lunedì 6 marzo 2017

Il parlamento cinese si riunisce prima del Congresso del Partito


AGGIORNAMENTI:

La Cina «si trova ad affrontare situazioni più gravi e complicate» in casa e all'estero: parola di Li Keqiang. Ci sono voluti 90 minuti perché il premier cinese finisse di leggere il report annuale di 20mila parole presentato domenica in apertura ai lavori dell'Assemblea Nazionale del Popolo, il parlamento cinese. Tra i punti salienti citati dal primo ministro compare la necessità di rafforzare la difesa marittima, aerea e dei confini, anche se non sono stati forniti dettagli numerici sulla spesa militare, che secondo quanto anticipato dalla portavoce dell'Anp (e confermato dal ministero delle Finanze), quest'anno dovrebbe comunque aumentare del 7% (il ritmo più lento dal 2010), mantenendosi attorno all'1,3% del Pil. Stime a ribasso anche per crescita economica che quest'anno basterebbe fosse «intorno al 6,5% o anche più se possibile», rispetto al range tra il 6,5 e il 6,7% del 2016. Un'espansione più moderata verrà accompagnata da un'ulteriore riduzione della sovracapacità nei settori dell'acciaio e del carbone, nonché dal perseguimento di politiche monetarie «prudenti e neutrali» volte a stabilizzare lo yuan e a renderlo una moneta internazionale. La grande novità sta nell'ultima parte del rapporto dedicata alla politica estera, dove per la prima volta si fa riferimento all'impossibilità di un'indipendenza di Hong Kong - che la Cina amministra sotto il motto «un paese due sistemi» - e di Taiwan, che Pechino considera una provincia ribelle da riannettere.

Come fa notare il Wall Street Journal, la composizione lessicale del documento rispecchia le priorità della leadership in un anno di crescenti sfide entro e fuori dai confini nazionali: alla vittoria di Trump e alla Brexit si aggiunge il ricambio al vertice del prossimo autunno quando il Diciannovesimo Congresso del Partito detterà un sostanziale rimpasto del ghota del potere. Riaffermare la centralità del Partito e della figura di Xi è dunque funzionale al raggiungimento di una maggiore coesione interna, affinché la transizione avvenga senza intoppi. Nel report i riferimenti al Partito sono 30, il numero più alto dall'inizio delle riforme di Deng Xiaoping, mentre il nome di Xi Jinping ricorre otto volte; soltanto Mao Zedong seppe fare di meglio totalizzando 17 menzioni. Undici sono invece le volte in cui compare la parola «core», aggettivo di cui è stato insignito il presidente cinese durante l'ultimo plenum del partito. In calo invece le parole chiave degli scorsi anni come «stato di diritto», «economia», «sicurezza», «innovazione», «imprenditorialità», a fronte di un aumento di altri termini quali «inquinamento» e «globalizzazione».

Il parlamento cinese si riunisce prima del Congresso del Partito

Come ogni marzo, venerdì circa 3000 delegati sono confluiti a Pechino per presenziare all'annuale lianghui, l'incontro che per dieci giorni riunisce l'Assemblea nazionale del popolo (il parlamento cinese) e la conferenza politica consultiva, la massima istituzione cinese con funzioni consultive.

Mentre buona parte dei processi decisionali, in Cina, vengono prese a porte chiuse, il lianghui costituisce il momento in cui viene formalizzata la linea politico-economica per il nuovo anno. Per intenderci, è in questi giorni che la leadership cinese rivela gli obiettivi per la crescita economica, il budget destinato alla spesa militare e il deficit fiscale. Tuttavia, quest'anno più che mai due eventi caricano il vertice di significato: l'approssimarsi del Congresso nazionale del partito comunista, previsto per il prossimo autunno, e la vittoria di Trump alle presidenziali americane. Influendo il primo sugli equilibri interni all'establishment, il secondo sulle politiche commerciali e diplomatiche del gigante asiatico, sono entrambi episodi destinati a dettare parzialmente l'agenda nazionale e internazionale di Pechino.

Qualche anticipazione sul lato economico ci è giunta da un recente meeting del Central Leading Group on Finance and Economic Affairs, presieduto dal presidente Xi Jinping. Stando a quanto riportato dalla stampa statale anche quest'anno verrà data priorità assoluta al taglio della capacità industriale in eccesso, al contenimento dei rischi finanziari (con focus sul debito corporate), al raffreddamento del mercato immobiliare e al rilancio del settore manifatturiero. Nodi gordiani a cui la Cina sta lavorando con esiti non sempre chiari. Sono sopratutto la ristrutturazione delle aziende di stato (carrozzoni improduttivi su cui i governi locali contano, tuttavia, per mantenere solido il bilancio fiscale e assicurare un alto il tasso d'impiego) e la riduzione della sovracapacità a destare preoccupazione. Mentre ufficialmente, nel 2016 i settori in esubero di acciaio e carbone hanno subito un taglio di 45 milioni e 250 milioni di tonnellate, rapporti indipendenti evidenziano in realtà l'utilizzo di dati fuorvianti a dispetto di un reale aumento della produzione. Segno che il restyling a cui è sottoposto il "modello Cina" - con l'obiettivo di promuovere una crescita più sostenibile e meno dipendente da export e stimoli - lontano dai palazzi del potere in piazza Tian'anmen incontra strenue resistenze. Ambizioni minori in termini di Pil verrebbero viste favorevolmente dagli analisti, ancora in attesa di vedere concretizzate le riforme economiche lanciate nel 2013.

Mentre probabilmente verrà stabilito un tasso di crescita analogo a quello dello scorso anno, ovvero tra il 6.5 e il 7% (l'economia cinese ha chiuso il 2016 con un 6,7% il livello più basso da 26 anni a questa parte, ma superiore alle aspettative iniziali), sabato la portavoce dell'Anp Fu Ying ha preannunciato un incremento nella spesa militare intorno al 7%, il più basso in dieci anni e pari a ll'1,3% del Pil. Una scelta che disattende le speranze dei falchi che in questi giorni avevano chiesto a gran voce un "rinforzo" in grado di scoraggiare nuove iniziative americane nell'Asia Pacifico, dove Pechino e Washington si trovano su posizioni differenti per quanto riguarda la sovranità del Mar cinese meridionale (rivendicato quasi interamente dalla Repubblica popolare) e la denuclearizzazione della penisola coreana (che per la Cina passa sopratutto attraverso il dialogo).

Ma stando a quanto riferito da Fu, la riunione parlamentare si concentrerà sopratutto sugli interni. Si discuterà quindi dell'emendamento alle disposizioni generali di diritto civile (che entro il 2020 dovrebbero essere accorpate in un codice) con un occhio particolarmente attento alla questione dei left-behind children e all'assistenza agli anziani. Seguono la formulazione di un quadro normativo per combattere l'inquinamento, politiche fiscali più favorevoli alle piccole e medie imprese, un miglioramento dei servizi all'infanzia (in funzione della "politica dei due figli" varata lo scorso anno) e infine una maggiore attenzione alla sicurezza alimentare. Non sembrano invece esserci progressi su un'estensione a livello nazionale della famigerata tassa immobiliare, ventilata da anni per raffreddare il real estate e introdotta in fase sperimentale a Shanghai e Chongqing nel 2010. 

Chi si attende segnali forti in materia di riforme, probabilmente dovrà attendere un altro anno. Durante il Diciannovesimo Congresso (atteso orientativamente per ottobre-novembre) assisteremo a un sostanziale rimpasto del santa sanctorum del Partito comunista, con cinque dei sette leader del Comitato permanente del Politburo in odore di pensionamento. Se tutto andrà da previsione, a rimanere in sella saranno soltanto Xi Jinping e il premier Li Keqiang. Ma non mancano speculazioni circa un possibile salvataggio di Wang Qishan a fronte di un siluramento del primo ministro. Negli ultimi mesi si sono susseguite le avvisaglie di una crescente insoddisfazione di Xi nei confronti della Likonomics, sopratutto per quanto riguarda gli scarsi progressi ottenuti del deleveraging. Resta da vedere se il potere acquisito dal nuovo Grande Timoniere - recentemente assurto al raro ruolo di "core leader" - basterà a riscrivere le norme che da due generazioni disciplinano la liturgia comunista.



Nessun commento:

Posta un commento

Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...