giovedì 29 settembre 2011

"Elezioni con caratteristiche cinesi" e cyber-candidature

I cittadini cinesi sono chiamati alle urne; un evento che si ripete ogni tre o cinque anni, a seconda del luogo, al fine di eleggere i Renmin Daibiao, ovvero i delegati delle assemblee popolari delle unità rappresentative di base. In altre parole, nel corso dei prossimi mesi l'elettorato dei villaggi e dei distretti urbani di tutto il Paese procederà alla nomina dei rappresentanti delle assemblee popolari locali, il livello più basso del sistema parlamentare cinese, nonché l'unico sul quale il popolo può esporre il proprio giudizio. Un sistema che esiste dagli anni 80" e che sulla carta permette la candidatura a qualsiasi persona abbia un minimo di 10 elettori, ma che in pratica è sottoposto allo stretto controllo del PCC (Partito comunista cinese) e assorbito in un sistema politico basato sulla cooptazione dall'alto. La lista dei candidati deve essere infatti vagliata e approvata dai membri del Partito di pari livello ai quali spetta l'ultima parola. Insomma, una sorta di contentino per mettere a tacere chi spinge verso un'apertura democratica, ma di fatto una conferma dell'autoritarismo gerarchico che vige nel sistema cinese.

Eppure, se fin dalla nascita di queste elezioni popolari - nonostante l'opposizione dei vertici- vi è sempre stato il tentativo di avanzata di candidati indipendenti, quest'anno Zhongnanhai si è trovato a dover tenere testa a più di 100 nuovi sfidanti. Galeotto fu il internet e il tanto temuto Weibo, il Twitter cinese, che si è trasformato nel veicolo di propaganda per eccellenza degli "indipendenti". Caso esemplare è quello di Li Chengping, giornalista e blogger noto per la sua serrata critica sociale, il quale vanta sul proprio microblog più di tre milioni di seguaci. Nativo di Chengdu, nella provincia del Sichuan, Li avanza un programma di riforme piuttosto soft, proponendo una maggior sicurezza degli autobus scolastici, assistenza agli anziani e sussidi per i neolaureati. "Dietro alla mia candidatura non si celano velleità di ribellione verso il governo, sarebbe un atteggiamento veramente ingenuo", ha dichiarato il blogger che, per evitare guai con le forze dell'ordine, ha rifiutato ogni tipo di donazione e si è dichiarato pronto a fronteggiare l'insorgere di qualsiasi manifestazioni di piazza.

Nulla di pericolosamente sovversivo insomma, ma il governo cinese non sembra di questo parere. Il 30 maggio scorso, il Global Times, quotidiano filogovernativo in lingua inglese, commentava con queste parole il crescente desiderio di partecipazione dei cittadini: "lo scarto negli ideali tra diversi gruppi di pensiero nella società cinese è cresciuto in questi ultimi anni. La partecipazione di candidati indipendenti potrebbe accelerare questo processo, recando ancora più turbolenza, minacciando la coesione della nazione… sollecitando il voto attraverso internet, potrebbero distruggere il sistema, ponendo una sfida proprio in un momento cruciale per la scena politica cinese… il sistema politico cinese ha mostrato flessibilità verso le differenti opinioni insistendo sui cambiamenti interni al posto di riforme dall’esterno. Per quanto riguarda i candidati indipendenti, essi dovrebbero integrare i loro sforzi personali con l’andamento generale delle riforme politiche della Cina".

D'altra parte il Partito si è fatto i suoi conti in tasca, e facendo buon viso a cattivo gioco, continua a tollerare le elezioni popolari in quanto strategica valvola di sicurezza sociale. "La gente ha bisogno di sfogare le proprie insoddisfazioni, e certamente è meglio che lo faccia andando a votare, piuttosto che innescando movimenti di protesta", ha commentato Tang Wenfang, professore di scienze politiche presso l'università dell'Ohio.

Ma la libertà di movimento per gli "indipendenti" resta comunque molto limitata: lo scorso 22 settembre una decina di poliziotti in divisa ha impedito lo svolgimento di un comizio organizzato da alcuni candidati, mentre Liu Ping -  ex operaia di 47anni che era stata costretta al pensionamento per aver protestato contro le demolizioni forzate - presentata la sua candidatura per l'assemblea di distretto, è stata oggetto di intimidazioni e perquisizioni, per essere poi infine estromessa dalla lista a causa di imprecisate motivazioni legali. Una battaglia contro i mulini a vento quella degli "indipendenti", che tuttavia lascia sperare in un cambiamento, seppur a lungo termine. "Anche se soltanto uno di noi verrà eletto", ha affermato Li Chengping, "questo sarà comunque un primo passo avanti".

di Alessandra Colarizi

martedì 27 settembre 2011

La Tigre e il Dragone, amici-nemici per la pelle

Messe da parte le storiche inimicizie, lunedì scorso Cina e India hanno dato il via al primo Dialogo Strategico Economico, al fine di instaurare rapporti commerciali vantaggiosi per entrambe le parti. Un passo decisivo senza dubbio compiuto alla luce della complessa situazione internazionale, che gravata dalla crisi del debito europeo e dall'incertezza economica statunitense, sta assistendo all'avanzata silente di nuovi protagonisti. “Una più stretta relazione tra Pechino e Delhi non avrà soltanto risvolti positivi per le relazioni bilaterali tra i due Paesi, ma darà anche fiducia ai Paesi emergenti”, ha dichiarato durante la cerimonia d'apertura il ministro della commissione nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, Zhang Ping.

La Tigre e il Dragone, seppur controvoglia, si trovano a collaborare ormai da tempo su più fronti: da una parte come membri del G20, dall'altra come rappresentanti asiatici del BRIC (Brasile, Cina, Russia, Sud Africa e India), legati a doppio filo dalla necessità di affrontare sfide comuni. E il vertice tenutosi lunedì a Pechino, sotto la regia del premier cinese Wen Jiabao e del suo omologo indiano Manmohan Singh, ha dato la possibilità di trattare una serie di questioni calde, raggiungendo nuovi accordi volti ad incentivare l'apertura dei mercati e a migliorare l'ambiente d'investimento. Temi cruciali sono stati poi la situazione del settore ferroviario, il problema delle risorse idriche e delle fonti di energia rinnovabili. L'icontro è stato accolto con grande entusiasmo da entrambe le parti e secondo Liu Xiaoxue, researcher presso l'Accademia delle Scienze Sociali, “darà all'India maggiori possibilità di business in Cina”.

Pace fatta? Meglio parlare di un tiepido armistizio: recentemente i media indiani hanno reso nota l'intenzione della ONGC Videsh Ltd , compagnia petrolifera statale, di effettuare -  congiuntamente con il Vietnam - una serie di esplorazioni nel Mar cinese meridionale, da tempo al centro di una spinosa controversia a sei che vede Pechino, Hanoi, Filippine, Taiwan, Malasya e Brunei, coinvolte in una complessa disputa territoriale. Oggetto della contesa le isole Paracel e Spratly, pugni di scogli disabitati ma estremamente ricchi di risorse energetiche, e pertanto particolarmente appetibili. Ma non solo. Le acque contese ricoprono un ruolo fondamentale nella strategia energetica del Dragone, ospitando nei loro fondali la base nucleare sottomarina di Hainan; ragione questa per la quale Pechino non può assolutamente tollerare sconfinamenti. In risposta alle provocazioni di Delhi, il governo cinese ha annunciato un paio di settimane fa che provvederà ad estendere le proprie esplorazioni nell'Oceano Indiano di 10.000 chilometri quadrati; altro bacino d'acqua di importanza strategica per la politica oceanica cinese (http://cinasia-baochai.blogspot.com/2011/09/la-strategia-del-filo-di-perle-e-la.html).

Ma se dal mare soffia vento di burrasca, sul banco dei negoziati commerciali i due Giganti asiatici sembrano più inclini a far buon viso a cattivo gioco. “I grandi vantaggi commerciali aiuteranno a superare le divergenze. I rapporti bilaterali tra i due Paesi ultimamente hanno visto una crescita molto rapida”, ha affermato Liu Xiaoxue. E ulteriori rassicurazioni arrivano anche dai numeri: nel 2010 gli scambi tra Pechino e Delhi hanno visto una crescita su base annua del 42,4%, con esportazioni verso l'India del +31,3% e importazioni in rialzo del 51,8%. Un armistizio quello tra i due nemici storici che negli ultimi otto mesi ha fruttato ben 48,16 miliardi di dollari, evidenziado una crescita del 19% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

(A.C)

lunedì 26 settembre 2011

Quando i giornalisti giocano a fare i detective

Arresti facili, minacce e morti misteriose: il mestiere del giornalista in Cina sembra essere segnato da un destino inquietante che si dispiega attraverso trame degne del giallista Qiu Xialong. Sullo sfondo una notizia scottante da occultare ad ogni costo; un “ispettore” un po' incauto, assetato di verità; un mandante sconosciuto e molti, moltissimi sospettati. E poi c'è l'arma del delitto...un coltello. Trent'anni, giornalista televisivo, Li Xiang è stato freddato lunedì scorso nei pressi della sua abitazione con 10 colpi di arma da taglio. Un caso semplicissimo per la polizia locale che data la sparizione di portafogli, telecamera e portatile ha potutto archiviare il tutto, avanzando il movente del semplice furto. E dopo due giorni i presunti colpevoli erano già in manette: Li Junzhao e Zhang Xiaobo, due giovani disoccupati che, secondo le autorità, “con la vittima non avevano nulla a che fare”. Forse, eppure c'è qualcosa che non torna, un particolare che non è passato inosservato ai più: il reporter televisivo stava seguendo molto attivamente la questione degli scandali relativi alla vendita e al riutilizzo di olio di scolo, rilavorato e infine “magicamente” trasformato in olio da cucina, nonostante l'alta tossicità. Un giro di riciclo che si aggira intorno ai 2 milioni di tonnellate e che avrebbe come basi operative le provincie dello Shandong, Henan e Zhejiang.

Un ennesimo scandalo alimentare per la Cina che ormai per salvare la faccia farebbe di tutto. Anche uccidere? Il popolo di internet sembra non avere dubbi: la morte di Li, che sul suo blog aveva fatto il nome di un'azienda locale invischiata nel business dell'olio, è strettamente legata alle sue denunce.

Ma facciamo un salto indietro. Un'altra morte avvolta nel mistero, un altro caso rapidamente archiviato. Era il 9 gennaio del 2007 quando, nella località di Huiyuan, nello Shanxi, Lan Chengzhang, collaboratore della China Trade News, fu ucciso a bastonate da alcuni “teppisti”. L'uomo, che stava facendo luce sulla trasgressione degli standard minimi di sicurezza nell'industira mineraria della zona, - secondo un giornale locale - sarebbe stato assalito e picchiato, mentre il suo collega si trovava chiuso nell'ufficio di uno dei padroni della miniera. Qualcosa che non torna ci sarebbe, ma la stampa ufficiale - in altre parole il governo cinese – al tempo dichiarò che Lan era “un falso giornalista, il quale stava cercando di estorcere denaro agli investitori della provincia.” E con questa fantasiosa ricostruzione, il caso fu chiuso. “Se si trattava veramente di un giornalista”, promisero le autorità locali, “interverremo con severità”. Non si seppe più nulla.

A questo punto, data la tragica sorte dei suoi colleghi, si dovrebbe considerare fortunato Ji Xuguang, giornalista del Southern Metropolis Daily, il quale, la scorsa settimana, è stato “semplicemente" minacciato e poi trattenuto dagli agenti per aver denunciato l'atroce storia di Li Hao, il trentaquattrenne di Luoyang che ,dopo aver rapito sei donne tra i 16 e i 34 anni, le ha poi rinchiuse per due anni in un sotterraneo a 4 metri di profondità, costringendole ad avere ripetuti rapporti sessuali. Due sono state uccise, una è riuscita a fuggire e a confessare l'accaduto alla polizia, la quale ha tuttavia insabbiato la cosa probabilmente per paura di compromettere l'immagine della città in corsa per il titolo di "città più civilizzata della Cina". La spiata del signor Ji, giunta a più di due settimane dall' arresto del sospettato, è stata definita dagli agenti di sicurezza niente meno che “una rivelazione di segreti di Stato”.

Ma le intimidazioni delle forze dell'ordine non hanno sortito i frutti sperati, e giovedì scorso, subito dopo il suo rilascio, il giornalista metteva tutto per iscritto, rendendo noto come le autorità avevano tentato di tenere all'oscuro l'opinione pubblica facendo ombra su un crimine avvenuto a meno di due miglia dall'ufficio di pubblica sicurezza della città. Venerdì i particolari della scabrosa vicenda, campeggiando sulle prime pagine dei quotidiani internazionali, erano già sulla bocca di tutti.

Per una volta forse, il "detective" è riuscito a fare luce sul caso senza rimetterci le penne; un lieto fine dal retrogusto amaro, ma a quanto pare di questi tempi in Cina, tra la lama della cesoia governativa e quella di un "anonimo coltello", tocca accontentarsi del male minore.

sabato 24 settembre 2011

Un erede di "grande peso" per Mao Zedong


Mao Xinyu, il più giovane discendente di Mao Zedong, ha già fatto ampiamente parlare di sé, e non sono esattamente elogi quelli che circolano da diversi mesi a questa parte sul web. Nato nel 1970, il "nipotino" del grande Timoniere ha conseguito la laurea presso il dipartimento di storia della Renmin University e al momento è researcher presso l'Accademia di Scienze Militari dell'Esercito di Liberazione Popolare. Autore di diversi libri, tra i quali spicca non a caso il volume "Nonno Mao Zedong", nel 2009 è stato promosso al rango di generale maggiore, una carica che gli è costata "pesanti" critiche  data la stazza oversize che lo contraddistingue. "Una persona priva di requisiti idonei come lui che diventa generale, questo è un insulto all'Esercito di Liberazione Popolare", ha commentato Pu Zhiqiang, attivista e avvocato per i diritti umani. Ad aver alimentato ulteriormente i sospetti sulla promozione del giovane Mao, è stato sopratutto il noto "acume" del quale ha dato prova in numerose occasioni, lanciandosi in dissertazioni senza capo né coda. Un ars oratoria che è già stata battezzata dal popolo di internet come "Major General Genre" e della quale abbiamo un esempio particolarmente esilarante nel video qui sopra. Evidente l'imbarazzo dell'intervistatore che, lanciata la domanda "Cosa ne pensa della nostra campagna contro gli insegnanti senza licenza", ha dovuto simulare grande interesse per un discorso fatto di mezze frasi sconclusionate, ripetizioni e balbettii; il tutto, bisogna però riconoscere, contraddistinto dalla grande convinzione con la quale Mao, forte del suo nome, ha recitato la sua parte alla perfezione, senza mostrare alcun segno di cedimento.

Qua sotto il testo dell'intervista di Mao tradotto in inglese:


(Host) We are now organizing a campaign. It’s about unlicensed teachers. What do you (think of it)?
(Mao)Unlicensed teachers…I want to say…Just now, I…well…then…well, my secretary showed me. I want to extend it (the topic). About unlicensed teachers…I want to…here…this…this…I want…just…just not that I want to dodge anything…I want to stress this…Which is to say nowadays those unlicensed teachers, now our country’s this…speaking of this tea…teaching rank, I think, there is a very important part, called private teachers. Just private teachers. This, how to say, I’ve considered…observed for a long time this private teacher thing. A private teacher…how to say…He even…a private teacher from…I think…Technically speaking, he is not a teacher formally certified by the country. He is…that is to say, he is also, as a private teacher…His…well…Of course, his this teaching quality, his this caliber is surely not as good as this formal normal college kind of thing. Of course, this private teacher thing, including this unlicensed teacher thing you’ve mentioned, this problem has indeed become a…a big problem of the education part. This is to say, first, this is to say…In the future, I…I…I…the problem of education, I truly deeply hope that many of this…I hope a large number of, well, private teachers can, through their…effort, their own effort, painstaking study…Um…can improve their own level. I hope many private teachers can become excellent formal teachers. Well, apart from private teachers, well…who hold our education back, I think now most..most people’s general feedback is to say…Don’t simply talk about private teachers. Even our formal teachers who came out from normal college…their, well, cultivation, and their education background, is yet to be improved.
(http://www.ministryoftofu.com/2011/03/the-major-genreral-genre-how-chinese-make-fun-of-maos-grandsons-senseless-talk/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+MiniTofublo)

giovedì 22 settembre 2011

Han Han: il ragazzo cattivo che Pechino non mette in castigo

Classe 1982, faccia pulita, aria da star. Potrebbe sembrare uscito da una soap televisiva, ma non fatevi ingannare: il Time lo ha classificato tra le 100 persone più influenti del Pianeta e il suo gruppo su Facebook conta già 4.197 fan. Han Han è ormai diventato il blogger più famoso della Cina e i numeri sono dalla sua: 450 milioni di visitatori l'anno e una media di quasi 15.000 commenti giornalieri. Una folla di proseliti alla quale nemmeno la censura può mettere un freno.

Ma chi è veramente Han Han? Personaggio caleidoscopico, tutto da scoprire. Shanghaiese e pessimo studente, a diciassette anni scrisse il suo primo libro "Le Tre Porte". Poi bocciato, fece fagotto di libri e quaderni e, dato un calcio a secoli e secoli di tradizione confuciana,  varcò la soglia della scuola..per l'ultima volta. Un colpo di testa, una ragazzinata? Forse, però bisogna ammettere che gli è andata molto bene. Quando un insegnante preoccupato gli domandò: "E adesso cosa pensi di fare?", Han non ebbe esitazione: "Camperò vendendo libri e mi comprerò una macchina da corsa". Parole presuntuose, ma anche incredibilmente profetiche: Le Tre Porte, un affresco sul mondo dei disagiati teenager anni 80 ", è anche il libro che ha riscosso più successo in Cina negli ultimi vent'anni. Ma non è tutto. La penna irriverente di Han ha dato vita ad altri quattro romanzi, a diversi articoli e saggi; tutti sotto il comune denominatore di una critica graffiante che non risparmia l'Accademia degli scrittori, critici letterari e uomini di potere. E che si sia fatto dei nemici è evidente: la sua ambiziosa rivista letteraria Party - che dava spazio ad autorevoli artisti, scrittori e musicisti cinesi - nonostante il grande successo riscosso, non è mai andata oltre il primo numero; deboli tracce del bavaglio governativo. Ora infatti Han scrive per il New York Times, si diletta nelle corse automobilistiche ed è l'icona pop giovanile del momento. Ma nonostante i commenti al vetriolo dei suoi post, sulla lista nera di Pechino il suo nome ancora non c'è.

Non ho resistito alla tentazione di visitare il tanto discusso blog. Sotto riporto l'ultimo post di Han, che sebbene risalente al 30 giugno, tratta una tematica molto attuale, facendo riferimento agli ultimi scandali che hanno coinvolto la Croce Rossa cinese. La modalità è sempre la stessa: testo originale+mia approssimativa traduzione.


中国的慈善机构是很淡定的,因为他们都是政府机构,事态再失控,他们都不害怕。他们知道,他们拥有最后一道防线:舆论消灭权。在这些慈善机构们到了最危险的时候,肯定有个部门会发出最后的吼声,然后一片寂静。比较著名的一次慈善机构行使舆论消灭权是在2002年,《南方周末》头版揭露希望工程负责任挪用亿元善款进行投资,最终导致亏损。结果这份报纸几十万份被收回销毁,仅存几千在人间。写这篇文章的新闻人方进玉遭到处理,提供线索的杨女士在2006年患癌症去世,审计报告一直没有对外公开。此前希望工程还有假信丑闻,上海一家规模不大的私营公司捐助希望工程17名学生,他们收到了所有学生的感谢信,结果经查证,仅有3名学生收到了善款,其余均为假信,他们踏访了那片土地,发现感谢信中的一些学生其实已经失学。后来南方周末的记者去做过深度报告,有一家未收到善款的失学的兰姓孩子家中母亲双腿瘫痪,家中孩子全部失学,由于当时中央还征收农业税,而残疾人可以免除农业税,孩子的母亲交不起五十元办理残疾证,所以爬到了当地政府门口要求减免,官员说,你没有残疾证,所以你不是残疾人。后来走访的学生虽然补收到了希望工程善款,但日期其实已经被涂改。

虽然在假信风波中,有相当责任是地方的共青团和教委,因为是官方慈善机构的性质,所以善款会先到当地共青团,再到教委,再到学校,再到个人,但毫无疑问这是整套系统出现的问题。那么为什么类似红十字会这样的慈善机构,臭名昭著,但官方一样不允许非官方的慈善机构或者NGO的产生呢?我觉得这并不是因为官方担心管理混乱,因为NGO再混乱也混乱不过他们自己。而是由于官方机构做的实在太差,所以他们明白很多NGO的诞生势必会很快树立威信,吸引大量年轻人和各界人士,而NGO往往都与慈善有关,加上独立,透明,又有资金和会员的支持,又获得人心,等于是建党伟业,假以时日,势必会政权构成一定的威胁,就算没有威胁,被监督和对比着也是浑身不舒服,就好比金正日一定不喜欢金城武天天站在他边上。所以官方牢牢控制着慈善机构,管理媒体,审计和司法的又都是自己人,这便是中国所谓慈善机构的问题来源。

但是很明显,红十字会的后台没有希望工程硬,在新浪微薄搜索红十字,会出现很多内容,正面负面都有,但是搜索希望工程或者其娘家青基会,马上会出现“根据相关法律法规,你所搜索的内容不予显示”,这就变成了没希望工程。而在百度和谷歌上搜索其丑闻,很多也被屏蔽。在丑闻出现以后,红十字会的各种领导虽然智商不济,但还硬撑召开了发布会,说了一堆不着边的傻话,而且新闻媒体也没有遭到报复。希望工程面对自己的丑闻则不会进行任何的回应,直接封杀媒体,销毁报纸,处理记者。红十字会表示,争取马上开通查询系统,可以让捐款者知道每一笔善款的去处。而希望工程则无法审计。面对一个这样霸道而神秘的慈善工程,我们完全有理由用最坏的心去揣测他,并要求对希望工程进行独立的审计。

在我们做学生的时候,大家都曾经被要求为希望工程捐献,而且年复一年。如果你问我,我们还要为希望工程捐款么,我问你,如果美国人用TWITTER搜索一个慈善机构和一个慈善工程,结果搜索不到任何信息,那他们会为这个慈善机构捐款么?人类没有任何理由为一个不愿公布审计报告并压迫传媒的机构捐款,无论它救助的是什么样的对象或者获得了什么样的成就。

如果我们以最好的心去揣测,那么希望工程也可以退出历史舞台了,如果现在退出,那也算功成身退,毕竟希望工程帮助过不少贫困学生,虽然这是拿老百姓的捐款来节省应该是属于财政的开支,但也是有善。当年邓小平推出希望工程,财政尚不富裕,需要民间慈善。但如今,公款吃喝一年数千亿,维稳一年数千亿,讨好各种生僻国家一家数百亿,而中国有失学儿童三百万,承担他们教育仅仅需要一年十亿。假设现在的中国没有一所小学,要给中国的五十万个村里每一个村都盖一个小学,包括华西村之流也给盖上,需要的全部资金也仅仅等于我们的全体行政人员一个季度不要进行公款消费。所以我觉得希望工程已经完全没有任何的理由向民间征集善款,教育本来是国家财政的一个重要支出部分。我们来看一个数据:2010年香港GDP17481亿港元,征税2090亿港元。深圳GDP9511亿元,征税3061亿元,广州GDP10604亿元,征税3379亿元。香港税收占GDP12%,深圳、广州均为32%。香港教育预算540亿,医疗预算399亿,共占税收45%;而广深两地的教育、医疗预算累计才213亿元,占税收3%。说到医疗,我们再看另外一个数据:政府投入的医疗费用中,80%是为850万以党政干部为主的群体服务;据监察部、人事部披露,全国有200万名各级干部长期请病假,其中有40万名干部长期占据了干部病房、干部招待所、度假村,一年开支约为500亿元。

这两个数据说明了什么我就不说了。到了今天,政府有足够的能力和义务去承担基础教育和希望工程,老百姓无需去掏不明不白并不容质疑的捐款。如果政府对教育的支出所占的GDP比例达到了其他国家的相应比例,而基础教育问题依然无法解决,那才是民间慈善应该帮助和顶上的时候。但这些不意味着我们不再需要慈善,我自己抄袭自己一下,引用去年一篇文章的结尾来给这篇文章结尾:

诸恶莫作,众善奉行。但是如果诸恶一直在作,甚至越做越过,乃至是非颠倒,这一切都不影响后面的那句,众善奉行。

只有众善够重,诸恶才能被诛。



Le organizzazioni caritatevoli cinesi se ne stanno tranquille, perchè sono tutte organizzazioni statali e pertanto anche quando la situzione sfugge di mano, non hanno paura. Sanno di avere un'ultima linea difensiva: il potere di distruggere l'opinione pubblica. Quando sono in situazioni di estremo pericolo, c'è sicuramente un dipartimento che emetterà un ultimo ruggito, al quale farà seguito un po' di tranquillità. Uno dei casi più famosi in cui un'organizzazione di beneficenza ha esercitato il suo potere per soffocare l'opinione pubblica risale al 2002, quando la prima pagina del Southern Weekend smascherò il responsabile del Progetto Speranza di essersi appropriato indebitamente di fondi per 100milioni di yuan, al fine di realizzare degli investimenti che alla fine si rivelarono un fallimento. Come risultato, centinaia di copie del giornale furono ritirate e distrutte, così che ne sono sopravvissute soltanto un migliaio. Quanto all'autore dell'articolo Fang Jinyu incappò nelle disposizioni, la signora Yang che aveva fornito gli indizi nel 2006 morì di cancro mentre il rapporto di revisione non fu mai reso pubblico. Ma in realtà in passato il Progetto Speranza era già stato coinvolto in uno scandalo riguardante lettere false. Una piccola società privata di Shanghai offrì assistenza a 17 studenti del Progetto, dai quali in seguito ricevette una lettera di ringraziamento. Dopo diversi controlli si scoprì che soltanto tre dei ragazzi avevano veramente ottenuto il denaro, quanto agli altri si era trattato di lettere false. Messa in allerta, la società effettuò ulteriori investigazioni dalle quali emerse che alcuni dei bambini che avevano inviato i loro ringraziamenti in realtà continuavano a non frequentare nessuna scuola. Tempo dopo il giornalista del Southern Weekend stilò un rapporto più approfonditò dal quale venne fuori che la madre di uno dei bambini che non aveva ricevuto la donazione era paralitica da entrambe le gambe. Al tempo Pechino ancora riscuoteva le tasse agricole. La donna che essendo invalida in teoria avrebbe goduto dell'esenzione, non potendosi permettere 50 yuan per la tessera di invalidità, si recò davanti all'ufficio governativo implorando una riduzione delle imposte. Come tutta risposta le venne detto che non avendo la tessera allo Stato non risultava come inferma. Sebbene i bambini furono risarciti dei fondi del Progetto Speranza, tuttavia ormai la data risultava alterata.

Nonostante la tempesta di scandali, la Lega locale della Gioventù Comunista e la Board of Education che avevano avuto una responsabilità notevole nella cosa, essendo organizzazioni caritatevoli governative pertanto le donazioni arrivano prima alla Lega locale della Gioventù comunista, in seguito alla Commissione Statale per l'Educazione, poi alle scuole e solo alla fine al singolo individuo. Ma non ci sono dubbi che l'intero sistema presenti dei grandi problemi. E allora perchè ci sono istituzioni caritatevoli quali la Croce Rossa - nota a tutti - mentre il governo non permette allo stesso modo la nascita di organizzazioni di beneficienza inufficiali o di ONG (Organizzazioni non governative). Io non penso assolutamente che sia perchè lo Stato teme disordini nell'amministrazione, dato che le ONG non possono divenire più caotiche di quello che già sono. Credo piuttosto che dipenda dal fatto che l'operato delle istituzioni governative è veramente pessimo, pertanto il governo è consapevole che la rapida diffusione di ONG darebbe loro notevole prestigio, attraendo un gran numero di giovani e di persone di ogni livello sociale. Inoltre le ONG spesso sono correlate ad attività caritatevoli, sono indipendenti, operano in maniera trasparente, godono del supporto dei loro membri e di fondi, riuscendo ad ottenere il favore generale. Il che costituisce nel giro di qualche tempo un pericolo sicuro per il potere statale, e anche qualora questo pericolo non vi fosse, comunque sia i controlli e il confronto lo metterebbero a disagio; un po' come si sentirebbe Kim Jong II accanto a Takeshi Kaneshiro. Ed è così che il governo controlla fermamente le organizzazioni di beneficenza e gestisce i media, mentre l'attività di audit e il controllo della giustizia ricadono nelle mani delle stesse persone. Questa è l'origine del problema delle cosiddette istituzioni caritatevoli cinesi.

Ma è chiaro, i retroscena della Croce Rossa non sono così oscuri. Ricercando su Sina Weibo “Croce Rossa” appaiono moltissimi esiti, sia positivi che negativi. Se invece proviamo a digitare “Progetto Speranza” oppure Youth Fondation il risultato visualizzato è: “il contenuto della tua ricerca non può essere mostrato sulla base del regolamenti vigenti in materia”. Su Baidu e Google molte delle notizie relative a questi scandali sono schermate. Dopo la diffusione di questa ondata di scandali, la leadership della Croce Rossa, sebbene non propriamente dotata di grande intelligenza, e tuttavia ostinata a tenere conferenze stampa, ha affermato un mucchio di idiozzie del tutto irrilenvati, senza nemmeno effettuare ritorsioni contro i media. Quando invece fu il Progetto Speranza a dover far fronte all'ondata scandalistica, non fu in grado di dare alcuna risposta, limitandosi ad ostacolare gli organi di informazione, distruggendo i giornali e mettendo in mezzo i giornalisti. La Croce Rossa ha saputo mostrare come è stato possibile immediatamente dare vita ad un sistema di investigazione che permette ai donatori di sapere quale sia la destinazione dei loro fondi; il Progetto Speranza invece non è in grado di mettere in atto questo tipo di verifiche. Quando ci troviamo faccia a faccia con queste misteriose e tiranniche organizzazioni di carità, noi abbiamo tutto il diritto di fare congetture armati di una sana dose di circospezione, e abbiamo anche tutto il diritto di richiedere una verifica sul suo operato.

Quando eravamo studenti noi, a tutti era stato chiesto di fare delle donazioni al Progetto Speranza, e anno dopo anno. Se tu mi chiedessi di aiutare nuovamente tale organizzazione io ti ti domanderei a mia volta se in America le persone, cercando su Twitter un'istituzione o un progetto di beneficenza non trovassero alcun risultato, allora tu pensi che devolverebbero i loro soldi in donazioni? Il genere umano non ha alcuna ragione di aiutare un'istituzione che non permette la divulgazione di rapporti di verifica e che reprime la circolazione delle informazioni. E non importa quale sia il suo obiettivo o se abbia ottenuto dei successi.

Se noi mutiamo le nostre disposizioni e ci avviciniamo con positività a tale organizzazione, allora essa deve a sua volta lasciare la scena. Se si ritira adesso, può dire di aver comunque servito al suo scopo; dopotutto ha prestato aiuto a non pochi studenti bisognosi, sebbene di fatto abbia preso i soldi di comuni cittadini per fare economia su ciò che avrebbe dovuto pagare lo Stato. Comunque rimane un 'opera buona. Quando Deng Xiaoping lanciò il Progetto Speranza, la situazione finanziaria era tutt'altro che prospera, e la beneficenza era un bisogno reale. Ma adesso, ogni anno vengono mangiati via miliardi di fondi governativi, ogni anno, centinaia di miliardi utilizzati per ingraziarsi ogni tipo di insolito Paese, quando in Cina ci sono 3milioni di bambini che non possono andare a scuola,e basterebbe ogni anno soltanto un miliardo per assicurar loro l'istruzione. Supponendo che nel nostro Paese non ci fossero scuole elementari, per fornirne almeno una ad ognuno dei 500mila villaggi della Cina, compresi quelli delle regioni occidentali, l'intero dei capitali necessari equivarrebbe sotantanto a quanto il nostro personale amministrativo, in tre mesi, non vuole destinare ai fondi pubblici. Pertanto io penso che il Progetto Speranza non abbia alcuna ragione di accumulare donazioni tra i cittadini: l'istruzione è un'importante spesa che dovrebbe spettare all'amministrazione finanziaria del Paese. Prestiamo un attimo attenzione ai numeri: il Pil di Hong Kong nel 2010 ammontò a 1.748 miliardi di HKD, dei quali 209 miliardi di tasse; quello di Shenzhen fu di 9.511 miliardi di yuan, 306,1 miliardi solo di imposte; quello di Canton raggiunse i 10.604 miliardi di yuan, dei quali 337,9 miliardi di esazione tasse. Le entrate fiscali di Hong Kong ammontavano al 12% del Pil, mentre a Shenzhen e Canton raggiunsero il 32%. Il budget stanziato per l'istruzione a Hong Kong (di 54 miliardi) e quello destinato all'assistenza sanitaria (39,9 miliardi), sommati equivalsero al 45% delle esazioni fiscali, mentre i fondi per l'istruzione e la sanità, a Canton e Shenzhen, raggiunsero un totale di 21,3 miliardi di yuan, il 3% del gettito fiscale. Ma per quanto riguarda la sanità dobbiamo fare attenzione anche ad altri dati: all'interno delle spese mediche immesse dal governo, l'80% - pari a 8,5 milioni – sono per i servizi destinati ai quadri più importanti del Partito. Sulla base di quanto rivelato dal ministero della Supervisione e dal ministero del Personale, in tutta la Cina ci sono 2 milioni di quadri a tutti i livelli che richiedono permessi per malattia per lunghi periodi di tempo, di questi, 400mila occupano prolungatamente ospedali del Partito, ostelli e resort, con un dispendio annuo di circa 50 miliardi di yuan.
Queste statistiche presentano una stuazione della quale ancora non ho parlato. Oggi il governo ha sufficienti capacità e ha anche il dovere di assumersi la responsabilità di assicurare l'istruzione primaria e il Progetto Speranza. E i cittadini non devono tirare fuori i loro soldi per donazioni dubbie. Se la quota sborsata dallo Stato per l'educazione, in rapporto al Pil, raggiunge la quota corrispondente in altri Paesi, allora vuol dire che il problema dell'istruzione di base non è ancora stato risolto e che è giunto il momento che la beneficenza ricada sulle persone comuni. Ma ciò non vuol dire che non dobbiamo più impegnarci in opere caritatevoli, io stesso sono stato preso un po' alla sprovvista. Vorrei concludere questo scritto citando la chiusura di un articolo che scrissi l'anno scorso:

“nessuna forma di malignità può essere perpetuata, tutti devono praticare la carità. Ma se la malvagità continua incessantemente a tessere le proprie trame, diffondendosi e crescendo sempre più, anche la distinzione tra bene e male diventa confusa. Eppure ciò non influisce sull'affermazione precedente: dobbiamo praticare la carità e ricercare il bene comune. Solo quando si raggiungerà questo bene comune, solo allora la malvagità potrà essere sconfittà.”

martedì 20 settembre 2011

La giustizia non può più attendere

Ricordare spesso è più difficile che dimenticare, "scavare una fossa e seppellire il passato per guardare al futuro", risulta assai più conveniente ed indolore ed è una prassi consueta nel corso della storia, legittimata dal tacito consenso della comunità internazionale che ha reso la memoria storica l'umile ancella della retorica politica. E in questa storia fatta di "giustizia selettiva", che assolve i potenti e ignora i sofferenti, non ci sono né vincitori né vinti, ma solo "bastardi senza gloria".  Nessuno è scagionato solo perché protetto dalla "presunzione d'innocenza"; nemmeno chi della giustizia dovrebbe essere il regolatore.

Ed è così che l'avvocato difensore stesso finisce sul banco degli imputati: il Consiglio per i diritti umani dell'Onu, che avrebbe dovuto far luce sulle "gross violation" perpetuate durante il corso degli ultimi 30' anni, è finito nell'occhio del ciclone dopo le pesanti accuse mossegli da Human rigths watch e Amnesty International per l'immobilità dimostrata nella questione dei crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Sri Lanka, nel ventennio tra il 1983 e il 2009. Un conflitto durato oltre un quarto di secolo che ha visto il gruppo separatista delle Tigri tamil combattere contro il governo di Colombo per dar vita ad uno stato indipendente nel nord e nell'est dell'isola. Una guerriglia che, sebbene non abbia mai trovato l'appoggio della popolazione si è conclusa con un bilancio di 100mila vittime, di cui - secondo i dati dell'Onu - 40mila soltanto nei mesi seguenti all'offensiva  governativa del novembre 2008. Allora un primo SOS fu lanciato dalle organizzazioni dei diritti umani dell'isola per ricadere immancabilmente nel vuoto. Soltanto nell'aprile 2010 l'esito di un'inchiesta portata avanti dall'Onu che accusava Colombo di aver ucciso decine di migliaia di civili, bombardando centri d'accoglienza, ospedali e operatori umanitari; di aver negato alle persone rimaste intrappolate nelle zone di conflitto qualsiasi tipo di aiuto umanitario. Quanto ai Tamil, risultarono responsabili dell'arruolamento coatto di bambini e dell'utilizzo della popolazione inerme come  scudo umano.

Ma nonostante la risonanza che questa carneficina ebbe in seno all'opinione pubblica, il segretario generale del Consiglio, Ban Ki-moon, dichiarò di non avere l'autorità per ordinare un'inchiesta internazionale. Un fascicolo archiviato sino a pochi giorni fa quando, a ridosso della riunione di Ginevra in agenda per il 13 di settembre, gli attivisti sono tornati alla carica, denunciando al Consiglio la totale impunità di cui continuano a godere gli artefici del massacro. Pronta è stata la reazione del presidente Sri Lankese, Mahinada Rajapaksa, che attraverso la revoca dello stato di emergenza, ha proceduto a sostituire lo stato di guerra con la legge marziale. Un provvedimento questo che di fatto gli attribuisce l'assoluto controllo del Paese e lo esime dal sottoporsi a qualsiasi inchiesta dell'Aja, rendendolo così immune da un possibile arresto per i crimini commessi durante la guerra civile. Secondo Peacereporter "non verranno nemmeno revocati i poteri emergenziali di esercito e polizia, né smilitarizzate le 'zone di sicurezza'. Tantomeno decadrà la messa al bando di tutte le organizzazioni politiche legate all'Ltte (Liberation Tiger of Tamil Eelam), come le Tigri del fronte popolare di liberazione (Pflt). Rimarranno in vigore anche tutte le norme che limitano la libertà di sciopero e di stampa, con il loro tragico corollario di violenze para-governative contro attivisti sindacali, difensori dei diritti umani e giornalisti critici".

Un esito presagito già da chi aveva temuto un intervento degli alleati asiatici di Rajapaksa - Cina in primis - volto ad influenzare le decisioni dell'Onu; un intervento che per il momento non è stato nemmeno necessario per mettere fine alle speranze di chi in una giustizia ancora ci credeva.

Ma a gettare ulteriori ombre sull'operato del Consiglio dei diritti umani, il riaffiorare di un'altra dolorosa cicatrice della storia del 900", ancora una volta inferta all'Indocina, e a distanza di anni mai guarita del tutto.  La rivoluzione ultracomunista cambogiana che tra il 17 aprile 1975 e il 7 gennaio 1979 ha messo fine a un milione e 700 mila vite, ma che in realtà ha avuto degli strascichi sino alla dissoluzione dei khmer rossi nel 99". Crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio: sono queste le accuse alle quali dovranno rispondere gli ultimi quattro superstiti del vertice del regime davanti alle Corti straordinarie, il tribunale di Phnom Penh, composto da magistrati locali e internazionali, sotto l'egida dell'Onu.

Ancora una storia di giustizia ritardataria, alla quale piace farsi desiderare. Cominciate le trattative nel 1999, governo cambogiano e Onu giunsero ad un accordo nel giugno del 2003, quando furono stanziati 56 milioni di dollari per le spese processuali, di cui 13 milioni messi a disposizione dalla Cambogia, e 43 milioni dalla comunità internazionale. A quali condizioni? Il tribunale potrà giudicare solo quanto accaduto tra il 17 aprile 1975 - giorno dell'ingresso dei Khmer rossi nella capitale - e il 6 gennaio 1978, vigilia dell'ingresso delle truppe vietnamite e della successiva caduta del regime di Pol Pot. In altre parole il tribunale non potrà occuparsi di quanto avvenuto prima e dopo quel periodo. Dovrà tacere sulle ripercussioni causate dalla guerra tra Vietnam e Usa ( dal 69' al 73'), quando il presidente Nixon, senza il consenso del Congresso, autorizzò il bombardamento della Cambogia causando oltre 150 mila vittime; dovrà tacere sul sostegno prestato dalla Cina al regime filo-maoista cambogiano che, attraverso elargizioni di 100 milioni di dollari l'anno, ha continuato a finanziare i Khmer Rossi fino agli anni 80', anche dopo la caduta di Pol Pot. E sarà silenzio anche sull'invasione vietnamita protrattasi sino al crollo del muro di Berlino, nonché sulle trame geopolitiche che hanno coinvolto la Cambogia nella Guerra Fredda.

Ma il processo, previsto all'inizio per lo scorso settembre, è prima slittato ad agosto, e proprio quando sembrava essere giunti ad un passo dalla tanto agognata "Norimberga cambogiana", i giudici hanno ordinato, pochi giorni fa, la perizia psichiatrica per uno degli imputati, l'ex ministro degli Affari sociali Leng Thirith. Un provvedimento che di fatto ha archiviato nuovamente la pratica almeno fino al gennaio 2012. Un nuovo esito imbarazzante per l'Onu che, ormai messo alla gogna dalle principali associazioni per i diritti umani, dovrà rispondere anche di questo. Mentre una buona dose di responsabilità incombe su Usa e Cina - le quali animate dall'obiettivo di arginare i movimenti di un Vietnam filosovietico, fecero di tutto per ritardare la nascita della Corte - anche l'attuale Tribunale finisce per essere l'esito di una serie di compromessi, sotto la regia di una magistratura "comprata a caro prezzo". Ancora troppi gli interessi e le persone coinvolte.

Un copione noto anche nel Myanmar dove, gli atti repressivi imputati all'esercito birmano vengono tacitamente tollerati da Pechino, alleato numero uno del regime di Yangon cui forniscono armi, prestiti, investimenti e sostegno politico. Un legame sancito dalla protezione diplomatica prestata dalla Cina in seno all'Onu, attraverso l'esercizio del proprio diritto di veto all'interno del Consiglio di Sicurezza su qualsiasi decisione riguardi il Myanmar. E secondo l'usuale rituale del "do ut des", il Dragone riceve in cambio la possibilità di attingere alle ingenti risorse naturali del Paese, scongiurando tra l'altro il pericolo che una Birmania democratica possa seguire la stessa strada percorsa dal Vietnam, uscendo dalla sua orbita per passare sotto l'influenza statunitense. D'altra parte, l'esercito birmano mantiene stabile una situazione che potrebbe facilmente degenerare in una nuova guerra civile, con possibili strascichi anche nell'intera regione e in Cina.

E così, mentre la "politica dell'interesse" continua ad avere la meglio, il Consiglio per i diritti umani dell'Onu perde sempre di più credibilità, dando conferma alle critiche di chi, commentando l'ingresso nel 2006 di Cina, Arabia Saudita, Pakistan, Cuba e Russia, aveva gridato alla beffa.

di Alessandra Colarizi

domenica 18 settembre 2011

Cina vs Italia: l'ostilità del Dragone si calcola in percentuali

A quasi una settimana di distanza dalla notizia di un possibile sostanzioso intervento della Cina per risollevare le sorti dell'Eurozona, la questione "acquisto del debito pubblico italiano" la fa ancora da padrone sulla maggior parte dei quotidiani internazionali. Dopo i commenti postati dai netizen cinesi sul sito web del FT (http://cinasia-baochai.blogspot.com/2011/09/il-debito-italiano-lo-compra-la-cina.html), adesso è la volta del portale del China Daily, dove il dibattito in seno all'opinione pubblica viene schematizzato in percentuali grazie ad una tabella; una specie di applausometro che fa tanto programma a premi della Rai. Il risultato era piuttosto prevedibile: alla domanda "la Cina deve acquistare i bond dell'Italia?" il 91% degli internauti ha detto no, solo il 9% si è schierato a favore, sostenendo che lo shopping del debito italiano contribuirà a diversificare le riserve in valuta estera detenute dal Dragone. Sorvolando sul fatto che di questo 9% un buon 5% - tratto in inganno dal colore rosso del pulsantino - ha votato SI pensando di votare NO (e qui mi astengo dal commentare per non ferire alcuni amici cinesi che potrebbero leggere), la maggior parte dei contrari ha lasciato post non dissimili da quelli già apparsi sul FT, e per mia grande fortuna questa volta quasi tutti in inglese:

"We can do a show, ASIA for Europe and USA. Same how the singers did a show "US for Africa" No singing tough, just buy their debt. But with certain conditions. If dont give back our money. We grab their land and cities."

"Chinese should protect ourselves well before helping others."

"What's the upside? If I were China, I would do a special "Buffett-like" investment where you are guaranteed a nice return"

"no free lunch in the world"


"NO!
Italy should ask its allies for help, after all they are brothers.
China is NOT Italy's brother [unless the Chinese government is hoping Italy would consider making them their brother :-p]
If anything, Chinese government should help the Chinese citizens first! There are many millions of Chinese citizens in need.. What can be better than helping your OWN people? WEAN China of foreign aids too, that's more important."

"No, China is poor enough"

"Who save China?

"Europeans like the Americans need to curb their spending habits and get down to some serious measures to balance their budget deficits."

"How to improve the life quality of chinese is more important than any other thing"

"The west is dominated by a very small group of super rich. Let them help themselves"

"Good for them to be broke. Italians are cheaters in every way...."

Insomma, secondo i più la Cina ha già tanti di quei guai in casa, che non è proprio il caso di andare a fare beneficenza tra quei Paesi che di soldi ne avrebbero, se solo fossero stati amministrati meglio invece che venire fagocitati da una ristretta cerchia di rapaci, e su questo ci si può pure stare.... Ma quello che sembra sfuggire alla maggior parte dei cinesi è che se Pechino deciderà di aiutare i Paesi dell'Eurozona non sarà certo per buon cuore e magnanimità d'animo. Proprio qualche giorno fa il primo ministro Wen Jiabao, durante il World Economic Forum tenutosi a Dalian, aveva avanzato la richiesta di un completo riconoscimento della Cina come economia di mercato: “In base alle regole stabilite dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), lo status di economia di mercato verrà riconosciuta alla Cina nel 2016. Ma se i paesi dell’Eurozona fossero in grado di dimostrare la loro sincerità con qualche anno di anticipo, sarebbe quello il modo in cui un amico tratta un altro amico.” Una giusta ricompensa per il sostegno fornito dal Regno di Mezzo all'UE che, rimuovendo una serie di barriere sull'esportazione e investimenti cinesi in Europa, darebbe una bella mano a Pechino nella risoluzione di alcune controversie in seno al WTO.
Ma quale "free lunch" ?!!!! Nulla viene fatto per nulla...è ovvio che la Cina avrebbe il suo tornaconto. Pianyi (economico), da zhe (scontare) sono parole all'ordine del giorno, ma di mianfei (gratis) in Cina non c'è proprio nulla...Per non parlare del fatto che ormai è pressocché assodato che Pechino non ha alcuna intenzione di acquistare titoli di Stato italiani, quanto piuttosto di intervenire, limitandosi a finanziare il settore industriale.

Per parcondicio ora mostrerò alcuni commenti di quei pochi che hanno votato SI (consapevoli effettivamente di stare votando SI...)

"Why not. Since we have such a big fiscal surplus every year. And we also need to encourage Chinese companies to buy shares of Italian companies."

"will you be shameful to lend money to the richer when you are still suffer from hunger?"

"yes, it will give us control over western nations. make them our colonies now. heheha"

A parte uno o due dotati di discernimento, c'è sempre chi continua ad inneggiare al saccheggio, mostrando velleità coloniali...Che l'ex Impero Celeste non abbia ancora digerito la pesante sconfitta subita durante le guerre dell'Oppio (1832-1842)? O che sia per via della colonia italiana di Tianjin, una concessione di scarsi 458.000 metri quadri e adesso sfondo più ambito dalle coppie di novelli sposi per i loro album di nozze? Lascio a voi l'ardua sentenza perché io ormai sono senza parole...

(per chi volesse divertirsi a leggere gli altri commenti, questo è link: http://debate.chinadaily.com.cn/debate.shtml?id=103)

giovedì 15 settembre 2011

Tutti pazzi per i fast food: come McDonald's e KFC hanno conquistato la Cina


Per strada, in bicicletta, sulla metro: in Cina ogni luogo ed ogni momento è buono per addentare un hamburger o soggiacere ai piaceri di un untuosissimo involucro di patatine fritte. Ormai è una scena che si ripete quotidianamente, e non soltanto alla luce del giorno. Si perché in Cina i fast food, come d'altronde gran parte dei ristoranti, rimangono aperti anche di notte, pronti a soddisfare le voglie della nuova generazione di nottambuli che all'uscita dei locali si riversa negli "kuaicanting" , i "quick service restaurant" (QSR) che ormai hanno invaso le maggiori città cinesi. E non importa se si tratti di McDonald o KFC; l'importante è che sia "made in USA". Diffusa tra i giovani, ma non solo, la febbre dei fast food in Cina è un fenomeno relativamente recente, cominciato nel 1987 quando KFC varcò per la prima volta i confini dell'Impero di Mezzo. Adesso il contagio ha assunto le proporzioni di una vera e propria epidemia: nel 2009 McDonald's contava 700 ristoranti, mentre KFC, già da diversi anni,  ha superato quota 1.200. Numeri questi che al momento le rendono le due aziende del settore della ristorazione più potenti di tutta la Cina.

Ma calcolando il vasto numero di "kuaicanting" dai sapori locali, cos'è che ha permesso ai due colossi americani di affermarsi tanto rapidamente, spandendosi a macchia d'olio sul territorio nazionale? Dotati di una capacità finanziaria e gestionale seconda a nessuno, hanno fatto di un'invidiabile aggressività e capacità di inventiva i loro punti di forza. D'altra parte il mercato cinese richiedeva una strategia di penetrazione ben diversa da quella adottata negli Stati Uniti o nella maggior parte degli altri Paesi. Da qui, come spiega Paul Wang, consumer market consultant di KFC, in un editoriale pubblicato a giugno sul giornale indipendente Cajing, alcune peculiarità tutte cinesi; in primis il fatto che la maggior parte dei ristoranti è di proprietà delle società stesse. In pratica cosa vuol dire? Una maggior flessibilità per le aziende in grado così di apportare cambiamenti e fare mosse più audaci; buona parte delle entrate derivanti dalle vendite dirette piuttosto che dalle tasse sul franchising, sugli immobili o da altre fonti di reddito tradizionali; maggior autonomia nel loro sviluppo commerciale grazie ad un forte nucleo manageriale a livello locale (un fattore questo particolarmente vero nel caso di KFC).

America e Cina, due mercati differenti
Accomunate dall'incredibile successo, in realtà le due società americane hanno assunto una strategia di inserimento nel mercato cinese molto differente. Prima di tutto va tenuto in considerazione che in Cina la varietà di marchi del settore è decisamente ridotta rispetto a quella presente nel Nuovo Continente, dove l'alta competitività ha portato alla progressiva settorializzazione e specializzazione: Dunkin Donuts è famosa per la colazione e i suoi dolci, Taco Bell per la cucina messicana, Starbucks per il caffè, KFC per il pollo fritto, mentre McDonald's e Burger King si litigano il primato per gli hamburger. Nel Regno di Mezzo, l'esiguo numero di società e catene di fast food d'oltre oceano ha reso la competizione pressocchè nulla e di conseguenza superflua nella corsa alla conquista del mercato locale.
In secondo luogo, quando un'azienda straniera entra nel mercato cinese di solito ha già stabilito a priori quale prodotto venderà, senza tener conto se questo vada incontro ai gusti locali o se possa trovare condizioni  di produzione adatte. Insomma più che una strategia orientata verso il cliente, prevale un approccio incentrato sul prodotto in sé per sé, con il risultato che non soltanto spesso esso risulta del tutto nuovo al palato dei cinesi, ma frequentemente la sua produzione richiede anche l'utilizzo di materie prime assenti in Cina, con conseguenti costi più elevati per l'importazione degli ingredienti e per il processo di lavorazione.


I Giganti americani a confronto: due strategie d'attacco vincenti
In un mercato altamente concorrenziale come quello americano, KFC preferisce rimanere fedele ad un menù vincente, evitando rischiosi cambiamenti nella gamma dei prodotti offerti; in Cina invece adotta un approccio più sperimentale, aggiungendo gradualmente al pollo fritto - per il quale è celebre - prima humburger e patatine, poi colazioni in stile cinese con latte di soia, sino ad arrivare a piatti di riso che certo avrebbero fatto inorridire il Colonello Sanders.
McDonald's invece, forte del suo nome che lo lega indissolubilmente al binomio hamburger-patatine fritte, continua a sponsorizzare il gusto americano, introducendo prime colazioni a base di muffin e salsicce. Insomma il suo menù, che sia in patria o nell'Impero di Mezzo, rimane pressocchè identico, e con che risultati! Data la mancanza di altri marchi specializzati, la colazione del fast food dell'Illinois avrà sicuramente maggior successo in Cina di quello che potrebbe ottenere in America, dove è costantemente minacciato da rivali quali Tim Hortons e Dunkin Donuts.
Insomma alla fine i due colossi dei fast food si sono rivelati entrambi vincenti; il re del pollo seguendo una tattica più spregiudicata, ma che sul lungo periodo potrebbe risultare rischiosa, McDonald's osando di meno e puntando su prezzi concorrenziali.: con 6 RMB (poco meno di un dollaro) è possibile acquistare una colazione comprendente un muffin più una bevanda; un costo pari a quello richiesto dai venditori ambulanti locali, con la differenza che il noto fast food americano beneficia della notorietà del suo marchio. Ma non è tutto. E' stato accertato che i QSR hanno un'influenza determinante sulle abitudini alimentari delle persone. Come? Facciamo un semplice esempio: da McDonald's una tazza di caffè (alla quale normalmente  i cinesi preferiscono tè e succhi di frutta) da sola costa 6 RMB, all'incirca 1/3 di quanto si pagherebbe in una normale caffetteria, e quanto il menù colazione sopra citato. A questo punto non stupisce il fatto che la bevanda più richiesta insieme al muffin sia proprio il caffè, che preso singolarmente costerebbe quanto l'intero il menù. E di questo non beneficia soltanto l'azienda americana, ma ovviamente anche tutto il settore del caffè cinese, che trae vantaggio da questa involontaria promozione.
Per KFC la storia è più complessa in quanto l'ardita introduzione di cibi della tradizione locale nei menù standard va incontro a diverse difficoltà: gli alimenti cinesi - data l'abbondanza di salse - si prestano poco all'asporto; la concorrenza di altri venditori che offrono pietanze dello stesso tipo ai medesimi prezzi è molto più forte, senza calcolare che, nei gusti a loro familiari, i cinesi sono assai più esigenti. Fattori di rischio che tuttavia al momento non sembrano aver fatto scemare la passione del Dragone per la catena del Kentucky.

Dunque pareggio finale per i due giganti dei fast food. Ad essere invece decisamente sconfitto è chi come Zhao Jiao, membro del CCPPC e Yang Yuexin, vice direttrice dell'Associazione cinese per la nutrizione, da anni porta avanti una strenua opposizione contro la moda dei "kuaicanting", responsabili di un'alimentazione supercalorica e recentemente incriminati per l'utilizzo di sostanze cancerogene.

lunedì 12 settembre 2011

Il debito italiano? Il popolo cinese si fa due conti in tasca...

La crisi finanziaria italiana vista dai cinesi:

Roma, 13 set.- Ecco alcuni commenti a caldo degli internauti cinesi riguardo alla crisi finanziaria italiana e ad un possibile acquisto del debito tricolore da parte della Cina. Se non fosse che ci riguarda direttamente, verrebbe da sorridere. Che dietro ai soliti conti in tasca, ai sentimenti xenofobi e all'infantilità di alcune affermazioni ci sia un fondo di verità? Forse è opportuno rifletterci su...
Una cosa è certa: in Cina adesso l'Italia non verrà più ricordata soltanto per il calcio, l'alta moda e la pizza...e non penso sarà un bel ricordo...


"刚刚从意大利旅游回来。当我8月初到意大利的时候,发现大部分的商店都已经关门了--不是因为经济不景气,因为那个时间点刚好是游客最多的时候;而是意大利人传统的暑期休假,从8月初到8月中旬。
意大利人宁可休假也不愿意去工作。中国人在拼死拼命的工作而没有假期。我们为什么用自己的血汗钱去拯救其他人呢?至少得拿什么来交换是吧。(Kdfox)

Sono appena tornato da un viaggio in Italia. Giunto all'inizio di agosto, ho subito dovuto constatare che la maggior parte dei negozi erano già tutti chiusi, e non per via della crisi economica, perchè quello è il mese di maggior afflusso turistico, ma piuttosto perchè secondo l'usanza italiana, dall'inizio fino alla seconda metà di agosto è periodo di vacanza.Gli italiani preferiscono oziare piuttosto che lavorare, i cinesi invece lavorano senza sosta e non hanno vacanze. Quindi perchè dovremmo usare i soldi guadagnati col sudore della nostra fronte per salvare gli altri? Almeno ci arrivasse qualcosa in cambio!"


"给钱不是问题,只要对价合适。意大利被归入欧猪有点儿冤,还是有点儿好东西的,趁火打劫正当时。 (HiJhons)

Il problema non è pagare...basta trovare un accordo sul prezzo! Che l'Italia sia entrata a far parte dei PIIGS (neologismo composto da  欧 di Europa più il carattere 猪 di maiale, che indica i cinque Paesi europei affetti dalla crisi finanziari: Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda) è piuttosto ingiusto, ma c'è anche un aspetto positivo in questo: è giunto il momento del saccheggio!"


"当意大利人在海边晒太阳时,中国人在“汗滴禾下土”;意大利人踢足球时,中国人在缝衬衫。于是,中国有钱了,在政府手里。这些钱如果要换成意大利国债,不如换成Eni的股票。当然,他们不干,但钱在中国人手里。最终的结果,应该是意大利人多缝一会儿衬衫,中国人多晒一会儿太阳 (www8731)

Mentre gli italiani se ne stanno a prendere il sole al mare, i cinesi lavorano duramente. Mentre gli italiani giocano a calcio, i cinesi cuciono camice. Così la Cina ha i soldi, solo che questi rimangono nelle mani del governo; e se verranno utilizzati per pagare il debito dell'Italia e per acquistare i titoli Eni, il valore di questo denaro non troverà un giusto equivalente. Ma certamente ciò non avverrà e i soldi rimarranno nelle tasche della Cina. Il risultato finale dovrebbe essere: più italiani impiegati nella cucitura delle camice, mentre i cinesi dovrebbero passare più tempo a prendere il sole."


"意大利的人均GDP为35435美元,是中国的6倍!如果他们愿意像日本人那样,做出点牺牲,不要那么多高福利和高收入要求,意大利根本不会陷入债务危机!!但他们就是不愿意,那怪得了谁?
一个懒惰但又不断老化,不思进取,在技术上也全面落伍的国家,还贪图享受!这样的国家,投入多少,都挽救不了!!!江山易改,本性难移,连欧盟成员国都不愿出钱买意大利的国债,为什么中国政府还那么“独到眼光”?难道最了解意大利的不是欧洲国家,不是他的邻国德国吗?德国都紧张得要命,连政府人员都开始讨论拒绝进一步给欧猪四国贷款,我们自己国民饿着肚皮,瘦得皮包骨,还要给吃饱了撑得要死的意大利人贷款买豪车,住豪宅,吃大餐,享受免费医疗,免费教育?他们根本不再是发达国家,为什么中国还不明白?他们将不得不过上发展中国家的日子,因为他们本来就是失败的落伍者。
让欧元区解体,剔除南欧发展中国家的西班牙,葡萄牙,意大利,保留一个以中欧和北欧为主的新欧元区更符合中国利益。一旦那些欧洲发展中国家被剔除出欧元区,它们的资产一定会降到至少目前的1/4水平,到那时再购买意大利资产,更划算!目前,整个欧元区还在沦陷过程,没有见底。最后的解决方式只有解体,没有更好的选择。
暴发户心态。中国买欧债是有条件的,至于什么条件,中国政府就讳莫如深了。。。

In Italia il PIL pro capite ammonta a più di 35.435 dollari, sei volte quello della Cina. Se gli italiani fossero disposti a fare un sacrificio, come ha fatto il Giappone, se fossero disposti a rinunciare ad un benessere e a salari così alti, non rischierebbero minimamente di cadere nella crisi del debito. Ma loro semplicemente non lo vogliono, non è una cosa strana?
Ah, che Paese pigro e in inarrestabile invecchiamento, che non pensa a progredire, antiquato sotto tutti i punti di vista, e ancora che ricerca il godimento! un Paese così per quanto ci si possa investire, nulla potrà salvarlo! Il leopardo non cambia le sue macchie; se nemmeno gli Stati membri dell'Unione Europea sono disposti a sborsare i loro soldi per comprare il debito italiano, allora perché il governo cinese dovrebbe mantenere una "visione differente"? Non sono i Paesi europei a conoscere meglio l'Italia? Non è il suo vicino d'oltre confini Germania? La Germania è al massimo della preoccupazione e anche i funzionari governativi hanno cominciato a discutere su come rifiutare di fare prestiti ai quattro Stati del "suinicolo europeo". La nostra gente è affamata, è pelle e ossa, e allora perchè deve ancora andare in aiuto del popolo italiano che se l'è andata a cercare soltanto per comprarsi automobili costose, per vivere in appartamenti di lusso, fare pranzi da re, godere di un'assistenza sanitaria e di un sistema scolastico gratuito? L'Italia non è per nulla un Paese progredito; perché i cinesi non lo capiscono? Gli italiani non raggiungeranno mai un tenore di vita pari a quello di un Paese in via di sviluppo come la Cina, perché hanno fallito e sono rimasti indietro. Lasciare che l'Eurozona si disintegri, tagliando fuori i Paesi dell'Europa meridionale ancora invischiati nel processo di sviluppo come Spagna, Portogallo e Italia, e mantenendo invece una nuova Eurozona basata sugli Stati dell'Europa Centrale e Settentrionale: questa strategia sarebbe molto più in linea con gli interessi della Cina. Infatti una volta che questi Paesi ancora in via di sviluppo saranno esclusi, il loro capitale sarà ridotto almeno ad 1/4 del livello attuale, e allora acquistare i titoli italiani sarà ancora più conveniente! Al momento l'UE è in rapida caduta ma non ha ancora toccato il fondo: l'unica soluzione sta nella disintegrazione, non c'è altro rimedio.
L'acquisto del debito da parte della Cina sottostà a delle condizioni, ma quali esse siano, lo sa solo il governo cinese..."


"面条哥,俺们怕殖民你,你还是找别人吧。 Fratello di spaghetti, ti fa paura la colonizzazione cinese...e invece ti dovrai trovare qualcun'altro!"


"世界的规则是欧美制定的,中国要走入世界,只能按照别人的规矩。所以才有乞丐凑份子支持富豪吃大餐的怪事,这是历史与现实的无奈,也是你走进世界的代价。
除了政府想明白,最好也让公民们有个概念。
就中国之力,是救不了意大利的。但用血汗换来的那堆外汇,分了不行,总要买点东西。量力而为吧。

Le regole nel mondo le fanno Stati uniti e Unione Europea, e se la Cina vuole accedere a questo mondo, deve stare alle regole degli altri. Così sussiste la strana situazione in cui è il mendicante ad assicurare il pezzo di pane al riccone. Questo è quanto stabilito dalla storia ed è una condizione senza alternativa: è il prezzo che bisogna pagare per entrare nel mondo. Ma questo oltre ad illuminare il nostro governo, dovrebbe anche suscitare qualche pensiero nei cittadini. La Cina non è in grado di salvare l'Italia e  spartire la valuta estera accumulata con il sudore della nostra fronte non è giusto; tutto ha un suo prezzo. Bisogna agire in accordo con le proprie possibilità!"

(I commenti sono tutti stati presi dal sito in lingua cinese del Financial Times e da me, spero decentemente, tradotti)



Il Tesoro conferma l'incontro con il fondo cinese. Al centro dei colloqui investimenti industriali, non BTp


Da Il Sole 24Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-09-12/colloqui-italiacina-lacquisto-212206.shtml?uuid=AauG5r3D


Il Fondo sovrano cinese sarebbe interessato a eventuali investimenti industriali in Italia e non ad acquisti di titoli di Stato. Lo riferisce il sottosegretario all'Economia, Antonio Gentile, sottolineando che Roma non ha «richiesto alcun aiuto particolare alla Cina. La domanda di titoli di Stato italiani tiene». «Con la Cina - aggiunge il sottosegretario - nessuna operazione straordinaria sull'acquisto di titoli, ma solo incontri istituzionali in calendario da tempo per valutare opportunità di investimento in Italia, prevalentemente a carattere industriale».

Non è il primo incontro di emissari del fondo cinese con i rappresentanti del governo italiano. In particolare i rappresentanti del Fondo cinese - secondo quanto risulta all'Ansa - hanno incontrato lo scorso 6 settembre i Ministri dell'Economia, Giulio Tremonti, delle Infrastrutture, Altero Matteoli, e altri ministri nonchè con la Banca d'Italia. L'incontro con Tremonti è servito da presentazione con la Cdp, per valutare iniziative comuni sul fronte delle Equity.

La "Strategia del filo di perle" e la gemma cingalese


Una linea immaginaria che collega Mar Cinese Meridionale al Golfo del Bengala per poi proseguire fino all'Oceano Indiano e quindi al Mar Rosso, sino allo stretto di Suez. Silenziosamente il Dragone tesse il “suo filo di perle”, il fiore all'occhiello di una strategia geopolitica che a poco a poco ne sta determinando un'inarrestabile avanzata. I porti tailandesi, quello birmano di Sitwe, le Coco Island (le Isole Andamane birmane), Chittagong nel Bangladesh e Gwadar nel Baluchistan pakistano sono alcune delle gemme più splendenti, conquistate da Pechino nell'ultimo ventennio attraverso la consolidazione di una partnership strategica basata prevalentemente sulla cooperazione nel settore delle infrastrutture e del commercio.

Una politica oceanica che attraverso finanziamenti e partecipazioni alla costruzione di grandi opere ha permesso alla Cina di legarsi a doppio filo alle principali aree portuali e costiere del Sud-est asiatico, trasformandole gradualmente da importanti basi commerciali a strategici avamposti militari.

Ma il “viaggio verso Occidente” del Dragone ha un obiettivo ben preciso. Si stima infatti che i 2/3 degli approvvigionamenti energetici dei quali beneficiano i Paesi asiatici provengano dal Medio Oriente tramite rotte marittime che attraversano l'Oceano Indiano e lo stretto di Malacca. Il filo di perle si innesta così in una politica di contenimento che da una parte ha lo scopo di accerchiare e isolare l'India, allontanandola dai suoi vicini naturali, dall'altra punta ad assicurare a Pechino i diritti di navigazione e la protezione delle petroliere che provengono dai Paesi Arabi.

Il lavoro di trama e ordito cominciò negli anni 90' quando la fame per le risorse globali iniziò a tormentare il Regno di Mezzo. Primi “cacciatori di perle” furono i miliardari cinesi d'oltremare che a quel tempo avevano di fatto il monopolio delle attività commerciali e industriali dell'area. Nel giro di qualche anno, oltre al controllo delle risorse energetiche, la Cina riuscì ad accumulare concessioni minerarie, infrastrutture di trasporto aereo, poli marittimi e risorse tecnologiche. Tutto questo ad un prezzo ben superiore a quello che molti altri Paesi sarebbero stati disposti a pagare, e investendo su ciò che al tempo i più ritenevano di nessun valore.

E nel forziere di Pechino adesso risplende una gemma rara, di inestimabile valore. L'isola di Sri Lanka, situata davanti allo stato indiano del Tamil Nadu, gode di una posizone strategica  invidiabile, perfettamente in linea con l'asse che collega lo stretto di Malacca con il Mar Arabico. Nella propaggine a sud dell'isola sorge il porto di Hambantota che, distrutto durante lo tsunami del 2004, sta vivendo una nuova fioritura che lo renderà presto il secondo centro più importante dopo la capitale Colombo.

Il progetto guida, incentrato sulla ricostruzione e valorizzazione dell'area portuale e che si prevede sarà portato a termine entro il 2014, è stato finanziato per l'85% del costo complessivo da Pechino; un contributo quello cinese che viaggia a cifre di sei zeri, per un totale di oltre 759 milioni di dollari nel periodo tra gennaio e aprile, e di cui soli 100 milioni destinati alla realizzazione di opere ferroviarie. Così, con elargizioni annuali di 1miliardo di dollari, Pechino è diventato a tutti gli effetti il primo partner asiatico dello Sri Lanka. Ma non è tutto. La “generosità” del Dragone sull'isola di Ceylon si è estesa ben oltre le speculazioni commerciali, e lo sa bene Delhi. Molte delle armi utilizzate dall'esercito cingalese durante la ventennale guerra civile contro i ribelli Tamil recavano il marchio “made in China”.

In seguito ad un accordo stipulato nell'aprile 2007, Colombo ha ricevuto dall'impresa cinese Poly Technologies forniture militari per il costo di 37,6 milioni di dollari, ottenendo un equipaggiamento, che andando dall'artiglieria agli apparati per le forze navali, si è rivelato determinante nella repressione delle Tigri. Una mossa che non è piaciuta per nulla al governo indiano il quale, conscio della situazione precaria in cui verteva la regione meridionale del Tamil Nadu - retroterra strategico dei ribelli - fino a quel momento aveva ripetutamente fatto pressioni su Colombo perchè mettesse fine agli scontri armati con mezzi pacifici.

Insomma, la perla cingalese, oltre ad avere un ruolo chiave nella penetrazione marittima verso il Medio Oriente, rappresenta anche l'ennesimo sfoggio di muscoli con il quale il Dragone spera di intimorire il suo principale rivale asiatico, un rivale sul quale sta prendendo sempre più vantaggio. Con un investimento di 200 milioni di dollari e l'impiego di 8.500 lavoratori, Pechino ha avviato la costruzione di una strada che collegherà le città pakistane di Gwadar e Karachi; un'alternativa via di passaggio verso il Golfo Persico con lo scopo di baipassare le rotte marittime che solcano l'Oceano Indiano. Una moderna Via della Seta che, insieme alle perle rivierasche - per citare le parole del generale Fabio Mini, addetto militare in Cina - “darà a Pechino la possibilità, senza nemmeno sparare un colpo di fucile, di conquistare il controllo di risorse che gli altri Paesi, quelli cosiddetti civili e perfino democratici, hanno acquisito con la colonizzazione, la schiavitù, le guerre di preda e le devastazioni sociali e umane.”


domenica 11 settembre 2011

People: istantanee dall'Asia

Patan, Nepal
Rajasthan, India
Spiaggia di Ngapali, Myanmar
Myanmar
Lago Inle, Myanmar
Guilin, Cina
Spiaggia di Ngapali, Myanmar
L'Asia non è soltanto il continente più esteso della Terra, ma è anche quello che presenta maggiori contrasti fisici umani ed economici. Detiene il 6% della ricchezza mondiale, di cui il 3% è concentrato soltanto in Cina ed ha una popolazione di 3,8 miliardi, i 3/5 di quella mondiale. Nel 1950 la popolazione asiatica ammontava a circa 1miliardo e 380 milioni di persone. Dopo soltanto 50 anni era pressocchè triplicata: alla fine del XXI secolo gli asiatici erano più di 3 miliardi e 600 milioni, di cui circa 1 miliardo e 200 milioni soltanto in Cina e 1miliardo in India. Secondo stime effettuate dalle Nazioni Unite nel 1990, entro il 2025 il continente asiatico raccoglierà quasi 5 miliardi di abitanti. Attualmente, con un tasso di più del 50% sul totale mondiale, il Sud-est asiatico ha i più alti livelli di malnutrizione infantile e uno degli indici di sviluppo umano più bassi della Terra.
Palazzo d'Estate, Pechino
Bali, Indonesia
Yangshuo, Cina
Kathmandu, Nepal
Tempio del Cielo, Pechino

venerdì 9 settembre 2011

Ciò che Pechino non dice lo dice il web


Il controllo di internet in Cina è serratissimo, nemico numero sono i social network seguiti a ruota da blog e microblog made in Occidente. Ma questa volta la cesoia di Pechino si è fatta sfuggire qualcosa di grosso. Un comunicato pubblicato sul sito della Corte Suprema del Popolo, una sorta di mea culpa sulla questione delle espropriazioni e demolizioni forzate che ormai sta rimbalzando sulla rete nazionale da un social network all'altro. Il testo, in seguito prontamente rimosso dal sito governativo, è stato catturato su Baidu dallo staff di ChinaGeeks. Censura politica o altro? La domanda sorge spontanea dato che il comunicato è ancora reperibile sul portale della Xinhua e non solo. Una distrazione di Pechino non è da escludere anche se appare piuttosto improbabile...
Sotto segue il testo originale più una sommaria traduzione.

最 高 人 民 法 院

关于坚决防止土地征收、房屋拆迁强制执行

引发恶性事件的紧急通知

近年来,一些地方在土地征收、房屋拆迁强制执行中引发的恶性事件屡屡发生。有的被执行人以自焚、跳楼等自杀、自残方式相对抗,有的以点燃煤气罐、泼洒汽油、投掷石块等方式阻挠执行,有的聚众围攻、冲击执行人员酝成群体性事件,有的法院干警不当使用武器致人死伤等等。前不久,湖南省株洲市又发生一起被执行人在房屋拆迁强制执行中自焚(经抢救无效死亡)的严重事件。上述事件虽属少数或个别,但引起的社会关注度极高,造成的社会影响极为恶劣,其中的教训也极为深刻。为防止和杜绝类似事件再次发生,现就有关问题紧急通知如下:

一、必须高度重视,切实增强紧迫感和危机感。土地征用、房屋拆迁往往事关人民群众切身利益和社会稳定大局,是社会高度关注的问题,也是矛盾多发的领域。各级人民法院的领导和干警必须站在依法保护人民群众合法权益、维护社会和谐稳定、巩固党的执政地位和国家政权的高度,充分认识做好这项工作的极端重要性,将此作为坚持群众观点、贯彻群众路线的重要载体,以更加严格执法的信念、更加严谨审慎的态度、更加务实细致的方法,依法慎重处理好每一起强制执行案件,坚决反对和抵制以“服务大局”为名、行危害大局之实的一切错误观点和行为,坚决防止因强制执行违法或不当而导致矛盾激化、引发恶性事件。

二、必须严格审查执行依据的合法性。对行政机关申请法院强制执行其征地拆迁具体行政行为的,必须严把立案关、审查关,坚持依法审查原则,不得背离公正、中立立场而迁就违法或不当的行政行为。凡是不符合法定受案条件以及未进行社会稳定风险评估的申请,一律退回申请机关或裁定不予受理;凡是补偿安置不到位或具体行政行为虽然合法但确有明显不合理及不宜执行情形的,不得作出准予执行裁定。

三、必须严格控制诉讼中的先予执行。对涉及征地拆迁申请法院强制执行的案件,凡是被执行人尚未超过法定起诉期限的,一律不得受理;凡是当事人就相关行政行为已经提起诉讼,其他当事人或有关部门申请先予执行的,原则上不得准许,确需先予执行的,必须报上一级法院批准。

四、必须慎用强制手段,确保万无一失。对当事人不执行法院生效裁判或既不起诉又不履行行政行为确定义务的案件,要具体情况具体分析,注意听取当事人和各方面意见,多做协调化解工作,尽力促成当事人自动履行。凡最终决定需要强制执行的案件,务必要做好社会稳定风险评估,针对各种可能发生的情况制定详细工作预案。凡在执行过程中遇到当事人以自杀相威胁等极端行为、可能造成人身伤害等恶性事件的,一般应当停止执行或首先要确保当事人及相关人员的人身安全,并建议政府和有关部门做好协调、维稳工作,确保执行活动安全稳妥依法进行。

五、必须加强上级法院的监督指导。上级法院要切实履行监督指导职责,增强工作协同性,及时发现和纠正下级法院存在的各种问题。下级法院要主动争取上级法院的指导和支持,充分发挥执行工作统一管理的优势。凡涉及征地拆迁的强制执行案件,相关法院在执行前必须报上一级法院审查同意后方可实施。

六、进一步优化执行工作司法环境。鉴于目前有关征地拆迁的具体强制执行模式尚待有关国家机关协商后确定,各级人民法院要紧紧依靠党委领导,争取各方理解和支持。凡涉及征地拆迁需要强制执行的案件,必须事前向地方党委报告,并在党委统一领导、协调和政府的配合下进行。同时,积极探索“裁执分离”即由法院审查、政府组织实施的模式,以更好地发挥党委、政府的政治、资源和手段优势,共同为有效化解矛盾营造良好环境。

七、严格重大信息报告制度。凡在执行中发生影响社会稳定重大事件的,有关法院必须迅速向当地党委和上级法院如实报告有关情况,做到信息准确、反应灵敏。对不具备交付执行条件的案件,凡遇到来自有关方面的压力和不当干扰的,必须及时向上级法院和有关机关报告,坚决防止盲目服从、草率行事、不计后果的情况发生。

八、明确责任,严肃追究违法失职行为。凡是因工作失误、执法不规范或者滥用强制手段、随意动用法院警力实施强制执行导致矛盾激化,造成人员伤亡或财产严重损失等恶性后果以及引发大规模群体性事件,或者对重大信息隐瞒不服、歪曲事实,造成影响社会稳定等负面效果持续扩大的,要严肃追究有关法院领导和直接责任人员的责任,并予以曝光通报。

特此通知。

Ultimamente espropriazioni e demolizioni forzate hanno portato al verificarsi di ripetuti, terribili eventi. Alcuni di coloro le cui case sono state colpite si sono dati alle fiamme, hanno scelto il suicidio gettandosi dagli edifici, oppure hanno protestato mutilando il loro corpo; altri hanno fatto resistenza in modi differenti, con bombole di gas da illuminazione, spruzzi di benzina o lanciando pietre. Hanno circondato le squadre di demolizione attaccando gli operai e provocando incidenti di massa; ufficiali giudiziari e forze dell'ordine hanno impropriamente utilizzato armi per uccidere e ferire la gente. Recentemente a Zhuzhou, nello Hunan, una persona, la cui casa era stata demolita, si è data fuoco e nulla hanno potuto fare i paramedici per salvarla.
Anche se questi episodi rappresentano una minoranza di casi, tuttavia hanno avuto un grosso impatto sull'opinione pubblica, esercitando un influsso negativo sulla società, e da essi abbiamo tratto un insegnamento molto profondo:

1 Dobbiamo attribuire maggior importanza a questi eventi, aumentando la consapevolezza dell'urgenza e dello stato di crisi
2 Dobbiamo indagare sull'attuazione delle demolizioni forzate, verificando che siano in accordo con le norme vigenti
3 Dobbiamo controllare seriamente quei casi in cui, sebbene la causa sia ancora in corso, la demolizione sia stata preventivamente autorizzata
4 Dobbiamo impiegare la forza con cautela assicurando la sicurezza
5 Dobbiamo rafforzare i controlli supervisionando l'operato del Tribunale Superiore
6 Dobbiamo sfruttare al meglio l'apparato giuridico attraverso la collaborazione tra gli organi competenti ai vari livelli.
7 Dobbiamo migliorare lo scambio d'informazioni e il dialogo tra la Corte di Giustizia, i comitati locali di Partito e il Tribunale Superiore
8 Dobbiamo vigilare sull'effettiva assunzione delle responsabilità e sul corretto operato degli organi competenti

Lo Xingjiang e gli attacchi made in Islam

I timori di Pechino hanno trovato conferma: un gruppo islamico poco noto ha rivendicato la paternità degli attacchi violenti che nel mese di luglio causarono decine di feriti nella provincia autonoma dello Xingjiang. La Site Intelligence Group, organizzazione americana che tiene traccia delle attività dei gruppi terroristici, mercoledì ha postato sul suo sito web un video che reca la firma del Partito islamico del Turkestan. “Gli attacchi di Hotan e Kashgar sono stati guidati dal desiderio di vendicare la repressione attuata dal governo cinese ai danni della popolazione a minoranza uigura che abita la regione”, afferma nel filmato il leader del gruppo, Abdul Shakoor Damla. Ma il Partito islamico non è nuovo a questo tipo di dichiarazioni; già nel 2008 le minacce avanzate a ridosso delle Olimpiadi di Pechino avevano indotto Zhongnanhai a prendere misure antiterrorismo avveniristiche.

Intanto mentre ieri sera il New York Times pubblicava un articolo attribuendo i fatti dello Xingjiang ad Al Qaeda, la notizia rimbalzando da un quotidiano all'altro, è stata progressivamente ridimensionata.
Zhao Guojun, analista presso l'Accademia di Scienze Sociali di Shanghai, invita alla cautela: “La rivendicazione degli attacchi di Hotan e Kashgar ha lo scopo di richiamare l'attenzione della comunità internazionale su di loro” ha affermato Zhao in un'intervista telefonica, sottolinenado che il gruppo terroristico in questione si ritiene conti non più di un centinaio di iscritti, la maggior parte dei quali di etnia uigura.

Ma la situazione nella provincia occidentale dello Xingjiang, negli ultimi anni, è diventata la spada di Damocle di Pechino. Nel luglio 2009 una marcia di protesta della minoranza uigura sfociò in scontri armati, terminando con un bilancio di 184 vittime, in buona parte di etnia Han. E sebbene da quel momento i controlli governativi siano stati intensificati, la zona continua ad essere soggetta a sporadici focolai.

Restrizioni sulla pratica dell'Islam, molestie per mano della polizia cinese, discriminazioni sul lavoro; sono queste alcune delle gocce che hanno fatto trabboccare il vaso della popolazione turcofona dello Xingjiang, mentre Pechino continua a puntare il dito oltre i confini del Regno di Mezzo. Secondo le autorità cinesi gli autori degli attacchi terroristici avrebbero pianificato le loro mosse in un campo di addestramento situato nel Pakistan, ma nonostante gli addetti ai lavori siano propensi a confermare la natura programmatica degli attacchi di fine luglio, tuttavia hanno anche messo in risalto la scarsa sofisticatezza degli autori. ( armati di coltelli e alla guida di automobili killer ad Hotan, di ordigni primitivi a Kashgar).

Da tempo il governo cinese attribuisce le violenze nello Xingjiang ad un gruppo chiamato Movimento Islamico del Turkestan orientale il cui leader Abdul Haq al-Turkistani, divenuto nel 2005 membro del consiglio esecutivo di Al Qaeda, è rimasto ucciso durante un attacco in Pakistan lo scorso anno. Il nucleo terroristico del Turkestan avrebbe anche ammesso la responsabilità per l'esplosione di un autobus a Shanghai che nel 2008 costò la vita a tre persone, nonché per una serie di episodi di violenza che hanno colpito le città di Canton e Wenzhou. Voci queste che Pechino non  ha confermato né smentito.

E' da quel lontano 11 settembre, quando l'attacco alle Torri Gemelle mise in ginocchio gli Stati Uniti, che il pericolo terrorismo perseguita il Dragone. E secondo un recente sondaggio, con oltre 7000 condanne, la Cina ha conquistato la medaglia d'argento nella “caccia al terrorista”, preceduta soltanto dalla Turchia. Ma considerando che nel Regno di Mezzo il termine “terrorista” viene sottoposto ad una dilatazione semantica che finisce per abbracciare anche i seguaci del Dalai Lama e della Fulan Gong, non sono in pochi a ritenere che l'allarme Al Qaeda sia stato spesso utilizzato per colpire le scomode voci del dissenso.

(Alessandra Colarizi)

Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...