l’unica nazione a non aver ancora provveduto a riconoscere le proprie responsabilità né a fornire una compensazione alle vittime. Discriminazioni contro i disabili sono ancora all’ordine del giorno. Una situazione che rischia di diventare motivo di imbarazzo per Tokyo che si appresta a ospitare le Paralimpiadi nel 2020.
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