martedì 27 settembre 2011

La Tigre e il Dragone, amici-nemici per la pelle

Messe da parte le storiche inimicizie, lunedì scorso Cina e India hanno dato il via al primo Dialogo Strategico Economico, al fine di instaurare rapporti commerciali vantaggiosi per entrambe le parti. Un passo decisivo senza dubbio compiuto alla luce della complessa situazione internazionale, che gravata dalla crisi del debito europeo e dall'incertezza economica statunitense, sta assistendo all'avanzata silente di nuovi protagonisti. “Una più stretta relazione tra Pechino e Delhi non avrà soltanto risvolti positivi per le relazioni bilaterali tra i due Paesi, ma darà anche fiducia ai Paesi emergenti”, ha dichiarato durante la cerimonia d'apertura il ministro della commissione nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, Zhang Ping.

La Tigre e il Dragone, seppur controvoglia, si trovano a collaborare ormai da tempo su più fronti: da una parte come membri del G20, dall'altra come rappresentanti asiatici del BRIC (Brasile, Cina, Russia, Sud Africa e India), legati a doppio filo dalla necessità di affrontare sfide comuni. E il vertice tenutosi lunedì a Pechino, sotto la regia del premier cinese Wen Jiabao e del suo omologo indiano Manmohan Singh, ha dato la possibilità di trattare una serie di questioni calde, raggiungendo nuovi accordi volti ad incentivare l'apertura dei mercati e a migliorare l'ambiente d'investimento. Temi cruciali sono stati poi la situazione del settore ferroviario, il problema delle risorse idriche e delle fonti di energia rinnovabili. L'icontro è stato accolto con grande entusiasmo da entrambe le parti e secondo Liu Xiaoxue, researcher presso l'Accademia delle Scienze Sociali, “darà all'India maggiori possibilità di business in Cina”.

Pace fatta? Meglio parlare di un tiepido armistizio: recentemente i media indiani hanno reso nota l'intenzione della ONGC Videsh Ltd , compagnia petrolifera statale, di effettuare -  congiuntamente con il Vietnam - una serie di esplorazioni nel Mar cinese meridionale, da tempo al centro di una spinosa controversia a sei che vede Pechino, Hanoi, Filippine, Taiwan, Malasya e Brunei, coinvolte in una complessa disputa territoriale. Oggetto della contesa le isole Paracel e Spratly, pugni di scogli disabitati ma estremamente ricchi di risorse energetiche, e pertanto particolarmente appetibili. Ma non solo. Le acque contese ricoprono un ruolo fondamentale nella strategia energetica del Dragone, ospitando nei loro fondali la base nucleare sottomarina di Hainan; ragione questa per la quale Pechino non può assolutamente tollerare sconfinamenti. In risposta alle provocazioni di Delhi, il governo cinese ha annunciato un paio di settimane fa che provvederà ad estendere le proprie esplorazioni nell'Oceano Indiano di 10.000 chilometri quadrati; altro bacino d'acqua di importanza strategica per la politica oceanica cinese (http://cinasia-baochai.blogspot.com/2011/09/la-strategia-del-filo-di-perle-e-la.html).

Ma se dal mare soffia vento di burrasca, sul banco dei negoziati commerciali i due Giganti asiatici sembrano più inclini a far buon viso a cattivo gioco. “I grandi vantaggi commerciali aiuteranno a superare le divergenze. I rapporti bilaterali tra i due Paesi ultimamente hanno visto una crescita molto rapida”, ha affermato Liu Xiaoxue. E ulteriori rassicurazioni arrivano anche dai numeri: nel 2010 gli scambi tra Pechino e Delhi hanno visto una crescita su base annua del 42,4%, con esportazioni verso l'India del +31,3% e importazioni in rialzo del 51,8%. Un armistizio quello tra i due nemici storici che negli ultimi otto mesi ha fruttato ben 48,16 miliardi di dollari, evidenziado una crescita del 19% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

(A.C)

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