Nell'arco di qualche anno la seconda economia mondiale potrebbe avere un brutto risveglio. Secondo un sondaggio condotto da Bloomberg alla fine del mese scorso e realizzato sulla base delle proiezioni rilasciate da investitori, analisti e traders, nel giro di un quinquennio il trend economico della Cina rischia una brusca frenata, con un ritmo annuo che potrebbe scendere al di sotto del 5% - contro l'attuale 9% - entro il 2016 (data in cui invece, sulla base delle stime del Fondo monetario Internazionale, il Dragone dovrebbe effettuare il grande sorpasso sugli Stati Uniti). Più precisamente, il 47% degli intervistati ritiene che la fase di rallentamento si verificherà in un lasso di tempo che va dai 2 ai 5 anni, mentre il 20% confida che tale inversione di marcia avverrà entro soltanto un anno.
La Cina, che durante la crisi finanziaria del 2008-2009 aveva già registrato un crollo record delle esportazioni degli ultimi 32 anni, alla luce di una seconda recessione di Stati Uniti e UE, potrebbe trovarsi ancora una volta in serie difficoltà nel sostenere una crescita economica sostanzialmente trainata dall'export. Un problema questo che Pechino sembrava già aver preventivato quando, mostrando le linee guida del XII Piano quinquennale, sottolineò l'esigenza di potenziare la domanda interna.“Espandere la domanda interna è la nostra strategia guida a lungo termine", dichiarò a ridosso del V Plenum Zhang Ping, presidente della commissione nazionale per le Riforme e lo Sviluppo.
Il pericolo di una bolla immobiliare, l'inflazione galoppante e la fragilità finanziaria di UE e USA sono tra i principali ostacoli che mettono a rischio la corsa del Dragone. Secondo il 38% degli interpellati dall'agenzia d'informazione finanziaria newyorkese l'economia cinese sarebbe in netto peggioramento, il 13% ritiene sia in crescita, mentre il 47% ne ha evidenziato una sostanziale stabilità. A fare un po' di chiarezza in questo marasma di numeri e percentuali ci hanno pensato le stime ufficiali della China Federation of Logistics and Purchasing, che alcuni giorni fa hanno evidenziato un PMI (Purchasing Manager Index) in crescita di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente; valore questo che di fatto pone nuovamente l'indice del manifatturiero cinese di poco oltre la soglia del 50%, indicando così un mercato di fatto in espansione.
E sebbene come ha affermato Zhang Liqun, researcher presso il Centro di Ricerca e Sviluppo, "la probabilità che l'economia cinese rallenti è ancora alta, in quanto le piccole imprese si trovano a fronteggiare molti problemi", le prospettive a breve termine per chi investe nel Regno di Mezzo sono ancora piuttosto positive. Buona parte degli analisti ritiene che nei prossimi 12 mesi il mercato cinese si confermerà tra i più redditizi, secondo soltanto a quello statunitense.
Ulteriori rassicurazioni vengono dal chief econmist di HSBC, Qu Hongbing, il quale ha quasi escluso l'eventualità di un rallentamento al di sotto del 5%, pur evidenziando come un atterraggio duro dell'economia dagli occhi a mandorla implicherebbe gravi ripercussioni su tutta l'economia globale.
di Alessandra Colarizi
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