venerdì 20 luglio 2018

In Cina e Asia



Social in fermento: l’uomo più ricco d’Asia non è più cinese

Venerdì scorso, il miliardario indiano Mukesh Ambani, presidente del conglomerato Reliance Industries, ha scavalcato il patron di Alibaba Jack Ma, diventando la persona più ricca d’Asia, grazie all’espansione effettuata dalla sua società nel settore delle telecomunicazioni e dell’e-commerce. Dopo un aumento delle azioni di Reliance, il patrimonio netto di Ambani ha raggiunto i 44,3 miliardi di dollari contro i 44 miliardi di dollari di Ma. La notizia ha suscitato un polverone sui social cinesi, dove il sorpasso dell’imprenditore indiano è stato interpretato da una parte come il segno dell’imminente ascesa del subcontinente nel settore tecnologico a discapito della Cina. Dall’altra come la conferma che l’internet economy è il nuovo principale catalizzatore di ricchezza. Sono finiti i tempi dell’immobiliare e del manifatturiero.

L’Ue impone dazi sulle e-bike cinesi

Fine dell’idillio. A pochi giorni dall’amichevole vertice Ue-Cina, Bruxelles ha deciso di imporre provvisoriamente dazi antidumping tra il 21,8% e l’83,6% sulle importazioni di e-bike “made in Cina”, per evitare il “molto probabile” deterioramento dell’industria. I regolatori hanno riscontrato prove evidenti di dumping a causa del quale i produttori europei sono diventati vittime di “un grave danno”. “L’alluvioni di biciclette elettriche cinesi ha fatto crollare i prezzi”, spiega Moreno Fioravanti, segretario generale dell’ European Bicycle Manufacturers Association (EBMA), alludendo alla contrazione dell’11% registrata tra il 2014 e il 2017. Con un valore attuale di da 1,8 miliardi, il mercato europeo delle biciclette elettriche è cresciuto di oltre il 70% negli ultimi quattro anni. Le importazioni contano quasi 510 milioni di euro, di cui 295 milioni di euro provenienti dalla Cina.

Il lato oscuro del fotovoltaico

Primo investitore nelle rinnovabili (126,6 miliardi di dollari nel 2017), la Cina oggi ospita (nel Qinghai) il più grande parco fotovoltaico del mondo, nonché l’impianto galleggiante più esteso (nello Anhui). Ma la rivoluzione verde intrapresa dalla seconda economia mondiale ha un prezzo ambientale salatissimo. I pannelli fotovoltaici hanno una durata di circa 30 anni e sono fabbricati utilizzando materiali tossici, come acido solforico e gas fosfina, che li rendono difficili da riciclare. Secondo gli esperti, il deperimento di milioni di pannelli potrebbe avere impatti ambientali significativi, soprattutto perché la Cina non ha normative specifiche sul riciclo. Stando alle proiezioni dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, entro il 2050 la Cina si ritroverà con circa 20 milioni di tonnellate di rifiuti, la più grande quantità accumulata dall’industria solare a livello globale.

L’economia nordcoreana ai minimi da 20 anni

Nel 2017 l’economia nordcoreana è cresciuta al ritmo più lento in vent’anni. Lo riporta la banca centrale sudcoreana, secondo la quale il Pil del Regno eremita ha riportato una contrazione del 3,5% su base annua, il calo più netto dopo il crollo del 6,5% del 1997, anno della grave carestia che è costata la vita a circa 1 milione di persone. La produzione industriale, che rappresenta circa un terzo della produzione totale della nazione, è diminuita dell’8,5% e ha segnato il calo più marcato dal 1997 per via delle restrizioni sui flussi di petrolio e altre risorse energetiche verso il paese. Anche la produzione agricola e il settore edile sono diminuiti rispettivamente dell’1,3% e del 4,4%. Contestualmente gli scambi con la Cina, primo partner commerciale, sono crollati di quasi il 60% nei primi sei mesi dell’anno. Le sanzioni internazionali cominciano a farsi sentire proprio ora che Kim Jong-un punta a spostare il focus della propria agenda politica dal nucleare allo sviluppo economico.

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