martedì 6 settembre 2011

Yao Lifa, i paladini dei diritti umani e il grande bluff di Pechino

Neanche il tempo per riassaporare la libertà: Yao Lifa, liberato il 4 settembre dopo più di due mesi di detenzione, è di nuovo sparito nel nulla. Lunedì mattina un'ultima telefonata alla moglie Feng Lin per avvertirla che non sarebbe tornato a casa per pranzo, poi più nulla.
Yao, insegnante presso una scuola elementare di Qianjian, ma ben più noto come attivista, era stato sequestrato dalla polizia lo scorso 20 giugno per cause non ancora accertate e poi rialasciato per motivi di salute. Dopo due settimane di detenzione l'uomo riuscì a fuggire lanciandosi dal secondo piano; un salto che gli costò diverse ferite e la frattura delle vertebre. Nascostosi a casa di un amico, il 6 agosto fu scovato da alcuni agenti in borghese e portato in un ostello presso il giacimento petrolifero di Jianghan, a Qianjiang. Come racconta la moglie, i due mesi seguenti furono durissimi per Yao che, senza assistenza medica e con cibo razionato, oltre a perdere 10 chili riportò anche diversi problemi allo stomaco.

Ora la perdita delle sue tracce ha indotto amici e familiari a temere in un nuovo arresto. Nome già conosciuto nel panorama politico di Qianjiang per aver vinto nel 1999 una poltrona come candidato indipendente alle elezioni locali per il congresso popolare, l'attivista si sarebbe presentato alle elezioni previste per l'estate e, secondo il parere di molti, con grandi probabilità di vittoria. Insomma, Yao era un personaggio scomodo da far sparire al più presto.

D'altra parte il copione è già arcinoto. Yao Lifa, Ai Weiwei, Chen Guancheng, Yang Hengjun sono solo alcuni dei nomi degli attivisti vittime del giro di vite messo in atto da Pechino negli ultimi mesi. E a marzo il sito web China Geeks, gestito da studiosi cinesi e stranieri, individuava i nomi di 24 dissidenti tra blogger, scrittori e avvocati dei quali si erano perse le tracce. La morsa di Pechino, che oltre alle misteriosi sparizioni ha portato anche alla condanna di altri 18 attivisti tra i quali il premio Nobel per la Pace Liu Xiaobo, si fa sempre più serrata. A sei settimane dalla Rivoluzione dei Gelsomini, ondata di proteste sulla falsariga delle rivolte magrebine, ammontava già a 47 il totale delle voci di dissenso messe a tacere dal governo cinese; numeri destinati a salire a 140 entro il mese di giugno. E sebbene la protesta pacifica dei Gelsomini si sia rivelata di fatto un incredibile flop, a Zhongnanhai dal 14 febbraio non si dormono più sonni tranquilli.

Mentre la comunità internazionale solleva critiche serrate contro il modus operandi di Pechino in materia di diritti umani, la leadership cinese cerca di metterci una pezza effettuando liberazioni lampo in concomitanza con importanti visite diplomatiche: il rilascio di Ai Weiwei a ridosso della trasferta di Wen Jiabao in Europa ne è un esempio.

E anche la nuova proposta di emendamento pubblicata su Legal Daily è stata da molti letta come l'ennesimo tentativo volto a smorzare il vento di proteste che soffia da Occidente. “In casi riguardanti la sicurezza nazionale, terrorismo o seri episodi di corruzione,” cita l'articolo, “l'accusato o il sospettato potranno essere messi sotto sorveglianza in una residenza diversa dal proprio domicilio per un periodo non superiore ai sei mesi, qualora la sorveglianza presso la casa del sospettato o accusato possa intralciare le indagini. Inoltre, quando il sospettato o accusato in questione verrà messo sotto sorveglianza in una residenza diversa dal proprio domicilio, la famiglia verrà prontamente informata entro 24 ore. A meno che", specifica la proposta d'emendamento, "le autorità non riescano a raggiungere la famiglia o tale notifica non rischi nuovamente di intralciare le indagini.”
La proposta di legge ha suscitato lo sdegno della stampa internazionale la quale ha interpretato l'emendamento, , forse non del tutto erroneamente, come una legalizzazione delle sparizioni di quegli “elementi sovversivi” che Pechino deve a tutti i costi mettere a tacere.

Eppure c'è chi alla buona fede del governo ci crede ancora: “la nuova normativa rappresenta un grande passo avanti verso la modernizzazione del sistema legale cinese”, ha dichiarato alla Xinhua Song Yinghui, professore di giurisprudenza presso la Beijing Normal University. Ma in un Paese in cui non esiste la divisione dei poteri e la legge corrisponde alla volontà del Partito, il beneficio dell'illusione è ormai un privilegio per pochi.

A.C

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