domenica 30 giugno 2013

Diario di un xinjianese


(Aggiornamento del 6 luglio: la Xinhua riporta nuovi dettagli sull'"attacco terroristico premeditato" che lo scorso 26 giugno a Lukqun- secondo le stime delle autorità locali- è costato la vita a 24 persone, 16 uiguri e otto han. "Noi stiamo vivendo una vita paradisiaca. Ma quel giorno ho visto scene da inferno" avrebbe dichiarato all'agenzia di stampa cinese un testimone uiguro.)


Recenti scontri nella provincia occidentale dello Xinjiang hanno gettato nuovamente il governo di Pechino nella psicosi da separatismo/terrorismo. Per la gente del posto, si tratterebbe piuttosto della reazione esasperata della minoranza uigura (di lingua turkmena e religione islamica) al pugno di ferro adottato dai funzionari cinesi nella regione autonoma, negli ultimi decenni soggetta ad un'immigrazione di massa dell'etnia Han (oggi circa il 39% della popolazione locale). Gli incidenti degli scorsi giorni sarebbero stati innescati dall'arresto di un membro di una gang che la stampa ufficiale definisce "un gruppo di 18 terroristi che dalla metà di giugno sta raccogliendo soldi, acquistando coltelli, benzina e altri strumenti per atti criminali". (Fonte Reuters
"La Cina cerca da sempre di iscrivere la questione nello Xinjiang nel contesto del terrorismo internazionale e del jihadismo. E credo ci siano delle prove che alcuni elementi possono associare lo Xinjiang con questa sorta di jihad globale. Però penso che non sia la gran parte dei motivi delle tensioni nella regione. Credo che le ragioni vadano cercate nelle divergenze locali e nelle tensioni a livello locale piuttosto che nel contesto internazionale" ha spiegato in una recente intervista a AgiChina24 Raffaello Pantucci, Senior research fellow al Royal United Services Institute di Londra. 
Un post, ricondiviso di recente sui principali social network cinesi da QQ a Renren, descrive la situazione in cui verte la provincia dell'Ovest dal punto di vista di un xinjianese. Segue una traduzione quasi integrale.

Dopo che questo post è stato pubblicato qualcuno ha fatto il mio nome alle autorità e l'articolo è stato presto bloccato. A questo punto vi esorto a rileggerlo per decidere se sopportare o fare rapporto alle autorità,  perché questo articolo non è buono o contiene un messaggio separatista. Nessuno ci rispetta e il contributo che lo Xinjiang fornisce al Paese non viene riconosciuto. Se verrà segnalato alle autorità questo post sarà nuovamente bloccato e io in tutta la mia vita non proverò mai più a pubblicarlo, non ne farò mai più menzione.

Dopo i miei costanti appelli, questo diario è stato ripristinato, per questo devo ringraziare il Security Center di QQ. Questo dimostra la vostra approvazione al Xinjiang e al suo popolo. A voi voglio estendere il mio rispetto e i miei ringraziamenti.

Testo
Poiché sono xinjianese non potrò mai abbassare la testa davanti a chi non lo è.
E non proverò mai un minimo di vergogna nel dire: "Sono dello Xinjinag!"
Non importa dove mi trovi, sarò sempre orgoglioso di poterlo affermare:
"Sono dello Xinjiang!"

Penso sia terribilmente ingiusto.
Sono solidale con Wenchuan, lo sono con Yushu e Zhouqu (contea del Gansu colpita da piogge torrenziali e smottamenti nel 2010, ndt), ma lo sono ancora di più con me stesso.

Ma il 5 luglio 2009 (anno delle proteste durante le quali -secondo fonti cinesi- persero la vita circa 200 persone, ndt) in Xinjiang chi di voi ha sostenuto Kashgar?
Chi di voi ha pianto le tragiche morti del mercato Erdaoqiao a Urumqi? Chi ha pianto le anime decedute sulla strada pedonale di Kashgar?
Nessuno, assolutamente nessuno!

Catastrofi naturali e disastri umani
Le catastrofi naturali sono calamità, quelle causate dall'uomo forse non lo sono?
Mentre portate avanti con disprezzo l'esclusione del popolo dello Xinjiang, continuate invece, con coscienza tranquilla, a trasportare da ovest a est il nostro gas naturale in cambio di umiliazioni e rifiuto sprezzante.

Guardando a quei lutti penso sia veramente ridicolo piangere; quanto piangere può incitare e ispirare a resistere l'animo delle genti? Quel 5 luglio nello Xinjiang voi cosa avete fatto?
Quelle teste appese a Erdaoqiao, a Urumqi; quelle automobili lungo la strada distrutte e date alle fiamme. Per strada in ogni dove persone ferite stese a terra o già morte. E poi alla televisione, nel notiziario i numeri delle vittime ritoccati dalle autorità. Potete capire cosa si prova?

Nei soccorsi nelle aree colpite dal terremoto, quanti soldati dell'Esercito popolare di liberazione si sono sacrificati per offrire il proprio aiuto; i media hanno dato grande risalto alla cosa e tutto il Paese ha mostrato la propria riverenza e il proprio cordoglio. Ma nella dignitosa Cina, quanti conoscono il nome di Wan Jingang, martiri xinjianesi del wujing (la Polizia Armata del Popolo, il corpo paramilitare che si occupa della sicurezza interna, ndt) che armato di scudo ha difeso la patria?
Vorrei sapere chi pregherà per noi in silenzio. Perché dovremmo essere noi a ad unirci a voi secondo il detto "l'unione fa la forza"?

Perché in caso di calamità naturali si ama senza limiti il concetto che vede nell'unione un punto di forza, mentre in caso di disastri provocati dall'uomo si ingannano le persone distorcendo la realtà dei fatti? Perché, quando l'etnia Han  e i cinesi vengono colpiti da calamità, Wenchuan e Yushu ricevono l'attenzione e l'aiuto non solo nazionale ma anche internazionale? Lo Xinjiang invece?

A partire da quel giorno (il 5 luglio 2009, ndt), il web e lo scambio d'informazioni sono finiti sotto controllo; per dieci mesi di fila non ho fatto altro che chiedermi perché stava avvenendo tutto questo. La gente comune che crimine ha commesso?

Alla fine come se la passa lo Xinjiang?
Lo Xinjiang costituisce un sesto della superficie complessiva della Repubblica popolare, ha una popolazione di soli 19milioni di abitanti ma si trova a difesa di una linea di confine di oltre 5400 chilometri. Il trasporto del gas naturale da ovest a est del Paese ha contribuito con ricche risorse energetiche, il paradiso terrestre di Lop Nur fornisce una base per la ricerca scientifica facendo da poligono per test nucleari (delle forze armate cinesi, ndt). Il desolato deserto del Gobi ogni anno dà il proprio contributo alla Patria con frutti dolci, cotone di alta qualità, ovini e bovini.

Quando i tassisti di Pechino si mettono alla guida delle Elantra di grossa cilindrata, quando i fornelli delle cucine di Shanghai emettono quelle fiamme blu, tutto questo secondo voi da dove arriva? Il vostro sviluppo economico su cosa si puntella?
Vi prego di tenere a mente che lo Xinjiang ha rispetto della Cina, ma voi invece cosa avete fatto?
Che senso ha il regolamento emesso a Pechino dopo quel 5 luglio che prevede che "I xinjianesi non sono ammessi"? I xinjianesi fuori dalla propria terra subiscono discriminazioni e non vengono rispettati. Voi potete criticarmi senza esitazione, ma sappiate che quanto avvenuto nello Xinjiang è stato causato soltanto da alcuni senza valore.

Tutto quello che è avvenuto nello Xinjiang è stato causato soltanto da quelle poche persone che nutrono desideri secessionisti. Io infatti non so veramente fuori dai confini della regione i xinjianesi quanti nomignoli abbiano, quanta impressione esercitino. So soltanto che non ve ne è nemmeno uno che sia lodato, che sia acclamato.
Io l'unica cosa che riesco a vedere è che quelle poche persone (con velleità indipendentiste, ndt) sono in grado di costringere un xinjianese, che abbia con sé un documento di riconoscimento, a vagare per la città un giorno e una notte senza riuscire a trovare un albergo o un ostello che lo accolga per riposare un po' fino all'aereo o al treno successivo. E quella carta d'identità, mostrata come fosse un tesoro nazionale, suscita soltanto aspre critiche.

Non dovete giudicare lo Xinjiang e i suoi abitanti con paraocchi e pregiudizi; un atteggiamento del genere rivelerebbe soltanto superficialità e ignoranza facendoti provare vergogna. Soltanto quando il senso di panico lentamente ha cominciato a diffondersi dallo Xinjiang, ho scoperto come i miei per così dire "compatrioti" vedono veramente questa terra. Posso dire di rappresentare soltanto me stesso, io sono xinjianese, non sono cinese. Perché non me lo merito, giusto? Questo è quanto risponderebbero i miei compatrioti.

Ogni calamità influenza in qualche modo le persone che crescono in questa terra, non importa che abbiano sofferto insieme grandi patimenti o abbiano soltanto visto da lontano il proprio villaggio natio farlo: quando la nostra famiglia subisce dei soprusi il nostro cuore si sente subito privato di una parte. Nello Xinjiang quando fa caldo fa caldo e quando fa freddo fa freddo. Come le quattro stagioni sono ben distinte, così lo sono anche le inclinazioni dei xinjianesi; meriti e demeriti sono demarcati in maniera spigolosa. Noi valorosi figli dello Xinjiang quando veniamo feriti poi sopportiamo con ancora maggior coraggio le sofferenze.

Un'altra cosa voglio dire: Cina, sappi che non è che lo Xinjiang non ti ama, sei tu che lo hai abbandonato.

Il petrolio dello Xinjiang è stato trasportato via, il gas naturale dello Xinjiang è stato trasportato via, il cotone dello Xiniang è stato trasportato via, la silvite dello Xinjiang è stata trasportato via, l'oro dello Xinjiang è stato trasportato via, la giada di Hotan è stata trasportata via.
La bomba atomica è arrivata nello Xinjiang.

Xinjiang, 1,6milioni di chilometri quadrati di terra per 19milioni di persone di ogni etnia. Noi viviamo in questa terra da generazioni e ne siamo fieri e orgogliosi. E non perché vi sia una ragione particolare, soltanto perché si chiama Xinjiang. Questa regione rappresenta un sesto del territorio nazionale. Qui ci sono i figli di 47 etnie diverse che coltivano i campi, pascolano le pecore, si occupano di commercio o lavorano nelle miniere. Mille anni di carneficine (?) presto sono stati lavati via dall'acqua cristallina del sistema idrico Karez. Mille anni di storia sono stati purificati dal profumo intenso del loto delle nevi dei monti Tianshan. Tutto il popolo dello Xinjiang, senza distinzione di etnia o di credo religioso, desidera che il proprio paese natale possa ottenere uno spazio e possibilità di sviluppo eque. Il grande sviluppo dell'Ovest è uno slogan che un tempo ci entusiasmava moltissimo. Persino sulle eterne montagne al confine con il deserto di Taklimakan venivano utilizzate pietre bianche per scrivere a grandi caratteri: "nella strategia di sviluppo dell'Ovest lo Xinjiang occupa un ruolo chiave, Bazhou (distretto del Sichuan, ndt) si impegnerà con tutti gli sforzi!"

C'avevano detto che opportunità di sviluppo senza precedenti sarebbero piovute sulle nostre teste. C'avevano detto di sopportare e superare le perdite e le difficoltà temporanee perché col tempo si sarebbero trasformate in felicità. C'avevano detto che le risorse naturali sepolte sotto la terra non sarebbero mai state scambiate per denaro. C'avevano detto che le costruzioni su vasta scala avrebbero fornito nuove occasioni di lavoro per i xinjianesi. C'avevano detto che come le lunghe condotte avevano trasportato petrolio e gas naturale nelle regioni interne allo stesso modo avrebbero portato nelle mani dei xinjianesi grandi guadagni.

Un tempo c'avevano detto...

Come era lo Xinjiang? Neve sciolta scorreva lentamente dai monti Tianshan e Kunlun fino ai pascoli e ai campi coltivati, praterie si estendono a perdita d'occhio, ricche di ovini e bovini; questo era lo Xinjiang. Un'oasi dell'agricoltura. La nostra sussistenza non dipendeva dalla volontà del Cielo e, nonostante la siccità o l'eccessiva pioggia, riuscivamo ad ottenere raccolti stabili. Sulle alte montagne le praterie si prestano al pascolo e non dovevamo preoccuparci del fatto che dopo un mese senza pioggia l'erba potesse seccarsi. Nello Xinjiang non c'è mai stata una carestia e, durante i tre anni di disastri naturali (la grande carestia del 1959-61, ndt) gli abitanti della Cina interna arrivavano nello Xinjiang persino aggrappati alle carrozze dei treni, e anche quando venivano fermati presso la gola Xingxing per essere rimandati a casa in quanto migranti, saltavano giù dal treno a metà strada per proseguire a piedi. E' proprio così: nello Xinjiang avevamo la terra, avevamo l'acqua delle montagne, avevamo speranze.

La nostra vita era felice. Poi un giorno all'improvviso c'è stato detto che qualcuno sarebbe venuto ad aiutarci. In quel momento il nostro cuore si è riempito di gratitudine. Risvegliati nel mezzo della nostra esistenza serena e tranquilla, all'inizio abbiamo provato un senso di eccitamento perché ci veniva annunciato che potevamo avere ancora maggiori speranze.

Otto anni sono passati in un lampo.
Voi che ci avevate indotto a sperare in quel meraviglioso progetto ora dove siete?
Venite a vedere il nostro Xinjiang. Quel grande sviluppo dell'ovest alla fine in cosa si è tradotto?
Le risorse, comprese quelle risorse energetiche che dovevano avere un "senso strategico", sono state risucchiate via attraverso le lunghe condotte fino alle provincie costiere. A questo non diamo molta importanza, ma che cosa abbiamo guadagnato in cambio? Opportunità di lavoro? Quelle società che operano nello sviluppo del settore energetico dello Xinjiang non sono forse tutte grandi imprese della Cina interna? Noi figli di xinjianesi abbiamo mai beneficiato di queste occasioni lavorative? I figli dei xinjianesi laureati al Petroleum Institute di Xi'an che vogliono lavorare nello Xinjiang incontrano una difficoltà dopo l'altra, perché i posti di lavoro migliori sono tutti occupati dai dipendenti delle società dell'entroterra. Basta andare presso un gruppo petrolchimico a caso per sentire parlare ovunque il dialetto di Pechino, del Dongbei, dello Shandong, mentre da nessuna parte si sente l'accento dello Xinjiang.

Dunque noi figli dello Xinjiang possiamo davvero lavorare nel settore del petrolio? Non è che non possiamo, ma dobbiamo adattarci al livello base della nostra specializzazione: possiamo sempre mettere benzina alle macchine ad una stazione di servizio. Possiamo promuovere lo sviluppo dell'industria del settore? Bisogna sapere che le pipeline che trasportano gas da ovest a est sono fabbricate a Baoji, nello Shaanxi. Possiamo godere di alti standard di vita? Sapete a Shanghai quanto costa un metro cubo di gas naturale? Un kuai e due mao. Sapete quanto costa nello Xinjiang? Un kuai due mao e cinque jiao. Sapete qual'è il livello salariale di un xinjianese? Lo stipendio mensile di un insegnante che lavora da 30 anni non supera i 2500 kuai (312 euro circa); e questo dopo l'aumento dei salari del 2006. Un quadro di partito a livello di dipartimento che abbia compiuto cinquant'anni mensilmente, con l'aggiunta dei sussidi, prende non più di 3mila kuai (un po' più di 374 euro). E un normale colletto bianco? Un operaio, un contadino o un comune impiegato statale?
Noi stiamo ancora digerendo la crisi delle forbici, stiamo pagando silenziosamente il prezzo dello sviluppo dell'est.

Urumqi e Korla, sono due città leader del nord e del sud dello Xinjiang.

Urumqi è una grande città con una popolazione di due milioni di persone e un problema di vecchia data: trovare un taxi. Negli orari di punta all'entrata e all'uscita da lavoro, spesso, durante i gelidi inverni, le persone stanno in piedi per strada con 20 gradi sotto zero anche mezz'ora prima di riuscire a prendere un taxi. Occorre chiedere sempre al tassista prima dove va. Su cento autisti interpellati novantanove ti risponderanno: "a fare la fila dal benzinaio!" I taxi di Urumqi vanno a gas liquido; lo Xinjiang è noto per la produzione del petrolio come fa a mancare il gas liquido? I compagni della società petrolchimica Dushanzi ti diranno con pazienza: "compatrioti xinjianesi, dobbiamo tenere duro. Il petrolio e il gas dello Xinjiang devono appagare i bisogni delle grandi città delle province interne e assicurare il trasporto di risorse energetiche verso est."
Ma quando i tassisti di Pechino guidano le loro Elantra, e i fornelli delle cucine di Shanghai emettono belle fiamme blu, vi prego di pensare a quei xinjianesi che producono quel petrolio e quel gas naturale, e che in pieno inverno stanno in piedi al freddo; ai tassisti che ansiosi aspettano il loro turno aspettando in una fila della quale non si riesce a vedere l'inizio, e che pur sempre devono mangiare, devono acquistare un appartamento e devono mandare i figli a scuola. Il tempo della loro vita lo impiegano ad aspettare invano.

Korla, città emergente del petrolio, testa di ponte dell'economia del sud e sede del quartier generale della Tarim Oilfield. Quando gli investitori nel settore petrolifero sono arrivati, noi abbiamo dato loro il benvenuto offrendo un hada (pezzo di seta utilizzato come dono dalle etnie Zang e mongole, ndt). La costruzione della sede centrale della società necessitava di terra. E va bene! Sapete adesso il quartier generale della Tarim Oilfield dove si è stabilito? Su mille mu (unità di misura cinese equivalente a 666,7 metri quadrati, ndt) di terreni coltivabili, campi agricoli arati dalla popolazione locale da generazioni. La patria ne ha bisogno, la compagnia petrolifera ne ha bisogno. Noi non abbiamo rimpianti per aver regalato questo lotto di terra fertile, ma oggi che il grattacielo della Tarim e appartamenti a cinque stelle sono in costruzione, che i pozzi petroliferi zampillano petrolio e che il gas naturale dei giacimenti della Tarim è stato trasportato a est, chi è che pensa a come se la passano quei contadini che hanno perso le loro terre per tutto questo? Vi esorto a venire a Korla per dare un'occhiata alle sue strade, per chiedere ai lavoratori della nettezza urbana e agli impiegati in uniforme appartenenti alle minoranze etniche prima cosa facevano. Guardando lontano verso la sede centrale della Tarim Oilfield, vi risponderanno che lì un tempo c'erano le loro case. Almeno, quelle migliaia di contadini che hanno perso la loro terra ora hanno trovato un lavoro? Senza abilità tecniche né istruzione, sul fronte igienico-sanitario non è possibile sistemare così tante persone. Vi prego di venire a vedere il Ponte dei Girasoli, sul Fiume del Pavone. Tutti i giorni all'alba una massa di braccianti si raduna lì, così che i boss in cerca di lavoratori temporanei hanno ampia scelta. I prescelti si fanno una giornata di lavoro per mettere da parte un po' di soldi. Il giorno seguente sono di nuovo già tutti lì in cerca di fortuna. Una volta passato mezzogiorno, se non sono ancora stati selezionati, se ne vanno; meglio tornare a casa a riempirsi lo stomaco e pregare Allah perché l'indomani conceda loro un'opportunità di lavoro.

Questo è quanto avviene con le risorse energetiche, e con le altre risorse naturali? Con l'oro? Con la silvite? Con la giada?
Alla fine chi è che si è arricchito grazie allo sviluppo su larga scala? Passati otto anni dall'inizio della strategia del grande sviluppo dell'Ovest, per quale ragione sono stati avviati tutti i vari progetti concernenti le risorse naturali, ma raramente si possono riscontrare investimenti e supporto nel settore sanitario, culturale, e dell'educazione scientifica? Quando si vuole sviluppare una regione, quella delle risorse naturali è soltanto una strada destinata ad esaurirsi con lo sfruttamento. Poi cosa ci rimane? Senza scienziati ed esperti, quale spazio rimane allo sviluppo?
Gli studenti della Facoltà di Storia dell'Università dello Xinjiang quando si recano in biblioteca non riescono nemmeno a reperire un libro comune come il Wanli Shiwunian. Nella prefettura autonoma mongola di Bayin'gholin, la più grande della Cina, non ci sono biblioteche né musei regolari. Se questa è la situazione nei grandi nuclei urbani, immaginate come stanno messe le piccole città e le campagne. Perché di questo sviluppo dell'Ovest abbiamo visto solo pochi investimenti e progetti?

I xinjianesi, umili e oneste persone, nelle provincie interne del Paese vengono chiamati barbari. Eppure sopportano tutto in silenzio. Proviamo a pensare se i tassisti di Pechino dovessero mettersi ogni giorno in la fila per cercare di fare benzina senza riuscirci. Cosa accadrebbe? E se i contadini dello Shandong perdessero uno ad uno i loro campi coltivati, come è capitato a quelli di Korla. Riuscirebbero anche loro a sopportare tutto in silenzio?

Il decesso del pilota dell'aviazione militare americana responsabile di aver sganciato la bomba atomica sul Giappone (Paul Tibbets, morto il 1 novembre 2007, ndt) ha riacceso il dibattito sulle armi nucleari. Qualcuno ha pensato al lontano Lop Nur (dove la Cina ha testato la sua prima bomba atomica nel 1967, ndt), al bellissimo Fiume del Pavone e bacino fluviale del Tarim, innumerevoli volte sede di test nucleari sotterranei? Quando sentite la notizia di tempeste di sabbia nello Xinjiang sicuramente il primo pensiero che vi viene in mente è: che posto desolato! Ma qualcuno ha mai pensato a cosa succede a quelle persone che abitano lì da generazioni?

Uno dopo l'altro amici e parenti sono morti. Per un cancro all'esofago, non ai polmoni. Il Xinjiang era un luogo noto per la longevità dei suoi abitanti, che per secoli hanno vissuto in aperta campagna respirando aria fresca e mangiando cereali, senza industrie nelle vicinanze. Come possono essersi ammalati di cancro? La prefettura autonoma mongola di Bayin'gholin, a partire dagli anni xxxx (?), è diventata un'area ad alto rischio di cancro. Hu Jintao (ex presidente della Rpc, ndt) è andato a trovare i malati di AIDS, Wen Jiabao (ex premier, ndt) si è recato presso i villaggi dell'AIDS nello Henan; questi sono i progressi della nostra epoca, questo è l'amore dimostrato dal Partito e dal governo. Ma allora per quale ragione un'area diventata ad alto rischio di cancro per l'esposizione prolungata alle radiazioni non viene mai degnata dai media e nessuno ha mai risposto direttamente al problema?

In occasione di un test nucleare il popolo cinese si è alzato in piedi, per non subire la minaccia di una "tigre di carta". Ma nello Xinjiang centinaia di migliaia di persone innocenti e inconsapevoli sono si sono ammalate, e cosa ancora più tragica, senza sapere perché. Figuriamoci gli altri.

Il petrolio dello Xinjiang è stato trasportato via, il gas naturale dello Xinjiang è stato trasportato via, il cotone dello Xiniang è stato trasportato via, la silvite dello Xinjiang è stata trasportato via, l'oro dello Xinjiang è stato trasportato via, la giada di Hotan è stata trasportata via.
La bomba atomica è arrivata nello Xinjiang.

Lo Xinjiang è una parte inseparabile della Patria e i xinjianesi rientrano tra gli 1,3 miliardi di cinesi. Noi desideriamo la prosperità del Paese e ci auguriamo che il popolo delle altre provincie e città possa essere fiorente, ma anche noi siamo persone. Le nostre non sono richieste particolarmente grandi: che lo Xinjiang e i xinjianesi possano ottenere possibilità di sviluppo giuste e imparziali, possano ottenere benefici e profitti dai depositi minerari della propria terra, possano avere un domani glorioso, proprio come il popolo cinese. E che una volta terminate le risorse naturali possano continuare ad avere speranza.

Amici, in qualsiasi parte della Cina siate, mentre godete una vita pacifica sotto questo sole, vi chiedo di pensare a quei xinjianesi che per la pace della Patria vengono sottoposti -senza saperlo- a radiazioni nucleari. A loro dovete chiedere scusa.

Amici, in qualsiasi parte della Cina siate, mentre godete abbondantemente i benefici portati dall'approvvigionamento delle risorse e dalla rapida crescita economica, vi chiedo di pensare un attimo ai xinjianesi che per accrescere la prosperità di alcuni altri si fanno silenziosamente carico di grandi pene, sopportando discriminazioni e sdegno. A loro dovete dire grazie.

Noi non abbiamo chissà quali richieste. Quei 19milioni di xinjianesi finché impossibilitati a cambiare lo status quo e la situazione nel suo insieme, finché vittime sacrificali per lo sviluppo dell'est, non hanno bisogno che del rispetto sincero degli altri. Desiderano semplicemente sentirsi dire:

Popolo dello Xinjiang, scusaci e grazie!

I xinjianesi, durante il gaokao (esame per accedere agli studi universitari, ndt) spendono grande impegno per ottenere un punteggio abbastanza alto da poter accedere ad una specializzazione nella Cina interna. Qualcuno penserà che sono fuori di testa. Le università dello Xinjiang a livello provinciale sono molto note, eppure per noi che ci siamo laureati in questi atenei è molto difficile trovare poi opportunità al di fuori della regione. La scuola di economia e finanza dello Xinjiang è ottima, ma i ragazzi dello Xinjiang più ambiziosi non osano iscriversi. Anche la Shihezi University non è male, ma la situazione è la stessa: chi ha la possibilità di andare a studiare altrove non sceglie di studiare nello Xinjiang. Chi una volta laureato non teme di restare senza lavoro, chi non desidera avere una vita migliore degli altri?!

Il piano di sviluppo dello Xinjiang ha portato via l'onestà e la solidità del suo popolo. Quanti ritengono che sia stato inevitabile dovrebbero considerare cosa abbiamo ricevuto in cambio: il livello d'istruzione è insufficiente, i requisiti non sono abbastanza buoni per frequentare le scuole, il livello di vita è ancora limitato. Cosa hanno nelle loro mani i ragazzi dello Xinjiang per poter competere con i loro coetanei delle altre regioni cinesi? Soltanto un cuore profondamente sincero.
Abitanti della città del sud Aksu, anche questa primavera lo Xinjiang è stato colpito da una tempesta di sabbia che ha riempito tutto il cielo, che fine ha fatto il gorgoglio del sistema idrico Karez, così familiare alle vostre orecchie dieci ani fa? Verso quale direzione scorrono oggi i ruscelli limpidi dei monti Tianshan? Il corso del Tarim, madre di tutti i fiumi dello Xinjiang meridionale, è già stato bloccato. Questo Xinjiang, che non manca di risorse energetiche, adesso a causa dei trasporti da ovest ad est ha problemi nella comunicazione e nella vita quotidiana. Credo che tutto il popolo dello Xinjiang condivida queste mie preoccupazioni. Perché il sud della Cina si è sviluppato rapidamente, mentre lo Xinjiang ha consegnato tutto il gas che poteva consegnare in cambio di povertà e arretratezza?

E' vero o no che nel giro di altri dieci anni lo Xinjiang si troverà improvvisamente senza l'acqua dei monti Tianshan? E' vero o no che nel giro di dieci anni lo Xinjiang scoprirà di avere meno risorse energetiche di Shanghai? E' vero o no che nel giro di dieci anni nello Xinjiang le tempeste di sabbia dureranno fino a sei mesi l'anno? E' vero o no che nel giro di dieci anni il peggioramento climatico andrà a colpire le vendite di frutta all'estero? Questo è quanto rimarrà ai xinjianesi.

Non dovete continuare a fare finta che quel 5 luglio nello Xinjiang non sia successo niente, non dovete continuare ad utilizzare un tono sprezzante per riferirvi allo Xinjiang in quei giorni in cui la sabbia riempie il cielo.
Pensate piuttosto alla semplicità dei xinjianesi e ai bambini che vivono lì e una volta cresciuti devono fare i conti con una crudele realtà lavorativa. A loro dovete dire grazie!


[转]新疆,对得起中国!中国呢?......

此文在发表之后由于一些无名人士对我的举报,文章随后被封,在此本人恳请大家再读此文,随后再做决定:支持还是举报,是因为这篇文章不好、有分裂思想;还是我们新疆就根本不被人们所认可,新疆人不被人们所认可,新疆为国家所做的贡献不被人们所认可。若仍被举报,文章再次被封,本人这辈子不会再发表此文,不会再提及此文!

经过本人不断申诉,此篇日志已由工作人员进行了审核,该日志已恢复,十分感谢QQ安全中心对本人日志的恢复和认可,这也说明着你们对新疆的认可,对新疆各族人民的认可,在此本人向你们再次致以崇高的敬意和感谢!


正文:

我永远不会因为我是个新疆人
而卑微的向任何一个非新疆人低头
更不会带着一丝乞求去怯懦的说“我是新疆人!”
不管在什么地方,我都会骄傲的说

我是新疆人!”

我觉得特别不公平!
我同情汶川,同情玉树,同情舟曲

可是我更同情我自己,呵,多么可笑
一方有难,八方支援”

说的多么的动听

可是新疆7.5你们谁支援了 喀什呢?
你们谁悼念乌鲁木齐二道桥那些惨死的灵魂?喀什步行街些惨死的灵魂?
没有!统统没有!

天灾人祸
天灾是灾难,人祸就不是灾难么?
在你们带着对新疆人的鄙夷排斥的同时却又心安理得的用着从我们新疆运输来的天然气
“西气东输”,换来的就是你们高高在上的排斥与凌辱鄙夷么???!!!

看到那些悼念,
我真的觉得可笑的想哭
呵,多么煽动鼓舞人心的“励志”?

可是新疆7.5的时候你们都做了什么?!

乌鲁木齐二道桥上那些高挂的头颅
那些沿路被砸 坏,烧毁的车辆

街上随处躺着受伤,或者已经遇难的人
然后看着电视上,新闻里 报道着的虚假数字
你可知,那是怎样的一种心情?

抗震救灾,那么多的解放军奉献牺牲,报道层出不穷,全国敬仰哀悼
可是堂堂的中国,又有几个人知道

我们新疆那个手持盾牌保卫家园的武警烈士“万金刚”的名字?
我想知道,谁为我们默哀祈福过,

为什么还要我们去做所谓的众志成城?为什么同样是灾难,天灾
便是大爱无疆.众志成城

人祸,则是掩人耳目,篡改真相?
为什么同样是汉族人,中国人,蒙受了灾难,汶川,玉树可以得到国家乃至世界的关怀和帮助?
而新疆?
从那天开始,网络管制,通信管制,持续了10个月之久
我只是想知道,为什么要这样,苍生何辜?

新疆人,到底怎么了?
新疆占了中国6分之1的国土面积,
区区1900万人口却守护着祖国5400多公里的边境线

西气东输捐献了宝贵的天然气和石油
人间仙境罗布泊贡献给科研基地作为核实验的研究基地
荒凉的戈壁沙漠
可每年却为祖国贡献着甜美的瓜果
优质的长绒棉,成群的牛羊

当北京的出租车换上了大排量的伊兰特时
当上海居民的厨房里冒出了纯蓝的灶火时
这些从何而来,你们的经济发展靠什么?
请您们记住,新疆,对得起中国

可是你们又做了些什么呢?75事件以后,北京首府,明文规定“新疆人禁止入内”,告诉我,这是为什么?
新疆人在外地,受到的歧视,不尊重,不当人看,少吗

是的,您们可以毫不客气的指责我,那只是个别人没有素质才会做的事

我没笑.那反过来说,新疆所发生的一切,难道就不是那些企图把新疆分裂出去的少数人做的吗?但是却把新疆人,全都包括了.我不知道新疆人在外地,到底有多少的代号,印象
我只知道,没有一个是赞美的,没有一个是称赞的.
不要嘴上说的冠冕堂皇,上下两嘴唇一碰,话谁都会说,好吗?
我只能看到实际里,你们所谓的那些很少很少的人数
可以让一个新疆人,拿着他的身 份 证 在城市里转了整整一天一夜
也没有找到一家旅社,宾馆,可以让他入住,休息
少到一下飞机或火车,身 份 证 一掏便像是国宝一样被人评头论足
我只是想说
不要带着你的狭隘与偏见看待新疆及新疆人,
那只能暴 露 你的浅薄与无知,
让你自曝其短,沦为笑柄.当恐慌的情绪慢慢的从新疆飘散时,
我才发现,我所谓的同胞,是如何看待新疆的,我只能代表我自己,
我只想说,似乎以后我只能说我自己是新疆人了,
而不是中国人.因为,我不配.对吗?我所谓的同胞们,回答我,可以吗?

每一场灾难,都会牵动那片土地上成长起来的人,
无论他们也一同在经受磨难,还是身在他乡遥望故土,
可是,家受了伤,心,就不会完整.
新疆,该热则热,该冷则冷,四个季节的分明
与新疆人的性格一样,是非曲直,棱角分明.
新疆儿子娃娃,我们只是受了伤却还强忍着痛孩子而已.
我还想说,中国不是新疆不爱你,是你放弃了新疆。

仅以此文.献给我亲爱的故乡——新疆 (并非想搞分裂 纯属本人感想)


新疆的石油运走了,
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新疆的天然气运走了,
-
新疆的棉花运走了,
-
新疆的钾盐运走了,
-
新疆的黄金运走了,
-
新疆的和田玉运走了
-
……
-
原子弹却降临在新疆了
-
……
-
新疆,一百六十万平方公里的土地,一千九百万各族人民.我们世世代代生活在那片土地上.我们骄傲,我们自豪.没有理由,就因为那片土地叫新疆.
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这片占祖国六分之一版图的土地,承载着什么,又蕴藏着什么.这里有四十七个民族的儿女,或耕耘,或牧羊,或买卖,或采矿.千年的腥风血雨,早已被坎儿井的清清流水洗得干干净净;千年的历史沧桑,早已被天山上的雪莲花薰陶得浓郁幽香.新疆人,无论什么民族什么宗教信仰,都渴望自己的家乡能够拥有平等的发展机会与空间.
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西部大开发,一个曾经让我们振奋不已的口号.一时间,就连塔克拉玛干边缘的万年荒山上,也用白色的石头拼出了大字:西部大开发,新疆是重点,巴州要大干!
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曾经告诉过我们,创世未有的发展机遇降临在了我们的头上;曾经告诉过我们,克服与忍受暂时的损失与困难,因为长远的幸福是属于我们的;曾经告诉过我们,资源埋在地下永远变不了金钱;曾经告诉过我们,大型基础设施建设会带动新疆人的就业;曾经告诉过我们,长长的管子把石油天然气送到了内地,长长的管子还会将大把大把的税收送到新疆人的手中……
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曾经……
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新疆是一个什么样的地方?涓涓细流会将天山与昆仑山的雪水送到牧区农场,一眼望不到边的大草原,遍布着牛羊……新疆,就是这样一个地方,绿洲农业,咱不靠天吃饭,旱涝保收;高山草甸牧业,咱不愁一个月不下雨草场就会旱死.新疆没有发生过饥荒,三年自然灾害时期,内地人就是扒在火车车厢底下也要来新疆,就算是在星星峡被当作盲流拦住遣返回原籍,也要在半道上跳下火车徒步进新疆.新疆,就是这样,那里有土地,那里有雪水,那里,有希望.
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我们觉得自己生活得很幸福.
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可是,突然有一天,人家告诉我们,人家来帮咱们了,咱们的生活会更好更好了!这个时候,我们心存感激,我们同样被从那种平静安宁的生活中唤起而后振奋,因为我们被告知,会有更大的希望!
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……
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一晃八年了.
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当初为我们憧憬过美好蓝图的人啊,你们在哪儿呢?
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请来看看我们的新疆.
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西部大开发,究竟是什么?
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资源,包括那些具有战略意义的能源,被那条长长的管子送到了沿海地区.这,我们不计较.可是我们又得到了什么?就业机会吗?看看那些从事新疆能源开发的企业,不都是内地的大型企业吗?咱们新疆人的孩子,又何曾享受过这样的就业机会.西安石油学院毕业的新疆孩子,想要进新疆的石油单位工作那是难上加难.因为这些待遇优厚的工作岗位,全部都被这些内地企业自身的员工所占据.你可以随便去一家石油石化单位听听,遍地北京口音、东北口音、山东口音,就是没有新疆口音.那咱们新疆的孩子能在石油单位找到工作吗?不是不可以,而且还基本专业对口:加油站给汽车加油.带动相关产业的发展吗?要知道,西气东输的管道,是在宝鸡生产的.高水准的生活吗?你知道在上海一方天然气是多少钱吗?一块二;你知道在新疆一方天然气是多少钱吗?一块二毛五.而你知道新疆人的工资水准是多少吗?一个教龄三十年的中教高级教师,月薪不过两千五,这还是06年加薪后的工资;一个五十岁的正厅级干部,月薪加补贴不过三千块.那么普通老百姓呢?工人、农民、一般公务员呢?我们在消化着巨大的剪刀差,我们在默默无闻得为东部的大发展埋单.
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乌鲁木齐与库尔勒,一北一南,南北疆的领头城市.让我们来听听这两个城市老百姓的故事.
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乌鲁木齐,一个人口二百万的大城市,却拥有着一个长期困扰老百姓生活的难题:打车难.上下班的高峰期,老百姓往往站在零下二十多度的严寒里,半个小时打不上一辆车.你要问出租车都到哪儿去了?问一百位司机九十九个都会告诉你:加气站排队加气呢!乌鲁木齐的出租车烧液化气,新疆是产油的地方,怎么会缺液化气呢?独山子石化的同志们会耐心的告诉你:新疆同胞们,咱们忍忍吧,新疆的石油和天然气得保证西气东输和内地大城市用油的需要……当北京的出租车换上了大排量的伊兰特时,当上海居民的厨房里冒出了纯蓝的灶火时,请想想,生产石油与天然气的新疆人民,还在寒风里站着;新疆的司机,还排在一眼望不到头的长队里焦急的等待,而这些司机,也得吃饭也得买房也得供孩子上学,他们本来可以拉活的时间,白白的耗在了等待上……
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库尔勒,一个新兴的石油城市,南疆经济的桥头堡,塔里木油田指挥部所在地.石油人来了,我们端着哈达欢迎您!指挥部建设需要用地,可以!您知道现在塔里木油田指挥部的所在地过去是什么吗?是上千亩的良田,是库尔勒的各族人民世世代代耕作的良田.祖国需要,石油人需要,我们无怨无悔,献出了这片沃土.可是,时至今日,塔指的一栋栋高楼大厦建起来了,五星级公寓建起来了,塔里木油田的一口口油井喷油了,塔里木大气田的天然气送到东方了,有谁想过那些失去土地的农民现在在干什么?那么请到库尔勒的街头看看吧.扫大街的环卫工人,清一色的少数民族职工,问问他们原来是干什么的?他们会遥望一片繁华的塔里木油田指挥部,告诉你,那里曾是我的家.这还是解决了就业的,那些数以千计的失去土地的农民呢?他们没有技术没有知识,库尔勒的环卫战线也不可能安排那么多的人.请到库尔勒孔雀河的葵花桥头看看吧.每天早晨,都有黑压压一片的壮劳力,集中在这里,被需要临时工的老板们挑来挑去,幸运的,被挑中,干一天临时工,挣些钱,第二天早晨继续到这里来撞运气;不幸的,过了中午还没有被挑走,就只好回家饿肚子,祈祷真主明天能赐给他一个临时工的机会……
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这还只是能源.其他资源呢?黄金呢?钾盐呢?玉石呢?
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大规模的开发,富起来的到底是谁?
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西部大开发,过了八年了,我们为什么只看到一个个资源项目上马,却很少看到科教文化卫生人才方面的扶持与投资?要开发一个地区,资源是一条路;可是资源开采完了呢?我们还能拥有什么?没有科教与人才的积累,到底还有多大的发展空间?
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你可曾知道,堂堂新疆大学历史系的学生们在校图书馆里竟然找不到《万历十五年》这样非常普遍的书籍?你可曾知道,堂堂华夏第一州――巴音郭楞蒙古自治州,竟然没有一所正规的图书馆、博物馆?大城市如此,小城市与农村又是怎样?西部大开发,为什么我们很少见到这样的项目与投资?
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新疆人,老实巴交的新疆人,被内地人动不动就称作野蛮人的新疆人……就这样默默无闻的承受着一切……换个角度思考,如果北京的出租车司机成天排队加不上油,会是怎么样?如果山东的农民成批成批的失去土地,就像库尔勒的农民那样,还会不会如此沉默的承受一切?
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前两天,把原子弹空投到日本领土的美军飞行员去世了.又一次引发出关于核武器的大规模讨论.在一次次的讨论中,你们可曾想过,在遥远的罗布泊,曾经露天爆炸过原子弹?在美丽的孔雀河-塔里木河流域,曾经无数次的进行过地下核试验?当看到新疆刮起沙尘暴的新闻后,你们第一个想到的肯定是:新疆那个荒凉的地方……有谁想过,从罗布泊刮来的沙尘暴,会给世世代代居住在那里的老百姓吹来什么?
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一个个身边的亲友倒下了……问问原因,不是肺癌就是食道癌.新疆是著名的长寿之乡,祖祖辈辈生活在辽阔农村的百姓,呼吸着新鲜空气,吃着五谷杂粮,周围没有任何现代工业的痕迹,怎么会一个又一个的患上癌症呢?你们可曾知道,就在罗布泊地区的巴音郭楞蒙古自治州,进入****十年代以来,已经成为癌症重灾区.胡总去探望艾滋病人了,温总去河南艾滋病村了,这是时代的进步,这是党和政府的关怀,博彩通.可是,一个因为长期受到核辐射而成为癌症重灾区的地区,却为何从来没有被报道过,从来没有人正面回答这个问题?
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一次核试验,中国人民从此站起来了,不用受纸老虎的威胁了;可是千千万万个无辜又无知的新疆人却倒下了,可悲的是,就连他们自己,也并不知道这究竟是为了什么,更何况他人?
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新疆的石油运走了,
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新疆的天然气运走了,
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新疆的棉花运走了,
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新疆的钾盐运走了,
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新疆的黄金运走了,
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新疆的和田玉运走了
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……
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原子弹却降临在新疆了
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……
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新疆,是祖国版图不可分割的一部分;新疆人,是十三亿中国人的一部分.我们渴望祖国的富强,我们祝福兄弟省市人民的富足,但,我们也是人,我们也有不高的要求:新疆与新疆人,能够得到公正与公平的发展机遇,能够从这片土地所赐予我们的宝藏中得到实惠的利益,能够有一个更为美好的明天,和祖国人民一样,在资源枯竭之后,仍然留有希望.
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朋友们,无论你在祖国的何处,当你享受这阳光下的和平的时候,请你想想那些为祖国的和平而无知的承受着原子辐射的新疆人,对他们说一声:对不起…… -
朋友们,无论你在祖国的何处,当你享受充足的能源供应与高速经济发展带来的实惠的时候,请想想那些为另一部分人先富起来而默默承受着所有阵痛的新疆人,收起曾经对新疆人的种种歧视与不屑,收起那些“援助新疆,支援边疆”得了便宜还卖乖的“豪言壮语”,对他们说一句:谢谢你!
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我们的要求并不高,一千九百万新疆人民,在无力改变现状与全局时,在仍然需要长时间为东部的发展做出牺牲时,只需要得到别人真诚的尊重,只想听到一句诚心的:
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新疆人,对不起,谢谢你.
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新疆人,高考却费了足够大的劲以二本的分数考内地的专科,不知道的人一定以为脑子坏了,可是又有多少人知道,在新疆,本科毕业国家不承认学历的大学有多少,新疆大学在新疆很有名气,但是对于我们意味着考了新疆的大学就很难再有走出去的机会了。新疆财经很好的本科学校,可是新疆的孩子心气高远的都不敢报,石河子大学,相当不错,情况是一样的,能够报出去的本科都不会选择疆内。谁一毕业就想失业,谁不想生活的比别人好。

西部大开发带走了新疆人民的淳朴与厚实,如果说这是必然,那看看带来的是什么,教育水平不够高,上学条件不够好,生活水平依然有限,新疆的孩子拿什么去跟内地竞争,靠的是一颗赤诚的心。南疆阿克苏人,这个春天新疆遭受的依然是漫天黄沙的沙尘暴,十年前潺潺的坎儿井去哪了? 近年来清澈的天山水流向何方?咱南疆的母亲河塔里木河早已经断流,这个不缺乏油气资源的新疆却因西气东输造成的交通和生活问题,我想所有的新疆人都跟我一样感同身受。为什么南方发达了,除了新疆在付出了自己能够付出的宝气时带给我们的依然是贫穷和落后。

是不是再过十年,全讯网2,留给新疆人民的就已经没有了清澈的天山雪水,是不是再过十年,留给新疆人民的依然是比上海还缺乏的油气资源,是不是再过十年,留给新疆人民的是会延续半年的之久的沙尘天气,是不是再过十年,恶劣的气候已经造就不出畅销海外的瓜果。

不要再若无其事的在新疆七五事件之后事不关己,不要再用轻蔑的口气在新疆沙尘漫天的时候说:新疆啊·····想一想淳朴的新疆人,想一想自己方便的交通,想一想生活在新疆的孩子们,长大以后面临的残酷的就业现实。请说一句:谢谢!

不要问我从哪里来,我,来自新疆。那个美丽且富有的新疆。


mercoledì 26 giugno 2013

Palingenesi con caratteristiche cinesi

(Aggiornamento del primo luglio: nuovi dettagli sulla critica di Hu Dehua a Xi Jinping)

No a formalismo, burocratismo, lassismo e stravaganze. La settimana scorsa il presidente cinese Xi Jinping è tornato a strigliare i ranghi del Partito annunciando una campagna anti-stravaganze della durata di un anno che appare come un chiaro prosieguo degli sforzi messi in atto contro la corruzione fin dai primi giorni del suo mandato come Segretario generale del Pcc.

Nella giornata di ieri un ulteriore appello ai venticinque "compagni" del potente Politburo perché assumano l'iniziativa nel "mantenere l'autorità del Comitato centrale del Partito e siano con esso fortemente in accordo quanto a pensiero, politiche e azioni". Non senza esimersi dall'effettuare "critiche amichevoli e oneste, nonché autocritiche per tenere uniti i compagni". Il tutto precedentemente concentrato in uno slogan sibillino decriptato dallo stesso Xi lo scorso 18 giugno in occasione di un meeting di alto livello: "Guarda nello specchio, tieniti in ordine, pulisci il tuo corpo, e cura la malattia".

Nella sua lotta contro "mosche e tigri", ovvero funzionari e quadri a livello locale corrotti, il neo-presidente ha fatto ampio uso di una serie di termini presi in prestito da Mao Zedong, il cui vocabolario sembra essere ancora in auge a Zhongnanhai, il Cremlino cinese. Ma, sebbene la retorica sia simile, in Xi manca l'enfasi verso lo studio e la lettura dei testi teorici tipica dell'era maoista, mentre l'"azione" prevale su tutto, ha spiegato al South China Morning Post Li Chengyan, professore dell'Università di Pechino. Per Russel Leigh del Beijing Center for Chinese Studies, manca il nucleo centrale della strategia del Grande Timoniere: la lotta di classe e l'identificazione di nemici politici, concetti che oggi apparirebbero più che obsoleti e inconciliabili con il mantra delle "tre rappresentatività".

Che quella di Xi non sia una svolta radicale verso l'estrema sinistra -pericolosamente vicina al deposto Bo Xilai- lo dimostrerebbe l'appello con il quale martedì ha invitato i membri del Politburo a studiare la storia del Partito e del Paese al fine di sviluppare ulteriormente il concetto di "socialismo con caratteristiche cinesi", slogan che ha al suo centro riforme di mercato e apertura.

Non è certo la prima volta nella storia del Partito comunista cinese che l'establishment tenta di debellare la corruzione interna. Ancora prima che la Repubblica popolare vedesse la luce, nel 1942, diversi membri del Pcc vennero etichettati come "controrivoluzionari", "traditori" e "spie" nell'ambito di una campagna volta a consolidare la leadership sotto la guida di Mao. Anche allora si parlò di "autocritica" e di "curare le malattie".

Poco dopo la fondazione della Rpc, una seconda stretta si tradusse nell'espulsione di 320mila membri del Partito e nel reclutamento di oltre un milione di nuovi "compagni", mentre tra il 1957 e il 1959 a finire nel tritacarne furono gli elementi di destra, critici verso il modello di collettivismo di stampo sovietico, il leninismo e il marxismo-leninismo. Avvertiti come un minaccia per la dittatura del Partito unico, circa 500mila intellettuali furono perseguitati; alcuni di loro persero la vita prima che la Rivoluzione Culturale terminasse nel 1977.

Ultima in ordine di tempo, l'opera di pulizia lanciata da Deng Xiaoping, l'architetto delle riforme economiche che tra il 1983 e il 1987 si adoperò per sradicare la Banda dei Quattro, la cricca guidata dalla moglie di Mao ai tempi della Rivoluzione Culturale. Un preludio alla "politica della porta aperta". (Fonte: Global Voices)

Xi Jinping ha dunque una lunga serie di precedenti dai quali trarre spunto o allontanarsi. Per il popolo di Weibo, il Twitter cinese, la panacea di tutti i mali risiede nella democrazia, nella partecipazione dei cittadini e nello Stato di diritto. Basta voltare lo sguardo indietro per vedere l'inutilità delle campagne anti-corruzione, artefici di ferite storiche mai rimarginate e incapaci di conservare la moralità del Partito immacolata.

Pechino dovrebbe imparare dagli errori commessi. Esattamente come ha fatto Taiwan con gli eventi del 1947, anno in cui il Guomindang uccise decine di migliaia di manifestanti anti-governo in una sanguinosa resa dei conti. L'incidente, rimasto tabù per decenni, viene oggi commemorato ogni 28 febbraio come festa nazionale. Il consiglio questa volta giunge dai piani alti: Hu Dehua, figlio di quel Hu Yaobang alleato di Xi Zhongxun, il padre di Xi Jinping, e la cui morte innescò le proteste dell''89, si è dimostrato fortemente critico verso le posizioni assunte dal nuovo "timoniere" colpevole di aver affermato all'inizio dell'anno che "la Cina non può utilizzare la sua storia post-riforme per rinnegare quanto accaduto precedentemente". Un assunto che -come si legge in un discorso informale pronunciato da Hu a febbraio e rimbalzato sul web solo di recente- equivale a confermare le accuse con le quali il suo stesso padre fu bollato come "controrivoluzionario" e incarcerato, per poi essere riabilitato soltanto nel 1975.

Secondo l'accademico indipendente Chen Ziming, sarebbero diverse le voci controcorrente ad agitare la fazione dei "principini", gli eredi degli eroi della Rivoluzione comunista, di cui Hu e Xi fanno parte. Tra questi Chen Xiaolu, figlio di Chen Yi che fu vice-ministro sino alla morte (1972) e Ma Xiaoli, figlia di Ma Wenrui ex-politico della provincia dello Shaanxi. Molti allo, stesso tempo, dimostrano incondizionatamente il loro appoggio a chiunque abbia il potere nella speranza di trarre benefici economici. Proprio questi ultimi potrebbero non gradire le manovre di Xi Jinping, sempre più incline a  riconquistare la fiducia delle masse andando a colpire le mele marce e i gruppi d'interesse che in Cina si annidano nelle grandi società di Stato. E' sostanzialmente dalla loro capacità di rinuncia che dipende il corso futuro del Paese.

(Leggi anche: I "cento fiori" di Xi: tra apertura e repressione; In Cina la crisi si chiama corruzione)



venerdì 21 giugno 2013

La lunga marcia (in salita) delle scienziate cinesi


(L'articolo verrà pubblicato su Uno sguardo al femminile di luglio)

Donne nello spazio e nelle profondità degli abissi. E' con grande orgoglio che il 21 giugno l'agenzia di stampa cinese Xinhua ha reso nota una presenza femminile nell'equipaggio del sommergibile d'altura Jiaolong, durante un'immersione nel Mar cinese meridionale. Yang Qunhui, professore associato presso l'Università Tongji di Shanghai, è la prima scienziata donna ad aver partecipato ad una spedizione del "drago d'acqua", questa la traduzione del nome cinese dell'imbarcazione che lo scorso anno aveva battuto il record nazionale scendendo 7.062 metri sotto il livello del mare, nella Fossa delle Marianne.

Appena il giorno prima, l'attenzione dei media cinesi era tutta proiettata verso i cieli, per una lezione di vita nello spazio. Maestra d'eccezione, Wang Yiping, 33 anni e seconda donna a partecipare ad una missione spaziale, ha dato una dimostrazione pratica dell'assenza di gravità dalla navicella Shenzhou- 10, in orbita a 300km di distanza dalla Terra. La diretta, trasmessa dalla televisione di stato CCTV, ha incollato davanti al piccolo schermo oltre 60 milioni di studenti. Wang, che è membro del Partito comunista e ha il grado di maggiore nell'Esercito popolare di liberazione, ha partecipato alla quinta missione con equipaggio umano del Dragone, la più lunga (15 giorni) e ultima in ordine di tempo verso  la realizzazione di una stazione orbitale permanente.

Sono passati dieci anni da quando il "gigante asiatico", nel 2003, ha inviato il suo primo "taikonauta" (come vengono chiamati alle nostre latitudini gli "astronauti" d'oltre Murglia) nello spazio; uno solo da quando il 16 giugno dello scorso anno la pioniera Liu Yang ha tinto per la prima volta di rosa una navicella cinese. Un successo quello di Liu, celebrato non soltanto dai media nazionali ma anche dalla rete: dei 34 milioni di messaggi pubblicati su Weibo riguardo al lancio dello shuttle Shenzhou-9, circa 2,2 milioni contenevano il nome di Liu Yang, mentre alcune ricerche hanno evidenziato per i suoi compagni Liu Wang e Jing Haipeng meno di 100mila visite.
"Ad aver attirato tanta attenzione sull'ultimo viaggio spaziale è stata proprio la presenza di un'astronauta donna. Nei giorni scorsi è diventato un tema caldo di portata nazionale e pertanto coperto ampiamente sia dalla stampa che dai media elettronici" aveva affermato a suo tempo Zhang Jiang, professore di comunicazioni presso la Beijing Foreign Studies University.

A rovinare i festeggiamenti il ricordo ancora fresco di Feng Jianmei, non una scienziata né una celebrità. Una donna come tante, costrette pochi giorni prima ad abortire sebbene al settimo mese perché non in grado di pagare la multa di 40mila yuan (quasi 5mila euro) imposta in Cina a chi vuole avere un secondo figlio. Le inconciliabili contraddizioni di un Paese che studia da superpotenza, con un buono meno in economia e un'insufficienza grave nel rispetto dei diritti umani. Che vorrebbe aprire qualche porta in più al gentil sesso, ma, per il momento, è in grado di lasciare solo qualche spiraglio.

Con "Outline for the Development of Chinese Women 2011-2020", il Consiglio di Stato si è impegnato a raggiungere in un decennio quote rosa del 35% nei settori scientifici e tecnologici, da sempre considerati maschili. Come? Innanzitutto, incentivando l'accesso delle donne ai laboratori nazionali con progetti di ricerca volti alla loro formazione professionale. "Il talento tecnologico femminile è fondamentale per lo sviluppo del Paese" si legge nel documento.

Eppure, nonostante le possibilità di ottenere un dottorato in materie scientifiche siano grossomodo le stesse dei colleghi uomini, le studentesse cinesi incappano in serie difficoltà quando si tratta di trovare lavoro come ricercatrici. "Le donne hanno più doveri familiari rispetto agli uomini, un fattore che le svantaggia in tutti i campi professionali" ha commentato Li Zhenzhen, researcher presso l'Istituto di Politica e Management dell'Accademia cinese di scienze, sottolineando l'urgenza di politiche mirate a rinforzare la presenza femminile nel settore.

La Fondazione nazionale di scienze naturali cinese (NSFC) sembra aver intrapreso questa direzione da quando, nel 2010, ha stabilito massima priorità alle ricercatrici scientifiche che presentano domanda di finanziamento. Il problema, però, sembra non essere esclusivamente circoscritto entro i confini nazionali. Di recente l'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) ha invitato tutti i Paesi ad affrontare la carenza di quote rosa nel settore scientifico-tecnologico, affermando che il gap donne-uomini "costituisce un ostacolo al progresso delle nazioni". "Fermare l'esodo delle donne dalla scienza": titolava così l'Harvard Business Review nel 2008 riportando una percentuale allarmante di fughe femminili dall'area STEM (Science, Technology, Engineering and Math). Ben il 52%.

(Leggi anche: Tutti i media pazzi per Liu Yang)


domenica 16 giugno 2013

A ciascuno i dissidenti suoi


(Aggiornamento del 23 giugno: il caso Chen Guangcheng secondo Perry Link, professore dell'Università di California specializzato in lingua e cultura cinese, su LinkAsia)

(Aggiornamento 21 giugno: secondo un'esclusiva della Reuters, pochi giorni dopo il suo arrivo a New York, Chen Guangcheng ha ricevuto dai suoi supporters -legati a doppio filo alla destra americana- una serie di dispositivi di comunicazione sui quali sarebbero stati installati softwear di spionaggio. Dei "cavalli di Troia per che avrebbero consentito loro di monitorare le sue conversazioni in segreto" li ha definiti Jerome Cohen. D'altra parte, secondo alcune fonti, i dispositivi sarebbero passati per le mani della NYU prima che Chen ne entrasse in possesso. Per capire un po' meglio il ruolo ricoperto dal dissidente cinese nei piani dei repubblicani americani consiglio la lettura di un post di Elizabeth M. Linch, fondatrice di China Law & Policy.)

(Aggiornamento 20 giugno: il Global Times definisce Chen Guangcheng una pedina nel grande gioco diplomatico tra Cina e Stati Uniti)

(Aggiornamento del 18 giugno: anche Pyongyang sfrutta il caso Datagate per bacchettare Washington in merito ai diritti umani. Le Nazioni Uniti a marzo avevano lanciato un'indagine su presunti crimini contro l'umanità in Corea del Nord. Il governo nordcoreano, da parte sua, nega l'esistenza dei campi di prigionia e si rigetta qualsiasi collaborazione nell'inchiesta)

(Aggiornamento del 17 giugno: Chen Guangcheng conferma la richiesta di allontanamento da parte della NYU, sotto pressione di Pechino dalla fine di agosto. Il testo integrale della risposta del dissidente sul WSJ )

Mentre gli Stati Uniti si interrogano sul corso della democrazia americana e i principi costituzionali a stelle e strisce traballano, con il caso Datagate la Cina si riscopre paladina dei diritti umani.

Le rivelazioni scottanti della "gola profonda" Edward Snowden, ex analista della Cia ed ex contractor della National Security Agency (Nsa), hanno gettato l'amministrazione Obama in una crisi di credibilità che Pechino interpreta a proprio favore come una conferma della manifesta ipocrisia di Washington, da anni impegnato a lamentare attacchi cibernetici da parte del Dragone.

Le operazioni globali di hackeraggio della Nsa -stando a quanto rivelato da Snowden al South China Morning Post- sarebbero state oltre 61 mila con centinaia di bersagli a Hong Kong e su territorio cinese. Lo ha raccontato dal suo misterioso rifugio nell'ex colonia britannica, scelta per la sua nota libertà di parola e in quanto base di diverse organizzazione per la difesa dei diritti umani. Una propaggine della Repubblica popolare legata alla mainland sotto la formula "un paese, due sistemi" che le lascia una sostanziale autonomia amministrativa e libertà di iniziativa economica in cambio della rinuncia ad una propria politica estera e di difesa. Ma che pur sempre Cina è.

Nella giornata di sabato attivisti hongkonghesi sono scesi in strada per dimostrare il proprio supporto a Snowden. "Obama e Xi are watching you! No Big Brother State!" recitava uno striscione, facendo riferimento ai nomi del presidente americano e cinese.

Qualora gli stati Uniti cercassero di estradare "la talpa" l'ultima decisione spetterebbe ai tribunali del Porto profumato, come viene anche chiamata l'ex colonia inglese, i quali in passato hanno collaborato strettamente con Washington in merito ad alcune cause penali, fatta eccezione per i "casi politici". Pechino dal canto suo ha il diritto di intervenire nella "regione amministrativa speciale" in casi che rischiano di influenzare la propria "politica estera, la difesa e l'interesse nazionale". Un'ipotesi che, secondo avvocati e diplomatici di Hong Kong, rimane piuttosto improbabile considerata la crescente insofferenza dimostrata dai cittadini dell'isola verso l'ingerenza del governo cinese nelle questioni locali.

Il Global Times, versione pop dell'ufficialissimo Quotidiano del popolo, ha sottolineato come l'opinione pubblica oltre la Muraglia si dimostrerebbe fortemente contraria ad un'ipotesi estradizione. "La Cina deve fare in modo che Hong Kong non diventi l'ultimo posto dove altri ' Snowden' scelgano di andare. Perlomeno, Hong Kong dovrebbe rappresentare un destinazione accettabile per loro" sentenzia il tabloid. Giocando di rimbalzo il web cinese, che ha in Sina Weibo la sua piattaforma di dibattito privilegiata, si domanda con una punta di ironia "quando la Cina avrà un suo Snowden?"

In un paese dove la libertà di parola compare a chiare lettera nella Costituzione, ma viene quotidianamente imbavagliata da una delle più potente macchine censorie del mondo, giovani netizen tentano di sensibilizzare il popolo ad una maggiore responsabilità politica attraverso la rete.
Zhu Ruifeng, autore del successo del cliccatissimo video a luci rosse che ha messo sotto scacco un corrotto funzionario di Chongqing è a modo suo "un brillante giovane idealista" che, proprio come l'ex spia della Cia, ha tentato di portare allo scoperto i lati oscuri del proprio paese in nome della democrazia. Che in Cina continua ad avere peculiari caratteristiche indigene.
Ugualmente, il giornalista Luo Changping ha scelto Weibo per far luce sulla corruzione di Liu Tienan, ex-vice direttore della Commissione nazionale per le Riforme e lo Sviluppo (NDRC), consapevole del fatto che un pezzo investigativo sull'argomento non avrebbe mai visto la luce nel Regno di Mezzo.

Negli ultimi tempi l'opinione pubblica si è scagliata contro la nuova dirigenza di Pechino per aver messo in atto un giro di vite ai danni degli attivisti anti-corruzione, molti dei quali sono finiti agli arresti con l'accusa di "incitamento alla sovversione dello Stato" o di aver organizzato "raduni illegali". Alla vigilia della ricorrenza del massacro di piazza Tian'anmen diversi dissidenti hanno lamentato misure repressive persino più severe rispetto a quelle degli scorsi anni, mentre le madri delle vittime dell'89 hanno agitato il fantasma di un rinnovato maoismo tra le mura di Zhongnanhai, il quartier generale del Partito.

Proprio la pagina buia della storia cinese ha alzato la temperatura tra Washington e Pechino a pochi giorni dal summit informale tra Obama e il presidente della Repubblica popolare Xi Jinping con la richiesta da parte del Dipartimento di Stato americano di dare una volta per tutte spiegazioni sulle morti, le detenzioni e le misteriosi sparizioni seguite all'intervento armato di quel 4 giugno 1989. La risposta secca da parte del portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hong Lei, si è tradotta in un invito ad "accantonare pregiudizi politici e trattare correttamente lo sviluppo della Cina".

Un timido accenno alla questione dei diritti umani ha trovato spazio nel discorso di benvenuto con il quale Obama ha accolto il presidente cinese Xi Jinping nella tenuta californiana di Sunnylands, durante quel weekend "sbottonato" che ha visto i due leader uniti sulla questione nordcoreana e inevitabilmente distanti sul cyber-spionaggio. Mentre lo scandalo del Datagate montava di ora in ora un Obama visibilmente imbarazzato ha potuto avanzare ben poche pretese.

La violazione dei diritti fondamentali dei cittadini americani da parte del "Grande Fratello" e la rivelazione del programma con il quale Washington ha sorvegliato mezzo mondo hanno fornito nuovo materiale a Pechino per rispedire al mittente le annose accuse di pirateria telematica e violazione dei diritti umani. Un argomento, quest'ultimo sul quale la Cina si è ampiamente espressa nel mese di maggio con la pubblicazione del Libro bianco per il 2012, nel quale vengono ostentate una serie di vittorie nel campo del welfare, della sanità e degli standard di vita. A ricordare come il Dragone individui nel diritto alla sopravvivenza e allo sviluppo i due diritti umani fondamentali.

Ufficialmente trincerato dietro un rigoroso "no comment", il governo cinese non ha fatto nulla per impedire che la stampa ufficiale sfruttasse le rivelazioni dell'ex della Cia per sparare una serie di fiammate contro l'altra sponda del Pacifico. Così, a circa una settimana dalla confessione di Snowden, il Quotidiano del Popolo e l'agenzia di stampa statale Xinhua hanno riproposto un editoriale piccato a firma di Xu Peixi, columnist di China.org.cn.

"Prima di tutto il caso Snowden ci offre una rara opportunità di riesaminare l'integrità dei politici americani e il management delle compagnie internet americane dominanti" scrive Xu "appare chiaro che mentre molti di questi individui attaccano verbalmente altre nazioni e persone nel nome della libertà e della democrazia, in realtà, ignorano il degenerare della situazione americana interna".

L'articolo fa poi riferimento a quanto affermato dall'ex segretario di Stato Usa Hillary Clinton, che tempo addietro aveva esortato le aziende mediatiche americane ad "assumere un ruolo proattivo nello sfidare le richieste dei governi stranieri in materia di censura e sorveglianza". A fornire alla Clinton l'occasione per un'imbeccata sulla libertà di internet era stata la lunga querelle tra Google e Pechino, culminata nel 2010 con il ritiro provvisorio del colosso di Mountain View dalla Cina a causa della "sorveglianza" governativa e del "regolare accesso da parte di terzi" agli account Gmail di decine di attivisti per i diritti umani.

Ora che alla luce del caso Prism Google compare tra le aziende colpevoli di aver fornito i dati degli utenti ai Servizi di sicurezza americani, l'eco delle parole dell'ex segretario di Stato suona quanto mai irritante alle orecchie del Dragone. "Possiamo vedere quindi che quando i politici e gli uomini d'affari americani fanno osservazioni accusatorie, i loro occhi sono fissi sui paesi stranieri, mentre vengono chiusi quando si tratta dei propri misfatti" continua l'editoriale sottolineando come "sempre più cinesi capiranno un giorno che la democratizzazione dei media nazionali è completamente diversa da quella che sta avvenendo all'estero".

Con che faccia Obama ha sciorinato la sua retorica sulla libertà della rete agli studenti dell'Università Fudan di Shanghai durante la sua visita del 2009? Come possiamo spiegare la sfida al sistema lanciata da Snowden, da Bob Woodward e Carl Bernstein nell'affaire Watergate, dal padre di Wikileaks Julian Assange e dal soldato Bradley Manning? Xu sembra rispondersi da sé: "Mentre gli attivisti dei diritti umani provenienti dai paesi in via di sviluppo (come sicuramente vengono definiti in Occidente) sono spesso benedetti con un'ampia scelta di nascondigli, oggi ci troviamo davanti al dilemma dei dissidenti occidentali. Per questa ragione la Cina, nonostante non abbia una buona reputazione per via della sua governance di internet, dovrebbe muoversi con coraggio e garantire asilo a Snowden".

Durissimi i toni adoperati dal giornale ufficiale dell'Esercito popolare di liberazione che nella giornata di sabato ha definito le agenzie d'intelligence statunitensi "delinquenti abituali", mentre alcuni giorni fa il China Daily aveva osservato compiaciuto come gli scheletri nell'armadio della Casa Bianca siano usciti allo scoperto proprio nel momento in cui il pressing di Washington sul presunto cyber-spionaggio cinese si faceva più incalzante.

Una coincidenza? Forse. Stando a quanto riportato da Bloomberg, per dissipare ogni dubbio il controspionaggio Usa ha deciso di indagare al fine di stabilire eventuali collegamenti tra Snowden e i servizi segreti del Dragone.

E mentre si rincorrono le ipotesi i dietrologismi si sprecano. La settimana scorsa il New York Post aveva dato in esclusiva la notizia di un presunto allontanamento dagli Stati Uniti del dissidente cieco Chen Guangcheng su pressione del governo cinese. Scintilla scatenante di una (sventata) crisi diplomatica tra Washington e Pechino, culminata in una clamorosa fuga dagli arresti domiciliari fino all'ambasciata americana in Cina, la scorsa primavera Chen era poi riuscito a recarsi nella Grande Mela con un visto di studio che gli ha dato la possibilità di coltivare la propria passione per il diritto presso la NYU.

Ora pare che il dissidente, avvocato autodidatta, lascerà il prestigioso ateneo ma non gli Stati Uniti. Lo assicura il professore di legge Jerome Cohen, al tempo uno degli organizzatori della partenza di Chen verso il Nuovo Continente, che ha smentito tra le righe qualsiasi ipotesi di uno scambio Snowden-Chen Guangcheng tra le due superpotenze. "Nessun rifugiato politico, nemmeno Albert Einstein, ha mai ricevuto un trattamento migliore da un istituto universitario americano di quello garantito a Chen dall'università di New York" ha scandito Cohen.

La domanda sorge spontanea: sarà dunque altrettanto soddisfacente il trattamento riservato dalle autorità cinesi alla "talpa" Snowden qualora Washington ne dovesse chiedere l'estradizione?

(Pubblicato su Frontiere News)



giovedì 6 giugno 2013

"Compagni" per la vita


(Scritto per Uno sguardo al femminile)

"Ci sono tre modi per trasgredire la pietà filiale. Il primo è non avere eredi". La massima dell'antico filosofo Mencio continua a tormentare la comunità gay cinese, sebbene oggi la linea ufficiale del governo nei confronti dell'omosessualità si riassuma nell'ambiguo mantra dei tre no: "Non approvare, non disapprovare e non incoraggiare". Un atteggiamento fumoso che si traduce in una scarsa tutela dei diritti degli omosessuali.

Alla fine degli anni '70, l'inizio della politica di riforma e apertura ha sancito un graduale ammorbidimento delle autorità verso chi avesse gusti sessuali "diversi". Nel 1997 l'omosessualità è stata decriminalizzata, mentre nel 2001 (ad Hong Kong nel 1980) è stata finalmente rimossa dalla lista delle malattie mentali.

La relativa libertà concessa dall'assenza di una morale religiosa viene arginata dalla presenza millenaria di un'etica confuciana salda e pervasiva, mentre la politica del controllo delle nascite aumenta il carico di responsabilità su quell'unico figlio che dovrà perpetuare il lignaggio familiare. Non abbastanza, però, da aver impedito agli omosessuali cinesi di lottare per far valere i propri diritti, raggiungendo negli ultimi anni importanti successi.

Oggi nel Regno di Mezzo il numero dei gay (in cinese tongzhi: "compagno") rimane incerto. Se una ricerca parla di un valore che oscilla tra i 360mila e i 480mila, altre statistiche di Pechino e alcuni studi accademici aggiungono tre zeri portando il computo a circa 15milioni; numeri che si suppone siano comunque ritoccati al ribasso. D'altra parte, secondo quanto affermato dall'attivista Ah Qiang, soltanto il 5% degli omosessuali trova il coraggio di fare coming out in famiglia e sul posto di lavoro, nonostante si stimi che circa il 70% della popolazione sia ormai piuttosto tollerante verso questo tipo di comportamenti. Il 50% si sarebbe detto addirittura favorevole al matrimonio gay, come riporta un sondaggio apparso di recente su Sina.com.

E proprio le nozze omosessuali sono da tempo al centro di un acceso dibattito, dalle nostre parti come in Cina. In tutto il mondo sono 14 i paesi ad averle approvate, ma nella regione Asia-Pacifico soltanto la Nuova Zelanda è riuscita "a dire sì". Sebbene l'opinione pubblica sia ormai piuttosto tollerante, nella Repubblica popolare cinese la legge sul matrimonio riconosce esclusivamente il vincolo tra un uomo e una donna, sbarrando la strada a qualsiasi altra forma di unione civile. Diversi sono stati gli appelli per emendare la normativa in materia. Un precedente storico: il riformista-confuciano Kang Youwei, vissuto a cavallo tra il XIX e il XX sec., e la sua proposta utopistica di un contratto matrimoniale temporaneo della durata di un anno, valido per coppie etero e non, di cui parla nell'opera il "Libro della Grande Unità".

Perché l'utopia diventi realtà, dal 2003 la nota sessuologa all'Accademia di Scienze Sociali, Li Yinhe, propone (invano) alla Conferenza politica consultiva un progetto di legge sul matrimonio gay. Ogni tentativo è caduto nel vuoto, tanto per un riconoscimento a livello nazionale quanto a livello provinciale: l'unione omosessuale non ha fatto breccia nemmeno nell'Assemblea legislativa del Guangdong, alla quale Li si era appellata nel 2010 per un'approvazione dell'emendamento almeno in quella che viene considerata la regione più dinamica e riformista del Paese. Non un no secco, comunque. Chiamato a commentare la proposta dell'attivista, un portavoce governativo ha affermato che "i tempi non sono maturi" per il matrimonio gay “ in Cina, lasciando intendere che Pechino potrebbe dare il proprio placet in un futuro non immediato.

D'altronde, a fine aprile, la trasferta cinese del primo ministro islandese Johanna Sigurdardottir, unico capo di governo al mondo dichiaratamente gay, aveva rinfocolato le polemiche sulla questione a causa della consapevole "dimenticanza" dei media governativi, rimasti silenti sulla presenza al suo fianco della consorte. La coppia lesbica è stata ricevuta con tutti gli onori dal presidente Xi Jinping in seguito alla firma di un ghiotto accordo commerciale. Non pare esserci stato tempo, però, per accogliere l'invito della comunità LGBT cinese, declinato ufficialmente dalla Sigurdardottir a causa di un'agenda troppo fitta. Un'astensione -secondo molti- mirata piuttosto a preservare l'idillio tra i due Paesi, evitando di contrariare l'ospite con questioni spinose.

La società si mobilita
Nel mese di marzo, la Ong di Canton Parents, Families and Friends of Lesbians and Gays (PFLAG) si è fatta portavoce delle richieste di cento genitori di figli omosessuali in occasione della riunione annuale dei legislatori cinesi. Stop alle discriminazioni contro le coppie dello stesso sesso è quanto è stato chiesto per iscritto: diritto di proprietà, adozione ed eredità di beni sono tra i principali nodi da sciogliere.

Lo scorso 17 maggio, la ricorrenza della giornata internazionale contro l'omofobia è stata celebrata in Cina con un ulteriore spinta verso il riconoscimento dei diritti civili degli omosessuali. Dieci avvocati cinesi hanno consegnato una lettera aperta alla Commissione affari legali dell'Assemblea nazionale del popolo (Anp), il parlamento del Dragone, affinché coppie etero e omosessuali possano ottenere uguale trattamento davanti alla legge. Lo stesso giorno, in diverse città del Paese hanno sfilato cortei del "gay pride" non senza intoppi. A Changsha, nello Hunan, un'attivista di diciotto anni è stato arrestato con l'accusa di aver organizzato una manifestazione "illegale", termine con il quale viene bollata qualsiasi iniziativa realizzata senza l'approvazione preventiva della polizia.

In generale è possibile evidenziare due atteggiamenti distinti nei confronti delle unioni gay in Cina, a seconda che si parli di media e dibattito pubblico o di mondo politico. Se la questione omosessualità è ormai ampiamente affrontata anche dai mezzi d'informazione ufficiali, il matrimonio gay viene invece trattato ancora con il contagocce. Così dopo l'ampia eco della cerimonia pubblica tra i signori Lu Zhong e Liu Wangqiang, tenutasi nel Fujian lo scorso autunno e comparsa anche sull'agenzia statale Xinhua, la stampa governativa ha invece optato per il silenzio nel caso delle recenti lettere all'Anp. Non è stata altrettanto solerte quando a gennaio due ragazze di Pechino si sono presentate presso l'Ufficio degli Affari Civili per registrare il matrimonio con tanto di giornalisti al seguito. L'atto aveva solo uno scopo provocatorio, ma la notizia è inevitabilmente filtrata anche sui media nazionali.

Vita da tongqi
Le chiamano tongqi e sono le donne cinesi sposate con uomini omosessuali. Non esistono stime esatte, ma stando a quanto dichiarato da Zhang Beichuan, researcher e sessuologo presso l'università di Qingdao, le tongqi sarebbero circa 10milioni, numeri che salgono a 16milioni se si considerano anche le mogli dei bisex.

Come spiegato da Zhang, circa l'80% degli uomini gay decide di convolare a nozze perché si sente in dovere di tramandare il nome di famiglia. L'alternativa più diffusa consiste nel contrarre un matrimonio pro-forma con un'amica lesbica, in modo da accontentare i sogni matrimoniali dei propri genitori. Chi non riuscisse a trovare un finto partner può comunque affidarsi al sito web chinagayles.com, che provvede ad accoppiare gay e lesbiche alla ricerca di un compagno di facciata.

La questione delle tongqi è uscita allo scoperto lo scorso giungo, quando una ragazza di 31 anni del Sichuan si è suicidata dopo aver scoperto le reali inclinazioni sessuali del proprio marito. 630mila yuan (circa 100mila dollari) è quanto hanno chiesto all'uomo i genitori di lei per aver ingannato la figlia; richiesta, comunque, rigettata dal tribunale locale che ha definito il matrimonio tra i due "giuridicamente legittimo".

Lo scorso gennaio la Prima Corte Intermedia del Popolo di Pechino ha avanzato l'ipotesi di una legislazione che permetta di chiedere l'annullamento del matrimonio a chi scopre di dividere il tetto coniugale con un omosessuale. Un provvedimento che eviterebbe così le lungaggini burocratiche del divorzio. La questione è d'altra parte assai complessa. Se il matrimonio venisse ritenuto nullo non sarebbe più necessario provvedere alla tutela dei diritti e degli interessi della sposa, mette in guardia la rivista economico-finanziaria Caixin. Rimane, poi, da definire se il coniuge eterosessuale abbia diritto o meno ad una quota maggiore dei beni della coppia. Altro punto controverso: l'omosessualità può essere ritenuta una motivazione sufficiente per chiedere il divorzio, dato che -come rileva la Corte- "la cessazione del vincolo affettivo" dovrebbe essere ancora il principale criterio di giudizio?

Per qualcuno il mancato riconoscimento del matrimonio gay rischia di travalicare la questione dei diritti umani universali, arrivando a insidiare persino la stabilità e l'"armonia sociale", termine, quest'ultimo, molto caro alla leadership di Pechino. "Tutti sanno che quando un etero e un omosessuale si sposano questa unione porta gravi problemi sociali, costringendo delle persone a vivere nell'infelicità" è quanto avvertono i genitori-petizionisti nella loro lettera al parlamento "la nostra legge sta dunque cercando di incoraggiare tutto questo?"

Taiwan e Hong Kong
Diversa la situazione a Taiwan, che per Pechino non è altro che una "provincia ribelle". Nell'ottobre del 2012, sull'isola democratica è andato in scena il più imponente "gay pride" d'Asia (oltre 50mila partecipanti), al quale ha preso parte anche il sindaco di Taipei. Sempre lo scorso anno si è tenuta la prima udienza sulle unioni omosessuali, portando qualcuno ad ipotizzare che la Repubblica di Cina potrebbe diventare il primo Paese della regione a legalizzare il matrimonio gay. E se Taiwan è parte integrante della Repubblica popolare -come affermano nella mainland- allora in teoria le coppie omosessuali potrebbero convolare a nozze anche in una "Cina estesa" sulla scia del buon esempio dei cugini oltre lo stretto, suggeriscono i più ottimisti.

Timide aperture anche ad Hong Kong, dove lo scorso mese la Corte d'appello ha dato il semaforo verde alla prima unione tra persone transessuali. Una sentenza storica che entrerà in vigore nell'arco di 12 mesi, il tempo necessario ad apportare le necessarie modifiche alla legge sul matrimonio. Il provvedimento, d'altra parte, non legalizza le nozze omosessuali, viste ancora come un tabù nell'ex-colonia britannica recentemente teatro di accese proteste in chiave anti-gay da parte della comunità cristiana evangelica.

(Leggi anche Essere gay è glorioso)











lunedì 3 giugno 2013

Tian'anmen: una ferita ancora aperta


La società armoniosa. Il punto di vista operaio


Un viaggio nella "fabbrica del mondo" attraverso l'esperienza di chi ha forgiato con il sudore della propria fronte il "miracolo cinese". Un lavoro d'inchiesta a metà tra ricerca scientifica e militanza partecipata. Cina, la società armoniosa. Sfruttamento e resistenza degli operai migranti è un'opera che nasce dalla rielaborazione di sette articoli scritti a quattro o sei mani da alcuni sociologi cinesi, e la cui stesura è stata diretta da Pun Ngai, professore associato di scienze sociali presso la Hong Kong University of Science and Technology. Formatasi al SOAS alla fine degli anni '90, Pun Ngai subisce l'influenza del post-modernismo inglese per poi progressivamente distaccarsene; nel 1996 fonda il Chinese Working Women's Network, una Ong che si batte per assicurare alle lavoratrici migranti cinesi standard di vita migliori.

Anni di interviste e osservazione sul campo con l'occhio attento di chi sa guardare allo sviluppo industriale del Gigante asiatico dal punto di vista operaio. Il background storico: la Terza Rivoluzione Industriale, l'immensa rilocalizzazione del manifatturiero nei Paesi a basso salario. Sullo sfondo: le fabbriche che hanno sostenuto l'iperbolica crescita economica dell'ultimo trentennio cinese, gli stabilimenti della tanto chiacchierata Foxconn, i cantieri edili ai margini dei grandi conglomerati urbani del Sud, i dormitori-prigione in cui viene stipata l'inesauribile (almeno sino ad oggi) manodopera sottopagata.

Protagonisti: i nongmingong, i loro comportamenti soggettivi, le loro aspettative, i loro sogni. 200 milioni di operai contadini che a partire dalla metà degli anni '90 hanno abbandonato le campagne per trasferirsi nelle città costiere della Cina e sperimentare il lavoro salariato, in un processo di proletarizzazione che l'autrice definisce "incompiuto". Un sistema di registrazione abitativa retaggio dell'epoca maoista -e in procinto di essere riformato- l'hukou, vincola ogni individuo al luogo di residenza sbarrando, in caso di trasferimento, l'accesso ad una serie di benefit sociali ed economici. Così che un lavoratore migrante viene privato della possibilità di acquisire lo status di lavoratore urbano, con il risultato che per facilitare la mobilità tra i diversi siti produttivi e massimizzare lo sfruttamento della manodopera è stata incentivata la nascita di immensi dormitori in cui la compressione spazio-temporale disintegra la distinzione tra sfera lavorativa e vita privata. In cui le ore di lavoro standard vengono sforate continuamente durante i picchi di produzione. Soltanto nel campus di Longhua, Shenzhen, della Foxconn, si parla di 430mila operai. Per loro "non c'è futuro come lavoratore in città, ma non ha alcun senso tornare al villaggio".

Ad attrarre l'attenzione di Pun Ngai è sopratutto la seconda generazione di "lavoratori mobili", quelli nati dopo il 1992, affascinati dalla fabbrica come trampolino di lancio verso le città, ma meno inclini ad accettare le condizioni di lavoro loro imposte. Più istruiti, critici e desiderosi di lottare per affermare i propri diritti, ma sostanzialmente rubricati come manodopera dequalificati. Per questi, a differenza dei loro predecessori, non ci sarà un ritorno all'ovile. Lo dimostra l'inaspettata affluenza in fabbrica a seguito del Capodanno cinese, festività alla fine della quale generalmente il 20-30% degli operai non si ripresenta sul posto di lavoro, preferendo rincasare.

Nell'ultimo ventennio lo scarso sviluppo delle aree rurali ha ridotto drasticamente la possibilità di una sussistenza basata sulla terra come avvenuto, invece, per i lavoratori migranti della prima generazione. Eppure, il salario che questi giovani operai ricevono "non basta alla riproduzione quotidiana nel luogo in cui lavorano, costringendo, comunque, molti di loro a tornare nei villaggi di campagna dai quali provengono" spiega l'autrice.

Solo pochi giorni fa, l'Ufficio Nazionale di Statistica ha annunciato che nel 2012 il salario medio dei mingong è cresciuto dell'11,8%, quasi la metà rispetto al 21,2% dell'anno precedente. A ciò va ad aggiungersi una minore propensione verso lo spostamento: il 3,6% ha preferito restare nella provincia d'origine, contro il 2,3% che ha scelto mete più distanti. Un'inversione di tendenza motivata in parte dalla nuova attenzione dimostrata dalle aziende straniere verso le zone dell'entroterra decisamente più "low cost", in parte dalla politica del "Go West" intrapresa da Pechino al fine di rivalutare le regioni arretrate (ma ricche di materie prime) del selvaggio Ovest. E concedere una boccata d'aria al Delta del Fiume delle Perle, la culla del manifatturiero cinese sacrificata sull'altare del "turbocapitalismo".

Per invogliare la migrazione interna verso le zone maggiormente spopolate, all'inizio dell'anno il governo cinese ha provveduto ad innalzare i salari minimi in 23 regioni e diverse aree e città del Paese. Un provvedimento con il quale la leadership spera, tra le altre cose, di accrescere il potere d'acquisto dei cittadini nell'ottica di un paradigma di crescita -in tempi di rallentamento dell'export- sempre più orientato verso i consumi interni. Risultato: aziende straniere in fuga verso nuove "terre promesse" più economicamente vantaggiose, come Vietnam, Bangladesh e altri paesi del Sud Est Asiatico. Negli ultimi anni la crescente scarsità di manodopera cinese, di cui è complice la politica del figlio unico, ha indotto le società d'oltreconfine a corrispondere robusti incentivi salariali per trattenere gli operai nelle proprie fabbriche. Così per molti, il "made in China" non è poi più tanto conveniente.

Gli operai-contadini non sono esattamente una novità nella storia cinese. D'altra parte, è a partire dall'apertura ai mercati internazionali con le riforme fine anni '70 di Deng Xiaoping che assumono un ruolo di primo piano nello sviluppo della Nazione, vedendo contemporaneamente le proprie condizioni di lavoro precipitare in nome di una crescita economica a tappe forzate. Tanto per avere un'idea: dal 2002 la Cina è il primo produttore mondiale di ottanta prodotti differenti, tra i quali lettori dvd, macchine fotografiche, abiti, frigoriferi, condizionatori e motocicli. Nel 2006 i prodotti tecnologici hanno rappresentato il 56% delle esportazioni complessive, piazzando l'export di tecnologia avanzata cinese al secondo posto dopo quella statunitense, mentre nel 2007 il Dragone ha compiuto il sorpasso sul Giappone divenendo il secondo investitore mondiale in sviluppo e ricerca.

"Questi lavoratori migranti che lasciano gli ormeggi in cerca di lavoro salariale sono sempre più giovani" ha commenta durante la presentazione di Cina, la società armoniosa, tenutasi presso L'Università di Roma "La Sapienza", Devi Sacchetto, ricercatore di Sociologia del lavoro, nonché co-curatore del testo italiano "gli studenti delle scuole professionali tra i quindici e i diciotto anni devono lavorare per un periodo che varia dai sei ai dodici mesi in una fabbrica per il proprio apprendistato. Questo dà l'idea della strada che si sta intraprendendo".

Manodopera più giovani ma meno sottomessa. Lo dimostra la nascita sempre più frequente di gruppi di lavoro, piccoli collettivi che operano per cercare di trovare un linguaggio comune e far valere le proprie istanze, lottando contro i sindacati per gestire la forza lavoro. E talvolta ci riescono, come nel caso dei lavoratori portuali di Hong Kong che dopo quaranta giorni di sciopero hanno ottenuto un aumento dello stipendio del 9,8%. In genere si tratta di fiammate improvvise di rabbia che cominciano con una petizione per poi sfociare in vere e proprie serrate.

"Questi nuclei di dimensione ridotta traggono forza dal fatto che gli elementi appartengono alla stessa area d'origine e parlano la stessa lingua" ha spiegato Sacchetto "fanno uso di una retorica di stampo maoista come contro-retorica per opporsi all'individualismo e al capitalismo, in un contesto sociale in cui il primo verbo che occorre imparare è 'arricchirsi'. Nella mobilitazione si raggiunge una coesione irraggiungibile durante le convulse attività lavorative. Spesso le lotte coinvolgono unità produttive locali e le cause all'origine delle vertenze sono generalmente orari di lavoro massacranti, salari inadeguati e condizioni di lavoro precarie. Quest'ultimo punto sembra aver acquisito un peso maggiore negli ultimi anni".

"Sulla carta il governo cinese ha spesso adottato politiche a favore del lavoro, come la legge sul contratto e quella sull'arbitrato, molte di queste normative non sono seriamente implementate sul piano locale, dove gli interessi dei governi locali sono strettamente legati a quelli degli investitori privati" ha dichiarato Pun Ngai in un'intervista comparsa alla fine dello scorso anno su Il Manifesto "i sindacati tradizionali, dal canto loro, non funzionano in modo efficace e non sono presenti quando i lavoratori passano all'azione o avrebbero bisogno di un loro sostegno. I sindacati ufficiali sono assolutamente inefficaci, finché i conflitti sul lavoro non diventano problemi di 'disordine sociale'. In queste situazioni allora il sindacato viene messo sotto pressione per intervenire".

E proprio gli "incidenti di massa" -un eufemismo utilizzato da Pechino per non parlare di "proteste"- sembrano agitare i sonni dei leader cinesi, con le ultime statistiche disponibile che vedono i disordini su territorio nazionale lievitare dai 10mila del 1993 agli 87mila del 2005.

"E' Piuttosto evidente la tendenza del Partito e delle imprese a ostacolare la nascita di una classe operai consapevole" commenta Sacchetto. Quello stesso ceto operaio che, a partire dal 1949, il Partito comunista cinese promosse, almeno sul piano propagandistico, a classe-guida del Paese, e che fino agli anni '70, quando inserito nelle industrie di Stato, poté godere di stipendi persino superiori a quelli dei docenti universitari, con tanto di garanzie accessorie esclusive. Altri tempi e altri Pil.

Verso la metà degli anni '90 sono cominciate a fiorire le prime organizzazione non governative focalizzate sul lavoro con base prevalentemente a Shenzhen, Canton e Pechino. Tali associazioni, che godono del sostegno dei lavoratori, gestiscono attività culturali, si occupano di strategie organizzative, con particolare attenzione al rispetto dei diritti e della sicurezza dei lavoratori. Il loro ruolo assume un'importanza notevole alla luce di un paradosso giuridico che vede la legislazione cinese non riconoscere, ma neppure negare esplicitamente il diritto allo sciopero, relegandolo sostanzialmente in una zona grigia della giurisprudenza.

Particolarmente eclatante in questo senso lo sciopero indetto nel 2010 dai dipendenti della Honda di Foshan, nella provincia del Guangdong, culminato nel pestaggio tra lavoratori e sindacalisti. In questo caso le proteste rischiarono di estendersi pericolosamente arrivando a minacciare la produzione di fabbriche in località differenti. Cosa che accade di rado in Cina, dove i disordini di questo tipo hanno normalmente un'estensione geografica molto limitata. Le contestazioni, che sono state ampiamente (e stranamente) riportate anche dai media nazionali, rientrarono in seguito all'intervento della Guangdong All-China Federation of Trade Union, ramo locale dell'Acftu, l'unica organizzazione ufficiale di sindacati consentita in Cina, intervenuta per aiutare i lavoratori a indire elezioni e organizzare un sindacato a livello di fabbrica.

"Generalmente si può dire che gli scioperi nelle aziende straniere si arricchiscono di connotati quasi nazionalistici, mentre le autorità sono chiaramente più inclini a lasciar correre" ha spiegato Sacchetto. Quando si parla di Cina, proteste operaie e multinazionali estere il richiamo alla Foxconn è quasi immediato. Appena qualche giorno fa, la "fabbrica dei suicidi", il colosso taiwanese dell'elettronica che assemblea prodotti per Apple, Sony e Nokia è tornato sotto i riflettori dopo che altri tre lavoratori si sono tolti la vita. Tutti e tre impiegati nello stabilimento di Zhengzhou, nello Henan.

"Alcuni ritengono che i recenti suicidi siano da attribuire alla 'politica del silenzio', la quale prevede minacce di espulsione per gli operai che parlano durante gli orari di lavoro" ha dichiarato la Ong di New York China Labour Watch, che per prima ha dato la notizia dei decessi. Della Foxconn -costantemente nel mirano della comunità internazionale dall'ondata di suicidi del 2010- Pun Ngai parla ampiamente nel suo libro, scandagliando le ragioni di quel gesto estremo messo in atto dagli operai come forma di resistenza contro una divisione del lavoro rigidissima.

Eppure, non tutti sono così risoluti nel condannare il colosso di Taiwan, che in quanto straniero è facile bersaglio persino delle autorità cinesi, generalmente molto meno occhiute nei confronti delle aziende nazionali. "Ciò che in realtà si dovrebbe chiedere chi osserva i numeri non è perché alla Foxconn ci sono tanti suicidi, ma piuttosto perché ce ne sono così pochi rispetto alla media della Cina e della maggior parte dei paesi occidentali sviluppati" si legge in un articolo comparso poco tempo fa sull'Economic Observer.

Gli standard di lavoro della Foxconn non sarebbero poi così severi, sopratutto se accostati a quanto accade nel mondo della produzione cinese. Alcuni mesi fa la compagnia stessa aveva cercato di migliorare la propria immagine annunciando in pompa magna imminenti elezioni libere per la costituzione di sindacati interni alle proprie fabbriche. Una promessa, fino ad oggi, rimasta disattesa.

(Scritto per China Files)





sabato 1 giugno 2013

"Sogno cinese" vs "sogno americano" in sette punti


Dopo le "tre rappresentatività" di Jiang Zemin e lo "sviluppo scientifico" di Hu Jintao adesso la Cina si trova ad inseguire un "sogno": quello teorizzato dal neo-presidente Xi Jinping non appena assunto l'incarico di Segretario generale del Partito, lo scorso novembre. "La nostra gente ama la vita e si aspetta un sistema educativo migliore, posti di lavoro più stabili e un reddito migliore, standard più alti nell'assistenza sanitaria, condizioni di vita più confortevoli e un'ambiente migliore. Spera che i propri figli possano crescere, lavorare e vivere meglio. Il raggiungimento di una vita bella e di qualità è ciò per cui dobbiamo lottare" dichiarò Xi nel suo discorso d'esordio, ricorrendo con maggior frequenza alla parola "popolo" piuttosto che "Partito".
Dopo soltanto due settimane, però, lo stesso sogno sarebbe diventato "il sogno cinese della rinascita", come scandito durante l'ormai celebre visita al Museo Nazionale in piazza Tiananmen (prima volta che Xi accenna in senso proprio ad una "visione onirica" con caratteristiche cinesi), per poi caricarsi di ulteriori sfumature nazionaliste prima a dicembre, durante la visita alla marina nel Sud del Paese, e poi all'Assemblea Nazionale del Popolo di marzo. "Dobbiamo fare sforzi persistenti per portare avanti con volontà indomabile la grande causa del 'socialismo con caratteristiche cinesi', sforzandoci di raggiungere il 'sogno cinese' di una grande rinascita della Nazione" sentenziò Xi, aggiungendo d'altra parte che "in sintesi, il sogno cinese è il 'sogno del popolo'". 
In pratica, tutto e niente. Proprio la vaghezza dello slogan -secondo l'Economist- permette al nuovo presidente di non deviare dalle linee guida del dodicesimo piano quinquennale, adottato sotto la precedente amministrazione Hu-Wen e al quale Xi rimane blindato almeno fino al terzo plenum del prossimo autunno. Ma permette anche alle persone di "sognare" con la propria testa, aprendo spiragli pericolosi qualora le aspirazioni dei cittadini non coincidano con quelle nutrite dentro i palazzi del potere. Tant'è che per qualcuno sarebbe già giunto il momento di fare un po' di chiarezza, se non altro tra coloro che dovrebbero essere gli artefici di questa visione onirica nazionale. 
Secondo quanto riportato la scorsa settimana dalla Xinhua, Liu Qibao, il nuovo capo della propaganda, ha invitato l'Accademia Cinese delle Scienze Sociali a condurre delle ricerche sul "sogno cinese" e sul "socialismo con caratteristiche cinese", in modo da "fornire supporto accademico per una maggiore fiducia nella via, nelle teorie e nel sistema cinese". Fermo restando che per qualcun'altro, come l'ex ambasciatore cinese all'Onu, Wu Jianmin, la direzione intrapresa da Xi è addirittura lampante: "Basta pensare al discorso di Xi Jinping, alla relazione del Congresso del Partito, per vedere in maniera evidente che si sta parlando a voce alta di riforme politiche (...) Xi Jinping è stato molto chiaro su questo punto". 
Chiaro o meno, sta di fatto, che il dibattito sul "Chinese Dream" continua a tenere banco tanto in patria quanto all'estero. Per tentare di capire in cosa consista questo "sogno cinese" riporto sotto la traduzione di una articolo comparso sulla rivista economica Caijing, nel quale sostanzialmente l'essenza del sogno di Xi Jinping viene ricavata attraverso una comparazione in sette punti con l'unico altro modello di "sogno" mai creato sino ad oggi: quello americano. 

Il "Chinese Dream" consiste nella prosperità del Paese, l'"American Dream", invece, si focalizza sulla ricchezza di ogni individuo. L'obiettivo del "sogno cinese" è rivitalizzare la nazione, quello americano consiste nel successo personale; il primo deve essere realizzato dal popolo cinese stesso, il secondo può avvalersi di talenti e risorse naturali provenienti da altri Paesi. Il "Chinese Dream" consiste nell'armonia e nella felicità comune, l'"American Dream" si basa sulla libertà e sulla felicità dei singoli individui. Durante l'ultima sessione dell'Assemblea Nazionale del Popolo, il presidente Xi Jinping ne ha dato una spiegazione completa; il dibattito si è fatto acceso. Ma per comprendere a fondo cosa sia il "sogno cinese" è necessario dare al popolo cinese "un paio di scarpe fatte su misura": soltanto indossando queste ci si sentirà comodi, leggeri, come se si avessero ali ai piedi. Allora la prospettiva migliore sta nell'effettuare una comparazione con il celebre "paio di scarpe americane", in altre parole: l'"American Dream".

Fino ad oggi, soltanto la Cina e gli Stati Uniti, queste due grandi nazioni, hanno avuto il coraggio di creare un loro "sogno". Non tutti i Paesi hanno i requisiti per farlo. Soltanto quando si ha il destino nelle proprie mani, quando si ha sufficiente spazio d'immaginazione, forza e sicurezza per realizzarlo, allora si è in grado di costruire il proprio sogno. Al contrario, quando il letto di un piccolo Stato si trova a fianco a quello di una grande Nazione, il futuro appare precario e il sonno è tormentato. In queste condizioni, com'è possibile sognare in tranquillità? L'economia dei Paesi poveri di risorse è nelle mani di altri, questo suscita preoccupazioni continue. Com'è possibile dormire profondamente in questo stato?

Per prima cosa ricordiamo ancora una volta quali sono le caratteristiche specifiche del "sogno" cinese e di quello americano.

"Realizzare l'obiettivo di una società relativamente prospera, di un Paese socialista modernizzato, civilizzato, armonioso e democratico; realizzare il "Chinese Dream" di una grande rinascita del popolo cinese consiste proprio nel rendere la Nazione prospera e il popolo felice" (Xi Jinping in chiusura alla dodicesima sessione dell'Anp)

"Il sogno americano di permettere a tutte le classi sociali di trascorrere una vita più prospera e felice è sino ad oggi il più grande contributo che abbiamo dato al mondo a livello ideologico e di benessere sociale" (James Truslow Adams - "The Epic of America")

Inevitabilmente il "sogno cinese" e quello americano sono differenti, per ragioni storiche, culturali, economiche e geografiche. Le differenze e le motivazioni tra i due sono riassumibili in sette punti:

ll sogno cinese risiede nella prosperità della nazione, il sogno americano consiste nella ricchezza di ogni individuo

Comparati alla Cina, gli Usa hanno grandi vantaggi geografici: su tre lati sono circondati dal mare e sono facilmente difendibili dagli attacchi. Dalla loro fondazione hanno avuto un solo despota, in tutta la storia non sono mai stati sottomessi da altri Paesi, al contrario, spesso, di loro iniziativa hanno saccheggiato le risorse di altri Stati. Per questo non hanno mai temuto per la sicurezza nazionale, lasciando il popolo libero di occuparsi del proprio arricchimento.
La Cina, invece, fin dall'antichità è stata tormentata dalla necessità di mantenere stabili le sue aree periferiche, durante tutto il corso della sua storia non ha mai smesso di essere in guerra con i Paesi vicini;  diverse volte è stata conquistata e devastata. Proprio la storia ci insegna che la forza di una Nazione consiste nella garanzia e nel prerequisito di riuscire ad assicurare al popolo una vita tranquilla e felice. Per questo il "sogno cinese" deve porre la forza e la prosperità del Paese al primo posto.

L'obiettivo del "sogno cinese" è lo sviluppo prospero della Nazione, l'obiettivo del "sogno americano" è il successo dei singoli individui.

La Cina è un Paese che racchiude in sé varie etnie, prima tra tutte quella Han, generalmente chiamata "popolo cinese", fin dall'antichità ha sempre proceduto unito in tutte le avversità, tenuto insieme da una  causa comune, nutrendo un sentimento profondo per questa terra. E' opinione comune che una Nazione debole sia facilmente vulnerabile davanti al bullismo di chiunque, che sia disonorevole per ogni cittadino, e che metta vite e beni in pericolo. In queste condizioni come ci può essere felicità?
La situazione nazionale statunitense è molto più complicata di quella cinese: bianchi e neri sono due poli opposti. Per molto tempo le persone di colore hanno subito discriminazioni e oggi, sebbene la legge preveda l'uguaglianza, tuttavia, la discriminazione insita nelle persone non può essere cancellata. Questa piccola cosa rischia di innescare un conflitto interno. Negli Stati Uniti, questo Paese di migranti, la gente non ha un attaccamento alla propria terra, non ha veramente idea di cosa sia una Nazione, ed è naturale possa discutere soltanto di successo personale.

Il "sogno cinese" deve essere realizzato dal popolo cinese, il "sogno americano" può essere realizzato attraverso il talento e le risorse di altri Paesi

Il concetto di "sogno americano" può essere tracciato a partire dalla dichiarazione d'indipendenza, che sottolinea i diritti naturali, tutti hanno il medesimo diritto alla vita, a essere liberi e a ricercare la felicità. Il "sogno americano"; in particolare, sottolinea che non è importante l'origine o la classe sociale, perché tutti -facendo affidamento sulle proprie capacità e le proprie conquiste- hanno le stesse opportunità di successo. Tutto questo ha una notevole presa sui cittadini dei piccoli Paesi europei, caratterizzati da una forte distinzione tra le classi, i quali vengono sedotti e incitati ad andare negli Usa  a tentare la fortuna. Nel corso della storia, spesso gli Stati Uniti si sono avvalsi di persone di altri Paesi per sviluppare la Nazione. Per esempio, in una prima fase fu introdotto un gran numero di schiavi dall'Africa per il lavoro nelle piantagioni e nel XIX secolo la manodopera cinese fu utilizzata per riparare le ferrovie. Oggi messicani e cittadini dell'Europa dell'Est vengono impiegati in ogni tipo di lavoro fisico, mentre i bianchi costituiscono la classe benestante, passano il tempo a giocare a golf godendosi la vita. Ma la Cina è una grande Nazione, che conta 1,3 miliardi di abitanti, e non può affidarsi al talento di grandi masse di stranieri in arrivo da oltreconfine, per questo il Segretario generale del Pcc, Xi Jinping, ha posto l'accento sul fatto che "per realizzare il sogno cinese è necessario che la Cina percorra una propria via", "occorre sviluppare lo spirito cinese" e "concentrare la forza del Paese".

Il "sogno cinese" consiste nell'armonia e nella felicità della collettività, quello americano nella libertà e nella felicità dei singoli individui

Fin dall'antichità, i cinesi hanno subito maturato i concetti di "patria e famiglia", nonché una profonda consapevolezza collettiva, sopratutto sul fatto che "l'armonia porta ricchezza". Se all'interno di una famiglia c'è armonia, e sono tutti in salute allora si raggiungerà anche la felicità personale. Per questo la felicità dei cinesi è intesa in senso collettivo. All'interno della famiglia la felicità è condivisione, così Xi ha utilizzato tre "comunanze" per descrivere la visione di "sogno cinese": condividere l'opportunità di una bella vita, condividere l'opportunità che il sogno diventi realtà, condividere l'opportunità di vedere la propria patria e la propria epoca maturare e progredire insieme".
La cultura europea e americana invece esalta l'individualismo e ricerca l'ottenimento della libertà e della felicità personale.

Il sogno cinese ha un profondo senso storico, il sogno americano è costruito soltanto sull'esperienza pratica

Una parte della sicurezza di sé nella realizzazione del sogno cinese deriva dalla storia. La civiltà cinese ha circa 5000 anni di storia, in molte occasioni è stata prospera e felice, in quelle epoche era il paese più fiorente al mondo. Recentemente la fioritura di serie tv sugli imperatori di queste epoche riflette il fatto che il pubblico ha questa mentalità. In Occidente alcuni Paesi temono l'ascesa impetuosa  della Cina, in parte per ragioni storiche: loro credono che i cinesi possano riacquisire le abilità di un tempo. Un piccolo Paese -che nel suo passato non è mai stato forte- che sbraita provocazioni susciterà negli altri soltanto una risata. Nella frase pronunciata da Xi "raggiungere il sogno della grande rinascita del popolo cinese" basta soltanto considerare la parola "rinascita" per percepire tutto il senso di "ottimismo" e "sicurezza". Di contro, gli Stati Uniti hanno soltanto duecento anni alle loro spalle. Dall'inizio della loro fondazione, sfruttando le risorse naturali e i talenti di altre nazioni, sono progressivamente diventato una "superpotenza", perciò il loro sogno consiste nel continuare a portare avanti ciò che è già realtà, evitando che emergano poteri contrastanti e continuando a forgiare il proprio "sogno americano".

Il "sogno cinese" si basa su un lavoro di gruppo, il "sogno americano" si regge sulla notorietà individuale 

Per realizzare il "sogno cinese" è necessario concentrare gli sforzi di tutti; è necessario che tutti lavorino e si adoperino coscienziosamente, sfruttando l'acutezza e la genialità di ognuno, convogliando l'impegno verso un'unica direzione. Questo sogno si basa sulla conoscenza, sulla forza e sulla saggezza collettiva. In breve, può essere realizzato soltanto facendo affidamento sulla forza di tutta la Nazione. Guardando indietro al passato, non è difficile notare come il popolo cinese sia un popolo brillante, ma è anche un popolo a cui piace tormentarsi, mosso da una tendenza autodistruttiva spesso ha attraversato periodi di massima evoluzione, periodi di sofferenza, arrivando a rischiare che lo sviluppo del Paese si riducesse piuttosto ad un'involuzione. Per questo oggi occorre che la conoscenza collettiva venga diretta verso un unico e chiaro obiettivo. Al contrario gli Stati Uniti, fin dalla loro fondazione, hanno intrapreso la strada del pragmatismo, che consiste semplicemente nella ricerca personale di felicità e ricchezza. In pratica, la loro forza è stata costruita su una serie di successi individuali. Il popolo cinese è in grado di fare grandi cose, ma innanzitutto deve riuscire a unificare la propria coscienza.

Il "sogno cinese" è finalizzato alla gloria nazionale, il "sogno americano" a quella personale

A partire dalla guerra dell'oppio, il territorio nazionale è stato invaso e occupato, il popolo devastato, le persone sono state gettate nella miseria e nella sofferenza, per loro la vita ha perso qualsiasi significato. Ogni trattato umiliante, ogni calamità devastante è stata un trauma per il popolo. Nella storia moderna, quante persone dagli alti ideali hanno versato il proprio sangue semplicemente per l'orgoglio della Nazione, per la sua sicurezza, perché il popolo potesse vivere e lavorare in pace e serenità. "Oggi la nostra Repubblica popolare cinese fiera torreggia nell'estremo est del mondo", ha affermato Xi con voce energica e squillante. Se la Cina non avesse avuto una storia tanto tragica, sarebbe difficile riuscire a comprendere la sete di speranza del popolo cinese. Gli Stati Uniti non hanno provato tale sofferenza, perciò non sono in grado di creare questo tipo di sogno. Con il risultato che il loro sogno è imperniato piuttosto sulla ricchezza, il successo e la scalata sociale di ogni singolo individuo.

人民论坛:中国梦区别于美国梦的七大特征

中国梦是国家的富强,美国梦是个人的富裕

  较之中国,美国具有巨大的地理优势,三面环海,易守难攻,建国伊始就是一霸,历史上从未受到其他国家的侵略征服,倒是常常主动出击攫取他国资源。所以他们一直没有国家安全之忧,人民可以专心做自己发财致富的梦。但是,自古以来,中国周边的环境一直极为险恶,历史上与周边国家的征战从没有停止过,几次被其他民族征服蹂躏。历史的教训告诉我们,国家的富强是人民安居乐业的前提和保障,所以中国梦必须把“国家富强”放在第一位。

  中国梦的目的是民族振兴,美国梦的目的是个人成功

  中国是一个以汉民族为主体的多民族国家,统称为中华民族,自古以来生于兹养于兹,患难与共,休戚相关,对这块热土具有十分深厚的感情。大家有一个共识,民族孱弱,任人欺凌,个人的尊严就会丧失,生命财产得不到保护,哪有幸福可言?美国的民族情况远比中国复杂,黑白两极对立,黑人长期受白人歧视,现在虽然法律上是平等了,但是骨子里的不平等是一时无法消除的,一件小事就可引起内部激烈的民族冲突。美国是个移民国家,人们没有乡土依恋,缺乏民族观念,自然也就只谈个人的成功。

  中国梦必须由中国人自己来实现,美国梦可以利用其他国家的人才资源达到

  “美国梦”的概念可以追溯到《独立宣言》,强调天赋人权,每个人都有同样的生存、自由和追求幸福的权利。“美国梦”特别是强调,不管出身、不论阶级,每个人具有同等靠自己的能力和成就而获得成功的机会。这对那些阶级分明的欧洲小国的人具有极大的吸引力,诱惑他们、鼓励他们来美国冒险。历史上,美国多次利用其他民族的人民来发展自己的国家。比如早期从非洲引进大量黑人搞种植,十九世纪利用中国劳力修铁路,现在又大量吸收墨西哥、东欧的人从事各种各样的体力工作,很多白人成了有闲阶级,整日打高尔夫享清福。然而,中国是一个具有13亿人的大国,不可能靠大量引进外来人才发展自己,所以习总书记才强调“实现中国梦必须走中国道路”,“实现中国梦必须弘扬中国精神”,“实现中国梦必须凝聚中国力量”。

  中国梦是群体的和谐幸福,美国梦是个人的自由和快乐

  中国人自古就有一个“家国”的概念,群体意识一直很浓,讲究的是“家和万事兴”。一个家庭之内,关系和睦,人人安康,自己才能幸福。所以中国人的幸福是群体意识的。在一个家庭内部,幸福是共享的;在一个国家内部,幸福也是共享的。所以,习近平总书记用三个“共同”来描绘中国梦的愿景:“共同享有人生出彩的机会,共同享有梦想成真的机会,共同享有同祖国和时代一起成长与进步的机会”。然而欧美文化则强调的是个人主义,追求的是个人的自由和快乐。

  中国梦具有纵深的历史感,美国梦只有现实的体验

  实现中国梦的自信相当一部分是来自历史。中华民族具有上下五千年的文明史,历史上多次强盛,曾是那个时期世界上最富强的国家。最近这些年帝王连续剧的繁荣,反映的就是大众这种心态。西方一些国家担心中国崛起,其中一部分因素就是来自历史,因为他们相信中国人具有再现历史的能力。一个历史上从没有强盛过的小国家,你吆喝得再厉害,别人也只会把你当做笑话看。习近平总书记这句话“实现中华民族伟大复兴的中国梦”里就用了“复兴”这个词,其中就透露着乐观和自信。然而,美国只有两三百年的历史,自建国起,靠利用其他国家的资源和人才逐渐变成一个超级大国,所以它的梦是把现实延续下去,不让挑战他的力量出现,一直可以做自己的美梦。

  中国梦依赖群策群力,美国梦靠的是个性张扬

  实现中国梦,要凝聚大家的力量,人人给力,踏实勤干,利用每个人的聪明才智,朝一个方向努力。它靠的是集体的意识,集体的力量,集体的智慧。一句话,中国梦要靠全民族强大的合力来实现。纵观历史,不难发现,中华民族是个优秀的民族,但是也是个喜欢折腾的民族,自毁力强大的民族,很多时候是发展一段,折腾一段,致使国家的发展可能不进则退。所以,现在要实现梦想,就必须统一大家的意识,明确一个目标,劲往一处使。然而美国自建国起就走的是一条务实的道路,就是简单追求个人富裕幸福,所以个人成功的合力构成了国家的强大。中国人可以办大事,但首先要统一意识。

  中国梦是为了民族光荣,美国梦是为了个人荣耀

  自鸦片战争以来,领土被侵占,人民被蹂躏,生灵涂炭,民不聊生,一个个丧权辱国的条约,一次次大灾难,这都是民族的创伤。近代史上,多少志士仁人抛头颅洒热血,就是为了民族有尊严,国家有安全,人民可以安居乐业。“今天,我们的人民共和国正以昂扬的姿态屹立在世界东方”,习近平总书记这句话掷地有声。没有这种历史痛的国家是很难理解中国人的这种渴望。美国就没有这种痛,所以它也不会做这种梦,因而,美国梦强调的是个人的富裕、成功和社会地位的提高。

  还要明确一点,美国梦经历变革,中国梦也是动态的。随着社会的进步,人们的期望也会改变,梦想也会有所不同。

  由以上的分析可知,“中国梦”是根据“中国脚”量身定做的“一双鞋”。生活在中国,就专心做自己的梦,通过实干来实现自己的梦想。






Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...