giovedì 9 ottobre 2014

Hong Kong, democratica 'per volere di Dio'


Tra Cristianesimo e Comunismo non è mai corso buon sangue. Figuriamoci se di mezzo ci sono un'incombente Madrepatria 'rossa' e un satellite votato al capitalismo deregolato che ospita 480mila protestanti e 363mila cattolici. Nei giorni scorsi, mentre le marce di Occupy Central immobilizzavano le principali arterie di Hong Kong, fuori dai palazzi governativi di Tamar Park anche la Hong Kong Federation of Catholic Students protestava contro l'interpretazione del suffragio universale 'con caratteristiche cinesi'.

«Tamar Park è distante dai punti di ristoro e gli studenti, per non fare troppa strada, finivano semplicemente per saltare i pasti», ha spiegato il Presidente della Federazione Francis Lam. Allora a dare vitto e alloggio temporaneo ai manifestanti ci hanno pensato le parrocchie metodiste, cattoliche e anglicane del Porto Profumato; gruppi di studenti cristiani si sono occupati della distribuzione di snack, mentre nei cortei crocefissi e bibbie hanno affiancato gli striscioni inneggianti alla democrazia. Secondo quanto dichiarato al 'Wall Street Journal' da Wu Chai-wai, pastore della Hong Kong's Christian & Missionary Allience Church, più della metà delle 1400 chiese protestanti presenti nella regione amministrativa speciale ha collaborato alla mobilitazione democratica.

Il perché lo spiega a 'UCA news' il politologo della City University of Hong Kong Joseph Cheng: «I cristiani di Hong Kong si sono resi conto che lo sviluppo economico non ha portato maggiore tolleranza religiosa. Nonostante un miglioramento del tenore di vita e l'apertura verso il mondo esterno, la tolleranza verso la cristianità non ha registrato alcuna svolta positiva, anzi negli ultimi due anni (con il ricambio della leadership cinese, ndr) le persecuzioni sono aumentate». La Cina, che non riconosce l'autorità del Vaticano, gestisce gli affari religiosi attraverso organi statali quali la Chinese Patriotic Catholic Association e il Three-Self Patriotic Movement, referente della Chiesa protestante nel Paese di Mezzo. Di contro il Vescovo di Hong Kong, il Cardinale John Tong, ha ricevuto il proprio incaricato direttamente da Benedetto XVI e mantiene stretti rapporti con la Santa Sede. Per lui ogni cattolico di Hong Kong «ha il diritto e il dovere di farsi coinvolgere» dalla politica.

Così se gli studenti rappresentano, ancora una volta, 'l’avanguardia' della coscienza nazionale per il cambiamento - è già avvenuto per il movimento studentesco del 4 maggio 1919; per la rivoluzione culturale (1966-1976) e le proteste di Piazza Tian'anmen-, tuttavia, la componente religiosa, a Hong Kong, sembra fare da collante tra le varie sigle dietro Occupy. Almeno tre dei leader della mobilitazione sono cristiani, da Benny Tai (autodefinitosi "teologo part-time") al pastore battista Chu Yiu-ming, con tre decadi di battaglie pro-democrazia alle spalle e cofondatore con Tai di Occupy, passando per Joshua Wong, 17 enne, famigerato leader del movimento studentesco Scholarism, nato in una famiglia della middle-class hongkonghina e indottrinato alla carità fin dai primi anni di vita.

Meno 'repressiva' della Repubblica Popolare ma meno 'democratica' di Taiwan, Hong Kong ha vissuto i recenti disordini come in un déjà vu. La memoria ricorre a quel breve interludio storico tra il 1966 e il 1967 agitato dalle proteste della Star Ferry per il rincaro dei biglietti dei traghetti e le violenze della Rivoluzione Culturale sconfinata nell'ex colonia britannica senza troppo successo. Esattamente dieci anni dopo, una sollevazione meno nota travolse la cattolica Precious Blood Golden Jubilee Secondary School. Accuse di corruzione ai danni della Preside costarono agli studenti l'epiteto di 'facinorosi di sinistra', 'simpatizzanti delle Guardie Rosse'. La scuola fu chiusa, i professori licenziati, gli alunni espulsi. Ma i ragazzi ottennero l'appoggio di oltre 10mila persone e le prove evidenti di una capziosa comunione d'intenti tra il Governo e la Chiesa Cattolica. Una nuova organizzazione pastorale evangelica, la Breakthrough Youth Ministries, prese le difese del movimento studentesco facendosi megafono delle lamentele popolari: guidò le proteste contro l'aumento del costo degli autobus e le bollette troppo salate; scoperchiò nuovi casi di corruzione, spiccò severe condanne contro le autorità. Ci si cominciava a chiedere quale ruolo dovesse ricoprire il clero nel processo di transizione che da lì a qualche anno avrebbe visto Hong Kong tornare alla Cina (1997).

Con il massacro di piazza Tian'anmen le parole lasciarono il posto ai fatti. Migliaia di persone scesero in strada per denunciare la repressione del movimento studentesco; una lunga marcia che vide alla sua testa l'attivista Szeto Wah (di lì a poco tra i fondatori del Partito democratico di Hong Kong), affiancato da un movimento ecumenico ampiamente gestito dal reverendo Lo Lung Kwon. La stessa sinergia tra 'sacro e profano' la ritroviamo nel 2003, anno in cui la proposta di una legge anti-sovversione gettò l'ex colonia inglese nella più dirompente ondata di proteste anti-cinesi mai sperimentata dall'ex colonia britannica, almeno fino alla deflagrazione di Occupy Central.

«Questo è il punto. A Hong Kong gli studenti sembrano sempre essere i leader delle proteste. La Chiesa, invece, pare articolare i loro movimenti in una spinta teologica verso la giustizia», scrive sul suo blog Justin K.H. Tse, esperto di Cina e Cristianesimo presso la Jackson School of International Studies dell' Università di Washington, «E' come se queste teologie cercassero di dare legittimazione alle richieste democratiche degli studenti convincendo una società ancora timorosa dopo i disordini del '67». (Segue su L'Indro)

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