Arresti facili, minacce e morti misteriose: il mestiere del giornalista in Cina sembra essere segnato da un destino inquietante che si dispiega attraverso trame degne del giallista Qiu Xialong. Sullo sfondo una notizia scottante da occultare ad ogni costo; un “ispettore” un po' incauto, assetato di verità; un mandante sconosciuto e molti, moltissimi sospettati. E poi c'è l'arma del delitto...un coltello. Trent'anni, giornalista televisivo, Li Xiang è stato freddato lunedì scorso nei pressi della sua abitazione con 10 colpi di arma da taglio. Un caso semplicissimo per la polizia locale che data la sparizione di portafogli, telecamera e portatile ha potutto archiviare il tutto, avanzando il movente del semplice furto. E dopo due giorni i presunti colpevoli erano già in manette: Li Junzhao e Zhang Xiaobo, due giovani disoccupati che, secondo le autorità, “con la vittima non avevano nulla a che fare”. Forse, eppure c'è qualcosa che non torna, un particolare che non è passato inosservato ai più: il reporter televisivo stava seguendo molto attivamente la questione degli scandali relativi alla vendita e al riutilizzo di olio di scolo, rilavorato e infine “magicamente” trasformato in olio da cucina, nonostante l'alta tossicità. Un giro di riciclo che si aggira intorno ai 2 milioni di tonnellate e che avrebbe come basi operative le provincie dello Shandong, Henan e Zhejiang.
Un ennesimo scandalo alimentare per la Cina che ormai per salvare la faccia farebbe di tutto. Anche uccidere? Il popolo di internet sembra non avere dubbi: la morte di Li, che sul suo blog aveva fatto il nome di un'azienda locale invischiata nel business dell'olio, è strettamente legata alle sue denunce.
Ma facciamo un salto indietro. Un'altra morte avvolta nel mistero, un altro caso rapidamente archiviato. Era il 9 gennaio del 2007 quando, nella località di Huiyuan, nello Shanxi, Lan Chengzhang, collaboratore della China Trade News, fu ucciso a bastonate da alcuni “teppisti”. L'uomo, che stava facendo luce sulla trasgressione degli standard minimi di sicurezza nell'industira mineraria della zona, - secondo un giornale locale - sarebbe stato assalito e picchiato, mentre il suo collega si trovava chiuso nell'ufficio di uno dei padroni della miniera. Qualcosa che non torna ci sarebbe, ma la stampa ufficiale - in altre parole il governo cinese – al tempo dichiarò che Lan era “un falso giornalista, il quale stava cercando di estorcere denaro agli investitori della provincia.” E con questa fantasiosa ricostruzione, il caso fu chiuso. “Se si trattava veramente di un giornalista”, promisero le autorità locali, “interverremo con severità”. Non si seppe più nulla.
A questo punto, data la tragica sorte dei suoi colleghi, si dovrebbe considerare fortunato Ji Xuguang, giornalista del Southern Metropolis Daily, il quale, la scorsa settimana, è stato “semplicemente" minacciato e poi trattenuto dagli agenti per aver denunciato l'atroce storia di Li Hao, il trentaquattrenne di Luoyang che ,dopo aver rapito sei donne tra i 16 e i 34 anni, le ha poi rinchiuse per due anni in un sotterraneo a 4 metri di profondità, costringendole ad avere ripetuti rapporti sessuali. Due sono state uccise, una è riuscita a fuggire e a confessare l'accaduto alla polizia, la quale ha tuttavia insabbiato la cosa probabilmente per paura di compromettere l'immagine della città in corsa per il titolo di "città più civilizzata della Cina". La spiata del signor Ji, giunta a più di due settimane dall' arresto del sospettato, è stata definita dagli agenti di sicurezza niente meno che “una rivelazione di segreti di Stato”.
Ma le intimidazioni delle forze dell'ordine non hanno sortito i frutti sperati, e giovedì scorso, subito dopo il suo rilascio, il giornalista metteva tutto per iscritto, rendendo noto come le autorità avevano tentato di tenere all'oscuro l'opinione pubblica facendo ombra su un crimine avvenuto a meno di due miglia dall'ufficio di pubblica sicurezza della città. Venerdì i particolari della scabrosa vicenda, campeggiando sulle prime pagine dei quotidiani internazionali, erano già sulla bocca di tutti.
Per una volta forse, il "detective" è riuscito a fare luce sul caso senza rimetterci le penne; un lieto fine dal retrogusto amaro, ma a quanto pare di questi tempi in Cina, tra la lama della cesoia governativa e quella di un "anonimo coltello", tocca accontentarsi del male minore.
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