mercoledì 26 ottobre 2011

Essere donna in Cina, tra violenze ed emancipazione

Se nell'antica società confuciana la donna era sottomessa alla figura maschile attraverso l'osservanza dei "tre principi d'obbedienza" (sottomissione al padre prima del matrimonio, quindi al marito e, in caso di vedovanza, al fratello), i numeri parlano chiaro: oggigiorno la discriminazione femminile continua ad annidarsi tra le mura di casa. Secondo i risultati di un'indagine condotta da All-China Women's Federation pubblicati sul South China Morning Post, in Cina, circa un quarto delle donne sposate ha subito una qualche forma di abuso durante il matrimonio, e per più del 5% le violenze familiari sono ancora una realtà di tutti i giorni. Il 24,7% è stato sottoposto ad umiliazioni verbali, abusi sessuali e restrizioni della propria libertà, perdendo il controllo delle proprie finanze; il 5,5% è vittima di maltrattamenti fisici, con un tasso del 7,9% nelle zone rurale e del 3,1% nelle aree urbane.

Eppure, nonostante l'alta percentuale di abusi domestici metta a nudo una società tradizionalmente patriarcale e misogina, i dati statistici dimostrano che, rispetto a dieci anni fa, il numero delle donne in grado di fare resistenza ai soprusi familiari è in netta crescita; oggi denunciano la loro situazione alle autorità e si rivolgono alle associazioni femminili, sdoganando un tabù che per decenni le aveva costrette al silenzio. "Fino a qualche anno fa gli abusi domestici erano considerati 'affari di famiglia' e, in quanto tali, non potevano uscire dalla porta di casa. Ora invece le vittime sono sempre più propense a cercare aiuto nei tribunali e negli organi di giustizia. C'è una maggiore consapevolezza e anche la legge sembra finalmente aver preso una posizione più drastica al fine di combattere questo fenomeno" ha dichiarato Zhen Yan, vice-presidente della All-China Women's Federation.

D'altra parte le violenze domestiche spesso sono ancora ritenute un 'problema di coppia', risolvibile semplicemente attraverso il dialogo tra i coniugi, piuttosto che con il coinvolgimento della Corte. L'avvocato per la difesa dei diritti delle donne, Lu Xiaoquan, ha sottolineato l'importanza di "sensibilizzare l'opinione pubblica e far rispettare le norme vigenti" perché, purtroppo, tutt'oggi la responsabilità, in alcuni casi, va ancora attribuita alla scarsa solerzia delle forze dell'ordine. Ne è esempio lampante la storia di Shanshan Dong, 26enne che, dopo essere stata picchiata e umiliata in pubblico dal marito, sebbene avesse invocato l'aiuto della polizia ben otto volte, è stata abbandonata a sé stessa. Nell'ottobre del 2009 la giovane donna è morta per gravi lesioni agli organi vitali, sotto le percosse del coniuge. Il colpevole se la cavò con sei anni di reclusione per abusi, scampando alla ben più pesante accusa di omicidio colposo. Questa è la giustizia in Cina. "La morte di Shanshan evidenzia le mancanze di un sistema giudiziario che non tiene sufficientemente in considerazione il problema delle violenze domestiche" ha aggiunto Lu.

Le autorità competenti stanno ancora lavorando alla stesura di un progetto di legge autonomo che copra nello specifico questo tipo di crimini, al momento trattati ancora in maniera superficiale dalla legge sul matrimonio. Secondo gli addetti ai lavoro, una normativa contro le violenze familiari sarebbe già comparsa nell'agenda di agosto del Comitato permanente dell'Assemblea nazionale del popolo.

"Eppur qualcosa si muove". Sempre lo stesso sondaggio ha evidenziato che l'85% delle donne si dice soddisfatta della propria situazione familiare e del proprio status sociale: ha un maggior livello di istruzione, conduce uno stile di vita più sano ed esercita un controllo maggiore sulle finanze familiari di quanto non facesse in passato. Tutto questo però ha un prezzo: il riscatto femminile in Cina (ma direi non solo) deve fare i conti con la discriminazione in campo lavorativo. Soltanto il 2,2% delle donne - contro il 4% degli uomini - riveste cariche di primo piano all'interno di aziende, enti statali o uffici governativi, mentre circa l'80% degli incarichi per "talenti di alto livello" sono ancora ricoperti da uomini. Le percentuali non fanno giustizia se si pensa che, secondo le statistiche, le donne si trattengono sul posto di lavoro 37 minuti in più rispetto ai loro omologhi maschili, e hanno all'incirca un'ora in meno per il tempo libero durante i giorni di riposo.

Ma nonostante nelle grandi città l’emancipazione economica femminile sia un fenomeno in costante crescita - secondo le classifiche del Forbes e del Sunday Times dell'ottobre 2010, nella classifica delle donne più ricche del pianeta il primato spetterebbe infatti alla Cina - nelle zone rurali i principali beni della famiglia quali abitazioni, automobili e depositi bancari sono ancora tutti intestati a nome del marito mentre alle donne viene affidato il solo compito di crescere i figli e coltivare i campi.

Insomma sono passati secoli, ma, a quanto pare, l'eredità confuciana continua a dettare legge più di quanto non lo faccia la Corte.


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