lunedì 17 febbraio 2014

Hong Kong dice basta all'avorio


Hong Kong brucerà il 95 per cento delle sue riserve di avorio, uno dei bottini più ghiotti d'Asia pari a 32,6 tonnellate. L'operazione, che comincerà il prossimo giugno, durerà uno o due anni e viene incontro alle prolungate richieste da parte delle associazioni ambientaliste.
Secondo le stime del WWF (World Wildlife Fund), la Cina costituisce il principale mercato per il contrabbando di 'oro bianco', attraendo il 70 per cento dell'avorio mondiale. L'ex colonia britannica, grazie alla suo status di porto franco e alla sua collocazione privilegiata lungo la costa meridionale del Paese, ha sempre funto da punto di snodo per le zanne illegali in arrivo dall'Africa.

Soltanto tra gli ultimi tre mesi del 2012 e i primi tre del 2013, il porto Profumato ha confiscato oltre sei tonnellate di avorio per un valore di circa 50 milioni di dollari di Hong Kong (6,5 milioni di dollari americani). Il rapporto 'Elephants in the Dust, The African Elephants Crisis', realizzato dalla CITES (Convention on International Trade on Endangered Species), rivela che in Asia il numero dei sequestri su larga scala, ovvero superiori agli 800 chilogrammi, è raddoppiato rispetto al 2007 e triplicato dal 1998 a oggi, toccando un picco massimo nel 2011. Nel 2012 gli elefanti uccisi per alimentare il traffico di zanne illegali sono stati circa 22mila; ben 50mila lo scorso anno, secondo i numeri raccolti dall'organizzazione Hong Kong for Elephants. Una carneficina che si dice veda spesso protagonisti i miliziani arabi janjawid e il gruppo terroristico somalo al-Shabaab.

Il contrabbando di 'oro bianco' è stato dichiarato illegale nel 1989, dopo che la popolazione mondiale di pachidermi è precipitata in maniera drastica. A metà del Ventesimo secolo si contavano ancora milioni di esemplari, oggi nel Continente Nero pare ne siano rimasti tra i 420mila e i 650mila. Nonostante il divieto internazionale, vendite legali di prodotti in avorio sono ancora frequenti negli Stati Uniti, così come nell'ex Impero Celeste. Nel 2008 la CITES si attirò le critiche degli ambientalisti, dando il semaforo verde affinché 108 tonnellate delle zanne, prelevate in Africa da elefanti morti per cause naturali o abbattuti per vari motivi, venissero rivendute in Cina e Giappone, nella speranza di far scendere i prezzi e attenuare l'appetito dei bracconieri.

Tutt'oggi, in Estremo Oriente possedere oggettistica in avorio è sinonimo di prestigio, lusso e prosperità. Non a caso tra le Nazioni membri della cosiddetta 'gang degli otto' presa di mira dalle organizzazioni 'verdi', cinque appartengono all'area asiatica: Vietnam, Malesia, Thailandia, Filippine e Cina affiancano Kenya, Uganda e Tanzania. Come rivelato da una ricerca condotta dall'International Fund for Animal Welfare, nel 2011 oltre la Grande Muraglia si contavano 158 negozi di prodotti in avorio, di cui 101 senza licenza. Proprio pochi giorni fa l'emittente britannica 'ITV News' ha ripreso in esclusiva alcuni sale assistent di Hong Kong dare consigli ai clienti (in realtà giornalisti sotto mentite spoglie) su come contrabbandare i prodotti all'estero. Sull'isola l'import-export non dichiarato di avorio viene considerato fuorilegge, tuttavia i commercianti sono ancora autorizzati a vendere i pezzi risalente a prima del divieto internazionale del''89. Il che rende molto difficile distinguere la merce legale da quella proibita. Per sfilarsi dalla stretta delle autorità, molti amatori del settore si sono spostati su internet. Sebbene sul web le vendite siano ugualmente illegali, capita ancora frequentemente di trovare oggetti in avorio su siti specializzati nelle aste, antiquariato e collezionismo. (Segue su L'Indro)


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