lunedì 10 febbraio 2014

Pechino incontra Taipei


Una soluzione politica alla situazione di stallo in cui vertono i rapporti tra Pechino e Taipei non può essere rimandata in eterno. Lo aveva preannunciato il presidente cinese Xi Jinping durante un breve colloquio con Vincent Siew, ex vice presidente di Taiwan e inviato dell'isola al forum APEC (Asia Pacific Economic Cooperation) tenutosi lo scorso ottobre a Bali. L'incontro fu al tempo definito una 'pietra miliare' nei rapporti tra lo Stretto e «un buon inizio di una interazione ufficiale normalizzata tra le due parti». A margine del vertice indonesiano, il responsabile per la Cina dei rapporti con Taiwan, Zhang Zhijun, ha fatto un passo in più, invitando ufficialmente il suo omologo taiwanese Wang Yu-chi a visitare la Cina 'a tempo opportuno'.

Dopo sole poche ore l'idillio veniva spezzato con la pubblicazione dell'annuale rapporto di Difesa Nazionale di Taiwan, in cui viene paventata la possibilità di un'invasione cinese entro il 2020. Campanello d'allarme i 1600 missili balistici puntati verso l'isola, tutt'oggi considerata da Pechino alla stregua di una provincia ribelle da riannettere al continente: nel 2005 Pechino ha varato una legge anti-secessione che autorizza l’uso della forza militare qualora l’isola si dovesse dichiarare formalmente indipendente. Spaventa inoltre il budget militare del Dragone in continua crescita, contro l'ultima sforbiciata apportata dalla Repubblica di Cina alla propria Difesa. E tale è l'aggressività militare cinese che nemmeno la protezione americana fornita dal Taiwan Relation Act, un lascito della Guerra Fredda, riesce ad assicurare tranquillità a Taipei, si legge nel rapporto.

Gli attriti tra le due sponde dello Stretto, eredità storica della guerra civile tra nazionalisti e comunisti conclusasi con la fuga dei primi sull'isola e l'istituzione di due governi indipendenti, sembrano oggi essere dovuti più che altro all'alleanza che lega Taiwan agli Stati Uniti, mentre le antiche pretese di Taipei si sono ormai tramutate nell'accettazione più o meno rassegnata di un'indipendenza de facto. Troppi gli interessi in gioco.

«Dopo quasi cinque anni di sforzi, lo Stretto di Taiwan è diventato oggi uno dei corsi d'acqua più pacifici e uno dei corridoi più tranquilli d'Asia» scandiva il presidente Ma nel suo discorso in occasione del National Day, l'anniversario della rivolta di Wuchang, scintilla della Rivoluzione del 1911 che portò alla deposizione della Dinastia Qing e alla costituzione della Repubblica di Cina, «le due parti dovrebbero utilizzare frequenti contatti e interazione per rafforzare la fiducia politica, nonché continuare ad espandere e approfondire gli scambi in vari campi per favorire il benessere del popolo».

Detto fatto. A quattro mesi di distanza, quell'invito pronunciato durante il forum economico asiatico non è stato lasciato cadere nel vuoto. Sarà Nanchino, la vecchia capitale della Cina nazionalista fino al 1949, a fare da sfondo al faccia a faccia tra Zhang Zhijun e Wang Yu-chi in agenda per il prossimo 11 febbraio. Un incontro storico quello tra il Ministro del MAC (il Consiglio per gli Affari Continentali) e il direttore del TAO (l'Ufficio per gli Affari di Taiwan del Consiglio di Stato) i funzionari dei rispettivi Paesi di più alto rango a stringersi la mano dal '49. In passato i colloqui tra le due parti hanno sempre visto protagonisti un ufficiale in carica e uno in pensione, proprio come avvenuto tra Xi Jinping e Vincent Siew a Bali. Così se il precedente capo del TAO, Lai Shin-yuan, sperò invano per anni di raggiungere la mainland, riuscendo a visitare soltanto le regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao, così la sua controparte cinese Wang Yi non mise mai piede sull'isola democratica.

Nonostante il peso specifico del meeting, a sgonfiare le aspettative è stato lo stesso Wang: non si parlerà delle frizioni politiche con la Repubblica popolare, di diritti umani, né verrà menzionato il 'principio di una sola Cina'. Piuttosto «si cercherà di promuovere l'interazione regolare tra MAC e TAO», al fine di normalizzare i rapporti ed evitare fraintendimenti. Pechino e Taipei discuteranno inoltre del ruolo di Taiwan negli organismi internazionali (la Repubblica di Cina è riconosciuta soltanto da 23 Paesi), dell'assistenza sanitaria per gli studenti taiwanesi nella mainland e della possibile creazione di uffici di rappresentanza su entrambe le sponde dello Stretto. (Segue su L'Indro)


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