lunedì 30 gennaio 2017

Weekly News Roundup: Dispatches from the Silk Road Economic Belt


Special Security Division established to secure CPEC 
A Special Security Division has been established to secure the $55 billion China-Pakistan Economic Corridor (CPEC). The division, which comprises nine army battalions and six civil wings encompassing 13,700 personnel, has been tasked with securing CPEC projects and protecting Chinese nationals working on the projects. The Ministry of Interior has also issued a notification in this regard according to Radio Pakistan. The ministry will subsequently issue deployment orders after requisition from provinces, an official of the planning division was quoted as having remarked.
(Tribune)

China to auction more Xinjiang oil and gas exploration sites to private investors: media: China will auction about 30 oil and gas blocks, also called exploration sites, in the north western region of Xinjiang this year to investors outside the top state energy firms, state media reported. The move comes as Beijing steps up efforts to boost private participation in the sector. A lack of private investment in oil and gas exploration has been a big stumbling block in Beijing’s attempts to reform the sector and it has picked the hydrocarbon-rich autonomous region of Xinjiang to try to break the grip of the big companies. SCMP

China warned of risk to banks from One Belt, One Road initiative
Beijing’s plan to invest almost $1tn in infrastructure in some of the world’s poorest countries is raising concerns of risks for the Chinese banks backing the projects. Turmoil in countries such as Venezuela, where China has lent $65bn during the past decade, has led to a recalibration of the level of risk facing the One Belt, One Road project in emerging markets, experts say. (FT)

What's Are China's Stakes in Syria?
The presence and activity of Uighurs in the Turkestan Islamic Party in Syria, draws Beijing’s attention to the Middle East. (The Diplomat)

CIA papers reveal China's nuclear free pass to Pakistan
Recently declassified CIA files testify to the depth of the Pakistan-China military relationship built over decades and also highlights how Beijing was willing to risk its own nuclear cooperation with US to boost the nuclear ambitions of 'all weather friend' Pakistan. In the files, the US notes that China did not ask Pakistan to open its nuclear installations to IAEA inspections, after inking a nuclear agreement with the latter. (The Economic Times)

Banker Fears Flow of Chinese Goods on Silk Road in Pakistan
As Pakistan opens itself to China’s Silk Road plan and billions of dollars worth of investment projects, the head of the bank owned by the Abu Dhabi Group is warning of an influx of cheap goods that may leave millions in the South Asian nation jobless. While the Chinese investments and loans worth more than $46 billion will bring new industrial activity and a need for services, Pakistan may be unprepared for a rush of wares from its larger neighbor that it can’t compete against, said Atif Bajwa, chief executive officer at Bank Alfalah Ltd., the country’s sixth largest lender. (Bloomberg)

New China-Mongolia Mining Deal: Economic Windfall or Environmental Threat?
Mongolia recently reached a new deal to sell coal to China, helping it boost its faltering economy and start repaying billions of dollars it owes Wall Street lenders.Under the landmark agreement completed late last year, Mongolia’s state-owned mining company will sell coal to China at roughly double the previously agreed-upon rate. The deal follows a devastating four-year period when Mongolian miners exported coal to China at deeply-discounted prices, sometimes for as little as 11% of the global benchmark price, undercutting Mongolia’s economic growth. Mongolia agreed to those punitive terms to get the loan from China and has been struggling to repay it.
(WSJ)



CENTRAL ASIA

Three months after an embarrassing and fruitless search for Kyrgyzstan’s vanished constitution, its president has signed and ratified a new one, delegating new powers to his prime minister.
The constitution was reported missing late last year when officials began debating changes they wanted to make to it, which would see the prime ministerial role assume responsibilities that the president has, such as appointing and dismissing ministers. The proposed changes were meant to be put to a national referendum, but critics of President Almazbek Atambayev said the vote could be a mere ruse to allow him to retain power. (Newsweek)

giovedì 26 gennaio 2017

Salari triplicati per chi non partecipa al Chunyun



Si chiama Chunyun ed è la più massiccia migrazione annuale a livello mondiale. Come ogni anno i cinesi si apprestano a trascorre le festività del Capodanno lunare (che cade il 28 gennaio), nelle cittadine d'origine approfittando dei rari giorni di vacanza. Il flusso umano, che dalle grandi città e dai poli industriali si riversa verso i villaggi e le città di seconda e terza fascia, di solita comincia con 15 giorni di anticipo rispetto al primo giorno del nuovo anno lunare e prosegue per i successivi 25 giorni.

Quest’anno – che vede il segno della Scimmia lasciare posto al Gallo- l’ondata migratoria dovrebbe toccare un nuovo record. Secondo il ministero dei Trasporti, senza contare Hong Kong, Macao e Taiwan, tra il 13 gennaio e il 20 febbraio verranno effettuati 2,98 miliardi di viaggi, un 2,2 per cento in più rispetto al 2016, con un picco di 83 milioni di viaggiatori registrato nella giornata di lunedì scorso. La maggior parte dei transiti verrà effettuata su rotaia e su strada, rispettivamente pari al 12 per cento e all’85 per cento del totale, mentre soltanto l’1,4 per cento e il 2 per cento opterà per i trasporti marittimi e aerei. Tra le mete più battute spiccano Chongqing, Chengdu, Xi’an e Wuhan, per quanto riguarda le partenze in treno ed aereo dai centri costieri e da Pechino, Shanghai, Guangzhou e Shenzhen. Sebbene in termini assoluti le quattro megalopoli svettino in cima alla lista delle destinazioni favorite stilata da Ctrip.

Come sempre il Chunyun ha un impatto dirompente su più fronti: treni presi d'assalto, file chilometriche di macchine sulle autostrade e un'improvvisa carenza di forza lavoro. A spostarsi sono infatti soprattutto studenti e lavoratori migranti. Nel 2015, la Cina aveva oltre 277 milioni di lavoratori rurali - pari al 36 per cento della popolazione occupata – di cui il 60 per cento impiegato lontano da casa e il 44,5 per cento assunto nel terziario.

Mentre nel 2016 a dominare la stampa locale era stato il crollo degli ordini e il rallentamento della produzione, responsabile della chiusura anticipata (in alcuni casi definitiva) di molte fabbriche, quest’anno a tenere banco è lo “stacanovismo” dei servizi, comparto che ormai conta per il 51,6 per cento del Pil cinese e su cui il governo fa affidamento per stabilizzare la crescita economica troppo dipendete da manifatturiero, export e investimenti.

Per invogliare i lavoratori a rimanere al loro posto le aziende cinesi stanno ricorrendo a vari espedienti. Una società di pulizia di Chengdu, nella provincia del Sichuan, per esempio, promette di ricompensare quanti rinunceranno alle vacanze con un bonus tra i 300 e i 550 yuan (ovvero circa 40 e 67 euro) elegantemente impacchettato nelle hongbao, le tradizionali bustine rosse riempite di cash. Come spiega al Beijing Business Today Wang Chengli, vice manager della compagnia pechinese Ainong, durante la Festa di Primavera (altro nome del Capodanno cinese) solitamente la richiesta di servizi di pulizie aumenta di tre volte, ma solo un terzo dei quasi 10.000 lavoratori impiegati dalla società hanno intenzione di assicurare la propria reperibilità.

Il problema sembra colpire soprattutto tutta quell’economia basata sulla delivery di merci e servizi che nel 2015 ha raggiunto un fatturato di 6 miliardi di euro e che entro il 2018 dovrebbe toccare quota 33,5 miliardi. Un trentenne, di professione kuaidi (pony express) e originario dello Shanxi, racconta al Global Times che l’azienda presso cui lavora, una delle poche di Pechino a non fare festa, ha promesso di triplicare lo stipendio a chiunque accetti di continuare a lavorare in periodo feriale. Una prospettiva allettante davanti alla quale tuttavia il giovane non cede. “Trascorrerò il nuovo anno a casa. Mi manca casa”, spiega candidamente. Una scelta condivisa dai molti decisi a non rinunciare a una delle poche opportunità di ricongiungimento famigliare. Con il risultato che sebbene la ditta rimanga operativa, nulla assicura che le operazioni funzionino regolarmente: i magazzini si riempiono di pacchi e i prezzi lievitano. Come racconta al tabloid un ragazzo impiegato in una società di distribuzione di alimenti, il costo delle consegne nel periodo festivo verrà raddoppiato da 4-6 yuan a 12-15 yuan.

In questo periodo "la carenza di lavoratori migranti si riaffaccia sempre nelle città costiere e sviluppate”, commenta Peng Xizhe, decano della School of Social Development and Public Policy presso la Fudan University di Shanghai. “E’ un fenomeno a cui si assiste da tempo in gran parte dei settori tradizionali - per esempio i parrucchiere - ma che si sta facendo strada in molte industrie nate in funzione dello shopping online, come le società di consegna”. La carenza di personale continuerà ad affliggere le aziende per un po’ dal momento che molti lavoratori torneranno al loro posto solo una volta ricevuto il bonus di fine anno, conclude l’esperto.

Di solito il Capodanno coincide infatti con la mancata paga dei salari. Sooprattutto nel settore edile dove i progetti vengono subappaltati più volte, erodendo il margine di guadagno dei prestatori d’opera che tendono a centellinare lo stipendio mensile dovuto ai lavoratori soltanto per la copertura delle spese vive, almeno fino a conclusione del progetto.

(Pubblicato su Il Fatto quotidiano/China Files)

lunedì 23 gennaio 2017

Pechino dichiara guerra alla critica cinematografica


La corsa dell’industria cinematografica cinese si ferma nel 2016. Nonostante gli ingenti investimenti nel settore, lo scorso anno il box office è lievitato soltanto del 3,6% – dopo oltre un decennio di crescita a due cifre – riducendo le possibilità di un sorpasso sul mercato americano, ormai a quota 11 miliardi di dollari. La traballante tenuta della seconda economia mondiale sembra aver influito drasticamente sulla diminuzione dei biglietti strappati — andare al cinema è ancora relativamente costoso per i cinesi — , ma non è l’unico fattore di rallentamento. Secondo gli esperti, è soprattutto la mancanza di pellicole di qualità a frenare la crescita del settore.

Negli ultimi anni il governo cinese ha puntato a rilanciare acquisizioni hollywoodiane e coproduzioni sino-americane, continuando a centellinare la proiezione di film stranieri oltre la Muraglia. Una strategia messa in campo da una parte per assicurare maggiori fette di mercato ai produttori nazionali, dall’altra per consolidare il soft power cinese all’estero. In quest’ottica The Great Wall, l’ultima fatica del noto regista Zhang Yimou, avrebbe dovuto rappresentare il fiore all’occhiello della “lunga marcia” dell’entertainment made in China-Usa. Ma il blockbuster, prodotto congiuntamente da Dalian Wanda e dallo studio americano Legendary Entertainment (acquistato dal gruppo cinese lo scorso anno), è stato coperto da una pioggia di critiche fin dalla sua uscita nelle sale il 16 dicembre scorso. Oltre alla presenza di Matt Damon – nei panni di un improbabile mercenario inglese al servizio del Celeste Impero contro creature mitologiche – a non convincere esperti e neofiti sono la “mancanza di innovatività” e i “numerosi cliché”.

Il colossal mette così il cappello a un anno di uscite deludenti, da See You Tomorrow, prodotto da Alibaba Pictures Group, a Railroad Tigers, commedia recitata da Jackie Chan. Tutte e tre le pellicole hanno ottenuto un punteggio tra 4,9 e 5,8 (su un massimo di 10) da parte dei redattori di Douban, che insieme a Maoyan rappresenta uno dei siti di critica cinematografica più autorevoli del gigante asiatico. Ma per Zhang Yimou e la stampa cinese si tratta di recensioni falsate da pregiudizi e “grossolana inaccuratezza”. Se per il regista cinese i critici sono colpevoli di utilizzare “doppi standard” nella valutazione di film domestici e d’oltremare (letteralmente: “il sermone del monaco straniero è sempre migliore”), secondo l’ufficialissimo Quotidiano del popolo la proliferazione di commenti irresponsabili sarebbe addirittura nociva per “l’ecologia dell’industria cinematografica cinese”. “Sebbene questi film abbiano dei difetti in termini di qualità artistica, non possiamo ignorare il fatto che certi utenti verificati, personaggi pubblici e blogger abbiano pubblicato commenti maligni e irresponsabili al fine di attirare l’attenzione e aumentare il traffico online”, scriveva a fine dicembre il giornale di partito, suggerendo che, indipendentemente dalle manchevolezze oggettive, le voci sfavorevoli concorressero a marcare la traiettoria discendente del mercato interno.

Come spesso accade in Cina, gli ammonimenti a mezzo stampa non sono rimasti lettera morta. Nell’ultimo mese i censori sono corsi ai ripari, rimuovendo alcune delle valutazioni più sfavorevoli, compreso un articolo del commentatore cinematografico He Yan, dimostratosi solidale con lo staff di Douban. Uno sforzo superfluo nel caso del competitor Maoyan, che avrebbe invece provveduto a correggere di sua sponte le “brutte pagelle”, oltre che a disattivare la sezione dedicata alle recensioni firmate da critici professionisti. L’ultima stoccata è arrivata l’11 gennaio con l’istituzione della China Film Critics Association, una nuova commissione nazionale — la prima del genere nel paese — che, operando sotto l’ombrello della State Administration of Radio, Film, and Television (l’organo preposto al controllo dei media) provvederà a correggere “il caotico sistema” delle recensioni, sulla base di sette principi cardine: i commentatori online saranno tenuti, tra le altre cose, a “dire la verità”, a “rispettare il diritto di ogni spettatore ad apprezzare o meno un film”, e a “evitare un linguaggio offensivo nell’attaccare registi”. A chi paventa l’ennesima stretta liberticida messa a segno dall’amministrazione Xi Jinping, il direttore Zhang Yiwu risponde che l’Associazione non rappresenta il governo cinese e non va associata al polverone innescato dall’insuccesso di The Great Wall. Ma considerati i suoi stretti legami con la conglomerata Wanda — vera portavoce delle aspirazioni hollywoodiane di Pechino — e il suo fondatore Wang Jianlin, difficilmente rassicurazioni potrebbero suonare meno convincenti.

(Scritto per il Fatto quotidiano/China Files)

domenica 22 gennaio 2017

Weekly News Roundup: Dispatches from the Silk Road Economic Belt


Horgos: The First New City Of The New Silk Road Emerges As A Robot Manufacturing Hub

In the spring of 2015 I found myself walking through the streets of Horgos, a place on the Chinese side of the China/ Kazakhstan border that has recently reemerged as the first new city of the New Silk Road. Although its history extends back to the Sui Dynasty (AD 581-618) and it was once a stop on the ancient Silk Road, the modern city of Horgos at that point wasn’t even a year old. The initial wave of construction was just getting going there, and the only thing the place really had was a struggling cross-border duty free zone, the full support of Beijing, and little else. (Forbes)

China to promote PPP model in Belt and Road Initiative
China will spread public-private partnerships (PPP) in countries participating in the Belt and Road Initiative, an infrastructure and trade network connecting Asia with Europe and Africa along ancient trade routes, a senior official has said. He Lifeng, deputy head of National Development and Reform Commission (NDRC), made the remarks on the 14 of January at the 15th China Enterprise Development Forum. The NDRC, China's top economic planner, and several other departments, have come up with a working mechanism to boost the PPP model in countries along the routes, according to He, without providing further details. Xinhua ChinaDaily

2 Days From China To Europe By Rail? Russia Going For High-Speed Cargo Trains

I’ve written extensively about the emerging network of trans-Eurasian direct cargo trains that is rapidly linking together dozens of cities in China and Europe. I often boast that these trains can make this 9,000-12,000 kilometer journey in less than two weeks — and sometimes in as little as 10.5 days. Then a reader named Tony Restall left a comment on an article about the new train from the east of China to London and taunted:“12,000 kms in 16 days — seems like the Slow Train from China.”
He then did the math which showed that if these trains were to travel around the clock, their average speed would only equate to 30-40 kilometers per hour. (Forbes)

Beijing Spins a Web of Chinese Infrastructure:‘New Silk Road’ projects keep the spirit of globalization alive
As the U.S., U.K. and others hit pause on globalization, China is flexing its economic muscle with an ambitious infrastructure-building spree that would connect up to a third of the world’s people.
In recent years, Beijing has set up a range of institutions and groupings that are being mobilized to promote China’s interests—from the Asian Infrastructure Investment Bank to separate regional development investment forums from Latin America and the Middle East to Central and Eastern Europe. (WSJ)

Silk Road route back in business as China train rolls into London
When the East Wind locomotive rumbles into east London this week, it will be at the head of 34 carriages full of socks, bags and wallets for London’s tourist souvenir shops, as well as the dust and grime accumulated through eight countries and 7,456 miles. The train will be the first to make the 16-day journey from Yiwu in west China to Britain, reviving the ancient trading Silk Road route and shunting in a new era of UK-China relations.(Guardian)

China to invest $35 billion in Xinjiang roads
China plans to invest about 170 billion yuan (S$35 billion) in roads in the conflict-prone far western region of Xinjiang, the official China Daily reported on Wednesday (Jan 180). China will also invest 8.1 billion yuan in constructing railways and 4.8 billion yuan in civil aviation projects, both up 50 per cent from last year, the paper reported Zhang Chunlin, director of the Xinjiang Development and Reform Commission saying. The plan to build 6,000 km of highways will start this year and once completed may reduce logistics costs in the region by 30 per cent, said Zhang. (Reuters)

AIIB’s first year shows efficiency
The first China-initiated multilateral bank has approved funding for more projects thanexpected just one year after it was launched, a demonstration of China's capability toreshape existing international financial institutions, experts said. So far the bank has approved nine projects totaling $1.73 billion, according to an e-mailthe bank sent to the Global Times late Sunday night. The projects are intended to promotegreen infrastructure and have also prioritized cross-border projects ranging from roads toenergy pipelines across Asia. Usually an infrastructure project funded by the World Bank (WB) or the AsiaDevelopment Bank (ADB) takes three to five years from proposal to approval, but the AIIB has signed off on more than expected, which reflects its efficiency, said Zhou Qiangwu, director general of the International Economics and Finance Institute, a think tank underthe Ministry of Finance. (People's Daily)

Polish Defense Minister Sees China's New Silk Road as National Threat
Citing national security threats, Polish Defense Minister Antoni Macierewicz banned the construction of a railway terminal in the city of Lodz which was due to be used for China's New Silk Road, Polish expert Cezary Kalita told Sputnik Poland. (Sputnik)


CENTRAL ASIA


A Resistance to Reform in Uzbekistan
A month into his first official term, Uzbek President Shavkat Mirziyoyev has found his efforts to change some of the country's policies thwarted by rivalries among powerful clans and political factions. Pressure from Uzbekistan's security services, headed by clan rival Rustam Inoyatov, has already forced the new president to reverse a visa liberalization policy announced on Jan. 9. The extent to which Mirziyoyev, who has served as president since longtime leader Islam Karimov died in September, can implement reforms will depend on his ability to balance the country's more conservative power bases. (Stratfor)

An Uzbek Transition for Kazakhstan?
When the time comes, can a post-Nazarbayev Astana model Uzbekistan’s smooth transfer of power? (The Diplomat)

martedì 17 gennaio 2017

Xi Jinping e la globalizzazione


La globalizzazione non è la fonte di tutti i mali da cui è afflitta l'era contemporanea. Non è la causa della crisi finanziaria del 2008 né della guerra in Siria. Come preannunciato in pompa magna dai media cinesi, il presidente Xi Jinping ha dedicato il suo discorso in apertura al World Economic Forum - il primo da parte di un Capo di Stato cinese - a sostenere la libera circolazione dei commerci davanti alle minacce protezionistiche del nuovo presidente americano Donald Trump. Xi ha paragonato l'economia globale a una "grande oceano da cui non si può sfuggire": "coloro che spingono per il protezionismo si stanno chiudendo all'interno di una casa buia. Sono riusciti a sfuggire alla pioggia e alle nuvole che imperversano fuori, ma hanno anche perso la luce del sole. Una guerra commerciale porterà solo alla sofferenza di tutti", ha concluso il presidente. "La cosa giusta da fare è cogliere ogni opportunità, affrontare insieme le sfide e tracciare il giusto corso per la globalizzazione", così da permettere a ognuno di godere dei frutti. Il vero problema sta nell'ineguaglianza: i paesi emergenti contano già per l'80% dell'incremento globale, un incremento che, a dispetto della sua origine, finisce per beneficiare sopratutto i mercati sviluppati.

Xi non ha mancato di accennare ad altri dossier caldi, come la diffusione del populismo da Occidente a Oriente e l'aggravarsi dei cambiamenti climatici. Un punto quest'ultimo di pressante attualità considerate le minacce di Trump riguardo un possibile ritiro statunitense dall'accordo di Parigi. Sono proprio le incertezze derivanti dal ricambio alla Casa Bianca a spingere la seconda mondiale al centro del proscenio, non più come concorrente sleale o "fabbrica del mondo" inquinante, ma come responsabile stakeholder. Insomma, mentre la leadership statunitense traballa, la Cina è già pronta ad impugnare lo scettro.

Nell'ultimo anno il protezionismo è stato protagonista di accuse incrociate tra Est e Ovest, con Pechino intento a denunciare i crescenti controlli contro le acquisizioni cinesi all'estero e il business occidentale deciso a rivendicare una maggiore apertura del mercato cinese. Per ora l'ago della bilancia pende a Oriente, con gli investimenti cinesi in Europa che nel 2016 hanno sorpassato quelli in senso opposto.

Il discorso di Xi accorre quindi in sostegno di uno status quo da cui il gigante asiatico ha ampiamente beneficiato. Le prospettive future sono ugualmente incoraggianti. Secondo alcune proiezioni, nei prossimi cinque anni la Repubblica popolare importerà 8 trilioni di dollari di merci, attrarrà capitali per un valore di 600 miliardi e investirà oltre i propri confini circa 750 miliardi. Numeri che metteranno il cappello a una serie di iniziative internazionali a trazione cinese, mirate a distribuire sviluppo secondo una visione "win-win" particolarmente cara all'amministrazione Xi Jinping. Proprio "l'inclusività" è alla base della Nuova Via della Seta (ufficialmente nota come One Belt One Road) e della cosiddetta "strategia degli accordi di libero scambio" tessuta dal Dragone nell'Asia-Pacifico. Due progetti che legano geopolitica e libero commercio. Niente di strano. D'altronde, è da prima delle riforme denghiste anni '80 che la politica estera cinese si pone al servizio delle esigenze economiche del paese. Al contrario a Washington si parla di ergere muri e mettere fine alle negoziazioni per l'implementazione della famigerata Trans-Pacific Partnership promossa da Obama nell'ambito del minaccioso Pivot to Asia. Il paragone non potrebbe essere più stridente.

La Cina di Xi è quella che grazie al libero mercato ("con caratteristiche cinesi") ha emancipato 700 milioni di persone dallo stato di povertà in circa 30 anni. E' naturale dunque voglia ora farsi promotrice di quel modello tanto ben riuscito, tornando a fungere, come un tempo, da centro nevralgico delle sinergie mondiali. D'altronde, come racconta The Silver Way: China, Spanish America and the Birth of Globalisation, 1565-1815, gli albori della globalizzazione vanno rintracciati proprio negli scambi commerciali lungo la Ruta de la Plata, che collegava l'America ispanica al Celeste Impero tra il XVI e il XVII secolo. Ben prima che i valori del mondo anglosassone - tra gli altri libero commercio, laissez-faire e democrazia - si imponessero come fondamenta del neoliberismo a livello mondiale.

(Pubblicato su Gli Italiani)

domenica 15 gennaio 2017

Weekly News Roundup: Dispatches from the Silk Road Economic Belt


Central Asian connectivity: Going beyond China
Central Asia is experiencing a connectivity boom, with China’s ‘Belt and Road Initiative’ the most dominant vision for the region. Yet this dominance has started to worry Central Asian powers, leading to the emergence of a new narrative – that of diversification. With China becoming the region’s most influential economic actor, steadily increasing its role in local security and politics, Central Asian powers are seeking to broaden their engagement and bring to life a long-advocated ‘multi-vector’ diplomatic approach. (The Interpreter)

Silent Prayer: The Chinese state’s siege on Uyghur ways of worship
The tomb of the Muslim saint Imam Asim lies in China’s Taklamakan Desert, at the end of a long walkway lined with poplar trees. An elevated mud structure, the shrine would easily be camouflaged by the sand if not for the flags, rams’ skulls and strips of cloth decorating it. It is located near the town of Hotan, in the autonomous region of Xinjiang, in the country’s north-west—the homeland of the Turkic-speaking Uyghur Muslim community. For centuries, Uyghur Sufis would journey through the desert between shrines such as this one, stopping at each to recite poems celebrating religious heroes. (Caravan Magazine)

Kazakhstan’s Ageing Leader Gives Green Signal to Constitutional Reforms
Kazakhstan’s veteran leader Nursultan Nazarbayev gave the green light on Wednesday for constitutional reforms that could dilute the sweeping powers he has amassed as president and force his eventual successor to share power with other institutions. Kazakhstan, an exporter of oil and metals, is the only former Soviet republic that is still run by its communist leader. Now aged 76, Nazarbayev has so far not identified a clear successor and investors fear what may come after him.
His office said in a brief statement that Nazarbayev had set up a working group tasked with drafting legal reforms to redistribute powers between the executive, the legislature and the judiciary. (Reuters)

China-Iran rail route ensures fastest cargo supplies to Gulf states
The China-Kazakhstan-Turkmenistan-Iran railway is today considered to be the shortest way to deliver cargo from China to the markets of the Persian Gulf countries, the Chinese newspaper Jenmin Jibao reported citing Chinar Rustamova, Turkmenistan’s ambassador to China.The Turkmen diplomat made the remarks at a symposium dedicated to the 25th anniversary of establishing diplomatic relations between China and Turkmenistan. The total length of the China-Kazakhstan-Turkmenistan-Iran railway route is around 10,000 kilometers and the journey time is around two weeks. (Trend News Agency)

China-Mongolia-Russia economic corridor: the next step towards a Eurasian highway
The ‘Plan on establishing the China-Mongolia-Russia economic corridor’ signed by China, Mongolia and Russia in June 2016 can be considered a follow-up to the memorandum of mutual understanding the three countries signed in July 2015. The aim of this plan is to build an economic corridor (jingji zoulang – 经济走廊) which will enhance the trade between these three countries, accelerate the economic development of the area involved and, at the same time, increase the competitive power on the international markets as allies. Mongolia only borders China and Russia and therefore has many contacts with these two countries. (China Development Agenda)
As Interest Grows in Great Walls, an Ancient Chinese Fortress Beckons
(NYT)


CENTRAL ASIA

Thanks Dad! Tajik President's Son Gets A New Job
Nepotism never went out of style in Central Asia. Analysts with spiderweb charts of familial connections among the well-heeled and powerful will need to update the title of the eldest son of Tajikistan’s president. The son of Emomali Rahmon, 29-year-old Rustam Emomali, was appointed mayor of Dushanbe by his father’s decree. (The Diplomat)


CENTRAL ASIA: SECURITY VS. MODERNIZATION
Security dominates the agenda in Central Asia. The region and its place in the world have always been viewed through the lens of security, given its proximity to various conflicts. Central Asia is also regarded as an outpost or a barrier that prevents instability and radicalism from spilling over from Afghanistan into neighboring countries. It is the security paradigm that shapes the foreign and domestic policies of Central Asian nations. There was, however, an attempt to reset the regional agenda when China came forward with its One Belt, One Road initiative. Even though it has yet to translate into specific projects, it has provided a different perspective on the region, emphasizing its potential in terms of transportation and logistics and its role as a hub for new transcontinental routes.(ValdaiClub)

Turkmenistan building Central Asia’s biggest mining enterprise (Trend)





giovedì 12 gennaio 2017

Jack Ma incontra Trump


Politicamente scorretto e a corto di doti diplomatiche, si sa, Donald Trump è soprattutto un uomo d’affari. È così che dopo aver aspramente criticato le politiche commerciali cinesi, dopo aver minacciato l’imposizione di una tariffa del 45 per cento sul Made in China e dopo aver indispettito Pechino instaurando un canale di comunicazione diretto con Taiwan, il 45esimo presidente americano ha fiutato l’occasione propizia per far pace con il business d’oltre Muraglia.

La svolta è arrivata lunedì, durante un meeting con il fondatore di Alibaba Jack Ma, primo imprenditore cinese ad aver incontrato il presidente eletto. Accolto nella Trump Tower, nel cuore di New York, il fondatore del colosso dell’e-commerce cinese ha invitato un milione di piccole imprese americane a sfruttare la piattaforma per raggiungere il mercato cinese. Secondo quanto riportato alla stampa internazionale dal portavoce di Alibaba Bob Christie, la nuova sinergia – che strizza l’occhio soprattutto alle imprese agricole e dell’abbigliamento del Midwest – dovrebbe fruttare agli States un milione di posti di lavoro in cinque anni, confutando coi fatti le accuse mosse dal candidato repubblicano in campagna elettorale contro il gigante asiatico e la sua manodopera a basso costo, nefasta per il mercato del lavoro statunitense. Un’iniziativa che parrebbe ricalcare l’offerta con cui a dicembre il businessman giapponese Masayoshi Son di Japan’s Softbank Group ha adulato «The Donald», promettendo alla prima economia mondiale 50 miliardi di investimenti e 50mila nuovi impieghi.

Sebbene i dettagli scarseggino, il faccia a faccia di lunedì sembra aver soddisfatto un po’ tutti. Se per Trump si è trattato di «un grande incontro», foriero di fruttuose collaborazioni, per il «golden boy» della new economy cinese il meeting si è rivelato «molto produttivo». «Abbiamo parlato soprattutto di piccole attività commerciali, dei giovani e dei prodotti agricoli americani in Cina. Pensiamo anche che il rapporto tra la Cina e gli Stati Uniti dovrebbe essere rafforzato, dovrebbe essere più amichevole», ha dichiarato il secondo uomo più ricco dell’ex Celeste Impero, attribuendo al nuovo inquilino della Casa Bianca gli aggettivi «smart» e «open minded». Osservazioni speranzose anche da parte della stampa di Partito, secondo la quale il meeting «apre le porte a una cooperazione pragmatica con le imprese cinesi», dopo le turbolenze degli ultimi mesi.

Alla fine di dicembre, quattro anni dopo essere stato riabilitato, Taobao (la divisione di Alibaba che permette ai privati di vendere da privati) è stato reinserito della black list statunitense dei siti che favoriscono lo scambio di prodotti falsi, nonostante gli sforzi messi in campo dalla società per combattere la pirateria. Un brutto colpo per il gigante cinese che dopo aver ampliato il suo quartier generale nella Grande Mela, sta tentando di incrementare la propria presenza oltre Muraglia attraverso iniziative commerciali quali il Singles’ Day, sorta di Black Friday «in salsa di soia». Commentando l’inaspettato trionfo di Trump alle presidenziali, giorni fa Ma aveva definito la possibilità di una rottura tra Pechino e Washington «un disastro». In attesa di assumere formalmente l’incarico il prossimo 20 gennaio, «The Donald» ha riempito la sua squadra di falchi noti per le loro posizioni allarmiste nei confronti dell’ascesa cinese, da Peter Navarro, posto a capo del National Trade Council, a Robert Lighthizer, nuovo Trade Representative.

Eppure il benessere delle due superpotenze è sempre più interconnesso: gli scambi virtuosi tra le due sponde del Pacifico nel 2015 hanno raggiunto quota 659,4 miliardi di dollari, mentre l’anno appena concluso ha visto gli investimenti cinesi negli Stati Uniti toccare un nuovo record. Tra acquisizioni e nuovi stabilimenti, il gigante asiatico ha iniettato nel mercato a stelle e strisce 45,6 miliardi di dollari, quasi la metà dei 109 miliardi complessivi stanziati dal 2000. Non a caso le politiche protezionistiche vagheggiate dal biondo tycoon hanno sinora incontrato le resistenze della comunità del business statunitense, convinta che un inasprimento delle tariffe finirebbe soltanto per gravare sulle tasche dei consumatori americani. Secondo quanto affermato al Global Times da Bai Ming, ricercatore della Chinese Academy of International Trade and Economic Cooperation, la retorica anticinese di Trump è servita principalmente a conquistare l’elettorato americano e, forse, a strappare qualche concessione nei futuri negoziati commerciali con Pechino. Ma in fondo Trump «è un uomo d’affari e se vede un’opportunità per l’economia americana, non se la lascia certo sfuggire».

(Pubblicato su China Files/Il Fatto quotidiano online)
 

martedì 10 gennaio 2017

Weekly News Roundup: Dispatches from the Silk Road Economic Belt


Pakistan, Russia, China have no plan for Afghan peace negotiations: Kabulov
Although Russia, China, and Pakistan recently held a session to assess the situation in Afghanistan, but a senior Russian diplomat says, the three countries have no program for meditation in Afghan peace negotiations. Zamir Kabulov, the special envoy of Russia in Afghanistan has said that Moscow, Beijing, and Islamabad have no plan for peace negotiations, because they have received no request in that regard. According the Russian special envoy, the three countries that participated in Moscow session believe there is a need for a more comprehensive regional formation in Afghanistan in cooperation with the country to set up new objectives. One of the matters agreed upon in tripartite session was carrying efforts for removal the names of Taliban’s leaders from the UN black list. (The Nation)

China’s New Silk Road Is Getting Muddy

The 'One Road, One Belt' initiative looks good on paper, but could become a costly mess on the ground. (Foreign Policy)

In Afghanistan, Putin courts China in search of 'antoher Syria'

Islamic State’s growing presence in the country gives Russia a pretext for a partnership with China and Pakistan that could counter the influence of the US (SCMP)

China launches first freight train to London
China on Sunday launched its first freight train to London, the China Railway Corporation said.
Departing from Yiwu West Railway Station in eastern Zhejiang Province, the train will travel for about 18 days and more than 12,000 kilometers before reaching its destination in Britain. Yiwu is known for producing small commodities, and the train mainly carried such goods, including household items, garments, cloth, bags and suitcases. It will pass through Kazakhstan, Russia, Belarus, Poland, Germany, Belgium and France before arriving in London. (Shanghai Daily)

Show of force in Xinjiang sends hardline message
About 3,000 armed personnel in Northwest China's Xinjiang Uyghur Autonomous Region went on patrol in Urumqi after attending an anti-terrorism oath-taking rally over the weekend, in an effort to fight terrorism and tighten security in the region, the Xinjiang Daily reported on Sunday.
Two thousand armed police and 1,000 SWAT officers were assigned to the regional capital Urumqi's main roads and areas after completing an anti-terrorism drill at the rally on Saturday.
The last anti-terrorism oath-taking rally was held in May 2014 in Urumqi, China News Service reported.  (Global Times)

Xinjiang aims for 100,000 new textile jobs in 2017
Xinjiang Uygur Autonomous Region, a major cotton production base in northwest China, is aiming to create more than 100,000 new textile jobs in 2017, through intensive processing projects such as garment manufacturing. Investment in the industry in the past three years exceeded 90 billion yuan, equivalent to the total from 1978 to 2013. Xinjiang produces about 60 percent of China's raw cotton.(Xinhua)

Xinjiang to tighten border's security
The Xinjiang Uygur autonomous region will continue to tighten security in border areas to prevent terrorists from entering or leaving the region illegally in 2017, the chairman of the region said. The region already stepped up efforts in entry-exit management in 2016, said Shohrat Zakir, the Xinjiang chairman, while delivering his work report at the annual session of the regional People's Congress in Urumqi, the capital, on 9 January. Many terrorists who carried out attacks in the region in recent years received training abroad and then returned illegally. Some also crossed the border illegally to flee, said Aniwar Turson, a top Party official of southern Xinjiang's Kashgar prefecture. (ChinaDaily)

Uighurs in Kyrgyzstan hope for peace despite violence
Despite recent politically driven violence, community say Kyrgyzstan is their home now and they want to move on. Many in Kyrgyzstan's Uighur community have become increasingly distrustful of the state. One 41-year-old Uighur trader in Bishkek, who wanted to remain anonymous for fear of reprisals, claims security services in Kyrgyzstan have been watchful of the Uighur community for more than two decades. "Growing up in the 1980s and later in the 1990s, I witnessed Kyrgyz state security service agents come to speak with my father who was a Uighur community activist back in those days," he says.
Al Jazeera)


CENTRAL ASIA 


Crackdowns, Downturns, And A Transfer Of Power: A Look Back At A Fascinating Year In Central Asia
This past year in Central Asia proved every bit as interesting as it was predicted to be. The economic downturn took various tolls across the five countries; one of the region's longtime leaders died; the echoes of war in neighboring Afghanistan were increasingly heard on the Central Asian side of the border; and detentions and arrests on charges connected to terrorism increased in Central Asia. It was also a year when most of the region's governments intensified crackdowns on political opponents, rights activists, and independent journalists, while presidents honed their cults of leadership and personality. (Radio Liberty)

Dushanbe Probing Claim Taliban Tanks Being Repaired In Tajikistan
Tajik authorities are looking into claims by an Afghan official that Taliban tanks and other heavy weapons are being repaired by Russian engineers in Tajikistan.Muhammadjon Ulughkhojaev, a spokesman for Tajikistan’s border guard agency, said on January 2 that the allegations are "baseless."
But he added he is unaware of all details of the allegations. Ulughkhojaev said the border guard agency “has been looking into the claim,” will study the Afghan media reports, and will report on the results of their investigation.(Radio Liberty)


mercoledì 4 gennaio 2017

Terapia e pallottole alla cinese


Nella giornata di mercoledì, due alti funzionari della città di Panzhihua, provincia del Sichuan, sono stati feriti da un collega sopraggiunto nel mezzo di una riunione governativa. Chen Zhongshu, capo del dipartimento locale delle Risorse e della Terra, ha fatto fuoco contro il sindaco Li Jianqin e il segretario del partito locale Zhang Yan. Dopo essere fuggito, l'uomo è stato ritrovato senza vita nella struttura alberghiera presso cui si stava tenendo l'incontro politico. Secondo la stampa statale, Li e Zhang sono stati trasportati in ospedale dopo aver riportato ferite lievi.

Diversi elementi trasformano quanto accaduto in un rebus di difficile decifrazione. Innanzitutto, il movente. Li era diventato sindaco appena cinque mesi fa, dopo aver trascorso vent'anni nel settore delle risorse ambientali, ricoprendo anche incarichi di supervisione all'interno del Ministero della Terra e delle Risorse. Questo lo avrebbe reso particolarmente occhiuto nei confronti di Chen. Alcuni fonti del South China Morning Post suggeriscono quindi la presenza di una frattura "professionale" tra il sindaco e l'aggressore - precedentemente impiegato nell'apparato dell'anticorruzione- che avrebbe lamentato in privato di essere stato "preso di mira" dai due. Stando ai media di Hong Kong, il funzionario era da poco finito sotto indagine con il consenso dei superiori. Se le indiscrezioni dovessero rivelarsi vere, l'episodio getterebbe ulteriori ombre sulla controversa campagna anticorruzione lanciata dal presidente Xi Jinping nel 2012. Arresti poco limpidi, processi a porte chiuse e suicidi hanno scandito i primi quattro anni di governo Xi.

Ormai quasi 300mila quadri sono stati sanzionati per "violazioni della disciplina", un eufemismo che in Cina è sinonimo di corruzione. Ma sono in molti a credere che dietro l'apparente opera di pulizia si nasconda una resa di conti tra faide politiche, nell'attesa che il prossimo autunno i vertici del partito si rinnovino nell'ambito del quinquennale Congresso del Comitato Centrale. Xi Jinping è il leader più potente dai tempi di Deng Xiaoping, ma allo stesso tempo uno dei più temuti nell'abito della gerarchia comunista per via di una serie di riforme economiche mirate a colpire gli interessi costituiti dei governi locali. Proprio di recente il presidente ha fatto riferimento alla formazione di cricche dannose per la coesione del partito, citando, tra gli altri, il caso di Zhou Yongkang, l'ex zar della sicurezza cresciuto professionalmente nell'industria petrolifera del Sichuan. La provincia del sudovest, come altre ricche di materie prime, risulta tra le aree più battute dagli ispettori a caccia di illegalità. La stessa Panzhihua è una cittadina mineraria nota per la produzione di minerale di ferro, titanio e vanadio.

Mentre tutto questo fa da contorno all'insolita sparatoria, rimane un ulteriore punto da chiarire: la provenienza della pistola. In Cina il possesso delle armi da fuoco è severamente vietato, fatta eccezione per pochi funzionari dell'esercito. Proprio per questo la maggior parte degli episodi violenti solitamente coinvolge armi da taglio o esplosivi, ampiamente utilizzati nelle attività estrattive e nei cantieri edili. Tuttavia, le statistiche del governo dimostrano che in un anno il numero delle violazioni dei controlli sulle armi da fuoco e sul possesso di munizioni sono aumentate di oltre il 50%, per un totale di 81.668 casi nel solo 2015. Lo scorso agosto il ministero della Sicurezza pubblica ha dichiarato che i reati legati all'impiego di pistole continuano a crescere sopratutto per via della facile reperibilità di armi online, "che compromettono gravemente la sicurezza pubblica, la stabilità e il senso di sicurezza della gente."

Nonostante le restrizioni siano ben più severe che in altri paesi, in Cina la circolazione di armi ha continuato a fiorire da una parte grazie al contrabbando, al furto e ai controlli infruttuosi presso gli arsenali, dall'altra grazie allo sviluppo di una piccola industria bellica "casereccia" che produce pistole e dispositivi fatti in casa. Negli ultimi anni, il numero di omicidi commessi con strumenti di difesa artigianali è aumentato drasticamente, tanto da aver indotto il ministero della Sicurezza pubblica a promettere laute ricompense in caso di soffiate e consegne di armi detenute illegalmente.

Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...