venerdì 7 ottobre 2011

Dietro i cancelli dei "laogai", ovvero la storia di Harry Wu


"Laogai" (traducibile in vari modi tra cui "campi di rieducazione" o "campi di lavoro forzato"), un termine dal sapore un po' "vintage" che sembra trascinarci lontano nello spazio e nel tempo in una Cina anni '50-'60, ma che in definitiva è ancora attualità e ed è molto più vicino a noi di quanto si possa pensare. Secondo uno studio condotto dalla Laogai Research Fondation (LRF) Italia, propaggine della sede di Washington fondata dal dissidente Harry Wu, buona parte dei prodotti destinati all'export provengono proprio dai lager cinesi, dove i reclusi - spesso attivisti e personaggi scomodi al Pcc- sono sottoposti ai lavori forzati, subiscono punizioni corporali e pestaggi da parte della polizia. Dietro ai "laogai" infatti si nasconde un'attività imprenditoriale estremamente fruttuosa che di fatto rende le prigioni aziende commerciali che operano sul mercato attraverso accordi di partnership, esattamente come le società di capitali. Sarebbero 354 le imprese commerciali legate ai campi di rieducazione cinesi, come riportato sugli archivi di Dun & Bradstreet, la banca dati business più grande del mondo; un commercio basato sul lavoro forzato - e quindi illegale -di vastissime proporzioni, che va contro le leggi internazionali e cinesi. Quasi il 21% dei "laogai" produce nel settore agroalimentare, ed esporta oltre la Grande Muraglia, riversando i suoi prodotti sul mercato internazionale e in buona parte su quello europeo. Il 19 novembre del 2010 in Italia è stata avanzata una proposta di legge che cerca di integrare la normativa vigente la quale “sanziona pesantemente coloro che mantengono altre persone in una posizione di soggezione lavorativa – articolo 600 del codice penale – ma non prevede il divieto del commercio di beni prodotti dai lavoratori clandestini e la relativa confisca, come invece accade ad esempio negli Stati Uniti”. La bozza di legge ha quindi lo scopo di impedire l'importazione, la produzione e il commercio in territorio italiano di merci ottenute attraverso il lavoro forzato, cercando di limitare un fenomeno che nel nostro Paese sembra aver già messo radici: la Zhongji Tomato Corporation, catena di produzione di pomodoro che acquista prodotti da diversi "laogai" - secondo la LRF - intrattiene rapporti con un grande gruppo societario campano. (Vedi:AgiChina24)

Ma in cosa consistono esattamente i lager cinesi e qual'è la loro storia? A tal riguardo nessuna voce è più autorevole di quella di Harry Wu, il cui nome ha ormai fatto il giro del mondo grazie alle sue importanti testimonianze. Quello che segue è un articolo scritto dal dissidente e pubblicato sul sito di Indipendent Chinese Pen Center nell'ottobre del 2009.

永远记住劳改

“劳改”是“劳动改造”的简称,其实质意义是对囚犯进行“强迫劳动和改造思想”,所有囚犯都被高强度地、没有安全保障、没有充分食物供应的劳动。这是每个囚犯“改造成社会主义新人”的必须途径。中国共产党指出,每个囚犯必须认罪、服法。劳改单位有权认为某人“不认罪、不服法”“抗拒改造”,即可由劳改单位延长其刑期,毋需法院或任何其它部门介入。

中国共产党要求劳改单位“改造第一、生产第二”,每个劳改单位必须提供二种产品。第一种是“社会主义新人”,第二种是劳动生产商品。因而劳改队有两类人士被关押的期限远长于其他人士,即天主教人士及西藏的喇嘛,因为他们“不认罪”不放弃他们的信仰。

劳改单位一方面大规模地参加中国的“社会主义建设”,如建筑铁路、矿山、公路,修筑水坝、治河修渠、开垦荒地、开挖煤矿、铅洞、石棉等矿产,以及大规模地烧制砖瓦、开采石料,同时又发展了轻工业、纺织业、橡胶工业。生产的产品,除了茶叶、粮食、水果、棉花及畜牧业等传统产品外,还有相当规模的工业产品,不仅供应国内市场而且出口远销世界各国。中共称劳改企业是特殊企业,是一项赢利事业。它是中国国民经济中的不可分割的部份。按照中共的规定每个劳改单位都有二种性质,二个不同的名称,一是镇压统治的工具,劳改单位由公安司法单位管辖,称为监狱或劳改支队;另一个是企业名称,它是一个生产单位,称为XX 农场, XX工厂,XX砖瓦厂,XX工程处。例如云南省第一监狱,又挂牌称为云南省金马柴油机厂。

中共对其劳改单位的双重性质一直非常赞赏的。一方面镇压了犯罪份子,另一方面又生产了许多产品。劳改单位如同其他企业一样需要减低成本,提高质量,推广销路。如果产品达到出口标准,当然毫无疑问立即由政府组织出口。例如六十年代我所在的团河农场大量出口葡萄、草莓、鲜梨至日本。云南省金马柴油机厂生产的农用柴油机在八、九十年代每年出口到美国。

自九十年代起,美国海关根据美国国内法律查禁了中国劳改产品,发表了有几十产品的查禁清单,并有若干宗美国公司被起诉到法院按法处罚。中国政府警觉到这是国际关系中的大问题,也发表了不准劳改产品出口的规定,但迄今为止,大批劳改产品不是直接地由其他贸易公司转销出口。

虽然,近年来中共在劳改生产方面做了一些改进,在时间、强度、安全、食品等方面与过去相比有进步,但是六十年来不知有多少囚犯牺牲了生命。例如,1955-1956年,由国务院总理周恩来直接下令调集江苏、浙江及上海三地劳改犯二百万人参加淮河治理工程,第二年有一半囚犯死亡。再如,1960年甘肃省夹边沟农场集中了三千多名反革命右派分子,第二年仅有四百人存活。

劳改单位有多少?中共从来没有公布过,有多少人被劳改?中共也从来没有公布过。现在,据我们调查了解至少有一千多所劳改单位,约三至五百万的囚犯,近六十年来被关押的囚犯约有五千万人。

西方世界对于劳改的认识正在一步步走过来。1990年美国参议院听取我的证词,我陈述了自己十九年的劳改日程,经历了十二个不同的劳改单位。至于问到全国有多少劳改队?有多少人在内?我不知道,我无法回答。

我终于决定放弃个人的安定生活,调查劳改队的各方面情况。1991年开始,我回中国到各省去查访,谁知1992年我无法再去了,因为中共安全部的一份“四十九人名单”上有我的名字,其中四十八人都是与天安门事件相关的人,唯独我与天安门事件无关而被禁列。1992年中共政府发表了劳改政策的白皮书,大肆吹嘘劳改是如何公正、如何人道。

1994年我入籍美国,有了美国公民身份,获得美国护照。我决定冒着危险再次去中国,这次历时三十八天,从新疆经四川、湖北到浙江、上海再转山东、辽宁等多个省市,不仅调查了劳改队,而且访问调查了中共臭名远扬的死囚器官移植问题。

1995年6月,在新疆入境口岸上中共再次逮捕了我。我早已预料到他们会这样做。他们定我的罪名是“盗窃国家机密”判刑15年。我非常坦率地承认这个“罪行”,就如同有人如要查访苏联的古拉格,纳粹德国的集中营一定会被苏共和纳粹判刑一样。但是今天的世界毕竟很不同,中共的行为引起了轩然大波,成为众矢之的。中共宣布“先执行附加刑:驱逐出境”。我就这样在中国扣押了66天就回美国了。

1993年美国华盛顿邮报记者问我“你的最终目的是什么?”我回答“劳改(Laogai)应该成为一个世界通用的词语,进入各种语言词典,劳改应该结束,不再存在。”

2003年英国牛津词典首先把Laogai写入词典,随后德语、法语、日语、意大利语都纷纷把Laogai列入词典。我十分欣慰,觉得自己也应该退休了,可是有人对我说“Laogai列入世界各种语言的词典,只表明事情的开始,人们要问劳改的真实情况,你怎么能退休呢?”

当今世界形势同当年西方民主国家反对苏联为首的社会主义阵营的冷战时代不太一样。中国共产党经历了文化大革命这样一种黑暗时代,今天亦改变了一些毛泽东的阶级斗争的做法,放弃了支持世界革命的宗旨,不再赞美共产主义的前景,而且积极与西方资本主义国家合作,在国际上许多方面非常迎合西方国家,在国内各方面有明显的退却和放弃。但是,中国直到今天,它还是一个主义,一个政党,一个领袖。政治上沿袭毛泽东的政治格局,没有根本性的改变,经济上虽然放宽了国内外资本主义的成长,但仍然坚持着“社会主义市场经济”。

何况,中共统治中国的历史事实还没有暴露,劳改还在迷雾之中,宗教信仰没有自由,甚至三十年来人们不能自由生育。大家不会忘记去年中共屠杀藏人的暴行,今年又镇压维吾尔族人。这都是在今天世界开放、民主澎湃的浪潮下发生的。

若今天中国已转变成为一个自由和民主的国家,但是,在中国发生的以一个政党之见,以它的“阶级和阶级斗争”为纲的主导下建立起来的劳改的真实面目还要彻底地揭露,树立永久的纪念,永不忘怀,不致于再度发生。

Per non dimenticare

I “laogai” (campi di lavoro) da 60anni a questa parte sono uno strumento utilizzato dal governo dittatoriale del Partito comunista cinese al quale la leadeship non rinuncerà né deciderà mai di cambiere completamente per perseguire qualsivoglia processo di “riforma” o “apertura”.
All'inizio degli anni '50 tra gli esperti che il Partito comunista sovietico e Stalin avevano inviato in Cina vi erano anche degli specialisti dei “gulag” i quali non soltanto lavoravano a Pechino nel settore giudiziario e della pubblica sicurezza, ma davano anche il loro aiuto dirigendo direttamente la costruzione delle unità di lavoro dei laogai. Per esempio l'ufficio di pubblica sicurezza di Pechino che sorgeva nel campo Qinghe, nei pressi di Tianjin Chadian, e dove io stesso sono stato imprigionato per 4 anni, fu costruito proprio da un esperto dei gulag sovietici. Il carcere di Qingcheng, una delle prigioni cinesi più famose al mondo è stata costruita grazie ai fondi e ai disegni di progettazione dell'Unione Sovietica. Fin dall'inizio vi furono detenuti i membri del Guomindang (Partito nazionalista cinese), in seguito si aggiunsero vari prigionieri politici, compresi gli alti quadri del Partito che avevano avuto un ruolo importante durante la Rivoluzione Culturale; le mogli di Mao e Liu Shaoqi, Jiang Qing e Wang Guangmei, nonché i leader studenteschi e i “teppisti” che presero parte ai fatti di piazza Tiananmen del 1989.

Prima del 1990 i campi di lavoro all'interno della Grande Muraglia godevano di grande considerazione, non soltanto per l'alto numero di personaggi pubblici - considerati “elementi controrivoluzionari animati da “principi di lotta di classe” - che vi erano rinchiusi allo scopo di venire “riformati attraverso il lavoro”, ma anche perchè al loro interno non vi era nessuna legge, e men che meno nessun avvocato: tutto veniva deciso e regolamentato dal Partito. Così il termine “laogai” ha rimpiazzato altre parole di uso più comune come “zuolao” e “dun jianyu” - entrambi traducibili come “essere imprigionato”.
“Laogai” è l'abbreviazione di “laodong gaizao”, “riformare attraverso il lavoro”, ma il suo significato reale è “lavoro forzato e trasformazione del pensiero”: tutti i prigionieri sono sottoposti ad un lavoro massacrante, senza salvaguardia della propria sicurezza e senza razioni di cibo sufficienti. Questa è una strada obbligata per poter trasformare i detenuti in “nuovi socialisti”. Il Pcc ha sottolineato che ogni prigioniero deve “dichiararsi colpevole, sottomettendosi alla legge”; le unità di lavoro dei “laogai” hanno il potere di ritenere che una persona abbia fatto resistenza alla sua “trasformazione” non ammettendo le proprie colpe o rifiutando di sottomettersi alla legge, con il risultato che potrà prolungare il periodo di detenzione del prigioniero, senza che ci sia il bisogno dell'intervento della Corte di giustizia o di altri dipartimenti. Secondo quanto richiesto dal Partito il detenuto, oltre a sottoporsi ad una trasformazione che lo renderà un “nuovo socialista”, deve anche contribuire al processo di produzione, mettendo a disposizione la sua manodopera, secondo il principio “gaizao di yi, shengchan di er” (“prima la trasformazione, poi la produzione”). Pertanto nelle squadre di lavoro vi sono due tipi di detenuti il cui termine di detenzione viene prolungato rispetto a quello di altri: questi sono i cattolici e i lama tibetani, i quali, per non rinnegare la loro fede, non si “dichiarano colpevoli e non si sottomettono alla legge”.

Le unità di lavoro da una parte partecipavano in larga scala alle grandi “opere socialiste”, costruendo ferrovie, miniere, strade, dighe, riparando canali, prendendo parte ad opere di bonifica e lavorando nelle miniere nell'estrazione del carbone, del piombo ecc.. allo stesso tempo contribuivano allo sviluppo dell'industria leggera, della gomma e del settore tessile. Oltre ai prodotti tradizionali quali tè, cereali, frutta, cotone e bestiame, si occupavano anche in buona parte alla produzione su scala industriale di beni destinati non solo a circolare nel mercato interno, ma anche ad essere esportati in tutto il mondo. Quella che il Pcc chiama “l'industria dei laogai” è un business molto particolare, estremamente redditizio, ed è parte integrante ed inseparabile dell'economia nazionale cinese.
Secondo le direttive del Pcc, ogni unità lavorativa possiede due nature differenti, due nomi distinti: il primo è il nome che viene assegnato alla prigione, sotto la giurisdizione delle autorità giudiziarie; l'altra è la denominazione che viene attribuita in quanto unità produttiva secondo la dicitura “azienda agricola XXX”, “fabbrica XXX” ecc... Per esempio la prigione No.1 della regione dello Yunnan è anche una nota fabbrica di motori, la Jinma Diesel Engine Works.

Il Partito ha sempre rivolto grandi apprezzamentii verso il duplice sistema in cui sono incanalate le unità di lavoro dei “laogai”; da una parte perchè elimina gli elementi criminali, dall'altra perchè dà un notevole contributo alla produzione. Alle unità di lavoro dei “laogai”, come d'altra parte accade in tutte le imprese, viene richiesto un taglio dei costi, una sempre migliore qualità dei prodotti e diffusione sul mercato. Se il prodotto poi soddisfa gli standard richiesti, le autorità governative provvedono immediatamente a permetterne l'esportazione. Quando negli anni '60 mi trovavo nell'azienda agricola Tuanhe, grandi quantità di uva, fragole e pere prendevano la via verso il Giappone. La fabbrica di motori diesel Jima ha continuato ad esportare verso gli Stati Uniti per tutti gli anni '80 e '90, poi la dogana statunitense, sulla base di alcune normative interne, ha cominciato a proibire i prodotti provenienti dai “laogai” cinesi e ha pubblicato una lista dettagliata che riportava una decina di prodotti vietati. Così molte società americana sono state processate e punite dalla Corte. Il governo cinese resosi conto che la questione stava mettendo a rischio le relazioni internazionali, emanò una serie di norme approssimative sull'esportazione dei prodotti provenienti dai lager, le quali d'altra parte non hanno risolto la situazione.

Sebbene negli ultimi anni il Pcc sia riuscito a migliorare la condizione dei “laogai”, sopratutto per quanto riguarda le ore e l'intensità del lavoro, la sicurezza fornita e le razioni di cibo assicurato, tuttavia non si è ancora in grado di quantificare il numero dei detenuti che, schiavi di questo sistema, negli ultimi 60 anni hanno sacrificato la loro vita. Nel 1955-56 il presidente del Consiglio di Stato Zhou Enlai ordinò di riunire i prigionieri-lavoratori di Jiangsu, Zhejiang e Shanghai, per un totale di 2milioni di persone, al fine di farli partecipare al progetto per il controllo delle acque del fiume Huai; la metà morì il secondo anno di lavoro. Altro caso è quello della provincia del Gansu, dove nel 1960 più di 3000 elementi controrivoluzionari di destra furono mandati nell'azienda Jiabiangou; dopo un anno ne erano sopravvissuti solo 400.

Ma quanti sono in tutto i “laogai”? Il Partito non ha mai rilasciato i dati ufficiali come non ha mai reso noto quanti sono stati i prigionieri “riformati”. Oggi, grazie alle ricerche condotte, sappiamo che ci sono più di 1.000 campi di rieducazione nei quali sono detenute tra i 3 e i 5 milioni di persone.
I Paesi occidentali stanno progressivamente prenedendo consapevolezza di questo fenomeno. Nel 1960 il senato americano ha ascoltato la mia testimonianza nella quale ho potuto fornire un resoconto dei diciannove anni trascorsi nei lager cinesi, durante i quali ho sperimentato dodici unità di lavoro differenti. Ma quando mi è stato chiesto di dichiarare in tutta la Cina quanti fossero i campi e a quanto ammontassero i prigionieri, non ho potuto rispondere perchè non ne avevo idea.
Alla fine ho deciso di abbondonare la mia vita tranquilla per investigare sui “laogai”, analizzandone ogni aspetto. Cominciai nel 1991, quando tornai in Cina con l'intento di recarmi in ogni provincia del Paese per condurre le mie ricerche. Chi sapeva che l'anno seguente sarei dovuto andare via di nuovo?! Il mio nome comparve su di una lista stilata dal ministero della Pubblica Sicurezza del Pcc: tra le 49 persone citate, 48 avevano a che fare con i fatti di piazza Tiananmen. Io ero l'unica eccezione. Nel 1992 il governo pubblicò il Libro Bianco sulla politica dei “laogai”, in cui millantava la totale imparzialità e umanità del sistema.

Due anni dopo fui naturalizzato americano; avendo così cittadinanza e passaporto americano decisi di rischiare e tornai di nuovo in Cina. Questa volta il mio viaggio durò 38 giorni. Dallo Xingjiang mi recai nel Sichuan, poi nello Hubei, passai per il Zhejiang, per Shanghai, mi trasferii nello Shandong, nel Liaoning ecc..non soltanto portai avanti le mie investigazioni sui “laogai”, ma condussi delle interviste e feci domande sul noto problema del trapianto d'organi dei condannati a morte. Nel giugno 1995 fui arrestato mentre ero nello Xingjiang; avevo già preventivato che ci sarebbero riusciti. Fui condannato a 15 anni con l'accusa di “aver rubato segreti di stato”. Candidamente ammisi di aver commesso il crimine, e subito fui condannato come accadde a chi aveva tentato di fare luce sui gulag sovietici e sui campi di concentramento nazisti. Ma d'altra parte il mondo d'oggi è molto diverso: la decisione presa dal Pcc sollevò un polverone che si trasformò ben presto in aperte critiche. Il Partito annunciò che avrebbe eseguito la pena accessoria; così fui detenuto in Cina per 66 giorni, poi tornai negli USA.

Nel 1993 un giornalista del Washington Post mi domandò “qual'è il tuo obiettivo finale?”, io risposi: “Voglio che 'laogai' diventi un'espressione di uso comune in tutto il mondo, deve comparire in ogni dizionario, mentre spero che i campi di lavoro smettano di esistere.”
Nel 2003 la parola “laogai”comparve per la prima volta nel dizionario inglese della Oxford, in seguito fu introdotta anche nei vocabolari di tedesco, francese, giapponese e italiano. Fui veramente contento e pensai di dovermi finalmente ritirare, ma poi alcune persone mi dissero: “il fatto che il termine "laogai" sia stato accolto in ogni lingua è solo un primo passo, ora ci sarà tanta gente che vorrà sapere la vera storia dei campi di lavoro cinesi. Come puoi ritirarti?”
Oggi la situazione mondiale è diversa da quella che regnava ai tempi della Guerra Fredda, quando i Paesi democratici occidentali osteggiavano la socialista Unione Sovietica. Il Partito comunista cinese ha sperimentato il periodo buio della Rivoluzione Culturale, e anche gli ideali della lotta di classe sostenuti da Mao Zedong non sono più quelli di un tempo, hanno perso il valore che gli derivava dallo scopo ultimo del perseguimento di una rivoluzione mondiale. La prospettiva comunista non gode più dell'antico consenso, piuttosto si comincia a collaborare attivamente con i Paesi occidentali capitalisti. Nelle dinamiche delle relazioni internazionali poi, molti aspetti che sono accolti positivamente in Occidente, all'interno dei nostri confini sono chiaramente rifiutati e abbandonati. Ma fino ad oggi la Cina ha ancora un suo “ismo”, un partito politico e dei leader. In politica si continua a sostenere la struttura ideata da Mao, senza particolari cambiamenti, mentre in economia, sebbene si siano allentate le restrizioni imposte contro la maturazione del capitalismo, tuttavia si continua ad appoggiare un'economia di mercato di stampo socialista.

Il Partito è riluttante a far luce su buona parte dei fatti storici del nostro Paese cosicchè sui “laogai” incombe ancora una nebbia confusa. In Cina non vi è libertà di religione, e negli ultimi 30anni le persone non hanno avuto la libertà di dare alla luce i loro figli. Nessuno può dimenticare l'atrocità del massacro attuato l'anno scorso dal Pcc in Tibet, né la recente repressione dell'etnia uigura; avvenimenti questi che non sono altro che il prodotto delle spinte riformiste e democratiche della società di oggi.
Se adesso la Cina divenisse un Paese libero e democratico la vera identità dei “laogai”, emanazione stessa dell'ideologia del Partito e della “lotta di classe”, potrebbe finalmente essere resa manifesta, e come un simulacro, mantenendo vivo il ricordo, impedirebbe il ripetersi degli stessi tragici eventi.

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