从政治制度看中国为什么总会成功
如何判断中国政治制度的优势和成功标志
世界上没有最好的政治体制模式,也不可能有唯一的模式,政治体制具有多样化的类型,它们同时并存、相互吸收、相互借鉴,又相互竞争、此消彼长。这是与1945年第二次世界大战之后世界人口和国家格局的重大变化极其相关的。首先,世界人口大幅度增加,从24亿人增加至目前的近70亿人(为68亿人);其次,国家数量也大幅度增加,从45个增加到193个(还有31个地区),一方面战后发展中国家纷纷独立,国家数增加,另一方面从1990年以后因前苏联和南斯拉夫等东欧国家解体,又导致国家数增加;再有,平均每个国家的人口数由5300万人下降至3500万人,相对而言国家治理难度减小,经济更加活跃;最后,世界经济迅速地一体化、区域化和全球化,其结果也导致世界各国竞争日益激烈,不进则退,进慢了也是退。各国的市场竞争和技术竞争本质上也是各国制度的竞争,这已不简单地取决于哪个国家制度的好坏,而取决于该国相对于竞争对手的优劣。
中国总人口则从1945年的5亿人上升至13.4亿人,与此同时也从一个贫穷落后、文盲充斥、东亚病夫、“一盘散沙”的社会成为极富活力、日益繁荣、统一团结的世界第二大强国。那么,中国是如何成功实现国家良治的呢?我们又如何从国际视角来衡量她的成功呢?进而证明她的政治体制是适宜的,也是成功的。
这里我们不能靠主观判断,更不能按着以往的西方价值观来判断,而需要用量化数据说话,用客观事实来证明。这里“成功”与否不是抽象的,而是具体的,并没有统一的标准,只能使用“具体问题具体分析”,“具体案例”和“具体指标”;“成功”与否不是自我的评价而是横向的评价,并可以进行国际比较,而且只能在比较中鉴别。以下我从两个方面作简要讨论:一是从过去三十年(指1978-2008年)的长期发展角度出发,对100多个发展中国家进行国际比较;二是从过去三年(指2008-2010年)的短期发展角度,对G20应对国际金融危机进行国际比较,进而说明中国的发展成绩是最佳的,确实是“这边风景独好”。
无论是历史事实还是国际比较都表明,尽管中国的政治制度还有许多不尽人意之处,但是它适合于中国的基本国情和发展阶段,也适应于越来越开放的国内外环境,还能够回应来自内外部的各种挑战,并在激烈的国际竞争中充分显示出了巨大的发展优势和独有的竞争优势。这也源于过去30多年实现了中国式的政治制度重建与改革:一是领导人新老交替的制度化、规范化和程序化,保证了政治领导集体的稳定性、连续性和继承性;二是领导人坚持了“实事求是、解放思想”的思想路线;三是公共政策决策实现了民主化、科学化和制度化。这是中国为什么总是成功的根本原因。
30年来中国经济高速增长、社会显著进步的秘诀
从国际比较看,中国发展奇迹绝非偶然或仅凭运气,它是有其发展之道的。这个“道”也不是那么复杂、那么莫测,而是相当简明又顺其自然的。我们根据世界银行和联合国计划开发署数据库,选择了世界100多个国家的三类指标进行分析,一是GDP年平均增长率,以反映经济增长绩效;二是GDP年均增长率相对差异系数,以反映宏观经济稳定状况;三是人类发展指数(HDI)提高幅度,以反映社会进步和社会公平发展程度。我们发现,在1978-2008年期间,世界上100多个国家中,经济增长率最快的20个经济体中,都是发展中国家;其中实行五年计划的国家有13个;其中经济增长率最快的前10个经济体中,则有8个实行五年计划的国家。这绝不是历史的“巧合”,也不是国际的“巧合”。诚如邓小平所言,“计划和市场都是经济手段”,既运用五年计划这只“看得见的手”,提供公共服务,促进社会进步,也是运用市场机制这只“看不见的手”,提供良好投资环境,促进经济增长,这是理解中国奇迹的一把钥匙。
对此,许多真正了解中国的国外企业家和学者都给予了充分的肯定。例如,2009年11月,前美中商会主席詹姆斯·麦格雷戈在接受纽约时报采访时认为:我们(指美国)可以向中国学习的一个重要经验就是要设立目标、制定计划,全力推动整个国家向前走。中国人有五年计划,他们时刻牢记这些目标。又如,世界未来学家约翰·奈斯比特最近在其新作《中国大趋势》(China’s Megatrends)一书中将“规划‘森林’,让‘树木’自由成长”作为中国新体制(指不同于西方国家)崛起的八大支柱之一:“国家的长远目标通过自上而下与自下而上的程序形成,政府制定优先政策和优先发展重点,而人民各尽其责,在保持和谐与秩序的同时允许多样性的存在。”
我最近访问了台湾,在一个经济论坛上以制定“十二五”规划作为案例,详细介绍了它如何实现“民主化”?如何实现“科学化”?又如何实现“制度化”?其大体分为11个步骤:历经了两年半时间的研究制定过程,先民主,后集中;再民主,再集中;现在还只是走到第9步,国务院正在就《国家“十二五”规划纲要(草案)》广泛征求各方意见,从而达到集中民智、反映民意、凝聚民心、提振信心的目的,还没完成这一过程。这个过程并不是什么秘密,等于把中国的决策机制公开化,也就是我们说的“把黑箱变成白箱”。第二天《旺报》就有台湾的学者来抨击和反省台湾的决策机制,其中一个核心观点就是“台湾到了向大陆学习的时候了”。
为什么中国能够交出令世人惊奇的答卷
由美国所引发的国际金融危机给全球经济造成了深重的创伤。不少主要经济体仍然深受其害。而中国几乎是一个例外。危机如同一次全球大考,也是各国应对危机体制的一次重大检验。这里我们选用G20国家的四个主要宏观经济指标来比较:一是经济增长率;二是通货膨胀率;三是失业率;四是财政赤字占GDP比重。
从20个国家的考试成绩看,2009年中国在G20国家中主要宏观经济指标最好,其中经济增速居首位,为9.2%,是为数不多的七个避免经济负增长的国家之一。2009年美国的-2.5%,欧盟国家的-3.9%以及日本的-5.3%,中国比经济增速第二的印度高出了2.7个百分点。
十分讽刺的是,2009年1月美国《时代》周刊幸灾乐祸地预言,“中国已经开始经济衰落,也许将比美国经济还要恶化”,“中国难以继续奇迹”,它“只是个身陷囹圄的大国”。3月2日该杂志还公开预言,2009年中国GDP增长率不会超过4%。但是这一预言很快(仅有10个月)就被事实所击碎,中国在这次全球大考中,率先复苏,实现稳定增长,实现了主要宏观经济目标,交出了一份令世人瞩目和惊奇的“答卷”。而真正经济衰落的却是美国自己,同时中国大大缩小了与美国GDP的相对差距,从危机前的4倍缩小为危机后的2.5倍左右。
为什么中国能够比较成功地应对金融危机呢?有哪些深刻的认识和重要的经验呢?首先,党中央加深了对社会主义市场经济规律的认识,加深了对我国社会主义制度政治优势的认识。其次,正确处理好政府和市场的关系,政府主导和引导,市场驱动和投入为主。2009-2010年政府投资4万亿元,但是带动了10倍以上的非政府投资,两年全社会固定资产投资累计达到50.3万亿元,保证了中国经济高增长。
各国的发展能力和国家能力是不同的,应对同一个国际金融危机的表现也是大为不同的。从中国情况来看:第一,全体中国人的集体学习、灵活应变、用于竞争的发展能力;第二,高效率的国家决策能力;第三,强大的政治动员能力;第四,日益增强的国家财政能力;第四,充分发挥了中央和地方的“两个积极性”。
由美国所发生并出口到全世界的国际金融危机本质上是空前的资本主义危机,中国成功地应对国际金融危机引起美国学者的广泛关注,也引起他们对这一资本主义危机的自我反思。其中最引人注目的是美国学者弗兰西斯·福山(Francis Fukuyama)最近发表文章称赞:中国之所以成功地应对金融危机,是基于她的政治体制能力,能够迅速作出重大的、复杂的决策,并有效地实施决策,至少在经济政策领域是如此。相比较而言,美国却不具有应对危机的体制能力,它变得更加刚性。 在事实面前,这是他对20年前发表的历史终结论的部分自我修正或自我否定。
总之,“中国道路”不仅是一条从未有过的新路,还是一条越来越成功的新路。最好的选择就是:走自己的路,让别人说去吧!
Perché, dal punto di vista politico, la Cina avrà un sicuro successo
Sebbene il sistema politico cinese lasci ancora molto a desiderare, tuttavia esso è in accordo con lo sviluppo e le condizioni attuali del Paese. In particolare viene incontro al tentativo di una sempre maggior internazionalizzazione e può rispondere prontamente a qualsiasi sfida proveniente sia dall’interno che dall’esterno.
Quali sono i segni che dimostrano i punti di forza e di successo del sistema politico cinese?
Non si può dire che al mondo esista un modello di sistema politico perfetto, né si può dire esista un unico modello, piuttosto ogni sistema racchiude in sé diverse tipologie le quali coesistendo si compenetrano, traggono aiuto una dall’altra ed, entrando in conflitto tra loro, infine si annullano a vicenda. Ciò è direttamente collegato ai radicali cambiamenti che hanno interessato la popolazione mondiale e la struttura degli Stati dal 1945-data di conclusione della 2° Guerra Mondiale- in poi: la popolazione è aumentata considerevolmente da 2,4 miliardi ai quasi 7 miliardi (6,8 miliardi) dei nostri giorni, mentre il numero delle Nazioni è slittato da 45 a 193. Se inizialmente la nascita dei nuovi Stati era da attribuirsi al progressivo isolamento innescato dal fenomeno di sviluppo post-bellico, dal 1990 la principale causa è da ricercarsi nel raggiungimento dell’indipendenza da parte dei Paesi dell’Europa dell’Est, un tempo parte dell’ Ex-Unione Sovietica e della Jugoslavia. Mediamente ogni Paese ha registrato un nuovo calo della popolazione da 53milioni a 35milioni di persone, fattore che ha ridotto le difficoltà di governo e ha reso l’economia più dinamica. Gli effetti della rapida integrazione dell’economia mondiale e dei processi di regionalizzazione e globalizzazione hanno inoltre rafforzato la competizione a livello internazionale, e, in questa corsa, chi rimane indietro è perduto. Il sistema statale di un Paese risulta competitivo se lo è anche in termini di mercato e di sviluppo tecnologico, e non dipende semplicemente dall’efficacia o meno delle sue istituzioni, ma dipende anche dai meriti e dai demeriti dei suoi avversari.
Dal 1945 ad oggi, la popolazione totale della Cina è aumentata da 500 milioni a 1,3 miliardi di abitanti. Da uno stato di generale povertà ha raggiunto una notevole prosperità economica; ha risolto il problema dell’alfabetizzazione e della disunità sociale, trasformandosi da “sick man of East Asia”, “disunita come una manciata di sabbia” quale era, a seconda potenza mondiale. A questo punto occorre chiedersi come potrà adottare un sistema politico valido e come saremo in grado di valutarne il successo da un punto di vista internazionale. Facendo un ulteriore passo avanti proveremo anche che il suo sistema è appropriato ed efficace. Ma su questo punto non potremo affidarci a valutazioni soggettivi, né potremo giudicare sulla base del sistema di valore utilizzato, in passato, dall’Occidente, ma piuttosto dovremo basare il nostro discorso sui dati quantitativi, prendendo i fatti oggettivi come prova.
Il successo o meno del sistema non è un concetto astratto, è al contrario un concetto molto concreto. Non vi sono parametri assoluti per poterlo definire, ma occorre utilizzare “l’analisi concreta di problemi concreti”, “casi concreti” e “indicatori specifici.” E non sarò io a valutare sulla base di parametri personali, ma, attraverso valutazioni orizzontali, sarà possibile effettuare dei confronti a livello internazionale, evidenziando similitudini e differenze . Pertanto qui sotto tratterò brevemente due aspetti: per prima cosa partendo da una prospettiva di sviluppo di lungo termine del trentennio tra il 1978 e il 2008, effettuerò una comparazione a livello internazionale tra i 100 e più Paesi in via di sviluppo. In seguito, analizzando il periodo degli ultimi tre anni (2008-2010), da una prospettiva di sviluppo di breve termine, darò un quadro della situazione mondiale in base alla risposta data dal G20 alla crisi economica internazionale, per poi spiegare come la Cina, conseguendo i migliori risultati. si sia affermata come “la numero uno”.
Non importa se siano i fatti storici o il confronto internazionale ad evidenziarlo: il sistema politico cinese, sebbene con i suoi limiti, si dimostra il più adatto alle condizioni di base del Paese e al suo stato di sviluppo, e si rivela anche molto efficace nel contesto di una sempre maggior apertura della Cina sia in merito alle questioni interne sia in merito alle dinamiche internazionale, rispondendo alle numerose sfide provenienti dall’interno e dall’esterno dei propri confini. Nella feroce concorrenza internazionale ha mostrato una netta superiorità nel processo di crescita che le dà un vantaggio competitivo senza eguali. Tutto ciò, frutto di un processo durato oltre trent’anni che ha permesso la ricostruzione e la riforma del sistema politico in stile cinese, è da attribuirsi fondamentalmente a tre fattori: 1) una stabilità e una continuità nella successione ottenuta dalla leadership politica attraverso la sistematizzazione, la standardizzazione e regolamentazione delle procedure di trasmissione del potere; 2) una linea ideologica basata “sulla ricerca del vero attraverso i fatti concreti” e “sull’emancipazione del pensiero”; 3) una capacità decisionale, evidenziata dalla politica pubblica, che ha portato ad una maggiore democraticizzazione, scientificizzazione e istituzionalizzazione.
Qual'è il segreto cinese di trent’anni di rapida crescita economica e di sviluppo sociale?
Valutando la situazione internazionale, il miracoloso sviluppo ottenuto dalla Cina non è un fenomeno casuale né può essere attribuito semplicemente alla fortuna: è il vero e proprio cammino naturale (è il “dao”) della sua crescita.
E questa strada non è che sia particolarmente complessa né poi così imprevedibile, ma in realtà è semplice e chiara, e procede in accordo con la natura. Sulla base dei dati forniti dalla Banca Mondiale e dai database del Dipartimento di sviluppo delle Nazioni Unite abbiamo selezionato tre classi di indicatori di più di 100 Paesi: il tasso di crescita annuale del prodotto interno lordo (PIL) di un Paese per evidenziare i risultati della relativa espansione economica; il coefficiente di variazione del PIL, per riflettere la stabilità nel settore macroeconomico; l’innalzamento dell’Indice di sviluppo umano (HID) per riflettere il grado del progresso raggiunto dalla società di un Paese. Analizzando questi parametri abbiamo scoperto che nel periodo di tempo tra il 1978 e il 2008, i 20 sistemi economici ad aver registrato il tasso di crescita più alto sono tutti Paesi in via di sviluppo. Tra questi, 13 hanno messo in atto piani quinquennali e, tra i primi dieci per velocità di crescita economica, otto hanno realizzato progetti di pianificazione di cinque anni. Non si tratta di una “coincidenza” storica né di una “coincidenza internazionale”. Parafrasando Deng Xiaoping: “pianificazione e forze di mercato sono entrambi strumenti di controllo dell'attività economica”, poiché utilizzando 'la mano visibile' del Piano quinquennale e quella 'invisibile' dei meccanismi di mercato, è possibile fornire un buon terreno per gli investimenti e la promozione della crescita economica. Questa è una chiave di lettura che permette di comprendere il “miracolo cinese”.
E su questo punto hanno dato piena conferma molti imprenditori e studiosi stranieri che ben conoscono la Cina. Per esempio, queste sono le parole dell’ex-presidente della Camera di Commercio degli USA, James McGregor, pronunciate in un’intervista rilasciata al New York Times nel novembre 2009: “noi (facendo riferimento agli Stati Uniti) possiamo imparare dall’esperienza cinese a porci obiettivi, stabilire dei programmi per promuovere l’intero Paese ad andare avanti. I cinesi stabiliscono dei piani quinquennali e tengono sempre a mente quali sono gli obiettivi. Un altro esempio ci viene dato dal futurologo di fama mondiale Jhon Naisbitt, il quale nella sua recente opera China’s Megatrend, nella quale afferma che per “pianificare una foresta” bisogna lasciar crescere “gli alberi” spontaneamente, considera il nuovo sistema cinese (diversamente dai Paesi occidentali) uno degli otto pilastri emergenti. L’obiettivo di lunga durata di un Paese prende forma attraverso un processo che agisce dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto: il governo stabilisce una tattica politica e dei punti chiave di sviluppo preferenziali, mentre ogni cittadino fa il possibile per adempiere alle proprie responsabilità e, mantenendo l’armonia e l’ordine, permette alle diversità di coesistere.
Recentemente sono stato a Taiwan dove si è tenuto un forum di economia sugli effetti stabilizzanti dei Piani quinquennali, in cui si spiegava dettagliatamente come realizzare il processo di democratizzazione, scientificizazzione, e istituzionalizzazione dello Stato. Il nucleo centrale del programma era articolato in 11 punti: sperimentato un periodo di studio e progettazione della durata di due anni e mezzo, si entra in un processo che prevede per prima la democrazia e in seguito la centralizzazione, poi di nuovo la democrazia e infine ancora la centralizzazione. Al momento ci troviamo soltanto nella nona fase e il Consiglio di Stato sta sottoponendo all’opinione generale la bozza del XII Piano quinquennale, così da raggiungere l’obiettivo di sintetizzare la conoscenza del popolo, riflettere l’opinione pubblica, unire le aspirazioni dei cittadini, aumentandone e stimolandone la fiducia. Questo processo, che tuttavia ancora non si è concluso, non ha nulla di segreto, equivale a pubblicizzare i meccanismi decisionali della politica cinese che è quello che noi diciamo “far diventare una scatola nera una scatola bianca”. Il giorno successivo, sul giornale Wang bao uno studioso taiwanese ha criticato e analizzato approfonditamente il sistema politico di Taiwan; uno dei punti focali del suo attacco consisteva nella convinzione che “ sia arrivato il momento per Taiwan di imparare dalla Cina continentale”
La risposta cinese alla crisi che ha sconvolto il mondo
La crisi finanziaria internazionale, scatenata dagli Stati Uniti, ha causato un profondo trauma per l’economia globale. Molte economie mature continuano a mostrare segni di sofferenza: la Cina è quasi l’unica a fare eccezione. La crisi rappresenta una prima prova d’esame a livello mondiale, ma è anche un primo test per verificare come ogni singolo Paese è in grado di reagire. Qui effettueremo un paragone avvalendoci dei quattro principali indicatori macroeconomici assunti dalle nazioni del G20. Il primo è il tasso di crescita economica, il secondo è il tasso di inflazione, il terzo è il tasso di disoccupazione e il quarto è il rapporto deficit/PIL.
Dall'esito dei test effettuati sui 20 Paesi membri, risulta che, nel 2009, la Cina ha ottenuto i migliori risultati nel settore macroeconomico e, oltre ad essere prima in assoluto con una tasso di crescita del PIL del 9,2%, è anche uno tra gli unici sette Paesi ad aver scongiurato la recessione economica. Mentre nel 2009 gli Stati Uniti hanno registrato un calo del –2,5%, gli stati dell’Unone Europea del –3,9%, e il Giappone del –5,3%, la Cina, da parte sua, ha superato di 2,7 punti percentuali l'India, seconda classificata per prodotto interno lordo.
Paradossalmente, proprio nel gennaio del 2009 il settimanale statunitense “The Times” aveva predetto, con malcelata compiacenza, che l’economia cinese si stava avviando verso un processo di declino che avrebbe potuto portarla ad una crisi ben peggiore di quella americana: “Non sarà facile per la Cina portare avanti il miracolo economico. E’soltanto una grande nazione in trappola.” Il 2 marzo altre riviste resero note le loro previsioni, pronosticando che nel 2009 il tasso di crescita dell’economia cinese non avrebbe superato il 4%. Ma questo vaticinio fu presto (in soli dieci mesi) smentito dai fatti. Nell’ “esame” in cui oggigiorno sono coinvolti tutti i Paesi, la Cina è la prima ad intraprendere un percorso di ripresa e ad ottenere un trend di crescita costante. Avendo raggiunto il principale obiettivo macroeconomico, ha dato una risposta che ha attratto l’attenzione generale su di sé, suscitando lo stupore di tutti. Al contrario, il vero declino economico è in realtà quello degli Stati Uniti, infatti la Cina è riuscita anche a ridurre la distanza che la separava dall’America. Mentre nel periodo precedente alla crisi il prodotto interno lordo statunitense era 4 volte quello cinese, ora il vantaggio americano sul PIL cinese è ridotto a circa 2 volte e mezzo.
Ma cos’è che ha permesso alla Cina di reagire con discreto successo alla crisi finanziaria? Di quali profonde conoscenze è in possesso e da quali importanti esperienze ha tratto giovamento? Per prima cosa il Comitato centrale ha approfondito la conoscenza delle regole dell’economia di mercato socialista, maturando una più profonda consapevolezza della superiorità politica del socialismo cinese. In secondo luogo, gestendo correttamente le relazioni tra politica ed economia di mercato, i leader hanno dato massima importanza alla gestione del mercato e agli investimenti. Nel 2009 il governo ha investito 4mila miliardi di yuan, e ha portato gli investimenti non governativi a più di 10 volte tanto: in due anni il totale dei fixed assets ha raggiunto i 50,3 mila yuan, traguardo, questo, che ha assicurato alla Cina una crescita economica esponenziale. La capacità di sviluppo di ogni Paese e le sue capacità statali non sono la stessa cosa, e anche il comportamento tenuto in risposta alla crisi finanziaria internazionale è molto differente. Per quanto riguarda la Cina queste capacità sono: 1) la capacità della collettività cinese di imparare, di adattarsi facilmente alla situazione contingente, e di utilizzare le proprie abilità di sviluppo competitivo. 2) l’ efficienza della politica nazionale 3) la capacità di mobilitazione politica 4) la capacità di rafforzare sempre più le finanze statali 5) la capacità di valorizzare le due parti attive dell’amministrazione statale, quella centrale e quella locale.
La recessione finanziaria internazionale, originata ed esportata dall’America, in tutto il mondo è sostanzialmente una crisi del sistema capitalistico senza precedenti, pertanto la capacità di reazione dimostrata dalla Cina ha richiamato l’attenzione di molti studiosi americani, spingendoli a rivalutare l’effettiva efficacia del capitalismo stesso. Tra questi esponenti di spicco, quello che più ha destato l’attenzione generale è l’americano Francis Fukuyama, il quale, in un recente articolo pubblicato sul Financial Times dal titolo US democracy has little to teach China, ha così elogiato il nostro Paese: “le ragioni per le quali la Cina ha risposto positivamente alla crisi economica sono da ricercare nell’efficienza del suo sistema politico, nella capacità di varare rapidamente importanti e complesse decisioni politiche, nonché di metterle in atto con successo. E questo è vero se non altro per quanto riguarda la politica economica.” Volendo fare un paragone, gli Stati Uniti non avendo un sistema in grado di reagire alla recessione globale, finiscono per effettuare cambiamenti peggiorativi. “Questo è un estratto delle conclusioni storiche riguardo all'ultimo ventennio pubblicate da Fukuyama. Ora, in base ai fatti contingenti, a ognuno spetta la libera decisione di apportarvi correzioni o di confutarle.
In conclusione, la strada intrapresa dalla Cina non è soltanto un nuovo sentiero mai battuto, ma è anche un cammino che porta ad un successo sempre crescente. La scelta migliore da farsi è quella di seguire la propria via; gli altri facciano quello che vogliono!
(A.C)