giovedì 25 aprile 2013

Chinese Dream VS American Dream

"Social Change and the Chinese Dream". Dal titolo sembra una gran figata. Ad organizzarla è la Columbia University, che di per sé è già una sicurezza. E poi è gratis. Che fai non ci vai?!

Sembrava l'occasione giusta per tornare al dipartimento di Affari Internazionali, nel Morningside Campus.
Da quando sei a New York non fai altro che setacciare giornalmente il calendario degli eventi di tutti i principali atenei alla ricerca di conferenze sui paesi asiatici. Non ti perdonerai mai di esserti persa quella sui rapporti Mosca-Pechino. Il "Sogno cinese", però, quello non te lo puoi far sfuggire. E così ti prepari al solito viaggio di un'ora per raggiungere la Columbia. La stanze è sempre lei: la 918. La stessa che la settimana prima aveva ospitato una conferenza sulla democrazia in Malesia e Singapore. Ovviamente ti eri fatta pure quella.

Nell'abstract sul sito web del dipartimento veniva definita "brown bag lecture". Se avessi saputo cosa voleva dire probabilmente avresti messo in conto il tanfo di aglio misto a Oreo -quelli non mancano mai. Esattamente come la settimana prima, quando l'uditorio era ancora una volta per la maggior parte asiatico. Il costante ruminare a tutte le ore del giorno e della notte è forse tra le principali somiglianze che hai riscontrato tra popolo americano e cinese (non ce la fai proprio a non fare paragoni eh?!)

Le mascelle rallentano, non si fermano, all'arrivo dei due "illustri accademici" Low Chengwu e Zhang Lei. Il primo docente di Amministrazione Pubblica alla Northeastern University, il secondo professore di Scienze Politiche nel medesimo ateneo. A fare gli onori di casa è Andrew Nathan, del dipartimento di Scienze Politiche. Sarà sempre lui a fare da interprete per quei due unici occidentali presenti (te compresa). Il compito è quantomai gravoso. A cominciare è infatti il prof. Low, un vecchietto sugli ottanta completamente canuto, privo di denti e dalla pronuncia incomprensibile. Più volte il povero Nathan si incepperà completamente "lost in translation".

"Abbiamo assistito ad una globalizzazione dell'economia", comincia Low, tracciando un quadro degli ultimi trent'anni di riforme in Cina. "L'economia pianificata ha lasciato il posto ad un'economia di libero mercato, le aziende sono amministrate da un management indipendente. Ora abbiamo un piccolo governo e una grande società (?!!!!!, ndr)." Ogni singola frase termina con una fragorosa risata, una battuta, un aneddoto scherzoso sui vecchi tempi. "Quando ero giovane e abitavo in campagna spesso si andava a comprare il tofu nel villaggio vicino perché nel nostro non si trovava. Ci chiamavano speculatori" ha raccontato Low, sottolineando come negli ultimi anni sia aumentata l'indipendenza delle organizzazione di villaggio attraverso un sistema di elezioni.

Il pubblico, composto da giovani studenti cinesi, sembra abboccare. Mi guardo intorno: nessuno fa una piega. Nemmeno quando Low dichiara che "la società cinese è una società aperta". Altri cinque minuti così e me ne vado, penso tra me e me.

L'intervento del professore ottuagenario termina con la constatazione (embè, vorrei vedere...) che la Cina deve ancora affrontare molti problemi, disparità sociale in primis, e che la strada è resa più tortuosa dal fatto che si tratta della nazione più popolosa al mondo. In scarsi venti minuti ci togliamo di torno le ovvietà del vecchio Low. La palla passa al giovane Zhang Lei; a lui spetta il compito di parlare di censura e democrazia della rete. Tutt'altra marcia e -grazie a dio- tutt'altra pronuncia!

Zhang -almeno quarant'anni meno di Low- sembra aver capito che è il caso di tenere viva l'attenzione rendendo il discorso più agile. "Con internet la vita dei leader è diventata di dominio pubblico" comincia il prof., portando l'esempio della nuova colorata first lady Peng Liyuan, citando il caso controverso del blog "Imparare da Xi" (interamente dedicato al presidente Xi Jinping), e gli ultimissimi trending topic della rete: il premier Li Keqing nel Sichuan, immortalato nelle zone colpite dal recente terremoto in compagnia di un quadro senza orologio costoso, ma con un bel segno dell'abbronzatura sul polso, e Zhang Aihua, segretario del partito della zona industriale di Bingjiang, pizzicato e circondato dai residenti locali mentre consumava un lauto banchetto alla faccia della "campagna contro gli sprechi" lanciata dal neo presidente Xi.

"Internet ha cambiato la vita politica cinese" scandisce Zhang "ogni persona diventa un media outlet. Negli ultimi anni si è diffuso il citizen journalism ed è aumentata la trasparenza della vita politica. Le relazioni tra cittadini e funzionari sono rese più facili e dirette". Trasparenza e ovviamente anche "democratizzazione": "ogni persona può esprimersi su internet. Ormai il 90% degli utenti cinesi accede al web attraverso uno smartphone" continua il giovane prof., richiamando tuttavia l'attenzione sulle insidie della rete. "Il 60% dei netizen sono giovani studenti, i quali mettono in giro voci irrazionali" e così, talvolta, qualche post viene eliminato. Eliminato non censurato. Non ci giurerei, ma non mi pare si sia mai parlato di "censura" in senso proprio.

Sommando i due interventi, la conferenza sarà durata circa un'ora. Dopo l'applauso di rito si passa al dibattito. "Qualcuno ha delle domande?" chiede Nathan. E qui viene il bello. Probabilmente né Low né Zhang si sarebbero mai aspettati di venire messi in difficoltà da un pubblico tanto smart. "Come fa a parlare di democratizzazione del web quando personaggi influenti vengono continuamente messi a tacere dalla censura?", chiede una delle presenti con sguardo furibondo (solo successivamente avrei scoperto essere una giornalista cinese residente in Francia). Cala il silenzio. Qualche risatina di sottofondo accompagna un tentativo di intortamento da parte di Zhang. Colpito e affondato. Sullo stesso spartito altri presenti cercano di fare chiarezza sulle possibilità di una reale libertà di parola. Alcuni lo fanno in modo soft, altri insoddisfatti dalla spiegazione ricevuta replicano con un "ma lei non ha risposto alla mia domanda!".

Stiamo parlando di giovani expat cinesi, quelli col soldo e ambizioni che vanno al di là di un buon posto in un'azienda statale della mainland. Quelli che si stanno già vivendo il "sogno americano" e che a quello cinese, ancora "work in progress", ci credono poco. Forse in patria i due "illustri accademici" avranno più fortuna.



mercoledì 24 aprile 2013

Cina: le donne, il corpo e i media

L'economia del Dragone -e con essa i consumatori cinesi- è lo specchio di una società in continuo mutamento, caratterizzata per tradizione, come molti altri paesi dell'Asia orientale, da "tendenze collettiviste" che inducono l'individuo ad un uniformarsi al tutto. D'altra parte, come sottolinea l'antropologo olandese, Geert Hoefstede, "quando un'economia comincia a fiorire e i suoi abitanti si arricchiscono, le culture collettiviste tendono naturalmente a divenire più individualiste, dando vita ad una società assai più libera di quanto non fosse in precedenza". E' innegabile che lo sviluppo della Cina abbia ormai raggiunto questo stadio. Ad accelerare il processo ha giocato un ruolo di primo piano l'influsso del modello culturale occidentale, "individualista" per antonomasia, penetrato negli ultimi anni attraverso una sempre più massiccia presenza di messaggi pubblicitari d'oltremare. Con il risultato che ora i cinesi vengono spinti ad affermare la propria personalità attraverso ciò che comprano e nel modo in cui si presentano all'esterno.

Ma se nel Regno di Mezzo i prodotti "made in Occidente" hanno ricevuto un alto indice di gradimento, non è altrettanto chiaro l'effetto che gli spot pubblicitari stranieri, portatori di nuovi canoni e valori, possano avere sulla psiche dei cinesi. Secondo Richard Gordon, psichiatra e autore di diverse pubblicazione, "l'occidentalizzazione" di culture lontane ha fatto sì, tra le altre cose, che paesi un tempo estranei a disturbi del comportamento alimentare -quali Cina, India, Corea del Sud, Argentina e Brasile- abbiano cominciato a dover far fronte agli stessi problemi che tormentano l'Ovest.

Le fattezze rotonde delle divinità tradizionali e dei portafortuna cinesi, simbolo di ricchezza e successo finanziario, non hanno impedito ai canoni estetici occidentali di valicare la Muraglia. La penetrazione era già avvenuta circa un ventennio fa, come dimostra lo studio "Dissatisfaction Among Chinese Undergraduates and Its Implications for Eating Disorders in Hong Kong", realizzato nel 1996 da alcuni studiosi cinesi su un campione di 1.581 soggetti. Il sondaggio rivela l'evidente frustrazione dei maschi cinesi per la loro scarsa altezza e una struttura fisica troppo gracile, mentre per le donne -ossessionate dal peso- vita, fianchi e cosce vengono elencati tra i propri punti deboli. Preoccupazioni che riflettono una netta virata rispetto all'estetica tradizionale del Dragone tutta focalizzata su sopracciglia, occhi, orecchie, naso e bocca. Oggi il chiodo fisso delle giovani cinesi sembra essere proprio quella "magrezza", un tempo sintomo di povertà, sfortuna e malattia. Ad accrescere il senso di insoddisfazione verso il proprio aspetto contribuiscono i modelli sponsorizzati dai media, riviste e programmi televisivi in primis. E lo fanno fin dagli anni dell'adolescenza.

Eppure -come rivela un sondaggio del 2011 effettuato su 50 ventenni cinesi provenienti dalle città settentrionali di Ningbo e Tangshan- anche se la maggior parte delle intervistate si è dimostrata decisamente critica nei confronti della figura femminile sponsorizzata dai mezzi di comunicazione di massa, d'altra parte molte di loro non sembrano pienamente consapevoli dell'influenza esercitata dai media sui propri gusti estetici. Che, nonostante tutto, coincidono con l'"essere formosa", "avere gambe lunghe" e indossare "vestiti alla moda".

Il corpo delle donne
Tradizionalmente in Cina il corpo veniva considerato in termini morali, percepito come parte della natura e descritto attraverso un vasto repertorio di metafore. Fino a quando la distruzione del passato voluta da Mao Zedong non finì per colpire anche il modo di intendere la propria fisicità. Mentre alla fine degli anni '60 gli slogan delle “streghe” facevano tremare l’Occidente, nel Regno di Mezzo la de-sessualizzazione imposta sotto la Rivoluzione Culturale aveva annullato qualsiasi distinzione di genere, mortificando la femminilità stessa. La partecipazione alla lotta di classe e alla crescita del Paese si era esplicata anche attraverso l’imposizione dell’uniformità tra i sessi; studentesse e lavoratrici dai capelli corti, insaccate nelle smorte divise maoiste. “L’eredità rossa” ha indotto il popolo cinese a maturare una percezione del proprio corpo atipica.

Poi negli anni '80 un primo risveglio: permanenti e abiti alla moda cominciarono ad evidenziare una percezione del corpo più sana e sensuale. La decade successiva avrebbe visto la diffusione dei primi concorsi di bellezza nelle province meridionali del Guangdong, Fujian e Shanghai, con conseguente presa di coscienza del valore commerciale della bellezza stessa. Ebbe così inizio la mercificazione del corpo femminile.

Ciò che dà valore al corpo inteso come "prodotto commerciale" non è tanto lo stato di salute o la sensualità. E' piuttosto il rispetto di certi canoni e misure imposte dal mercato della moda e accettate più o meno incondizionatamente dalla popolazione femminile. Il desiderio di rientrare negli standard sponsorizzati dalla società dell'immagine si è tradotta in una competizione tra donne, fonte di grandi guadagni per l'industria del fashion e dei cosmetici.

Le cose, tuttavia, stanno cambiando, ha sottolineato Zhang Ning, professore di cultura cinese presso l'Università Normale di Pechino in un'intervista apparsa sul sito di "citizen journalism" My1510 (link). Una recente tendenza mette in risalto un rinnovato interesse dei giovani per ciò che è "fresco, semplice e naturale", estendendo il concetto di bellezza a seconda della percezione individuale. In questa direzione si inserisce il fenomeno dilagante sulla rete delle "donne semplici", che vede "ragazze della porta accanto" proporsi come nuove bellezze, acquisendo un certo successo popolare nonostante spesso le loro performance sfiorino la soglia del ridicolo. Il fenomeno di "Sister Furong" (di cui Uno sguardo al femminile proporrà a breve un approfondimento) è uno degli esempi più eclatanti del desiderio di affermare la propria bellezza, sebbene non conforme ai canoni estetici convenzionali.

Lo scorso anno piovvero critiche sui concorsi di bellezza della mainland per l'elezione di vincitrici ritenute dal pubblico decisamente "bruttine", in quello che Zhang Ning ha definito una "distorsione" deliberata degli organizzatori al fine di attrarre l'attenzione. Ad aver l'ultima parola nelle "gare tra le belle" sono spesso i poteri amministrativi, finanziari e mediatici. Sono loro a legittimare la vincitrice, ha sottolineato Zhang. D'altra parte, in questo caso la decisione di scegliere giovani fuori dagli standard estetici condivisi potrebbe essere interpretata come una pacca sulla spalla a tutte le "ragazze normali" presenti tra il pubblico.

A testimoniare un'evoluzione nella percezione della propria fisicità, lo scorso novembre alcune giovani cinesi avevano deciso di pubblicare su internet le loro foto senza veli nell'ambito di una campagna contro le violenze domestiche. Il linguaggio utilizzato è molto forte: seni nudi cosparsi di scritte rosso sangue e teste rasate. Il corpo diventa così un "campo di battaglia", aveva spiegato Xiong Jing, una delle organizzatrici. "Orgogliosa di essere piatta; vergogna per le violenze domestiche", "Non picchiarla; ama il suo corpo" e "Liberate la sessualità; eliminate la violenza" sono alcuni dei messaggi espressi dalle manifestanti attraverso la propria nudità.

"Sexy con caratteristiche cinesi"
"Xinggan" è la parola che in cinese si avvicina di più al concetto di "sexy" per come viene inteso in Occidente. Una parola giovane per un concetto giovane. Fino a vent'anni fa, infatti, in Cina si era soliti esaltare la bellezza dello spirito più che quella del corpo, così che il linguaggio scritto era sprovvisto di un termine che indicasse in maniera appropriata l'attrattiva sessuale esercitata attraverso la fisicità.

"E' soltanto con i libri illustrati in arrivo da Europa, America e Giappone e sopratutto con l'accesso al web che abbiamo imparato cosa vuol dire 'sexy'", ha spiegato Li Fang, fino a qualche tempo particolarmente prolifico di commenti su Zhongqing Luntan, un blog simile a quello attualmente gestito da Han Han, una delle voci più pungenti della rete cinese. Glutei e seni prominenti a gogò in arrivo dall'estero: una vera sfortuna per le ragazze cinesi non particolarmente dotate di curve, chiosa Li.

A guidare la rivoluzione in questo scenario di "colline sinuose" è stata For Him Magazine (FHM) grazie ad un'intuizione a suo modo geniale. L'unico modo per sopravvivere nel mercato cinese è sinizzarsi; ormai sembrano averlo capito le aziende d'oltreconfine che giungono nell'ex Impero Celeste a caccia di clienti. E così ha fatto anche la nota rivista per maschietti, che ha semplicemente deciso di dirottare il proprio interesse da fianchi e seni verso quelle parti del corpo per secoli celebrate nella letteratura cinese: piedi, pancia e vita.

Fu creato un nuovo standard per la sensualità cinese, con conseguente ripercussione sull'"economia della bellezza femminile". Tutti gli obiettivi cominciarono a puntare ventri scoperti e sandali con tacchi mozzafiato, anche in pieno inverno. Continua a sopravvivere, però, il gusto per il decoltè strizzato e un uso sconsiderato di photoshop che ispira normalmente una lunga sfilza di commenti negativi sotto le immagini ritoccate pubblicate su internet. Quando è troppo è troppo, sembrano pensare i netizen.

Asiatico-americane: "le eleganti ed astute dee del male"
Esotiche, servili e attraenti. Così i media del Nuovo Continente amano dipingere le donne asiatico-americane, relegate a ruoli spesso stereotipati che le rendono vittime, non soltanto di discriminazioni razziali, ma anche di genere. Una lunga tradizione, che affonda le radici negli anni della colonizzazione occidentale in Asia, identifica nelle bellezze orientali un "oggetto sessuale", una merce da possedere priva di identità propria.

Come riportato nel documentario "Ancestors in the Americas", nei primi anni di vita degli Stati Uniti l'individualità delle immigrate cinesi fu annullata attraverso l'uso dell'appellativo generico di "China Mary", nome con il quale venivano chiamate indistintamente tutte le donne provenienti dal Paese di Mezzo. "Durante il coinvolgimento degli americani nella guerra con le Filippine, con Cina e Giappone durante la Seconda guerra mondiale, e più di recente nelle guerre di Corea e Vietnam, le donne asiatiche venivano considerate dai soldati americani come prostitute e oggetti sessuali che offrivano riposo e recupero dalle zone di guerra" [Chan, C. (1988). "Asian American women: The psychological responses to sexual exploitation and cultural stereotypes"].

La filmografia anni '50 e '60 ha continuato ad alimentare una visione distorta della femminilità asiatica, dipingendo le donne dell'estremo Est come "eleganti dee del male con  gli occhi a mandorla e dai modi astuti, o sorridenti fanciulle dei mari del Sud avvolte nei sarong, con fianchi ondulati, capelli neri e pelle candida oscurata dal trucco". E sebbene i media occidentali si stiano adoperando per eliminare i vecchi stereotipi dal piccolo e dal grande schermo, la "sexploitation" delle donne cinesi è ancora evidente.

La comunità asiatico-americana sembra non essere ancora convinta circa la vera natura di Lucy Liu, una delle attrici sino-americane più popolari protagonista di pellicole quali Kill Bill e Charlie's Angels, che non di rado si trova a rivestire i panni della "puttanella", intrecciando relazioni sessuali occasionali al fine di raggiungere un preciso obiettivo. La potenza erotica viene sovente sfruttata a proprio vantaggio dai personaggi femminili asiatici, comunemente bollati come astuti, esotici e sexy.

Ma se la logica del commercio spinge immancabilmente i media a servirsi delle bellezze asiatico-americane e di stereotipi vincenti al botteghino, c'è da chiedersi quale impatto possa avere una visione viziata della femminilità orientale sulle "non-Caucasian" nate oltremare.

(Scritto per Uno sguardo al femminile)




giovedì 18 aprile 2013

"Succede in Nord Corea". Intervista a Flavio Pettinari della KFA Italia


(Segue da Succede in Corea del Nord)

Raggiunto telefonicamente da Dazebao, Flavio Pettinari offre uno scorcio del Regno eremita osservato da una posizione privilegiata. A differenza di chi entra in Corea con le agenzie turistiche straniere (tutte corrispondenti col KITC, l'ente per il turismo statale), chi ha accesso nel Paese con la KFA -che corrisponde con il Comitato per le Relazioni Culturali coi Paesi Esteri di Pyongyang- viene visto come "dongji" o anche un amico. D'altra parte proprio gli stretti legami con il governo nordcoreano hanno da sempre attirato sull'associazione diversi sospetti. Pettinari ha tenuto a specificare come i rapporti con Pyongyang vengano filtrati attraverso il Comitato per le Relazioni Culturali coi Paesi Esteri, un ente interministeriali simile a quelli esistenti all'epoca dell'URSS anche in altri Paesi socialisti e che costituisce il referente in loco della KFA Italia.

Quando il giovane Kim assunse il potere alla morte del padre Kim Jong-il, Pechino si aspettava che, pur mantenendo uno stretto controllo sul sistema politico, questi avrebbe avviato riforme economiche prendendo ad esempio "il modello Cina". Tuttavia i funzionari nordcoreani debbono aver pensato che strizzare l'occhio al capitalismo non avrebbe soltanto minato la purezza ideologica della Nazione, ma avrebbe anche dato al Dragone accesso illimitato al proprio mercato. A Dandong la frustrazione cinese per l'intransigenza del Regno eremita è palpabile. Miliardi di yuan sono stati investiti in una zona economica speciale che ancora verte in una fase di stallo, e uguale sorte sembra essere toccata all'area industriale di Rason, vicino alla frontiera nordcoreana con Cina e Russia. Per Qiu Lin, noto analista finanziario cinese, l'apertura di Pechino ad un "sistema socialista con caratteristiche cinesi" ha indignato profondamente la leadership di Pyongyang, che avrebbe pertanto preferito riannodare i rapporti con la Russia di Boris Eltsin, prima, e Vladimir Putin, poi,. Di recente però la rinomina a primo ministro di Pak Pong-ju, noto per le sue tendenze riformiste costategli il posto nel 2007, ha scatenato una girandola di voci sulla possibilità di un'apertura del Paese eremita. Cosa ne pensi? Condividi l'opinione di Qiu? 

Negli ultimi mesi della sua vita, Kim Jong-il ha visitato diverse volte sia la Russia che la Cina. In quelle occasioni ha espresso grande apprezzamento per i progressi ottenuti da Pechino. Allo stesso tempo, però, in questi comunicati si diceva chiaramente che la strada del socialismo nordcoreano è un'altra. Sicuramente all'interno del Partito del Lavoro di Corea, cioè nell'Assemblea Popolare Suprema, esistevano già, negli anni '80 e poi '90, delle componenti che guardavano con favore alla Cina. Anzi, negli anni '80 ci sono stati frizioni all'interno del Parlamento tra chi ammiccava alla Cina e chi invece era più legato allo sviluppo nordcoreano che prendeva in quegli anni la linea del Songun, che dà priorità all'esercito. Questo dualismo è ancora presente. Ci sono stati tentativi di mediazioni  attraverso l'introduzione delle zone economiche speciali (Zes), dove gli stranieri possono investire più o meno liberamente, possono fare joint-venture a capitale totalmente straniero, con delle particolarità però: queste joint venture sono a durata e non a durata fissa. Lo Stato rimane in qualche modo il partner perché non garantisce delle concessioni per quanto riguarda i terreni. C'è un tipo di mediazione in stile coreano anche sull'inserimento di elementi di economia di mercato limitati però sempre alle Zes. Inoltre, gli stranieri possono investire anche all'interno del Paese, fuori dalle Zes, stabilendo joint venture con partner coreani, cioè con aziende coreane statali. Tutto questo è sottoposto ad una legislazione abbastanza complessa, ma è ugualmente fattibile. Si tratta comunque di un'evoluzione molto diversa dal socialismo di mercato cinese.

Qualche notizia sullo stato di sviluppo della Zes di Rason? 

In realtà Rason è risultata un po' penalizzata. Nata come zona di libero scambio tra Corea del Nord e Cina, rappresenta l'equivalente di Kaesong per Pyongyang e Seul. Non so se negli ultimi anni ci sono stati sviluppi. Un anno e mezzo fa Cina e Corea del Nord hanno aperto un'altra Zes, che ha coinvolto anche le isole Hwanggumphyong e Wihwasul sul fiume Yalu. Penso che alla fine Rason sia stata penalizzata dal fatto che i cinesi abbiano cominciato a investire massicciamente all'interno del Paese, al di fuori dell'area industriale speciale.

In una tua precedente intervista facevi notare che in realtà è da circa un decennio che la DPRK "si propone come Paese dove poter investire: ricordiamo l’istituzione di zone speciali come la già citata Kaesong (nata nel 2002), e il corposo volume Laws and regulations on foreign investments (pubblicato nel 2006) che raccoglie le leggi in materia – un volume interessante, per capire come far operare partner stranieri senza intaccare il sistema socialista." Quali sono i segnali tangibili di un cambiamento nella situazione economica del Paese?

Per quanto riguarda la questione economica, i nordcoreani sono un po' vaghi nel fornire i dati statistici. Lo scorso anno hanno rilasciato numeri molto molto generici per quanto riguarda il bilancio statale. Quello che sono riuscito a vedere andando lì, ma che si può notare anche osservando le riviste commerciali nordcoreane, è che ci si rende conto come molte cose che all'inizio di questo secolo non erano reperibili nel Paese e andavano importate -per esempio la frutta- adesso si trovano. Non è un caso che vengano richiesti dall'estero macchinari per la lavorazione della frutta e la produzione di succhi. E', inoltre, in espansione l'esportazione di macchine tecnologiche, come per esempio i torni o macchine generali a controllo numerico, sistemi CAD/CAM che richiedono anche conoscenze informatiche per quanto riguarda i softwear. Da questo punto di vista c'è stata una crescita evidente. Per quanto riguarda invece la popolazione -quello che loro chiamano la crescita e lo sviluppo del benessere della popolazione- già nel 2004 e 2005- il governo aveva messo in programma l'aumento dello standard di vita del popolo. Nel senso che raggiunta una determinata potenza militare hanno ritenuto si potesse pensare di investire anche nei beni di consumo. Infatti è aumentata la produzione di piccoli elettrodomestici, giocattoli e beni di consumo in generale. Anche andando nei negozi della distribuzione socialista, dove un tempo erano reperibili solo le cose essenziali, ora si trovano prodotti più variegati, anche per quanto riguarda l'abbigliamento.

Uno degli aspetti che più preoccupa la comunità internazionale è lo stato in cui verte la popolazione nordcoreana, soggetta a malnutrizione e a standard di vita ancora molto bassi. Il tutto sotto gli occhi di una leadership che continua ad investire massicciamente nel suo programma nucleare e missilistico. Come giustifichi il budget militare di Pyongyang?

Lo scorso anno si parlava di investimenti per la difesa del 14-15%, cifre altissime rispetto a quello a cui siamo abituati noi, ma anche rispetto a quanto stanziato da altri paesi socialisti come la Cina, che investe molto meno. Una precisazione che si può fare è che nel 15% per il settore della difesa rientrano anche le infrastrutture destinate all'esercito e alla Guardia Rossa Popolare. L'esercito in Corea non gestisce unicamente la difesa ma riveste anche il ruolo di protezione civile, gestisce anche le politiche forestali, l'apertura delle fabbriche. La maggior parte dei cantieri stradali si avvale del lavoro dei soldati. Vi è una sorta di ammortamento dell'enorme spesa militare a livello di costruzioni e infrastrutture che vengono realizzate dall'esercito. Avviene un livellamento di questo tipo, tenendo presente che tutte le aziende sono statali e tutto quello che il Paese guadagna dalla produzione di queste aziende e delle esportazioni è all'interno dello Stato. Il 15% viene impiegato nella difesa, ma più o meno le stesse cifre sono utilizzate per la cultura, lo sport e l'istruzione. Non ci sono buchi neri nel bilancio e per il regime gli altri settori hanno uguale importanza.

La stampa internazionale ama dipingerlo con tratti grotteschi e caricaturali. Per alcuni Kim Jong-un è il ragazzo rotondetto che ama il basket e i fast food, ma che in preda all'impulsività dei suoi trent'anni potrebbe fare una provocazione di troppo, causando una guerra devastante per il proprio Paese. Per altri è un burattino nelle mani dei due zii, ai quali il Caro Leader, prima di morire, lo aveva lasciato in custodia. Lei -si mormora-  la grande stratega, la mente ideatrice delle recenti minacce nordcoreane, lui l'uomo di Pechino, in passato spesso oltre la Muraglia per studiare il modello economico cinese. Pare che all'interno del Partito si sia creata una spaccatura: qualcuno sembrerebbe non gradire che a guidare il Paese sia il giovanissimo leader. Pensi sia uno scenario plausibile? Quanta influenza ha Kim Jong-un nei meccanismi decisionali del Partito?

All'interno del Partito ci sono figure diverse. Spesso vengono fatte illazioni, si parla di fonti autorevoli che riferiscono di problemi interni alla leadership, ma non darei troppo credito a queste voci. Anche un po' per esperienza. Più volte in passato la stampa aveva dato Kim Jong-il per morto. Eviterei di prendere per buone le voci di corridoio quando mancano informazioni ufficiali, perché non ci sono basi concrete per dare un giudizio. Il Collegio è un sistema un po' diverso al nostro sistema elettorale. Il candidato alle elezioni, poniamo all'Assemblea Popolare Suprema, di ogni circoscrizione viene scelto dagli stessi elettori della circoscrizione che si riuniscono in consigli popolari e designano i candidati. Questi candidati si presentano alle elezioni e possono essere iscritti al Partito del Lavoro, al Partito Social Democratico oppure al Partito Chondoist Chongu, ma possono essere anche senza partito. Una volta designati si candidano alle elezioni e vengono eletti nell'Assemblea Popolare Suprema e nelle altre assemblee territoriali. Per quanto riguarda decisione e scelte, per esempio quando si è riuniti l'ultimo Comitato Centrale del Partito hanno votato all'ordine del giorno delle proposte che i deputati del Partito avrebbero dovuto poi presentare all'Assemblea Popolare Suprema. Alcune riguardavano la questione nucleare, altre il benessere e lo sviluppo di alcuni settori. Lo stesso fanno gli altri partiti. Ognuno elabora le proposte che poi saranno presentate dai rappresentanti al Parlamento. Chiaramente hanno preso anche le proposte avanzate dal Commissione di Difesa Nazionale, l'organo di fatto più importante del Paese. Gran parte dei parlamentari sono eletti nell'Esercito e hanno peso nell'approvazione delle leggi e nella discussione sul bilancio. La figura di Kim Jong-un, e prima di lui del padre e del nonno Kim il-sung, oltre a simboleggiare a livello formale il massimo grado dello Stato, rappresenta per i coreani un po' il simbolo nazionale del popolo, l'unità del Paese. Se vogliamo la Corea del Nord è il più asiatico tra i paesi dell'Estremo Oriente. La figura del maestro è molto importante. Spesso si parla in maniera denigratoria della Corea come di un Paese stalinista e confuciano, quasi se fosse un insulto. Il Confucianesimo è alla base della cultura e del modo di fare dei coreani. Ne è prova il rispetto degli antenati e la devozione che hanno per il culto dei morti. C'è questo connubio tra una tradizione confuciana, con grosse influenze buddhiste, che resiste nonostante l'impianto invece comunista dell'ideologia del Juche. La moralità dei coreani ha profondissime radici nelle tradizioni popolari nazionali. Forse è proprio per questo che negli anni '40 i nazionalisti hanno sostenuto Kim Il-sung durante la guerra, molti sono entrati nel Partito Comunista e nel Partito del Lavoro. Sono stati molto intelligente Kim Il-sung e Kim Jong-il a non seguire la strada della distruzione del passato intrapresa da Mao Zedong con la rivoluzione culturale. Proprio in quegli stessi anni, invece, il governo nordcoreano ha investito moltissimo nella ristrutturazione dei templi buddhisti, così come nel recupero delle vestigia del passato. Non hanno mai voluto distruggere i retaggi del feudalesimo.

Molti pensano che le minacce di Pyongyang, più che essere dettate da sentimenti di ostilità verso Washington, siano motivate da ragioni di politica interna. Sei d'accordo?

Si possono fare dei parallelismi con Kim Jong-il. Anche lui dopo morte del padre Kim il-sung, quando prese il potere, fece uno sfoggio di muscoli causando grandi momenti di tensione e si arrivò ad una crisi nucleare. Sicuramente c'è la volontà di dimostrare al popolo e all'esercito che la nuova leadership è degna del ruolo che ricopre; è un elemento che anche io sottolineo. D'altra parte le esercitazioni congiunte tra Seul e Washington, che durano da mesi, hanno visto un'ingente presenza militare nella penisola, e si tratta di una cosa gravissima visti anche i precedenti. In passato, nel caso di altre esercitazioni su larga scala c'è stato l'episodio del bombardamento dell'isola sudcoreana di Yeonpyeon e la questione insabbiata dell'affondamento della corvetta Cheonan nel 2010. E' una cosa veramente fastidiosa vedere queste mobilitazioni militari al confine tra Nord e Sud, sopratutto calcolando che Pyongyang aveva offerto sia a Seul che a Washington di tornare al tavolo delle trattative. C'è la volontà da parte dei nordcoreani di stabilire una certa calma nella penisola, ma quando vedono che la controparte reagisce con l'organizzazione di vaste esercitazioni la risposta nordcoreana è equivalente. I coreani, probabilmente, vorrebbero la ripresa dei "colloqui a sei". In realtà, negli ultimi comunicati ufficiali si dichiara l'intenzione di voler stabilire un dialogo direttamente con il Sud, senza la mediazione straniera. Anche un ritorno ai "tavoli a sei" sarebbe comunque una cosa positiva.

Pare che David Rodman, lo stravagante giocatore di pallacanestro americano "amico" di Kim, tornerà nel Regno eremita ad agosto. Secondo sue recenti dichiarazioni, sarebbe stato persino contattato dall'FBI dopo il suo incontro di febbraio con il leader nordcoreano. "Volevano sapere com'era andata e chi comanda davvero" ha spiegato il cestista. Come interpreti queste amicizie a stelle e strisce di Kim Jong-un? Si è parlato di una sorta di "diplomazia del basket"...

Quando si legge sulla stampa internazionale che Kim Jong-un utilizza l'iPod tutti rimangono stupiti. Gli Stati Uniti non sono odiati per niente dai coreani. Loro odiano la politica imperialista degli Usa ma sanno benissimo che la società americana non è soltanto caratterizzata dall'imperialismo di chi comanda. Per esempio Kim Il-sung e Kim Jong-il avevano rapporti di amicizia con Jimmy Carter ed i nordcoreani sono in ottimi rapporti con Bill Clinton. Non c'è questa grande ostilità che si pensa normalmente; niente a che vedere con il fanatismo dimostrato da alcuni gruppi islamici verso l'Occidente. Quando i coreani utilizzano il termine "nemici" è perché si riferiscono ai soldati americani che sono a sud del 38esimo parallelo. Noi della KFA abbiamo anche dei membri statunitensi, persone che hanno fatto parte delle nostre delegazioni in Corea del Nord e sono state accolte come tutti noi altri. Addirittura quando c'erano state altre manifestazioni antimperialiste, nel 2009, abbiamo portato un professore di medicina americano per fare scambi di studio, in quell'occasione abbiamo anche introdotto in Corea del Nord dei macchinari.
Lo stesso discorso vale per la Corea del Sud. Sui giornali occidentali si scrive che nordcoreani e sudcoreani sono nemici storici, ma in realtà sono lo stesso popolo. Mi ha colpito l'intervista ad un cittadino nordcoreano che in occasione della squalifica ai mondiali della sua squadra rispose che comunque era sollevato dal fatto che quella della Corea del Sud fosse ancora in gara. Alla fine si tratta dello stesso popolo: lo spirito dei coreani di Nord e Sud è lo stesso. E' cosa ben diversa quello che pensa chi bombarda o si trova a dirigere un Paese da quello che pensa il popolo. Io spero che alla fine di questo mese, quando finiranno le manovre militari congiunte Usa-Corea del Sud, si possa tornare ad un clima di distensione. Nel comunicato del ministero della Difesa uscito il 17 aprile si prendeva atto delle dichiarazioni di Obama (del fatto che non vuole una guerra), dell'arretramento delle truppe americane dalle linee di confine, così come delle modifiche del piano di esercitazioni militari tra Washington e Seul. Mi pare che i toni siano più rilassati. Negli ultimi anni, in occasione della nascita di Kim Il-sung e Kim Jong-il, i nordcoreani hanno portato avanti delle provocazioni, come il lancio del satellite poi fallito. Probabilmente staranno preparando qualcosa nei prossimi giorni; se hanno spostato la data è perché hanno preso atto di queste novità nella posizione assunta dagli Stati Uniti. Se però comunicano al mondo che faranno una cosa, poi la fanno: non tirano indietro la mano dopo aver lanciato il sasso con il rischio di sfigurare. Se annunciano che lanceranno un satellite è perché il satellite è già quasi sulla rampa di lancio. Questo è un po' il loro modo di comunicare con l'Occidente. Ma se porteranno avanti qualche azione si tratterà soltanto di atti dimostrativi, niente di più: se non vengono attaccati non attaccheranno mai per primi.

martedì 16 aprile 2013

Il Dragone dà lezioni di diritti umani a Pyongyang



Il regime di Pyongyang viola i diritti umani e ignora le esigenze del proprio popolo, portando avanti un programma nucleare sconsiderato. Nulla di nuovo; un'affermazione perfettamente in linea con le molte accuse che la comunità internazionale muove da tempo al governo nordcoreano (link). Se non fosse che a puntare il dito contro la dittatura dei Kim è Shao Xufeng, blogger quotato nonché commentatore del Global Times, il quotidiano bulldozer della politica estera cinese e costola dell'ufficialissimo Quotidiano del Popolo. A dirla sembra una barzelletta, ma pare proprio che la leadership cinese -di cui Shao si fa portavoce con il suo blog sponsorizzato dal GT (ma chiaramente potrebbe trattarsi anche di una sua opinione personale) -voglia dare lezione di diritti umani a Pyongyang, cogliendo l'occasione per rinnovare un invito rimasto finora inascoltato: quello di seguire l'esempio della Cina e avviare il prima possibile le riforme economiche.

(Traduzione dal cinese e testo di riferimento in coda)

Tutti i Paesi pensavano che la Corea del Nord fosse come un bambino che stava giocando con un missile. Proprio una cosa ridicola. Ora sembrano aver capito che si tratta di una cosa pericolosa.

Perché un Paese così grande ultimamente continua a girare intorno alla piccola Corea del Nord senza, tuttavia, riuscire a risolvere veramente il problema? Io credo che la ragione principale sia che le grandi potenze utilizzano la minaccia nordcoreana per fare le proprie allusioni, ed è per questo che, da parte sua, la Corea del Nord sfrutta con sommo ingegno le mosse e lo stato psicologico delle grandi potenze, utilizza le falle che emergono nei loro piani di battaglia, portando avanti energicamente esperimenti balistici e test nucleari.

Alla luce di questa situazione, i leader delle grandi nazioni e noti commentatori spendono fiumi di parole nell'arena politica internazionale e sulle piattaforme di dibattito, si lanciano in arringhe senza, d'altra parte, giungere alla soluzione del problema principale.

Le questioni basilari riguardo la Corea del Nord sono due:


1) il tenore di vita del popolo e i diritti politici

Sino ad oggi la Corea del Nord non ha apportato alcuna riforma, rimanendo isolata dal mondo esterno. L'economia verte in uno stato di arretratezza, la gente vive in condizioni di povertà assoluta. La Corea del Nord si basa sulla politica del Songun. All'inizio sono stati i media a rivelare che le truppe nordcoreane erano a corto di viveri, per non parlare delle masse.

In questi anni la vita del popolo nordcoreano si è spesso retta sugli aiuti (esterni, ndr), ma tali aiuti sono stati utilizzati per sostenere lo sviluppo dell'esercito, degli armamenti e sopratutto del programma nucleare. La vita delle persone è un problema che merita di essere preso seriamente in considerazione, seguito dalla questione dei diritti umani. I diritti umani sono alla base dello sviluppo economico di un Paese e del processo di apertura. Perciò, è di assoluta priorità incoraggiare le riforme e l'apertura della Corea del Nord per lo sviluppo di un'economia di mercato e la formazione di un regime democratico.

Le potenze guardano con grande interesse alla situazione nel Nord della penisola coreana, ma la cosa a cui occorre prestare maggior attenzione è questa. Ovvero, che bisogna fare di tutto per ridurre gli intrighi e aiutare veramente il popolo nordcoreano.

2) Le armi nucleari

La Corea del Nord ormai può essere considerata una potenza nucleare. Sebbene non abbia portato a pieno sviluppo la sua bomba nucleare e la sua tecnologia missilistica, tuttavia rappresenta già una minaccia per la stabilità della regione. Inoltre il regime totalitario al potere rende la Corea del Nord un Paese molto pericoloso, in grado di sfruttare gli errori strategici delle grandi potenze con astuzia, senza lesinare sforzi per portare avanti il proprio programma nucleare.

Per questo le grandi nazioni dovrebbero concentrarsi per cercare di spazzare via le armi nucleari.

Alla fine risulta molto chiaro che è proprio il regime totalitario ad ostacolare il miglioramento dei mezzi di sussistenza del popolo, ad ostacolare la democrazia e la distruzione delle armi nucleari nordcoreane. Le grandi nazioni devono lavorare assieme per eliminare questo ostacolo. E non per altro, soltanto per quelle venti milioni di persone che vivono in Nord Corea.

(L'opinione di un altro noto blogger cinese sui rapporti Pechino-Pyongyang: Qiu Lin: "La Corea del Nord non rispetta più la Cina")



朝鲜危机,大家都忽视了最基本问题

我今天发表一篇博文: 假如朝鲜导弹再次在静默中发射。后面出现这样一则评论:这么多大国让一个小孩玩的满头大汗,太可笑了。猛然觉得真是如此。

为什么大国最近一直围绕小小的朝鲜忙得团团转,但是解决不了真正的问题。我想最主要的原因是大国们都要利用朝鲜危机做自己的文章,所以朝鲜反而巧妙地利用大国们的心态和动作,利用大国斗法出现的间隙,猛劲地发展导弹与核弹。

在这种状态之下,大国领导人与知名评论员们在国际政治舞台与言论界口若悬河、义正词严地高谈阔论,但是对于朝鲜最为基本的问题,反而没有解决。

朝鲜的两个最基本问题是:

一、民生、政治权利问题。

朝鲜到现在都没有改革开放,经济落后,人民生活极其贫困。朝鲜是先军政治,先前媒体爆料朝鲜军队都缺粮,何况民众。

这些年,朝鲜民众的生活经常靠救济,但是救济很大一部分被用于支持军队建设、武器尤其是核武器发展。

朝鲜的民生是最值得关注的问题,其次就是朝鲜民众的人权状况。人权是以开放、发达的经济为基础的。

所以,让朝鲜改革开放,以发展市场经济、构建民主政权应该是所有问题的重中之重。

大国们关注朝鲜局势,最应该关注的就是这。尽量减少一些勾心斗角,实实在在地帮助朝鲜民众吧。

二、核武器问题。

朝鲜现在可以算作拥核国家,虽然其核弹与导弹技术并不发达,但是确实已经对于地区稳定构成威胁,加上朝鲜的集权体制,使得朝鲜成为极具危险性的国家,并且朝鲜利用大国斗法的间隙,在极力地发展核武器建设。

所以,大国应该着力消解朝鲜的核武器。



很明显,到底是什么在阻碍着朝鲜的民生、民主,是什么在阻碍着朝鲜核武器的销毁,是集权体制。大国应该合力铲除这一障碍。

不为别的,就为朝鲜两千多万民众。
















lunedì 15 aprile 2013

Succede in Corea del Nord


[Foto: Istantanee dall'Asia (i miei scatti)]

La minaccia nordcoreana fa tanto più paura quanto più veicolata da una leadership che si ammanta di mistero, risultando imprevedibile e incomprensibile a chi si sforza di dare una risposta all'escalation degli ultimi mesi. Lo è da sempre, ma sembra esserlo ancora maggiormente da quando il giovane Kim Jong-un ha assunto le redini del Paese, ormai un anno fa. Per qualcuno l'erede del Caro Leader, passato a miglior vita nel dicembre 2011, è uno strambo dottor Stranamore, politicamente immaturo e inconsapevole degli effetti disastrosi che potrebbero avere le sue provocazione qualora la retorica bellicista si traducesse in un attacco contro i cugini del Sud o le basi militari americane nel Pacifico, come da giorni suggeriscono i dispacci rilasciati dal governo di Pyongyang.

La situazione si è fatta particolarmente tesa dal quando il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha inasprito le sanzioni come ritorsione al lancio del missile a lunga gittata, avvenuto lo scorso dicembre (con lo scopo conclamato di mettere in orbita il satellite Kwangmyongsong-3) e seguito il mese successivo dal terzo test nucleare nordcoreano. L'approvazione di Pechino alla decisione dei Quindici sembra suggerire un raffreddamento nei rapporti tra Pyongyang e il Dragone, suo unico storico alleato e che -secondo le stime del Council of Foreign Relations- fornisce alla Corea del Nord fino al 90% delle importazioni energetiche, all'80% dei beni di consumo e al 45% degli alimenti. D'altra parte le più dure risoluzioni -che prevedono blocco navale, embargo petrolifero e taglio degli aiuti economici dalla Cina- non sembrano rientrare tra i provvedimenti proposti dal Consiglio di Sicurezza, sebbene soltanto alcuni giorni fa il G8 abbia condannato la politica di Pyongyang minacciando nuove sanzioni nel caso la Corea del Nord proceda con altri lanci missilistici o esperimenti nucleari.

Pechino, da parte sua, continua a lasciar trapelare messaggi contrastanti, invitando Kim Jong-un a interrompere le provocazioni in uno sforzo congiunto con Washington, chiedendo la denuclearizzazione della penisola e la ripresa dei "colloqui a sei", eppure rinnovando a mezzo stampa il suo appoggio al Paese eremita: "L'abbandono della Corea del Nord è un'improbabile scelta diplomatica" titolava il 12 aprile il Global Times, spin-off del Quotidiano del Popolo, organo del Partito comunista cinese, sottolineando implicitamente come la Corea del Nord costituisca ancora un prezioso "stato cuscinetto", in grado di ammortizzare la presenza degli Stati Uniti a sud del 38esimo parallelo. Nonché una carta da sfoderare nella partita che vede il Dragone e altri paesi asiatici -molti dei quali riuniti sotto il cappello protettivo di Washington- contendersi alcune isole del Mar Cinese Meridionale e Orientale, ricche di risorse naturali e di importanza geo-strategica. Qualcuno è arrivato persino a sostenere che Pechino scateni volontariamente Pyongyang, sua marionetta, per ostacolare l'avanzata americana nella regione, avvertita come un manovra di contenimento ai propri danni. Una tesi che scricchiola non poco se si tiene presente che è proprio l'instabilità nella penisola coreana a fornire un ulteriore pretesto per un intervento Usa in Estremo Oriente.

E se Pechino comincia a dare segni di crescente frustrazione e insofferenza verso l'alleato, anche Vladimir Putin e Fidel Castro hanno speso dure parole nei confronti dell'aggressività del regime nordcoreano, il primo dichiarando che una guerra nucleare con Pyongyang farebbe sembrare il disastro di Chernobyl una "favola per bambini", il secondo mettendo in guardia da un conflitto che non produrrebbe "alcun beneficio" per i due Paesi e "causerebbe danni a oltre il 70% della popolazione mondiale". La vicinanza territoriale induce Mosca a spingere per una soluzione diplomatica, sopratutto al fine di difendere i propri interessi nell'area: è nei piani del Cremlino, infatti, far arrivare dei gasdotti nel Sud della penisola coreana, passando attraverso il 38esimo parallelo.

Ma sussiste veramente il rischio che le provocazioni sfocino in un conflitto? Secondo Zhang Lianhui, uno dei maggiori esperti cinesi di Corea del Nord, "ci sono tra il 70% e l'80% di possibilità che scoppi una guerra aperta, perché il nuovo leader nordcoreano Kim Jong-un vuole sfruttare quest'occasione per raggiungere la riunificazione della penisola coreana." Per gran parte degli analisti occidentali, invece, le reazioni "energiche" del giovane Kim non sono altro che un bluff per arrivare all'apertura di negoziati bilaterali con Washington e ricevere nuovi aiuti, oltre ad essere motivato da ragioni di politica interna -come sembrerebbero confermare le voci circa una spaccatura in seno alla nomenklatura di Pyongyang tra pro e contro Kim Jong-un. Le armi nucleari sono ciò di cui i leader deboli pensano di aver bisogno per distogliere l'attenzione dalle loro politiche economiche  e sociali ha dichiarato tempo fa Rebecca Johnson, co-presidente della Campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari. E memore di ciò che è accaduto al leader libico Muammar Gheddafi dopo aver interrotto il suo programma di armi chimiche in cambio di promesse dall'Occidente, Kim ha fatto sapere che al nucleare non rinuncerà mai.

Mosse e contromosse. "L'arte della guerra" insegna
Tutto è cominciato con la dichiarazione unilaterale di annullamento dell'armistizio del 1953, e con la sospensione delle varie linee di emergenza che collegano Nord e Sud del Paese, in ripicca alla nuova tornata di sanzione votate al Palazzo di Vetro in seguito al terzo test nucleare di Pyongyang. L'impennare delle belligeranze è sfociato nella chiusura temporanea del parco industriale di Kaesong, situato a nord del 38esimo parallelo ma gestito congiuntamente dalle due Coree come ultimo retaggio del periodo di cooperazione durato dal 1998 al 2007. Praticamente un suicidio per la Corea del Nord che ogni anno ricava dalla zona economica in media 2 miliardi di dollari in valuta pregiata.

Cosa ha spinto il Paese eremita a tanto?
"Ogni giorni si parla di 'minaccia nordcoreana', ma se riprendiamo la cronologia dei fatti, è chiaro a chiunque che Pyongyang non fa altro che rispondere, con le dichiarazioni ufficiali o con lo spostamento di mezzi e militari, a quanto sta avvenendo da settimane e settimane al Sud del 38° parallelo con le ennesime esercitazioni congiunte USA-Corea del Sud, e con l’ingresso in scena di armamenti a capacità nucleare, come i sottomarini Cheyenne." Con queste parole Flavio Pettinari, delegato ufficiale per l'Italia della Korean Friendship Association (KFA), organizzazione che lavora con il Comitato per le Relazioni Culturali con l'Estero della Repubblica Popolare Democratica di Corea e organo per la promozione dell'ideologia Juche, spiegava in una recente intervista l'escalation nella penisola. Quanto alla chiusura dell'area economica speciale di Kaesong, pare che il regime di Pyongyang sia stato messo in allarme dalle dichiarazione del ministro della difesa sudcoreano Kim Kwain Jin, responsabile di aver reso nota "l'intenzione di introdurre nella zona una unità statunitense al fine di recuperare fantomatici ostaggi". "Ovviamente un ingresso di soldati USA nella RPDC, come accadde 63 anni fa, scatenerebbe immediatamente la controffensiva nordcoreana", ha spiegato Pettinari.

Sono in molti a riconoscere che la decisione di Seul di rispondere con toni sostenuti ad ogni provocazione dei fratelli del Nord abbia inevitabilmente esacerbato la tensione, così come non deve aver aiutato l'impiego americano dei bombardieri B-52 e B-2 (capaci di trasportare armi nucleari) nelle esercitazioni con il Sud. Secondo gli addetti ai lavori, una scelta militare discutibile e non necessaria.

"La Corea del Nord potrebbe distruggere Seul anche domani stesso se decidesse di farlo, quindi costituisce un pericolo reale" -commentava tempo fa sulle colonne di Bloomberg, David Kang, professore di relazioni internazionali e business presso l'Università della California del Sud- "Seul verrebbe, così, annientata e la Corea del Nord cesserebbe di esistere". Ma se si leggono con attenzione le dichiarazioni del governo di Pyongyang ricorre spesso una precisazione da non sottovalutare: "Se gli Stati Uniti/Corea del Sud attaccheranno per primi, noi non ci tireremo indietro". Nonostante l'esibizione muscolare, Kim Jong-un non sembra intenzionato a premere il pulsante rosso per primo, ha chiarito Kang.

I capi militari asiatici conoscono bene le lezioni di Sun Tzu, contenute nel celebre trattato di strategia "L'arte della guerra": "iniziare una guerra è già di per sé una sconfitta, alla fine si può prevalere sul nemico, ma in ogni caso le perdite ci sono comunque", ha affermato Pettinari, "la strategia seguita dai nordcoreani mi sembra essere un po' questa".

Raggiunto telefonicamente da Dazebao, Flavio Pettinari offre uno scorcio del Regno eremita osservato da una posizione privilegiata. A differenza di chi entra in Corea con le agenzie turistiche straniere (tutte corrispondenti col KITC, l'ente per il turismo statale), chi ha accesso nel Paese con la KFA -che corrisponde con il Comitato per le Relazioni Culturali coi Paesi Esteri di Pyongyang- viene visto come "dongji" o anche amico. D'altra parte proprio gli stretti legami con il governo nordcoreano hanno da sempre attirato sull'associazione diversi sospetti. Pettinari ha tenuto a specificare come i rapporti con Pyongyang vengano filtrati attraverso il Comitato per le Relazioni Culturali coi Paesi Esteri, un ente interministeriali simile a quelli esistenti all'epoca dell'URSS anche in altri Paesi socialisti e che costituisce il referente in loco della KFA Italia.

Quando il giovane Kim assunse il potere alla morte del padre Kim Jong-il, Pechino si aspettava che, pur mantenendo uno stretto controllo sul sistema politico, questi avrebbe avviato riforme economiche prendendo ad esempio "il modello Cina". Tuttavia i funzionari nordcoreani debbono aver pensato che strizzare l'occhio al capitalismo non avrebbe soltanto minato la purezza ideologica della Nazione, ma avrebbe anche dato al Dragone accesso illimitato al proprio mercato. A Dandong la frustrazione cinese per l'intransigenza del Regno eremita è palpabile. Miliardi di yuan sono stati investiti in una zona economica speciale che ancora verte in una fase di stallo, e uguale sorte sembra essere toccata all'area industriale di Rason, vicino alla frontiera con Cina e Russia. Per Qiu Lin, noto analista finanziario cinese, l'apertura di Pechino ad un "sistema socialista con caratteristiche cinesi" ha indignato profondamente la leadership di Pyongyang, che avrebbe pertanto preferito riannodare i rapporti con la Russia di Boris Eltsin prima e Vladimir Putin poi. Di recente però la rinomina a primo ministro di Pak Pong-ju, noto per le sue tendenze riformiste costategli il posto nel 2007, ha scatenato una girandola di voci sulla possibilità di un'apertura del Paese eremita. Cosa ne pensi? Condividi l'opinione di Qiu? 

Negli ultimi mesi della sua vita, Kim Jong-il ha visitato diverse volte sia la Russia che la Cina. In quelle occasioni ha espresso grande apprezzamento per i progressi ottenuti da Pechino. Allo stesso tempo, però, in questi comunicati si diceva chiaramente che la strada del socialismo nordcoreano è un'altra. Sicuramente all'interno del Partito del Lavoro di Corea, cioè nell'Assemblea Popolare Suprema esistevano già, negli anni '80 e poi '90, delle componenti che guardavano con favore alla Cina. Anzi, negli anni '80 ci sono stati frizioni all'interno del Parlamento tra chi ammiccava alla Cina e chi invece era più legato allo sviluppo nordcoreano che prendeva in quegli anni la linea del Songun, che dà priorità all'esercito. Questo dualismo è ancora presente. Ci sono stati tentativi di mediazioni  attraverso l'introduzione delle zone economiche speciali (Zes), dove gli stranieri possono investire più o meno liberamente, possono fare joint-venture a capitale totalmente straniero, con delle particolarità però: queste joint venture sono a durata e non a durata fissa. Lo Stato rimane in qualche modo il partner perché non garantisce delle concessioni per quanto riguarda i terreni. C'è un tipo di mediazione in stile coreano anche sull'inserimento di elementi di economia di mercato limitati però sempre alle Zes. Inoltre, gli stranieri possono investire anche all'interno del Paese, fuori dalle Zes, stabilendo joint venture con partner coreani, cioè con aziende coreane statali. Tutto questo è sottoposto ad una legislazione abbastanza complessa, ma è ugualmente fattibile. Si tratta comunque di un'evoluzione molto diversa dal socialismo di mercato cinese.

Qualche notizia sullo stato di sviluppo della Zes di Rason? 

In realtà Rason è risultata un po' penalizzata. Nata come zona di libero scambio tra Corea del Nord e Cina, rappresenta l'equivalente di Kaesong per Pyongyang e Seul. Non so se negli ultimi anni ci sono stati sviluppi. Un anno e mezzo fa Cina e Corea del Nord hanno aperto un'altra Zes, che ha coinvolto anche le isole Hwanggumphyong e Wihwasul sul fiume Yalu. Penso che alla fine Rason sia stata penalizzata dal fatto che i cinesi abbiano cominciato a investire massicciamente all'interno del Paese, al di fuori dell'area industriale speciale.

In una tua precedente intervista facevi notare che in realtà è da circa un decennio che la DPRK "si propone come Paese dove poter investire: ricordiamo l’istituzione di zone speciali come la già citata Kaesong (nata nel 2002), e il corposo volume Laws and regulations on foreign investments (pubblicato nel 2006) che raccoglie le leggi in materia – un volume interessante, per capire come far operare partner stranieri senza intaccare il sistema socialista." Quali sono i segnali tangibili di un cambiamento nella situazione economica del Paese?

Per quanto riguarda la questione economica, i nordcoreani sono un po' vaghi nel fornire i dati statistici. Lo scorso anno hanno rilasciato numeri molto molto generici per quanto riguarda il bilancio statale. Quello che sono riuscito a vedere andando lì, ma che si può notare anche osservando le riviste commerciali nordcoreane, è che ci si rende conto come molte cose che all'inizio di questo secolo non erano reperibili nel Paese e andavano importate -per esempio la frutta- adesso si trovano. Non è un caso che vengano richiesti dall'estero macchinari per la lavorazione della frutta e la produzione di succhi. E', inoltre, in espansione l'esportazione di macchine tecnologiche, come per esempio i torni o macchine generali a controllo numerico, sistemi CAD/CAM che richiedono anche conoscenze informatiche per quanto riguarda i softwear. Da questo punto di vista c'è stata una crescita evidente. Per quanto riguarda invece la popolazione -quello che loro chiamano la crescita e lo sviluppo del benessere della popolazione- già nel 2004 e 2005 il governo aveva messo in programma l'aumento dello standard di vita del popolo. Nel senso che raggiunta una determinata potenza militare hanno ritenuto si potesse pensare di investire anche nei beni di consumo. Infatti è aumentata la produzione di piccoli elettrodomestici, giocattoli e beni di consumo in generale. Anche andando nei negozi della distribuzione socialista, dove un tempo erano reperibili solo le cose essenziali, ora si trovano prodotti più variegati, anche per quanto riguarda l'abbigliamento.

Uno degli aspetti che più preoccupa la comunità internazionale è lo stato in cui verte la popolazione nordcoreana, soggetta a malnutrizione e a standard di vita ancora molto bassi. Il tutto sotto gli occhi di una leadership che continua ad investire massicciamente nel suo programma nucleare e missilistico. Come giustifichi il budget militare di Pyongyang?

Lo scorso anno si parlava di investimenti per la difesa del 14-15%, cifre altissime rispetto a quello a cui siamo abituati noi, ma anche rispetto a quanto stanziato da altri paesi socialisti come la Cina, che investe molto meno. Una precisazione che si può fare è che nel 15% per il settore della difesa rientrano anche le infrastrutture destinate all'esercito e alla Guardia Rossa Popolare. L'esercito in Corea non gestisce unicamente la difesa ma riveste anche il ruolo di protezione civile, gestisce anche le politiche forestali, l'apertura delle fabbriche. La maggior parte dei cantieri stradali si avvale del lavoro dei soldati. Vi è una sorta di ammortamento dell'enorme spesa militare a livello di costruzioni e infrastrutture che vengono realizzate dall'esercito. Avviene un livellamento di questo tipo, tenendo presente che tutte le aziende sono statali e tutto quello che il Paese guadagna dalla produzione di queste aziende e delle esportazioni è all'interno dello Stato. Il 15% viene impiegato nella difesa, ma più o meno le stesse cifre sono utilizzate per la cultura, lo sport e l'istruzione. Non ci sono buchi neri nel bilancio e per il regime gli altri settori hanno uguale importanza.

La stampa internazionale ama dipingerlo con tratti grotteschi e caricaturali. Per alcuni Kim Jong-un è il ragazzo rotondetto che ama il basket e i fast food, ma che in preda all'impulsività dei suoi trent'anni potrebbe fare una provocazione di troppo, causando una guerra devastante per il proprio Paese. Per altri è un burattino nelle mani dei due zii, ai quali il Caro Leader, prima di morire, lo aveva lasciato in custodia. Lei -si mormora-  la grande stratega, la mente ideatrice delle recenti minacce nordcoreane, lui l'uomo di Pechino, in passato spesso oltre la Muraglia per studiare il modello economico cinese. Pare che all'interno del Partito si sia creata una spaccatura: qualcuno sembrerebbe non gradire che a guidare il Paese sia il giovanissimo leader. Pensi sia uno scenario plausibile? Quanta influenza ha Kim Jong-un nei meccanismi decisionali del Partito?

All'interno del Partito ci sono figure diverse. Spesso vengono fatte illazioni, si parla di fonti autorevoli che riferiscono di problemi interni alla leadership, ma non darei troppo credito a queste voci. Anche un po' per esperienza. Più volte in passato la stampa aveva dato Kim Jong-il per morto. Eviterei di prendere per buone le voci di corridoio quando mancano informazioni ufficiali, perché non ci sono basi concrete per dare un giudizio. Il sistema collegiale è un po' diverso dal nostro sistema elettorale. Il candidato alle elezioni, poniamo all'Assemblea Popolare Suprema, di ogni circoscrizione viene scelto dagli stessi elettori della circoscrizione che si riuniscono in consigli popolari e designano i candidati. Questi candidati si presentano alle elezioni e possono essere iscritti al Partito del Lavoro, al Partito Social Democratico oppure al Partito Chondoist Chongu, ma possono essere anche senza partito. Una volta designati si candidano alle elezioni e vengono eletti nell'Assemblea Popolare Suprema e nelle altre assemblee territoriali. Per quanto riguarda decisione e scelte, per esempio quando si è riuniti l'ultimo Comitato Centrale del Partito hanno votato all'ordine del giorno delle proposte che i deputati del Partito avrebbero dovuto poi presentare all'Assemblea Popolare Suprema. Alcune riguardavano la questione nucleare, altre il benessere e lo sviluppo di alcuni settori. Lo stesso fanno gli altri partiti. Ognuno elabora le proposte che poi saranno presentate dai rappresentanti al Parlamento. Chiaramente hanno preso anche le proposte avanzate dal Commissione di Difesa Nazionale, l'organo di fatto più importante del Paese. Gran parte dei parlamentari sono eletti nell'Esercito e hanno peso nell'approvazione delle leggi e nella discussione sul bilancio. La figura di Kim Jong-un, e prima di lui del padre e del nonno Kim il-sung, oltre a simboleggiare a livello formale il massimo grado della Stato, rappresenta per i coreani un po' il simbolo nazionale del popolo, l'unità del Paese. Se vogliamo la Corea del Nord è il più asiatico tra i paesi dell'Estremo Oriente. La figura del maestro è molto importante. Spesso si parla in maniera denigratoria della Corea come di un Paese stalinista e confuciano, quasi se fosse un insulto. Il Confucianesimo è alla base della cultura e del modo di fare dei coreani. Ne è prova il rispetto degli antenati e la devozione che hanno per il culto dei morti. C'è questo connubio tra una tradizione confuciana, con grosse influenze buddhiste, che resiste nonostante l'impianto invece comunista dell'ideologia del Juche. La moralità dei coreani ha profondissime radici nelle tradizioni popolari nazionali. Forse è proprio per questo che negli anni '40 i nazionalisti hanno sostenuto Kim Il-sung durante la guerra, molti sono entrati nel Partito Comunista e nel Partito del Lavoro. Sono stati molto intelligente Kim Il-sung e Kim Jong-il a non seguire la strada della distruzione del passato intrapresa da Mao Zedong con la rivoluzione culturale. Proprio in quegli stessi anni, invece, il governo nordcoreano ha investito moltissimo nella ristrutturazione dei templi buddhisti, così come nel recupero delle vestigia del passato. Non hanno mai voluto distruggere i retaggi del feudalesimo.

Molti pensano che le minacce di Pyongyang, più che essere dettate da sentimenti di ostilità verso Washington, siano motivate da ragioni di politica interna. Sei d'accordo?

Si possono fare dei parallelismi con Kim Jong-il. Anche lui dopo morte del padre Kim il-sung, quando prese il potere, fece uno sfoggio di muscoli causando grandi momenti di tensione e si arrivò ad una crisi nucleare. Sicuramente c'è la volontà di dimostrare al popolo e all'esercito che la nuova leadership è degna del ruolo che ricopre; è un elemento che anche io sottolineo. D'altra parte le esercitazioni congiunte tra Seul e Washington, che durano da mesi, hanno visto un'ingente presenza militare nella penisola, e si tratta di una cosa gravissima visti anche i precedenti. In passato, nel caso di altre esercitazioni su larga scala c'è stato l'episodio del bombardamento dell'isola sudcoreana di Yeonpyeon e la questione insabbiata dell'affondamento della corvetta Cheonan nel 2010. E' una cosa veramente fastidiosa vedere queste mobilitazioni militari al confine tra Nord e Sud, sopratutto calcolando che Pyongyang aveva offerto sia a Seul che a Washington di tornare al tavolo delle trattative. C'è la volontà da parte dei nordcoreani di stabilire una certa calma nella penisola, ma quando vedono che la controparte reagisce con l'organizzazione di vaste esercitazioni la risposta nordcoreana è equivalente. I coreani, probabilmente, vorrebbero la ripresa dei "colloqui a sei". In realtà, negli ultimi comunicati ufficiali si dichiara l'intenzione di voler stabilire un dialogo direttamente con il Sud, senza la mediazione straniera. Anche un ritorno ai "tavoli a sei" sarebbe comunque una cosa positiva.

Pare che David Rodman, lo stravagante giocatore di pallacanestro americano "amico" di Kim, tornerà nel Regno eremita ad agosto. Secondo sue recenti dichiarazioni, sarebbe stato persino contattato dall'FBI dopo il suo incontro di febbraio con il leader nordcoreano. "Volevano sapere com'era andata e chi comanda davvero" ha spiegato il cestista. Come interpreti queste amicizie a stelle e strisce di Kim Jong-un? Si è parlato di una sorta di "diplomazia del basket"...

Quando si legge sulla stampa internazionale che Kim Jong-un utilizza l'ipod tutti rimangono stupiti. Gli Stati Uniti non sono odiati per niente dai coreani. Loro odiano la politica imperialista degli Usa ma sanno benissimo che la società americana non è soltanto caratterizzata dall'imperialismo di chi comanda. Per esempio Kim Il-sung e Kim Jong-il avevano rapporti di amicizia con Jimmy Carter ed erano in ottimi rapporti con Bill Clinton. Non c'è questa grande ostilità che si pensa normalmente; niente a che vedere con il fanatismo dimostrato da alcuni gruppi islamici verso l'Occidente. Quando i coreani utilizzano il termine "nemici" è perché si riferiscono ai soldati americani che sono a sud del 38esimo parallelo. Noi della KFA abbiamo anche dei membri statunitensi, persone che hanno fatto parte delle nostre delegazioni in Corea del Nord e sono state accolte come tutti noi altri. Addirittura quando c'erano state altre manifestazioni antimperialiste, nel 2009, abbiamo portato un professore di medicina americano per fare scambi di studio, in quell'occasione abbiamo anche introdotto in Corea del Nord dei macchinari.
Lo stesso discorso vale per la Corea del Sud. Sui giornali occidentali si scrive che nordcoreani e sudcoreani sono nemici storici, ma in realtà sono lo stesso popolo. Mi ha colpito l'intervista ad un cittadino nordcoreano che in occasione della squalifica ai mondiali della sua squadra rispose che comunque era sollevato dal fatto che quella della Corea del Sud fosse ancora in gara. Alla fine si tratta dello stesso popolo: lo spirito dei coreani di Nord e Sud è lo stesso. E' cosa ben diversa quello che pensa chi bombarda o si trova a dirigere un Paese da quello che pensa il popolo. Io spero che alla fine di questo mese, quando finiranno le manovre militari congiunte Usa-Corea del Sud, si possa tornare ad un clima di distensione. Nel comunicato del ministero della Difesa uscito il 17 aprile si prendeva atto delle dichiarazioni di Obama (del fatto che non vuole una guerra), dell'arretramento delle truppe americane dalle linee di confine, così come delle modifiche del piano di esercitazioni militari tra Washington e Seul. Mi pare che i toni siano più rilassati. Negli ultimi anni, in occasione della nascita di Kim Il-sung e Kim Jong-il, i nordcoreani hanno portato avanti delle provocazioni, come il lancio del satellite poi fallito. Probabilmente staranno preparando qualcosa nei prossimi giorni; se hanno spostato la data è perché hanno preso atto di queste novità nella posizione assunta dagli Stati Uniti. Se però comunicano al mondo che faranno una cosa, poi la fanno: non tirano indietro la mano dopo aver lanciato il sasso con il rischio di sfigurare. Se annunciano che lanceranno un satellite è perché il satellite è già quasi sulla rampa di lancio. Questo è un po' il loro modo di comunicare con l'Occidente. Ma se porteranno avanti qualche azione si tratterà soltanto di atti dimostrativi, niente di più: se non vengono attaccati non attaccheranno mai per primi.







giovedì 4 aprile 2013

Qiu Lin: "la Corea del Nord non rispetta più la Cina"


Nell'escalation tra le due Coree a fare da ago della bilancia sarà la Cina. Sono in molti a credere che le future mosse di Pyongyang dipenderanno dall'appoggio concessogli o meno da Pechino, suo principale alleato eppure visibilmente contrariato dalle recenti minacce del vicino. Ma è ancora davvero così forte l'ascendente del Dragone sul Paese eremita? Diversi analisti hanno messo in risalto come il controllo cinese sulla Corea del Nord sia stato ampiamente sopravvalutato, sopratutto dagli Stati Uniti. Riporto una mia traduzione dal cinese di un post di Qiu Lin, noto commentatore finanziario, blogger e autore di alcune analisi sugli ultimi sviluppi nella penisola coreana. (link sito di riferimento). 

All'inizio dell'anno, quando cominciarono a diffondersi le prime voci su un possibile test nucleare nordcoreano, la Cina si mostrò subito contrariata. Per ostacolare le intenzioni di Pyongyang Pechino inviò diversi alti funzionari oltre confine al fine di dissuadere l'alleato, ma quest'ultimo non soltanto non li ha degnati di uno sguardo, ma ha anche avuto l'ardire di condurre il suo test nucleare durante i festeggiamenti per l'anno lunare cinese (12 febbraio). Questa mossa suggerisce che il regime di Kim Jong-un non apprezza il rapporto con la Cina e non rispetta minimamente il nostro Paese.

Analizzando in maniera approfondita il comportamento mantenuto dalla Corea del Nord scopriremo qual'è il contesto di base in cui opera Kim Jong-un. Egli chiaramente si avvale dell'aiuto di una serie di azioni, quali il test nucleare e il lancio del missile, per dimostrare al mondo che la Corea del Nord sta diventando una nazione forte, e che non è interessato a restaurare i "colloqui a sei". Ma questo non è un atteggiamento dettato da un capriccio del momento. Con il rafforzamento del ruolo della Cina al tavolo delle trattative, Pyongyang ha cominciato a realizzare che il proprio destino è sempre più nelle mani di altri, e proprio per questo ha deciso di deludere la Cina con azioni riprovevoli.

Certo, Roma non è stata costruita in un giorno. Questo rapporto ambiguo tra i due Paese ha dietro di sé una lunga storia. Si può dire che alcuni grandi eventi sono alla base dello sfilacciamento delle relazioni bilaterali.

Per prima cosa, è bene ricordare che la dissoluzione dell'Unione Sovietica ha condotto ad una riduzione significativa dei gruppi d'interesse socialisti, e che tale situazione ha fatto crollare sensibilmente la fiducia di Pyongyang verso i Paesi socialisti, Cina compresa. In secondo luogo, l'adozioni di Pechino delle politiche di riforma e apertura è stata letta dalla Corea del Nord come una deviazione dalla via del socialismo. Infine, nel 1992 la Cina ha stabilito relazioni diplomatiche con la Corea del Sud -che Pyongyang considera il proprio nemico numero uno- con conseguente rapido aumento degli scambi commerciali. Una mossa che al regime del Nord deve essere apparsa come un alto tradimento.

Vale la pena di ricordare che durante l'amministrazione del padre di Kim Jong-un, Kim Jong-il, sono state rivolte diverse critiche alla politica di riforma e apertura di Pechino. Kim credeva che il velenoso "revisionismo" cinese avesse in parte già contagiato la Corea del Nord. In seguito al coinvolgimento della penisola coreana nelle grandi questioni internazionali, Pyongyang ha cominciato a recidere progressivamente il cordone ombelicale che lo legava a Pechino, preferendo rafforzare la cooperazione prima con il presidente russo Boris Eltsin e poi con il regime di Vladimir Putin, decretando un allontanamento consapevole dalla Cina. Nel frattempo Pyongyang ha anche deciso di eliminare dai libri di storia e dai rapporti ufficiali ogni cenno all'intervento dei volontari cinesi durante la Guerra di Corea, così come ha proceduto a togliere la bandiera nazionale della Repubblica popolare da Panmunjon.

(Per un'analisi più approfondita sui rapporti Cina-Corea del Nord consiglio il dossier pubblicato da Sino-NKQui invece un mio pezzo sulle prime reazioni di Pechino al terzo test nucleare di Pyongyang)

朝鲜为何不再尊重中国?

今年初,朝鲜放出将进行核试验的风声后,中国表明其反对立场。为阻止朝方的行动,中方派出多名高官赴朝劝说,但是,没有收到任何效果。朝鲜不仅对中国的劝说不屑一顾,反而选择在中国年初三(2月12日)进行核试验。这表明,金正恩政权不珍视与中国的关系,对中国没有丝毫的尊重。

深入分析朝鲜的所作所为,我们会发现金正恩的基本脉络:他显然是借助核试验、发射导弹等一系列动作向世界表明,朝鲜正在建设强盛国家,他不再对“朝核六方会谈”感兴趣,这不是心血来潮的义气之举。特别是中国越强调在六方会谈中的作用,朝鲜越是会觉得自己的命运掌握在别人手中,就会越做出一些让中国失望的事情。

当然,冰冻三尺,非一日之寒。中国与朝鲜这种若即若离的关系,有其深刻的历史背景。可以说,几件大事发生颠覆了中朝关系。

一是由于前苏联解体导致社会主义阵营大幅缩小,朝鲜与包括中国在内的社会主义国家产生不信任;二是中国实行改革开放政策,朝鲜认为中国背离了社会主义道路;三是1992年中国与韩国建立外交关系,中韩贸易往来迅速增长,朝鲜认为中国与自己的敌人——韩国发展关系是背叛了自己。

值得一提的是,金正恩的父亲金正日执政期间,多次批评中国改革开放政策,并认为“修正主义中国的毒化影响”已经波及了朝鲜。之后,在涉及朝鲜半岛的重大国际问题上,朝鲜也开始刻意排除中国的影响力,与俄罗斯叶利钦和普京政权加强合作,有意识地远离中国。同时,朝鲜还删除了教科书和官方通讯中关于中国志愿军参战的事实,然后撤除了板门店的中方国旗。

Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...