giovedì 1 dicembre 2016

Cina: elogiare Castro, ma non troppo


Lo scorso 26 novembre, a Pechino centinaia di persone, molte avanti con gli anni, hanno ricordato Fidel Castro sfilando davanti all'ambasciata di Cuba, mentre candele virtuali hanno «illuminato» i social media cinesi. Con l'hashtag #卡斯特罗去世 (Castro è morto) il lider maximo è diventato trending topic su Sina Weibo, conquistando oltre 60 milioni di visualizzazioni.

«Sembra che tutti i vecchi amici della Cina stia lentamente scomparendo», scrive un utente alludendo non solo alla scomparsa dell'anziano leader ma anche alla progressiva dispersione del fronte comunista trascinato nell'orbita americana, che tra i nuovi alleati di convenienza annovera persino il vecchio nemico vietnamita. Un altro più sincero, ammettendo di non conoscere molto della vita di Castro, dichiara di sapere «solo che ha creduto nel comunismo e lo ha supportato. E 'rimasto fedele ai suoi ideali, un tipo di perseveranza che forse ci manca. Riposa in pace, Castro! Avrai anche lasciato questo mondo, ma in realtà sei già immortale». Il trasporto è stato tale persino da spingere alcuni a prendere le difese del premier canadese Justin Trudeau, che pur avendo riconosciuto la natura controversa del leader cubano, ne ha tuttavia pubblicamente elogiato il carisma e le doti oratorie creando scompiglio sulla stampa occidentale.

Come scrivevano i media governativi sabato scorso, «Fidel Castro occupa una posizione speciale nei cuori di molte persone in Cina». Risulta quindi comprensibile la mano pesante con cui i censori hanno messo a tacere le sporadiche critiche apparse sul web, e rilevate dal team di Great Fire.org. Lo è meno, almeno apparentemente, lo «sterminio» di gruppi di discussione filo-Castro attivi sul servizio di messaggistica istantanea WeChat. Secondo un anonimo netizen «Salone dell'Ideologia», «La via Costituzionale», «Il Vento e la Pioggia», «L'Oriente sta sorgendo», «Consenso» e «Verso una Repubblica» sono stati chiusi il 29 novembre nell'ambito di un nuovo giro di vite che ha coinvolto anche i gruppi degli attivisti He Weifang, Zhou Xiaozheng e Mao Yushi. Una fonte consultata da Radio Free Asia rivela che a scatenare la mordacchia cinese sarebbe stata proprio l'ondata di commenti positivi nei confronti di Castro. Una mossa che a un primo sguardo mal si accosta ai fiumi di inchiostro spesi dai media cinesi all'annuncio della dolorosa perdita. Come spiegare la stretta delle maglie della censura? Due sono le probabili motivazioni: una di carattere esterno, più direttamente collegata alle relazioni tra i due Paese, un'altra di ordine interno, ovvero relativa alle manie di controllo della leadership cinese.

Cuba è diventa il primo paese dell'America Latina a stringere relazioni diplomatiche con la Cina nel 1960. Generazioni di leader cinesi, da Jiang Zemin a Xi Jinping - noto estimatore del simbolismo marxista-leninista- hanno espresso simpatia personale per il fondatore della Cuba comunista. In virtù della suo approccio pacifico alla risoluzione delle dispute internazionali, nel 2014 Castro è stato persino insignito del Premio Confucio, versione cinese del Nobel per la Pace.

Nella giornata di sabato il presidente cinese Xi Jinping ha inviato un telegramma per piangere la perdita di un «caro compagno e vero amico» del popolo cinese, cui si devono «contributi immortali allo sviluppo del socialismo in tutto il mondo». La televisione di stato cinese ha trasmesso oltre un'ora di filmati storici, evidenziando il carisma di Castro, la sua convinzione ideologica e apparente «invincibilità», denunciando al contempo le operazioni di intelligence architettate dagli Stati Uniti contro di lui e le sanzioni che hanno paralizzato Cuba.

Ma ormai i rapporti istituzionali vengono oliati dagli investimenti a nove zeri iniettati da Pechino - che è ormai il primo creditore nonché il secondo partner commerciale dell'Havana dopo il Venezuela - nel Paese caraibico ben più che dalla complicità ideologica suggellata dalla comune fede rossa. Un punto su cui non vi è sempre stata piena intesa. Al tempo della Guerra Fredda i due regimi si trovarono a parteggiare per blocchi opposti: Cuba da fedele sodale di Mosca -allora ancora ai ferri corti con il governo maoista per alcune divergenze sull'interpretazione del marxismo-leninismo - mentre la Cina cominciava a palesare un certo ammorbidimento nei confronti degli Stati Uniti, preparando il terreno alle riforme economiche che l'avrebbero resa la seconda economia mondiale grazie al compromesso del «socialismo con caratteristiche cinesi».

In un'intervista rilasciata alla giornalista americana Barbara Walters nel maggio 1977, Castro spese parole molto dure nei confronti di Mao Zedong, al quale imputava la colpa di aver «distrutto con i suoi piedi quello che aveva fatto con le proprie mani per molti anni», instaurando un culto della personalità e abusando dei propri poteri. «Un giorno il popolo cinese e il Partito comunista dovranno ammetterlo», sentenziò il lider maximo. Un tentativo di riappacificazione sarebbe stato messo in campo nel 1995 durante la sua prima (tardiva) visita a Pechino, quando Castro omaggiò la salma di Mao in piazza Tian'anmen con tanto di saluto militare. Ma le frizioni con Pechino non si fermano qui. Il defunto leader, infatti, non ha mai nascosto la propria contrarietà al modello cinese basato sul capitalismo di Stato - cui invece parrebbe guardare con interesse il fratello Raul, al potere dal 2008.Ecco che gli elogi del web cinese nei confronti del leader cubano potrebbero essere stati visti come una critica indiretta alle scelte della Cina da Deng Xiaoping in poi.

Come spiega a China Files il noto politologo Kerry Brown, «di solito i censori sono avversi al rischio e, fino a quando dall'alto non viene dettata una linea precisa, preferiscono reprimere piuttosto che finire nei guai». Lo abbiamo già riscontrato con i siti neomaoisti, caduti in disgrazia nonostante le simpatie di Xi Jinping per il Grande Timoniere. «Credo che stavolta a spaventare le autorità sia stata la possibilità di vedere un argomento estero venire strumentalizzato per parlare di questioni nazionali - chiarisce l'esperto - e con Castro, noto per i modi duri nei confronti degli avversari, non è difficile immaginare sarebbero presto spuntati anche commenti sarcastici nei confronti dei funzionari cinesi». Senza considerare le gelosie: «il Partito comunista cinese non potrebbe mai tollerare di vedere celebrare un altro leader modello all'infuori di sé».

(Scritto per China Files)

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