venerdì 30 dicembre 2016

La Repubblica popolare del climbing


Huang Xiaobao, 56 anni, sfida la gravità arrampicando a 100 metri d'altezza senza protezioni, armato soltanto di scarpe di tela e una buona presa. Sotto di lui una passerella galleggiante protegge alcuni turisti dalle correnti del fiume Getu, racchiuso nell'abbraccio di una grotta carsica. Siamo nella provincia del Guizhou, una delle più povera della Cina meridionale. Qui Huang, e altri cinque "spidermen", continuano ad allietare i visitatori esercitando tre volte al giorno le doti "funamboliche" acquisite in giovane età, quando la popolazione locale si inerpicava sulle formazioni rocciose per raccogliere sterco di rondine da utilizzare come fertilizzante per i campi. Una professione che rischia l'estinzione a causa della ambizione urbane delle nuove generazioni, poco inclini a trascorrere la loro vita in una delle aree più arretrate del paese, dove le risaie sono ancora arate con l'aiuto di bufali, il riso viene raccolto manualmente e la popolazione locale di etnia Miao non parla mandarino e continua a tessere i propri vestiti su telai a mano.

Ma il governo locale ha grandi ambizioni per il futuro di Getu. A rimpiazzare gli scalatori locali saranno gli amanti del rischio provenienti da ogni parte del mondo e del paese. Dal 2003, il parco risulta collegato alla rete stradale nazionale, che dalla vicina cittadina di Ziyun prosegue fino alla capitale provinciale Guiyang grazie a un'autostrada. Ormai il villaggio alle porte della riserva naturale offre sistemazioni economiche e menù occidentali per gli arrampicatori stranieri intenzionati a esplorare l'area per lunghi periodi.

Tutto è cominciato quando nel 2007 l'alpinista francese Olivier Balma fiutò per primo il potenziale inespresso del luogo. Nel 2011, il parco nazionale di Getu e' stato palcoscenico del festival Petzl RockTrip, in occasione del quale alcuni tra gli scalatori più rinomati al mondo sono confluiti nella riserva per aprire oltre 300 nuove vie di arrampicata. Da allora percorsi bullonati rendono l'area una delle mete cinesi più sfiziose per gli appassionati della roccia. Non certo la più semplice da scalare. Come spiega alla CNN il climber americano Mike Dobie, le matricole possono impratichirsi a Yangshuo, 600 chilometri a sud, nella vicina provincia del Guangxi, nota all'estero per le colline tondeggianti della vicina Gulin.

Yangshuo, fino a qualche anno fa un semplice villaggio di pescatori, viene oggi considerata lo "Yosemite di Cina", nonché la culla dell'arrampicata sportiva oltre la Muraglia. Da qui l'americano Todd Skinner avviò le prime scalate negli anni '90, tanto che ormai la zona, con i suoi oltre 500 percorsi sparsi su 40 rupi, viene considerata dagli addetti ai lavori la risorsa più preziosa di tutta l'Asia. Questo anche grazie al rapido sviluppo delle strutture turistiche sorte a ravvicinata distanza dai principali tiri. Ormai sono almeno 12 le zone del Guangxi attrezzate per arrampicare, da Nanning a Baise Leye, per diverso tempo sede dei campionati asiatici di climbing. Ma in realtà, tutto il triangolo formato dalle regioni di Guizhou, Guangxi e Yunnan ha ricevuto un impulso senza precedenti da quando, negli ultimi anni, il governo cinese ha allentato le restrizioni, aprendo l'entroterra del paese al turismo sportivo.

"La Cina è forse il posto con più montagne inesplorate al mondo", spiegava tempo fa al New York Times l'alpinista Mark Synnott, uno dei primi stranieri ad aver portato lo sport in Tibet, "basta puntare il dito a caso sulla mappa per trovare rocce buone da scalare, e alcune si stanno sviluppando molto rapidamente". E' il caso di Liming (Yunnan), un paradiso selvaggio indicizzato con il valore 5,9 nel Yosemite Decimal System, il sistema di classificazione in cui i gradi da 1 a 4 si riferiscono alle passeggiate di difficoltà crescente, fino a raggiungere il 5, dove si iniziano ad usare anche le mani sulla roccia (scrambling). Nel Loajunshan National Park (di cui Liming fa parte) si fa "trad climbing", stile tradizionale in cui il materiale di protezione dalle cadute viene rimosso subito dopo il passaggio, a differenza dell'arrampicata sportiva nella quale tutte le protezioni e gli ancoraggi sono fissati in precedenza, di solito con calata dall'alto.

Nonostante la posizione defilata 115 chilometri ad ovest della capitale provinciale Kunming, la zona ha cominciato a catturare l'interesse di Dobie e colleghi intorno al 2010, arrivando ad ospitare due festival internazionali con oltre 200 partecipanti da tutto il mondo. Ma col tempo le ambizioni globali di Liming si sono parzialmente estinte davanti a una più lucrosa fonte di rendimento: il mercato interno. Entro il 2020 nella Repubblica popolare 356 milioni di persone saranno rubricate come "classe media". I consumi dell'élite urbana hanno già evidenziato una virata verso il turismo naturalistico e la cura del corpo, in risposta all'insalubre ambiente cittadino partorito dall'urbanizzazione a tappe forzate dell'ultimo trentennio. Così se fino a poco tempo fa le rocce thailandesi di Krabi erano affollate sopratutto di europei e americani, ormai la climbing community locale parla sopratutto mandarino. Intanto lo sviluppo di siti più a portata di mano sta riportando il flusso in uscita dentro i confini del Paese di Mezzo. Secondo l'associazione Climb Dali, "ormai si può dire senza alcun dubbio che in patria gli arrampicatori cinesi hanno superato numericamente quelli occidentali, una situazione difficilmente riscontrabile nei paesi in via di sviluppo".

Questo anche grazie al ben noto senso degli affari che contraddistingue i cinesi, sempre pronti a investire laddove si celano possibilità di lauti guadagni. E il climbing ha dimostrato di esserlo fin da quando Rolex e Barclays si affrettarono a sponsorizzare la prima spedizione sul monte Everest del 1953. D'altronde, con il suo controllo centralizzato dei terreni, la Cina si presta al rapido sviluppo dell'industria meglio di tanti altri paesi. Specie nelle zone montuose, dove gli interessi commerciali e agricoli sono minimi, le autorità locali - che hanno facile accesso alla terra attraverso gli espropri forzati- sono più che liete di spalancare le porte all'industria dell'arrampicata.

Ma, come spesso avviene nell'ex Celeste Impero, sviluppo e investimenti si trascinano dietro pesanti ripercussioni. E' così che la bellezza incontaminata di Getu è stata compromessa dai lavori di costruzione di un enorme parcheggio e di un ascensore completamente in vetro, che trasporta i visitatori direttamente sotto il Grande Arco, un tunnel naturale alto 50 metri alla cui a destra si intuisce la nascita di un ristorante e di un imponente albergo. Tre anni fa, proteste contadine contro l'esproprio dei terreni Miao e la perpetrazione dello scempio sono state interrotte dalla polizia con l'arresto di quattro manifestanti; e a nulla è servita l'iniziativa Save Getu lanciata da alcuni climber stranieri. L'emancipazione economica ha quasi sempre un conto salato.


(Pubblicato su In movimento)

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