martedì 28 agosto 2012

Crollano i ponti e montano le proteste

(Aggiornamenti: Road collapses increase in China)


E' il ponte più lungo a nord dello Yangtze (15,4km), è costato quasi 300 milioni di dollari e ha soli nove mesi di vita, ma venerdì scorso lo Yangmingtan di Harbin, città dello Heilongjiang, non ha resistito al peso di quattro camion per il trasporto di materiale edile: la sua rampa d'accesso è crollata causando la morte di tre persone e il ferimento di altre cinque.

Si tratta dell'ennesimo incidente ad aver coinvolto il settore delle infrastrutture cinesi, spesso ultimate in tempi record e con materiali di bassa qualità. Nel caso del "miracolo di Harbin" il progetto è stato portato a compimento in soli 18 mesi, rispetto ai tre anni previsti.

E come da copione il polverone mediatico si è ben presto sollevato intorno a quella che fino a pochi giorni fa veniva considerata la punta di diamante della città nord-orientale.
Le prime a finire sul banco degli imputati sono state le compagnie appaltatrici, sebbene dalle indagini effettuate dalla commissione d'inchiesta messa in moto dal governo locale la causa del crollo sembrerebbe da imputarsi esclusivamente ad un sovraccarico -circa 500 tonnellate contro le 55 per le quali era stato brevettato- mentre non sono state riscontrate anomalie nei materiali utilizzati.

Il 25 agosto alcune foto scattate da giornalisti giunti sul posto sono rimbalzate sui principali siti nazionali quali Sina e il portale Wangyi. La struttura del ponte sarebbe stata riempita con una mistura di sassi, bastoni di legno e sacchi di cemento come mostrano le immagini. D'altra parte la rampa non sarebbe da considerarsi parte della struttura principale del Yangmingtai -ha affermato ieri al South China Morning Post Huang Yusheng, segretario generale di Harbin- e anche se risultassero problemi con la qualità dei materiali ciò "non avrebbe nulla" a che fare con il progetto iniziale.

Inondazioni, sovraccarichi e collisioni con navi da carico sono le cause normalmente rese note dal governo in caso di incidenti di questo tipo. Gli esperti, d'altronde, sono meno ottimisti verso la qualità delle barriere architettoniche "made in China". Dan Danhui, professore associato presso il dipartimento per la sicurezza dei ponti della Tongji University di Shanghai, ritiene che la costruzione di infrastrutture in Cina avvenga spesso in maniera troppo frettolosa. La situazione si è aggravata da quando, negli ultimi anni, per fra fronte alla recessione globale, Pechino ha spinto il piede sull'acceleratore degli investimenti nella speranza di rilanciare l'economia nazionale, creando posti di lavoro e mantenendo alta la crescita del prodotto interno lordo, spiega il South China Morning Post.

"Alcuni anni fa la Cina aveva solo 500mila ponti, ora ve ne sono oltre 700 mila", ha affermato Dan, "nessun paese ha mai costruito centinaia di migliaia di ponti in così pochi anni. Con un numero tanto enorme di progetti in corso non sono stupito della diffusione dei crolli".

Quella del professor Dan è una preoccupazione diffusa tra gli addetti ai lavori. Chen Zhaoyuan, docente della prestigiosa Tsinghua University di Pechino nonché membro dell'Accademia cinese d'ingegneria, giusto lo scorso anno aveva pubblicato una lettera aperta nella quale veniva messa sotto accusa proprio la disinvoltura utilizzata nella realizzazione dei ponti a discapito di alcune “buone pratiche” volte ad assicurare la sicurezza pubblica.

Fino a dieci anni fa procedere contemporanemante alle indagini, al lavoro di progettazione e alla costruzione veniva ritenuta una prassi irresponsabile; oggi è il modo più comune con il quale i funzionari governativi incaricati dei progetti possono portare a termine il lavoro avviato entro la scadenza del proprio mandato.

"Trovare metodi intelligenti per ridurre i costi nel rispetto dei requisiti minimi di sicurezza" è questa la nuova filosofia sulla quale si basa lo sviluppo delle opere pubbliche cinesi, ha commentato Dan.

E i numeri ne sono testimoni: secondo quanto emerso dai registri della State Administration of Work Safety sono almeno 18 i ponti crollati dal 2007 ad oggi, per un totale di 135 morti. Come castelli di sabbia sono franati dopo meno di quindici anni dal taglio del nastro.

(Pubblicato su Dazebao)




giovedì 23 agosto 2012

Giornalista canadese: la Cina mi ha chiesto di spiare il Dalai Lama


Intervista a Mark Bourrie:
Canadian journalist: China asked me to spy on Dalai Lama | CTVNews


Mark Bourrie, giornalista canadese, dopo due anni di collaborazione con l'agenzia statale cinese Xinhua, ha lasciato ad aprile il suo incarico come corrispondente a Ottawa. Gli era stato chiesto di spiare il Dalai Lama.

Una serie di richieste inusuali avevano da tempo messo in allerta il reporter sino a, quando la scorsa primavera, fu inviato a scoprire quanto detto durante un incontro privato tra il Primo Ministro canadese Stephen Harper e Sua Santità, in visita nella capitale federale. Quando si è reso conto che i suoi resoconti non venivano pubblicati ha chiesto spiegazioni al bureau chief. "Siamo qui come giornalisti o per sfruttare le nostre credenziali come Ottawa Press Gallery per accedere ad informazioni da inoltrare al governo cinese?" ha domandato Bourrie al suo capo Zhang Dacheng "se è per il secondo motivo non voglio avere nulla a che fare con questa storia".
L'agenzia non pubblica notizie che potrebbero mettere in imbarazzo Pechino né commenti rilasciati dal Dalai Lama: tutte le varie relazioni sono andate dritte a Zhongnanhai, il quartier generale del Partito, per fini di intelligence. E' quanto avrebbe risposto all'epoca l'editor. Mercoledì scorso, invece, Zhang ha negato ogni cosa, definendo le accuse del giornalista canadese false e frutto di un'ideologia da "Guerra Fredda".

Fonte: CTV News

lunedì 20 agosto 2012

Pena di morte con sospensione di due anni per Gu Kailai



Se quella comparsa al processo non fosse Gu Kailai: Gu Kailai and the body double debate

Gu Kailai, moglie dell'ex leader di Chongqing Bo Xilai è stata condannata alla pena di morte con sospensione di due anni e alla revoca dei diritti politici a vita; sentenza che - in caso di buona condotta- verrà commutata in ergastolo o anche meno. E' quanto stabilito dalla Corte di Hefei, cittadina della Cina dell'est, la quale ha giudicato la donna colpevole dell'assassinio del cittadino britannico Neil Heywood, trovato morto nella sua stanza d'albergo di Chongqing lo scorso novembre e il cui corpo era stato frettolosamente cremato dalle autorità locali.

Una lite per questioni economiche avrebbe indotto Gu ad avvelenare l'uomo con il quale si vocifera intrattenesse anche una relazione extraconiugale. Alla donna sono state riconosciute alcune attenuanti come l'aver compiuto il folle gesto per difendere il figlio Bo Guagua, minacciato dalla vittima, come si legge in una mail inviata dall'inglese alla donna. La Corte ha anche affermato che le azioni commesse da Gu rivelano "problemi mentali".

"Il verdetto è giusto e rispecchia uno speciale rispetto verso la legge, la verità e la vita" avrebbe dichiarato la donna -già rea confessa- secondo quanto riportato da un portavoce del tribunale.

Colpevole è risultato anche il domestico di casa Bo, Zhang Xiaojun, che, complice nel delitto, trascorrerà nove anni dietro le sbarre, mentre quattro poliziotti della municipalità feudo di Bo Xilai sono stati condannati a pene detentive dai 5 agli 11 anni per aver ostacolato le indagini.

E' l'epilogo di un processo iniziato il 9 agosto e terminato dopo sole 7 ore, tra i dubbi di un'opinione pubblica oltremodo sospettosa verso il modus operandi della giustizia cinese in quello che è stato considerato il processo più eclatante da quando nel 1981 a fare la sua comparsa alla sbarra fu Jiang Qing, la controversa consorte di Mao Zedong. Forse un goffo tentativo della dirigenza cinese di archiviare il caso Bo Xilai prima del 18esimo Congresso del Partito, principale evento dell'agenda politica del Dragone che sancirà il passaggio del testimone ai leader della quinta generazione.

"Con la rinuncia di entrambi gli imputati a ricorrere in appello la cosa termina qui" ha spiegato alla Reuters l'avvocato di Zhang, Li Renting.

La condanna di Gu Kailai potrebbe essere il preludio di punizioni formali per Bo Xilai, sino ad alcuni mesi fa uno degli astri nascenti della politica d'oltre Muraglia, rimosso da tutte le sue cariche in aprile e tutt'oggi sotto inchiesta per "gravi violazioni della disciplina del Partito".
Troppo ambizioso e fautore di un revival maoista che poco collimava con l'orientamento riformista abbracciato dall'amministrazione Hu Jintao-Wen Jiabao, secondo molti, sarebbe rimasto vittima degli intrighi di palazzo in vista dell'ormai imminente rimpasto al vertice. Lo scorso febbraio, la fuga di Wang Lijun, ex capo della polizia di Chongqing e suo braccio destro, presso il consolato Usa di Chengdu -presumibilmente per consegnare le prove dell'assassinio di Heywood- ne decretò, di fatto, il tracollo politico. La sua ultima apparizione pubblica risale a marzo quando, durante una conferenza stampa ai margini dell'Assemblea Nazionale del Popolo, prese le difese della propria famiglia. Quanto al superpoliziotto verrà presto processato "per alto tradimento" ( "per defezione" secondo Boxun) nella capitale provinciale del Sichuan, sebbene alcuni giorni fa i media di Hong Kong avessero sostenuto che il procedimento si era già svolto segretamente.

La conclusione del processo a Gu Kailai fa tirare un sospiro di sollievo anche oltremanica. In una nota rilasciata dall'ambasciata britannica a Pechino, si lodano le autorità cinesi per le indagini che hanno portato all'identificazione e alla condanna dei responsabili. Londra ha sempre chiesto un processo "conforme agli standard internazionali dei diritti dell'uomo", pur non cercando mai la pena di morte.

Ad essere rimasta delusa dalla sentenza della Corte di Hefei è, invece, la comunità di internet. Nell'arco di due ore dalla diffusione del verdetto, circa due milioni di post hanno alluvionato Sina Weibo e Tencent Weibo, principali siti di microblogging in salsa di soia. E impazzano le critiche contro una giustizia ritenuta palesemente selettiva.

"Proviamo un po' a pensare..se un comune cittadino avesse ucciso uno straniero per interessi economici quale sarebbe stato il verdetto finale?" scrive Liu Xiaoyuan, avvocato per la difesa dei diritti umani.

giovedì 16 agosto 2012

Il senso di Pechino per le Olimpiadi



Con 38 ori, 27 argenti e 22 bronzi, la Cina ha terminato le Olimpiadi di Londra tra la delusione per una performance nettamente inferiore rispetto a quella realizzata ai Giochi di Pechino (nel 2008 furono ben 51gli ori) e la valanga di polemiche che ha travolto il sistema sportivo cinese. E brucia, forse, sopra ogni altra cosa quel secondo posto alle spalle degli Stati Uniti, che con 46 ori hanno dominato ancora una volta il medagliere olimpico. Una rivalità, quella tra l'Aquila e il Dragone che, cristallizzata nel mondo dello sport, ha in realtà portata ben più ampia, e va dalle minacce di una "guerra commerciale" alle tensioni che continuano ad agitare la regione Asia-Pacifico.

Ma, nonostante la sconfitta inflitta dai 124 metalli Usa, tuttavia, la Cina è riuscita a battere 6 record mondiali, grazie a nuovi campioni quali il nuotatore Sun Yang che, il 31 luglio 2011, ha decretato il nuovo primato impiegando soli 14'31"02 nei 1500 metri stile libero. Una prestazione, questa, che corrisponde ad una media di quasi 58 secondi per ogni 100 metri.

"La Cina si è messa in mostra nel ping pong, nei tuffi nella ginnastica e nel badminton...e ora con Sun Yang e Ye Shiwen divampa anche il nuoto" ha scritto un utente di Sina Weibo, il principale sito di microblogging cinese.

Il bilancio delle Olimpiadi 2012, per il Dragone, arriva proprio dai numeri macinati dall'infosfera cinese. Secondo quanto riportato lunedì da China Real Time, sono stati circa 393 milioni i post inerenti ai Giochi di Londra pubblicati su Weibo contro i 150 milioni di Twitter, a conferma di come le competizioni sportive siano state seguite assiduamente nella Nazione più popolosa al mondo. E non solo per dare sostegno agli atleti.

Negli ultimi giorni accese critiche hanno investito in pieno il sistema sportivo cinese con particolare riferimento al misterioso Progetto 119, un piano di allenamento che miscela duri sacrifici ad una preparazione atletica meticolosa sin dai primi anni d'età e del quale, fino al 2002, veniva negata l'esistenza persino dal governo di Pechino. Rimasto dietro le quinte per anni, è finito sotto i riflettori durante le ultime Olimpiadi per il "caso Ye Shiwen", la sedicenne che ha battuto il record del mondo nei 400 misti nuotando più veloce persino dei colleghi maschi. "Questione di doping" si era detto in prima battuta, poi una volta risultata "pulita", dopo le dovute scuse della stampa occidentale e di tutti coloro che avevano dubitato (John Leonard, direttore esecutivo della World Swimming Coach Association e della USA Swimming Coach Association, in primis), gli strali sono stati diretti contro i metodi poco ortodossi con i quali il gigante asiatico forgia i suoi atleti, costretti a tagliare i legami con le proprie famiglie per dedicare tutta la loro vita al medagliere olimpico.

D'altra parte i precedenti del Dragone non sono buoni. Durante i Giochi Asiatici del 1994 sette atleti cinesi risultarono positivi agli steroidi, mentre quattro anni dopo, ai Campionati mondiali di Perth una nuotatrice fu scoperta ad aver assunto ingenti dosi di ormoni per la crescita.

Sebbene i Giochi di Londra siano stati scanditi dalle lamentele di Pechino vittima -a dire delle autorità cinesi- di un presunto complottismo "made in Occidente", qualche dubbio sul sistema di allenamento è stato avanzato persino dal Global Times, voce ufficiale del Pcc. "E' difficile dire se questo (sistema) sia un vantaggio o di un difetto del Paese" commentava in data 13 agosto il quotidiano ultranazionalista.

Ma quello della giovane nuotatrice di Hangzhou non è stato l'unico episodio chiacchierato e di Cina si è tornato a parlare più volte in questi ultimi tempi, forse ancora più che durante le Olimpiadi del 2008 disputatesi proprio a Pechino. Molto ha fatto discutere la squalifica delle giocatrici di badminton Yu Yang e Wang Xiaoli, accusate insieme alle loro colleghe di Corea del Sud e Indonesia di aver perso volutamente alcuni incontri per garantirsi in seguito partite più facili. Dopo le scuse ufficiali trasmesse dalla televisione di Stato cinese, le atlete avrebbero raccontato su internet di aver deciso di abbandonare il gioco in quanto costrette a partecipare alle Olimpiadi benché infortunate. E poi è stata la volta di Wu Jingbiao che, costernato per aver vinto "solo" un argento nel sollevamento pesi, ha chiesto perdono al proprio team e al Paese intero e di Liu Xiang, lo sfortunato atleta inciampato al primo ostacolo nella gara sui 100 metri. Proprio l'episodio che ha visto protagonista "Figlio del Vento" ha gettato ulteriore benzina sul fuoco: molti hanno criticato i funzionari sportivi per aver spinto il campione di Atene 2004 a partecipare ai Giochi di Londra, anche se chiaramente in condizioni fisiche non ottimali.

Il prezzo del successo 
Il 28 luglio Al Jazeera ha fatto luce sulle vite degli atleti cinesi, quelli caduti in disgrazia e relegati nel dimenticatoio dopo un inizio spumeggiante. Zhang Shangwu è uno di questi. Giovane promessa dell'atletica e due volte medaglia d'oro alle Universiade, oggi sopravvive mendicando per le strade di Pechino; un problema al tendine d'Achille ne stroncò la carriera nel 2003.
Secondo alcune stime, ogni anno in Cina si ritirano circa 3.000 atleti professionisti di cui solo un terzo riesce a trovare un lavoro sostitutivo adeguato. Colpa in buona parte dello Stato, che ne trascura la formazione scolastica -la maggior parte degli sportivi "di professione" non termina gli studi- mentre  non esita a tagliare gli stipendi degli atleti in pensione, senza tener conto delle loro condizioni fisiche.

La situazione allarmante ha indotto alcuni insider a prendere provvedimenti. L'ex stella del basket Yao Ming, per esempio, nel 2009 ha proceduto all'acquisto degli Shanghai Sharks -squadra con la quale cominciò a muovere i primi passi sul parquet- prendendo in prestito allenatori NBA per contribuire a rinnovarne il programma di formazione. Sang Lan, ginnasta paralizzato dalla vita in giù in seguito ad un tragico incidente alla vigilia dei Giochi di Godwill nel 1998, dieci anni dopo scrisse una lettera al Primo Ministro Wen Jiabao invocando una maggior assistenza sanitaria per gli atleti.

Nel Regno di Mezzo il prezzo del successo sportivo è salatissimo; e non solo per via delle pesanti rinunce che occorre fronteggiare. Secondo quanto riportato dai media locali, due anni di training per plasmare un campione quale Sun Yang sarebbero costati ben 1,57 milioni di dollari; una somma non indifferente per un Paese in cui il reddito pro capite è di circa 7500 dollari.

Così passano gli anni ma il dibattito continua ad infuriare su un sistema che tratta gli atleti come "macchine sforna ori", andando contro il vero spirito olimpico, mentre Pechino si lascia andare sempre più spesso al vittimismo. La risposta agli ultimi "attacchi" da oltremare è arrivata via People's Daily, megafono del Partito, che proprio lunedì scorso sottolineava come "l'Occidente è sempre presente con orgoglio e pregiudizio intrinseco". La propagazione di "notizie distorte e infondate" sulla partecipazione del Dragone alle Olimpiadi ricorda quanto sia difficile l'integrazione della Cina nel mondo, scriveva il quotidiano.

Non solo critiche: un tappeto rosso per il Dragone
Sebbene parzialmente motivati, è evidente che i sospetti verso l'ex Impero Celeste crescono di pari passo con la sua avanzata incalzante sullo scacchiere internazionale, che ne fa un temuto rivale e allo stesso tempo un potenziale prezioso alleato. La Gran Bretagna non ha mancato di tirare acqua al proprio mulino, sfruttando le Olimpiadi per cementare i propri rapporti con la seconda economia mondiale. Approfittando dell'attenzione esercitata dai Giochi di Londra a livello globale, il paese ha organizzato più di una dozzina di vertici aziendali, tra i quali il China Business Day, evento dedicato a sponsorizzare le opportunità di business cinese nel Regno Unito.

Degli 8000 giornalisti accreditati giunti a Londra per coprire la manifestazione sportiva, 700 provenivano proprio dalla Cina. Non stupisce, quindi, la pianificazione a tavolino di meeting tra reporter del Regno di Mezzo e importanti organizzazioni locali quali l'agenzia London & Partners, la Greater London Authority (GLA) e la Camera di Commercio di Londra.

Per il Regno Unito il Dragone è il secondo investitore dopo gli Stati Uniti. Nel 2011 Londra e Pechino hanno avviato più di 30 progetti d'investimento volti a promuovere 550 nuove opportunità di lavoro nel mercato dei software, nei servizi finanziari, industrie creative e vendite al dettaglio.
Il messaggio portato dagli imprenditori d'Oriente è suonato come musica alle orecchie anglosassoni. Il 25 luglio scorso, alla vigilia delle Olimpiadi, una delegazione della China Entrepreneur Club ha incontrato il Primo Ministro inglese David Cameron; e a raggiungere il numero 10 di Downing Street è stato persino Liu Chuanzhi, fondatore di Lenovo, secondo produttore al mondo di personal computer.

Ora che l'economia cinese sta scivolando verso un approccio consumer driven,  gli imprenditori d'oltre Muraglia sono in cerca di partner britannici. Il settore del lusso ha già tratto grandi benefici, tanto che gli affari con la Cina sono cresciuti nove volte rispetto a quattro anni fa, ha spiegato ai microfoni di Caixin Michael Ward, managing director del noto grande magazzino a cinque stelle Harrods.

Tra vittorie e sconfitte...
Soppesando vittorie e sconfitte, le Olimpiadi sembrano essere state, tuttavia, una buona cosa per la Cina. "I Giochi olimpici hanno messo in mostra un paese scosso da una confusione di valori contrastanti. Ma sono emersi anche dibattiti interessanti, che guideranno la Nazione verso un futuro migliore" ha sentenziato il Global Times.

E forse la vittoria di Qieyang Shenjie, alias Choeyang Kyi, prima atleta tibetana a partecipare alle Olimpiadi e a salire sul podio con un bronzo nella 20 chilometri di marcia, meglio riassume le tante ferite dolenti che tormentano ancora il Dragone.
"Sono molto onorata di aver rappresentato per prima il Tibet alle Olimpiadi" ha affermato Qieyang. Iscritta al Partito e fervente buddhista,  ha partecipato ai Giochi di Londra sotto i colori della Cina, mentre proprio in quei giorni il numero delle autoimmolazioni tibetane contro Pechino continuava a salire.

(Scritto per Uno Sguardo al Femminile)

Leggi anche: Alla ricerca "dell'oro"

sabato 11 agosto 2012

Il processo a Gu Kailai e le molte incognite


Aggiornamenti sul caso:Wang lijun has been secretly put on trial
Trial of Gu Kailai attended by a fraud

In Cina è stato definito il processo più sensazionale dell'ultimo trentennio, ma quello per Gu Kailai, moglie dell'ex leader di Chongqing Bo Xilai è iniziato giovedì e si è concluso dopo sole sette ore, tra il silenzio della Corte di Hefei e il riserbo della stampa cinese. Eppure il verdetto, sebbene non ancora reso noto, sembra essere già stato scritto.

Accusata assieme al domestico Zhang Xiaojun dell'omicidio dell'uomo d'affari britannico Neil Heywood, suo socio e probabilmente amante, la Lady Macbeth cinese rischia la pena di morte; condanna che, secondo gli esperti del diritto, potrebbe essere commutata in ergastolo o 15 anni di prigione qualora dovesse essere confermato lo stato di seminfermità mentale della donna. Alcune stranezze comportamentali e un sospettato tumore potranno veramente risparmiare la pena capitale a Gu (link)?

Rea confessa, pochi giorni prima del processo aveva ammesso la propria colpevolezza sia per il delitto di Heywood che per una serie di "crimini economici" - dei quali, tuttavia, non ha dovuto rispondere in sede processuale-  è apparsa in un sevizio della China Central Television, trasmesso nel pomeriggio di giovedì, abbastanza tranquilla e notevolmente ingrassata.

Gu non avrebbe contestato l'accusa di omicidio: secondo le ultime ricostruzioni, una lite per questioni economiche lo scorso 13 novembre avrebbe indotto la donna ad avvelenare il suo socio con il cianuro nella stanza del Nanshang Lijing Holiday Hotel, a Chonqging. Dell'uomo non è rimasto che un pezzo del cuore, unica prova nelle mani della polizia cinese, mentre il corpo è stato cremato in tutta fretta senza il consenso della famiglia.

“Le circostanze del crimine sono chiare e supportate da ampie prove”, ha comunicato il tribunale di Hefei, mentre la difesa ha dichiarato che Gu al momento del delitto "non aveva il controllo di sé". Un'ulteriore attenuante: proteggere il figlio Bo Guagua da alcune "minacce fisiche", come ha affermato lei stessa. Tanto è bastato ai legali d'ufficio per dichiarare che Heywood è "parzialmente responsabile della sua stessa morte". Il rampollo della famiglia Bo, noto alle cronache per la sua vita dissoluta, alcuni giorni fa aveva rotto il silenzio rivelando alla Cnn di aver inviato alla Corte una testimonianza scritta; un elemento chiave per il processo, secondo il sito di citizen journalism Boxun.

La sentenza verrà rilasciata prossimamente, come riferito da un funzionario del tribunale; per il momento il destino della donna continua a rimanere top secret almeno quanto quello del marito. Bo Xilai, sino ad alcuni mesi fa uno degli astri nascenti della politica d'oltre Muraglia, rimosso da tutte le sue cariche in aprile (link), è tutt'oggi sotto inchiesta per "gravi violazioni della disciplina del Partito". Troppo ambizioso e fautore di un revival maoista che poco collimava con l'orientamento riformista abbracciato dall'amministrazione Hu Jintao-Wen Jiabao, secondo molti, sarebbe rimasto vittima degli intrighi di palazzo in vista del rimpasto ai vertici in agenda per il prossimo autunno.

Intanto con il processo di Gu Kailai il vaso di Pandora è stato aperto: la donna ha parlato di "reati commessi da altre persone" innescando una reazione a catena. Venerdì sono stati processati quattro poliziotti di Chongqing accusati di aver tentato di ostacolare le indagini falsificando il referto dell'autopsia. Colpevoli loro come sarebbe colpevole il superpoliziotto Wang Lijun, che con la sua fuga verso il consolato americano di Chengdu, lo scorso febbraio, ha dato il via all'affaire Bo Xilai. In un primo momento complice di Gu nel complotto, Wang avrebbe poi fatto marcia indietro una volta soppesati i rischi. Un processo per tradimento la prossima settimana lo vedrà alla sbarra nella capitale provinciale del Sichuan, dove tutto cominciò.

Sono questi i nuovi dettagli rivelati dalla versione dei fatti così come riportata da uno dei presenti nell'aula del tribunale di Hefei, dove il processo si è svolto a porte chiuse. Zhao Xiangcha è il nome dell'uomo che, privato di carta e penna, ha tenuto tutto bene a mente per poi passare la sua testimonianza allo redazione di Boxun.

Il COLPO DI SCENA
E ancora. Nell'intrigo si innesta un "terzo elemento" hanno dichiarato i legali di Gu, secondo quanto riportato al Daily Telegraph da una persona a conoscenza del caso e presente al processo; una nuova pedina che ha ricoperto un ruolo attivo nell'omicidio di Heywood. Forse la dose di veleno somministrato dalla moglie di Bo Xilai all'uomo d'affari non era realmente letale. Forse Gu si sarebbe macchiata soltanto di "tentato omicidio", come sembrerebbe voler spingere la difesa. Forse qualcuno ha agito dopo che la donna e il suo complice avevano già lasciato l'albergo: lo dimostrerebbe la posizione del cadavere al momento dell'arrivo della polizia sul luogo del delitto, non più supina con la testa appoggiata sul cuscino, come lo avevano lasciato i due, ma con la faccia in giù e i piedi penzoloni oltre la fine del letto.

I MEDIA UFFICIALI
Con un insolito comunicato di ben 3400 parole, l'agenzia di stampa statale Xinhua venerdì sera ha reso pubblico quello che sembra essere il preludio di una condanna: la donna, benché in stato depressivo e sotto effetto di farmaci, assieme al coimputato Zhang, "ha confessato l'omicidio intenzionale".
Avvertiva il pericolo per la sua famiglia: "Per me era più di una minaccia alla sicurezza personale. Dovevo fermare la follia di Neil Heywood lottando fino alla morte." Eppure "la tragedia che ho scatenato non si è abbattuta soltanto su Neil, ma su molte altre famiglie" ha affermato davanti alla Corte la dama nera di Cina.

"Perdono": lo ha chiesto Zhang Xiaojun ai cari del defunto, mentre Gu avrebbe invocato clemenza per il domestico dato il suo ruolo marginale del delitto. Quanto a lei, "aveva sviluppato una dipendenza fisica e psicologica da farmaci e sedativi che provocano disturbi mentali" - fa sapere la Xinhua- e nonostante avesse "un obiettivo chiaro e un motivo pratico per commettere il crimine" aveva "scarsa capacità di controllo".

Ma, nel giorno del giudizio, una Gu lucidissima ha manifestato la piena consapevolezza di essere l'artefice dell'attuale cortocircuito politico: "questo caso ha provocato grandi perdite al Partito e al Paese e dovrei prendermene la piena responsabilità" ha scandito la donna, dicendosi pronta ad "accogliere la sentenza con calma e serenità, nel rispetto della legge".

Non una parola sull'ex boss di Chongqing, invece, né sui crimini economici nei quali sarebbero implicati vari membri del clan dei Bo. Affari sporchi e trasferimento di denaro all'estero: in una parola "corruzione". Il male endemico della Nuovissima Cina continua ad attirare sulla casta le critiche di un popolo insofferente verso gli sfarzosi privilegi dei propri leader. E ora che la data del ricambio al vertice si fa sempre più vicina è meglio parlarne il meno possibile.

mercoledì 8 agosto 2012

"Greyjing" e la verità sullo stato di salute dell'aria



La comunità anglofona l'ha già ribattezzata "Grey-jing"/"Beige-jing": imprigionata tra le spire di fumo delle fabbriche e degli impianti di riscaldamento, la capitale cinese rimane nascosta sotto una coltre grigia di smog. Ormai praticamente cinque giorni su sette.
Il tasso di cancro ai polmoni è in netto aumento (del 60% negli ultimi 10 anni) -come riferiscono i funzionari della sanità- e anche tra i dirigenti delle multinazionali molti, non più disposti a scendere a compromessi, fanno i bagagli per lasciare la metropoli delle grandi opportunità: la salute prima di tutto. Chi resta, invece, vincola i programmi del quotidiano ai numeri rilasciati ogni giorno su Twitter dall'Ambasciata americana a Pechino, unica a fare luce sul reale stato di salute dell'aria.

"Mi piace respirare" -scriveva alcune settimane fa Charlie Custer, caporedattore del noto blog China Geeks, annunciando il suo ritorno negli Stati Uniti- "non c'è nulla che mi costringa a rimanere a Pechino. Per molti versi è una città meravigliosa, probabilmente il posto più affascinante ed eccitante dove io abbia mai vissuto, ma d'altra parte mi sta uccidendo".

Quest'anno l'Economist Intelligence Unit ha dato un 4,5 su 5 all'inquinamento di Pechino, che si pone così poco al di sotto dell'indice massimo fissato. Nel 2008 le autorità cinesi presero seri provvedimenti per tentare di migliorare la qualità dell'aria della capitale che quell'anno si apprestava ad ospitare le Olimpiadi. Limitazione alla circolazione delle automobili e trasferimento delle fabbriche inquinanti; misure temporanee progressivamente allentate con la fine dei Giochi di Pechino, non appena l'attenzione globale cominciò a virare altrove.

Oggi la questione ambientale continua ad essere tra le tematiche più dibattute in Cina. Secondo un rapporto della Banca Mondiale nel Paese di Mezzo 750mila persone muoiono prematuramente a causa dell'inquinamento. E mentre il popolo comincia ad alzare la voce (a volte serve a qualcosa, come dimostrano le proteste di Shifang e Qidong) il governo tentata di correre ai ripari. E lo fa innanzitutto promuovendo l'energia verde. Lo scorso novembre il presidente Hu Jintao ha dato il via al 12esimo Piano quinquennale promettendo più tutela ambientale e investimenti nell'industria verde per oltre 3mila miliardi di yuan nel periodo 2011-2015.

Il 19 luglio passato il Nanfang Zhoumo, testata del sud famosa per le sue inchieste, ha pubblicato un'intervista a Du Shaozhong, presidente del China Beijing Environment Exchange; uno che non si fa troppi scrupoli a dire come stanno veramente le cose. Segue una traduzione parziale:

Tutta la verità sull'aria di Pechino
Insieme al CPI (Consumer Price Index), il PM 2,5 è entrato a far parte della sesta edizione del Xiandai Hanyu Cidian (Contemporary Chinese Dicitionary). Termini tecnici relativi all'atmosfera sono diventati rapidamente popolari nell'autunno del 2011, inducendo i cittadini a maturare malcontento e frustrazione nei confronti dello stato di salute dell'aria. Proprio al tempo il numero di fan del blog di Du Shaozhong, "巴松狼王", ha registrato un'impennata.


Negli ultimi anni la qualità dell'aria di Pechino ha suscitato una tempesta di critiche, mentre Du Shaozhong, portavoce del governo, continua a rimanere nell'occhio del ciclone. Prima e dopo le Olimpiadi di Pechino ha mostrato il suo volto a telecamere e fotografi, accettando di sottoporsi a più di 1400 interviste e partecipando a oltre 100 conferenze stampa. Dal 2011 sino ad oggi, a causa della questione relativa al PM 2,5, ha sperimentato la crisi delle Olimpiadi nel mondo virtuale, dovendo affrontare migliaia di domande e ingiurie.
Sebbene "la leadership non voglia sentire brutte notizie, l'opinione pubblica ami le storie incredibili e i media siano inclini ad aizzare conflitti, mentre a nessuno piace la verità", lui proseguirà a dire solo come stanno davvero le cose -senza cancellare i post su Weibo- nonostante questa verità sia sempre accompagnata da polemiche. Lo scorso febbraio ha lasciato l'incarico di vice segretario e portavoce governativo per assumere la posizione di presidente del China Beijing Environment Exchange (CBEEX), e "se ne è fatto una ragione". Con al seguito il suo nuovo libro "Modest power in Weibo" (《微薄之力在微博》), ha recentemente accettato un'intervista del Nanfang Zhoumo (Southern Weekend) per ricordare quelle "verità" sullo stato dell'aria di Pechino.

Come ha avuto il coraggio di dire che "non sono mai stati raggiunti gli standard"?
NFZM: Ha lavorato presso il  Beijing Municipal Environmental Protection Bureau per 12 anni, esattamente il periodo di tempo in cui i problemi ambientali del paese, accumulatisi negli anni, sono esplosi. Pechino rappresenta un microcosmo in grado di riflettere la situazione di tutta la Cina. Come bisogna valutare l'attuale situazione ambientale della capitale, sopratutto per quanto riguarda l'aria?

Du: E' difficile da spiegare in breve, piuttosto la valutazione complessiva richiede tre osservazioni:
riconoscere che la qualità ambientale è migliorata, ma che bisogna raggiungere degli standard risanando l'enorme gap tra le varie città, e che serve ancora  molto impegno.
Queste tre frasi non sono parole vuote, e non può mancarne nemmeno una. Se mancasse la prima non vorrebbe dire tanto rifiutare di riconoscere i successi altrui, quanto piuttosto indurre gli altri a credere che non ci siano speranze. La seconda, riguardo al grande divario, è una realtà indiscutibile. Prendendo ad esempio il PM 10, nel 1998 la media giornaliera della concentrazione era di 180 microgrammi per metro cubo. Adesso è di 120 microgrammi e, sebbene sia diminuita di 1/3, non è stato comunque raggiunto il livello standard che è di 100 microgrammi al metro cubo. Avvicinandoci un po' a quelli che sono gli standard internazionali, si può dire che nell'arco di un anno ci siano 110 giorni in cui l'aria è effettivamente buona.
La qualità dell'aria di Pechino, sulla base della valutazione complessiva della concentrazione media delle quattro sostanze inquinanti dell'atmosfera (zolfo, monossido di carbonio, biossido di azoto, PM10) non ha mai raggiunto gli standard. Molte persone che per la prima volta sentono dire ciò rimangono stupite. Come puoi avere il coraggio di fare un'affermazione simile? Eppure non è la prima volta che lo dico. Non ho mi smesso di ripeterlo in tutti gli otto anni durante i quali ho ricoperto la carica di portavoce.

NFZM: Ci sarà molta gente non molto d'accordo con il giudizio da lei espresso con la frase "la qualità ambientale è migliorata".

Du: A direi il vero vi sono molte prove in proposito. A partire dal 1998 Pechino ha cominciato a mettere sotto controllo le stufe a carbone, ha abolito 44 mila stufe a legna, ha effettuato controlli su 16 mila caldaie. In quell'anno, nei 134 giorni in cui i riscaldamenti erano funzionanti, il biossido di zolfo superò la quota in 106 giorni. Eppure nel 2008 i giorni critici furono solo 9.

In questi anni Pechino ha risposto all'inquinamento atmosferico causato da carbone, automobili e quartiere edili stabilendo 16 fasi e assumendo più di 200 provvedimenti, imponendo l'eliminazione delle auto vecchie, migliorando gli standard dei carburanti e proponendo dei limiti alla circolazione delle macchine in determinati giorni. Molte persone non comprendono tutto ciò e quindi ritengono che la situazione sia confusa. Poiché queste misure vanno a toccare tutti, qualcuno afferma che questo equivale ad addossare la responsabilità sui cittadini. In realtà le ONG e il governo a loro volta sono composti da singoli individui: i funzionari, così come i cittadini, difendono l'ambiente e allo stesso tempo sono responsabili dell'inquinamento.

Pechino oggi potrebbe ospitare le Olimpiadi?
NFZM: Quando nel 2008 Pechino ospitò le Olimpiadi molti media stranieri mostrarono preoccupazione per la qualità dell'aria. Perché?

Du: al tempo dei Giochi Olimpici la concentrazione d'inquinamento era quasi pari a quella dei paesi sviluppati. Entro confine diverse persone ritenevano fosse in atto un processo di miglioramento, mentre la maggior parte dei dubbi proveniva dal oltremare. Per esempio durante un'intervista con un giornale giapponese mi è stata posta la seguente domanda: "in Giappone c'è un villaggio (non è stato specificato quale) che è colpito dall'inquinamento, non sarà forse l'influenza di Pechino?" Allora ho chiesto: "non ci sono i dati?!" L'atmosfera è un ambiente condiviso, per capire se un luogo subisce o meno l'influsso di un altro occorrono le stime degli esperti.

Quel giorno, in effetti, l'aria di Pechino non era tanto buona. La seconda domanda è stata: "Pechino può ospitare le Olimpiadi? Io risposi che era ancora il 6 giugno del 2007, ma che l'anno seguente avremmo fornito una risposta soddisfacente. Eppure lui non rimase soddisfatto dalle mie risposte così mi ripetette per tre volte le stesse domande. Ero furioso ma non persi il controllo.
Gli stranieri non credono che sia possibile fare tante cose in così poco tempo. Devi fargli vedere foto, statistiche, interviste ai cittadini e solo allora ti crederanno.

NFZM: Ma le Olimpiadi ormai sono finite, perché in Cina la questione è ancora così dibattuta?Come la storia del PM 2,5 divenuta nel 2011 preoccupazione di tutti....

Du: All'inizio erano gli altri Paesi ad avere dei dubbi, ora sono gli stessi cinesi a non essere convinti. Perché dopo le Olimpiadi si è cominciato a dare più importanza all'ambiente? Perché i cittadini hanno capito che era veramente possibile fare qualcosa. Solo che le misure adottate al tempo furono estreme. Se ogni giorno si mettesse in atto la circolazione delle macchine a targhe alterne, se si vietasse ai non residenti di entrare in città, se le fabbriche e i cantieri smettessero di lavorare potrebbe essere tenuto sotto controllo l'inquinamento delle zone periferiche fino allo Shandong. Le Olimpiadi sono state un ottimo banco di prova, ma non possono più essere impugnate quelle stesse misure amministrative ed economiche, quelle leggi e quei provvedimenti. (...)

Questo ideale rimane un pensiero vuoto
NFZM: come bisogna valutare il dibattito scaturito nel 2011 sul PM 2,5?

Du: i cittadini partecipano alla discussione sul PM 10 e sul PM 2,5 perché, indipendentemente dalla causa scatenante, il risultato è sempre quello di promuovere il miglioramento della qualità dell'aria e sensibilizzare il popolo verso le tematiche ambientali.

Io non mi esprimo sul fatto se sia stato giusto o sbagliato promuovere degli standard, ma dato che ormai sono molti anni che se ne parla, e’ solo questione di tempo e tali standard faranno la loro comparsa.
Nel 2000, parlando con il direttore di una fabbrica che si occupa di ispezioni annuale degli autoveicoli, feci notare come la qualita’ dell’aria avesse strettamente a che fare con la salute dei cittadini. La sua risposta e’ stata che "al momento ci dobbiamo dare carico principalmente di far mangiare i lavoratori! Nel 2011 il responsabile di un cantiere edile mi disse che un posto dove non si sollevano nubi di polvere non si chiama cantiere. Quando si spazza dentro casa, ugulamente, si solleva polvere. A quel tempo non avevamo il potere di sospendere le attivita’ (停工); gestire un cantiere e chiedere un'udienza alle autorità (上访) sono praticamente la stessa cosa: parcheggiammo l’auto davanti all’entrata del cantiere per non permettere al capo di entrare. In quel momento le persone non avevano alcuna consapevolezza dei problemi ambientali pensavano soltanto che la cosa più importante fosse portare a casa un pasto. Se ti metti a parlare di tutela ambientale non soltanto non ti danno retta i capi, ma nemmeno i cittadini."

Adesso che le cose sono cambiante e i cittadini cominciano ad interessarsi  alla questione, diversi punti di vista mi hanno travolto in pieno. Di questo non puo’ essere incolpata l’ignoranza della gente, la causa di tutto incombe sulle nostre spalle: la qualita’ dell’ambiente non e’ ancora abbatanza buona. Anche l’informazione pubblica riguardo alle tematiche ambientali non e’ sufficiente e la divulgazione delle conoscenze scientifiche e’ scarsa.


La tendenza dei media a calcare la mano ha reso il PM 2,5 un topic particolarmente dibattuto.
In realta’ sono molto felice di notare due cose: uno che quando si parla di tutela ambientale viene fatto subito il mio nome, due che effettivamente sono state prese in considerazione una serie di misure per le Olimpiadi. Ma saranno veramente realizzabili? Alla luce dell’attuale situazione sembra essere un ideale utopico.

NFZM: in questo processo di collisione il governo, i media, le ONG, le aziende e i cittadini cosa dovrebbero fare?

Du: in primo luogo il governo, cosi’ come le aziende e le varie organizzazioni sociali, dovrebbe promuovere la divulgazione delle informazioni. Occorre, inoltre, che le autorita’ imparino a trattare e utilizzare meglio i media. Gli organi d’informazione, a loro volta, debbono smorzare il loro carattere impetuoso, fare bene il loro lavoro senza giocare sporco e mettendo da parte il loro cinismo. Il cosi’ detto "buon trattamento" (che devono adottare i funzionari) consiste nel fare in modo di essere reperibile in qualsiasi momento (tenendo il cellulare sempre acceso), fornire ai giornalisti piu’ tempo per poter porre delle domande (durante conferenze stampa e interviste individuali), rispondere a tutte le domande (sopratutto spiegare le questioni in ambito professionale senza remore). Certamente nel caso di media non registrati la cosa migliore e’ rimanere a debita distanza.

Le ONG non devono ritenersi emarginate. Per riflettere l’interesse pubblico debbono essere obiettive, pragmatiche, senza lasciarsi andare a comportamenti impulsivi, ma anzi dovrebbero agire con ancora piu’ professionalita’.

NFZM: per quanto riguarda la divulgazione di informazioni come interviene il Beijing Municipal Environmental Protection Bureau?

Du: Ha fatto progressi ma io stesso spero possa fare meglio. Il business segment ha due difetti che ne limitano la portata pubblica e sono: il desiderio che i dati siano i propri e il fatto che i dati siano troppo professionali. Al momento si automonitorizza e pubblica i propri dati cosi’ che la gente pensa siano poco attendibili. Io credo che gli organi di controllo debbano essere esterni (...). All’estero gli organismi di controllo sono tutte istituzioni sociali. Il posto di capo del dipartimento per il monitoraggio ambientale e le fonti di finanziamento a disposizione non sono stabiliti dal dipartimento di protezione ambientale. Il dipartimento di monitoraggio si occupa soltanto delle attrezzature e delle varie tecnologie. Non c’e’ alcun motivo di frode premeditata, la pubblicazione dei dati è ovviamente obiettiva e non occorre che i cittadini abbiano dei dubbi circa il suo operato.

Due consigli sul sistema di automonitoraggio dei cittadini
NFZM: come va trattata la questione del monitoraggio effettuato dall'ambasciata americana?

Du: A tal riguardo abbiamo postato un messaggio su Weibo nell'ottobre 2011. Alcuni anni fa monitoravamo e pubblicavamo il totale delle particelle sospese al di sotto dei 100 micron, in seguito ci siamo concentrati su quelle particelle inferiori ai 10 micron che possono essere inalate. Certamente siamo in grado di fare lo stesso per il PM 2,5 e il PM1.

NFZM: come bisogna considerare il movimento "controllare l'aria per la madrepatria" (我为祖国测空气)?

Du: Ritengo sia un po' emotivo. All'estero, tra l'altro, non esiste questo strumento palmare di misurazione dell'aria. Non mi oppongo al fatto che il popolo voglia controllare da se' il livello d'inquinamento, ma occorre stabilire delle stazioni e attrezzature di monitoraggio basate su standard nazionali, oltre ad essere necessaria l'approvazione di organizzazioni professionali.
Il mio consiglio e' quello di non catturare il pubblico. Il valore emesso dalla strumento di monitoraggio non ha un indicatore di riferimento, e' solo un modo per istigare le emozioni, spendere soldi senza ottenere alcun giovamento. In secondo luogo occorre guidare l'attenzione generale verso la riduzione delle emissioni; monitorare consiste nel dire chiaramente qual'e' lo stato dell'aria, da un lato migliorandone la qualita' ma anche, e cosa piu' importante, riducendo le emissioni.

Difendere l'ambiente e' come una pentola dove il riso non e' cotto: la pentola è rovente ma il riso non e' ancora pronto. La pentola che bolle rappresenta la consapevolezza generale che bisogna cominciare a dare importanza al fenomeno, e il fatto che il pasto non sia pronto rappresenta il dato oggettivo che, in realtà, dentro di noi non abbiamo ancora assimilato questo messaggio. Quando scegliamo il progresso e il consumo, vuol dire che non abbiamo pensato all'impatto che tutto cio' avrà sull'ambiente. Io ritengo che il movimento "controllare l'aria per la madrepatria" sia frutto di un ambiente influenzato da un certo fanatismo, che necessita di essere inserito in un determinato contesto e che non deve essere estremizzato. (...)

NFZM: ma la voce del popolo, oggettivamente, è servita a promuovere l'ingresso del PM 2,5 tra i nuovi standard nazionali sulla qualità dell'aria?

Du: la qualità dell'aria non è monitorata ma amministrata. Bisogna dare importanza al PM 2,5 ma ancora più alla riduzione delle emissioni. Questa è la base. All'inizio era il governo a  volersi occupare di PM 2,5 e PM10, adesso, invece, anche i cittadini desiderano sapere. Solo che la loro partecipazione non avviene secondo un programma da loro stessi stabilito, pertanto debbono cogliere al volo ogni opportunità. D'altra parte, dato che il PM10 deve ancora raggiungere degli standard, ora come ora parlare di PM2,5 ha grande importanza e allo stesso tempo non ha alcun senso.

Per salvaguardare veramente l'ambiente bisogna tenere in considerazione la sua stessa capacità di sopportazione per stabilire la velocità con la quale proseguire il processo di sviluppo; il che vuol dire non fissare un unico valore di crescita, lasciando all'ambiente la possibilità di crearne una sua serie. In questo appartamento di 100 m/q non possono entrarvi 2000 persone. Ora vi sono 2000 persone che penzolano aggrappate alle pareti. La sensazione di insofferenza le porta ad urlare. Ora mi viene fornito il denaro per riparare la soffitta, ma non è un'impresa facile...


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Cina avvolta nella nebbia: l'allarme degli esperti

sabato 4 agosto 2012

Alla ricerca "dell'oro"


Mentre scandali e sospetti continuano a piovere sullo sport cinese, ecco come il Dragone forgia i suoi atleti destinati ad una vita di sforzi e rinunce, interamente declinata al medagliere olimpico.

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venerdì 3 agosto 2012

Sfumature rosa per il gioco più bello della Cina

In Cina lo praticano 300 milioni di persone, durante la Lunga Marcia era lo sport preferito di soldati e ufficiali, ed è sopravvissuto persino alla Rivoluzione Culturale. Attenzione: non è il Tai Chi Chuan.

Quando alla fine dell’800 il canadese James Naismith inventò il basket, promuovendo la sua personale interpretazione di “Muscular Christianity”, difficilmente avrebbe potuto immaginare che nel 1935, dall’altro capo del globo, un Paese asiatico e miscredente lo avrebbe eletto “passatempo nazionale“. Né che la Campagna Antidestra dell’epoca maoista lo avrebbe risparmiato, abbassando, invece, la scure sull’amato kung fu, perché -a parere del Grande Timoniere – retaggio dell’epoca imperiale.

Oggi la pallacanestro continua ad essere lo sport prediletto dai cinesi: secondo alcune stime della Chinese Basketball Association, gode di una popolarità maggiore nel Paese di Mezzo che negli Stati Uniti. Volendo quantificare il fenomeno si tenga presente che un sondaggio, condotto dal Workforce Institute di Kronos e riportato da AgiChina 24 lo scorso maggio, ha rivelato che il 60% degli impiegati cinesi si dice disposto a rischiare di perdere il proprio posto di lavoro pur di seguire un incontro sportivo, sopratutto se disputato su parquet. Attualmente la Cina rappresenta il primo mercato internazionale dell’NBA, con incassi in aumento del 30-40% all’anno.

Ad aver calamitato l’attenzione della nazione più popolosa del mondo sulla sfera arancione, non è un mistero, è stata la meticolosa campagna di marketing, condita da una buona dose di patriottismo nazionalistico e sponsor a stelle e strisce, costruita intorno alla figura del cestista cinese Yao Ming, centro in pensione degli Houston Rockets.

Così, se all’inizio era solo il passatempo prediletto dell’Esercito popolare di liberazione, negli anni ’90 il basket cinese ha varcato i confini dell’Impero di Mezzo passando attraverso il filtro della globalizzazione “made in Usa”. Lo sportswear targato Reebok e Nike -di cui per altro è stato testimonial anche Yao – ha ormai nella Cina il proprio mercato di riferimento.

Amata fin dagli albori, con l’arrivo dell’NBA la pallacanestro è diventata una vera e propria mania, tanto che oggi star come Kevin Garnett e Lebron James sono nomi noti anche al pubblico cinese. Da quando nel 1987 la lega americana diede alla CCTV i diritti di trasmissione a titolo gratuito, la popolarita’ di questo sport in Cina e’ cresciuta fino a raggiungere un numero stimato di 450 milioni di tifosi. Ma e’ dall’ingresso di Yao Ming nell’NBA, prima scelta del draft 2002, che il fenomeno ha raggiunto portata epidemica.

Il debutto del “gigante cinese” (un colosso da 229cm X 140,6 kg) contro l’allofamer Shaquille O’Neal e i Los Angeles Lakers inchiodò alla poltrona più di 200 milioni di telespettatori d’oltre Muraglia. Amor patrio ma anche tanta devozione per la sfera arancione, assicurano alcuni ragazzi appassionati di basket e assidui di Chaoyang Park, polmone verde in cui sono situati alcuni dei campi outdoor da pallacanestro più frequentati di Pechino.

Privati di Yao Ming -uscito definitivamente di scena lo scorso anno a causa dei ripetuti infortuni – i fan della mainland hanno trovato il loro nuovo idolo in Jeremy Lin, il 23enne asioamericano nato in California, ma con genitori di origine taiwanese e nonni cinesi. Le prestazioni incredibili dello scorso febbraio lo hanno reso il nuovo beniamino del Dragone, nonostante le posizioni ufficiali del governo cinese rimangano ambigue nei confronti di un sangue misto, per giunta cristiano evangelico.

Conscio dell’importanza che questo sport riveste nel soft power cinese, Pechino ha concentrato i propri sforzi nell’aumentare il prestigio della nazionale, benche’ siano ancora molti i fattori che ne limitano la competitività al di fuori dell’Asia. Priva di veri campioni –Yao escluso – e guidata da allenatori di scarsa fama, alle Olimpiadi la rappresentativa cinese non è ancora riuscita ad oltrepassare la soglia dell’ottavo posto, raggiunto nel 1996, 2004 e 2008.

Inaspettati successi, invece, sono, stati ottenuti in campo femminile. Fin dalla sua fondazione, il team rosa si è ritagliato un posto di primo piano nella pallacanestro asiatica e internazionale, conquistando un bronzo al Campionato mondiale di San Paolo del Brasile nel 1983 e alle Olimpiadi di Los Angeles dell’84; una passerella, quest’ultima, che ha portato la squadra cinese sotto i riflettori della platea globale. Ma è nel 1992, con un argento ai Giochi di Barcellona che la nazionale femminile ha consolidato la sua posizione tra i big a livello mondiale, affiancando ai 10 campionati asiatici vinti un medagliere olimpico di tutto rispetto.

A trainare la rappresentativa rosa in questa serie di successi, Zheng Haixia, debuttante ai mondiali dell’83 e titolare della nazionale sino al ’97. Mossi i primi passi nel team del Wuhan Army club all’età di 12 anni, alle Olimpiadi del 1984 è stata premiata quale cestista cinese più giovane e piu’ alta. Nell’89 ha battuto un secondo record, mettendo a referto 67 punti durante un’amichevole con l’Unione Sovietica, mentre la sua partecipazione a quattro Olimpiadi è stata coronata da una media di FG dell’80%. Fine? Neanche per idea. Con 26,4 punti, 13,1 rimbalzi a partita e l’83,5% di tiri dal campo, Zheng diviene MVP (Most Valuable Player) del World Championship nel 1994, anno in cui la squadra cinese si e’ classificata seconda.

Nel 1997 lasciò la Cina per andare a giocare con i Los Angeles Sparks, franchigia plurititolata della WNBA (prima cinese ad entrare nella Women’s National Basketball Association).

Alla fine della stagione, nel 1998 torna in patria per allenare il team dell’Esercito popolare di liberazione, lasciando la WNBA con una media di 8,9 punti e 4,4 rimbalzi a partita.Tutt’oggi è coach in Cina.

Annoverata tra i 45 migliori atleti cinesi della storia, candidamente confessa: “divenire la prima giocatrice asiatica a vincere il MVP award è stato un momento speciale per una ragazza proveniente da una famiglia di poveri contadini.” Quelle sette ore al giorno di allenamenti (piu’ gli extra del weekend) sono servite ad appagare la propria ambizione: “ho sempre sognato di diventare una giocatrice di successo, ammirata dai propri fan”. Michael Jordan? Un mito del quale apprezza la dedizione alla ricerca della perfezione, perché, sentenzia: “Non bisogna mai smettere di perseguire i propri sogni. Non c’è un traguardo nella propria carriera o un limite al successo che si può ottenere. E’ un po’ come studiare: se vuoi veramente divenire una persona di successo, non devi mai smettere di fare di tutto per sapere sempre di più".

(Scritto per Uno sguardo al femminile)

Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...