giovedì 12 aprile 2018
In Cina e Asia
Amnesty: Cina ancora prima per pena di morte
La Cina mantiene il titolo di “peggior carnefice del mondo”. Secondo quanto affermato da Amnesty International nel suo rapporto annuale sulla pena di morte rilasciato quest’oggi, la Cina ha attuato “più condanne a morte rispetto al resto del mondo messo insieme”. Si parla di migliaia di esecuzioni e condanne avvenute nel solo 2017, sebbene il numero esatto sia considerato segreto di stato. Il gigante asiatico costituisce un’anomalia considerato il genere declino evidenziato a livello globale: sono 993 le esecuzioni riportate in 23 paesi, un 4% in meno rispetto al 2006 e in calo del 39% rispetto al 2015. Escludendo la Cina, l’84% delle esecuzioni denunciate lo scorso anno sono state condotte in quattro paesi: Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan.
Svezia arresta spia del governo cinese
La Svezia ha arrestato un 49enne tibetano con l’accusa di spionaggio per conto del governo cinese. Secondo i pm, l’uomo — che lavorava per Voice ofTibet, avrebbe raccolto informazioni personali riguardanti elementi della comunità tibetana locale “di una certa importanza per il regime cinese”. Secondo il procuratore Mats Ljungqvist, “la talpa” era in contatto con funzionari di Pechino in Polonia e Finlandia ed avrebbe ricevuto un pagamento di 50.000 corone in almeno un’occasione. Non è il primo caso del genere. Già lo scorso anno Stoccolma aveva messo in manette un’altra persona con la stessa accusa. “E’ chiaro vi siano delle spie mandate dalla Cina nella comunità tibetana, ma questo è il primo caso in cui vengono avviate indagini ufficiali”, ha spiegato Jamyang Choedon, presidente di Tibetan Community in Sweden, alla stampa locale. Sono circa 140 i tibetani in esilio in Svezia. Secondo il direttore esecutivo di Tibetan Centre for Human Rights, le spie sono tibetani residenti da tempo nel paese ma con famigliari ancora in Cina costretti a cedere alle pressioni di Pechino sotto minaccia.
Crollano gli investimenti tra Cina e Usa
Gli investimenti tra Cina e Usa sono crollati di quasi un terzo nel 2017 rispetto all’anno precedente. Lo rileva l’ultimo report realizzato congiuntamente da Rhodium Group e il National Committee on US-China Relations, per il quale il calo va attribuito principalmente alle restrizioni introdotte da Pechino per frenare la fuga di capitali combinate all’inasprimento dei controlli sugli investimenti esteri voluto da Washignton. Gli IDE tra le due superpotenze si sono assestati su un valore di 43,4 miliardi di dollari, un 28% in meno rispetto ai 60 miliardi totalizzati nel 2016. A dettare la traiettoria discendente sono perlopiù gli investimenti cinesi scesi a quota 29 miliardi rispetto ai 46 miliardi dell’anno prima. Al contrario, l’iniezione di capitali statunitensi oltre la Muraglia è rimasta pressoché invariata a 14 miliardi di dollari rispetto ai 13 del 2016. La pubblicazione dello studio ha coinciso con l’annuncio da parte di Xi Jinping di una imminente apertura del mercato cinese. Concessioni nel settore finanziario e automobilistico dovrebbero vedere una maggiore partecipazione dei partner esteri già a partire dalla fine dell’anno. Ma il rapporto non nasconde un diffuso scoraggiamento dovuto agli scarsi progressi fatti da quando simili promesse vennero date in pasto alla comunità internazionale durante il terzo plenum del partito, ormai cinque anni fa.
Quella strana passione dei turisti cinesi per la caccia
Ormai sono ovunque dal Polo Nord all’Antartide. Alla ricerca di esperienze sempre più esclusive, i turisti cinesi sono il motore trainante di un settore turistico poco conosciuto: quello delle battute di caccia in zone di interesse naturalistico, come la Siberia, il Canada o l’Africa. E’ dal 2016 che l’agenzia Joy One World offre viaggi per aspirati cacciatori e amanti delle armi in collaborazione con un tour operator con sede negli USA. Un business che lo scorso anno ha attratto più di 200 turisti cinesi. Secondo la fondatrice Ge Lu, è un mercato in crescita che strizza l’occhio ai ricchi viaggiatori ormai stufi dei tour tradizionali e agli appassionati cacciatori costretti ad andare all’estero a causa delle restrizioni sul possesso di armi oltre la Muraglia. Secondo Wolfgang Georg Arlt, direttore del centro di ricerca con sede ad Amburgo China Outbound Tourism Research Institute, l’hobby della caccia è particolarmente diffuso tra i nuovi ricchi desiderosi di imitare la cultura delle élite occidentali: “Oltre a bere Bordeaux e giocare a golf, la caccia viene sfruttata da alcuni individui di alto valore economico come un modo per mettere in mostra la loro ricchezza e il loro potere”.
Bangladesh: studenti in protesta contro quote nel servizio civile
Sono cinque giorni che i giovani di Dacca protestano contro la discriminatoria politica delle quote che destina il 56% dei posti di lavoro nel servizio civile a disabili, donne, minoranze etniche e ai discendenti degli eroi della guerra di liberazione. Il tutto mentre il tasso di disoccupazione nel paese ha superato l’8%. Cominciate con un sit-in davanti alla Dakha University, le rimostranze hanno coinvolto centinaia di ragazzi assumendo sfumature violente quando gli studenti hanno risposto al lancio di fumogeni della polizia. La scorsa notte, alcuni siti web governativi sono stati hackerati così che le homepage sono state invase con richieste di una riforma delle quote e una foto delle proteste. I manifestanti hanno annunciato che le proteste continueranno fino a quando le richieste non verranno accolte e il ministro dell’Agricoltura Matia Chowdhury non chiederà pubblicamente scusa per aver definito gli studenti “bambini razakar”. Razakar è il termine che sta a indicare la forza paramilitare anti-Bangladesh organizzata dall’esercito pakistano durante la guerra del 1971.
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