lunedì 17 aprile 2017

Lo Hebei sfida Shenzhen e Shanghai


Duemila chilometri quadrati per una popolazione di 2 milioni e mezzo di persone. Una Pechino sussidiaria 100 chilometri a 160 chilometri a sud della capitale è in costruzione. E’ questo il destino della Nuova Area Economica di Xiongan che, secondo i piani del governo cinese, assumerà principalmente le funzioni “secondarie” di Pechino, ospitando alcune istituzioni amministrative e pubbliche, sedi di società, istituzioni finanziarie, istituti di istruzione superiore e centri scientifici e tecnologici. L’obiettivo è quello di decongestionare la troppo inquinata e affollata Pechino, andando a stimolare il potenziale inespresso della provincia che la circonda: lo Hebei. Un’urgenza a cui l’establishment cinese sta lavorando da un paio d’anni e che ha già dato alcuni frutti: secondo quanto riportato recentemente dai media di stato la popolazione dei quartieri centrali della megalopoli è scesa di 353mila unità nel 2016 a quota “soli” 23 milioni. Dal 2014 l’amministrazione Xi Jinping-Li Keqiang sta lavorando alla realizzazione di un ambizioso progetto di integrazione urbana tra Pechino, la città portuale di Tianjin e lo Hebei (noto con il nome di Jing-Jin-Ji). All’epoca il distretto di Tongzhou fu indicato come principale destinazione per la delocalizzazione di tutte quelle strutture accusate di appesantire troppo la capitale. Xiongan dovrebbe costituire la seconda “colonna” del progetto.

Per usare le parole del presidente Xi Jinping, Xiongan dovrà diventare "una smart city di prima classe a livello internazionale, verde, moderna, elegante" e funzionale in termini di servizi pubblici. Alla conclusione dei lavori, l'area - che comprende le contee di Anxin, Rongcheng e Xiongxian - dovrebbe raggiungere un'estensione pari a tre volte New York e sarà raggiungibile da Pechino, Tianjin e Shijiazhuang (capoluogo dello Hebei) in 30 minuti grazie ad un graduale ampliamento delle infrastrutture stradali e ferroviarie.

Il progetto, annunciato ufficialmente il 1 aprile, nasce da un desiderio personale di Xi, recatosi lo scorso anno sul posto in perlustrazione. Secondo il leader cinese, si tratta di una "decisione storica e strategica importante" e "fondamentale per il millennio in arrivo". Addirittura, nelle parole di Xi, Xiongan diventa “l'eredità lasciata ai posteri da questa generazione del Partito comunista cinese”.

Non a caso l’obiettivo conclamato è quello di competere con le zone di libero scambio di Shenzhen e Pudong (Shanghai). Così come le prime due furono lanciate dagli ex leader Deng Xiaoping e Jiang Zemin, l'area commerciale di Xiongan dovrebbe diventare il fiore all’occhiello dell’era Xi Jinping, in procinto di inanellare un secondo mandato quinquennale. Un ultimo lascito simbolico, da parte di quello che viene considerato il dirigente cinese più potente dai tempi di Deng. Ad oggi, in Cina ci sono 19 “New Area”, di cui ben 13 istituita a partire dal 2014, ovvero più o meno in concomitanza con l’annuncio di un nuovo piano di urbanizzazione sostenibile mirato a trascinare il 70% della popolazione cinese nelle città entro il 2030. L’aggettivo “sostenibile” dovrebbe rimarcare un’inversione a U rispetto all’urbanizzazione ipertrofica degli ultimi 30 anni, costata al popolo cinese un alto tasso di inquinamento, una sperequazione dei servizi e la costante minaccia di una bolla immobiliare.



A questo punto, la domanda sorge spontanea: perché proprio Xiongan? Innanzitutto, per via del relativo sottosviluppo, che strizza l‘occhio a ciò che la Cina sa fare meglio: le infrastrutture. Attualmente, infatti, le rendite delle amministrazioni locali dello Hebei vengono principalmente dalla vendita dei terreni agli sviluppatori immobiliari, che non hanno alcun interesse a costruire infrastrutture. Considerato che gli investimenti contano per il 50% del Pil cinese, si capisce come – nell’ottica del governo centrale - il progetto sia scaltramente declinato a rilanciare la crescita economica, scesa ai minimi da 26 anni. Per Morgan Stanley, nei prossimi dieci anni la New Area richiederà tra i 12 e i 14 milioni di tonnellate di acciaio l’anno, e attrarrà 348 miliardi di dollari, aggiungendo ogni anno uno 0,4% al Pil. Numeri che la rendono potenzialmente l’opera più imponente della storia cinese moderna. Come hanno sottolineato alcuni analisti, mentre Shenzhen e Shanghai sono state puntellate da capitali stranieri, la lontananza dal mare vincola Xiongan al supporto delle risorse nazionali.

I media ufficiali non hanno lesinato gli sforzi nel tessere le lodi della zona prescelta, una delle poche del paese in cui il 100% del riscaldamento domestico proviene da energia geotermica. La presenza del lago Banyangdian, il più grande del nord della Cina, dovrebbe inoltre porre le premesse per uno sviluppo "green", come auspicato da Xi. Incuriositi dalla notizia, recentemente circa 18mila turisti sono confluiti sulle sponde del lago per festeggiare il Qingming Jie (il nostro Ognissanti), oltre il doppio rispetto al 2016.

Ma, dietro gli annunci altisonanti e le cifre da capogiro, si nascondono diverse insidie. Nonostante il progetto sia ancora poco più che un’idea, a poche ore dall’annuncio dei lavori i prezzi delle abitazioni nelle tre contee interessante sono lievitati da 8.000 a 30.000 yuan al metro quadro di pari passo con l’arrivo di speculatori a caccia d’affari, costringendo le autorità a imporre severi limiti alle vendite. Non solo. Mentre Pechino punta a incrementare la popolazione locale dagli attuali 100mila abitanti a 2 milioni, il sospetto è che molte delle piccole attività commerciali locali verranno sfrattate per far posto ai nuovi arrivati. Per di più, che Xiongan abbia realmente le tanto sbandierate credenziali “sostenibili” è tutto da vedere. Lo Hebei ospita 6 delle 10 città più inquinate della Cina e le acque dello stesso Banyangdian risultano gravemente contaminate, tanto da mettere a rischio le falde acquifere circostanti. Su tutto incombe minaccioso il nodo gordiano del debito pubblico, che alla fine del 2016 ammontava al 277% del Pil. Alla luce delle molteplici cattedrali nel deserto – croce e delizia dei governi locali - spuntate negli ultimi anni, non sono in pochi ad aver avanzato qualche perplessità sulla reale funzionalità di Xiongan.

Ma le insidie non scoraggiano i fautori dell’opera, che fanno affidamento su uno sponsor di tutto rispetto: Xi Jinping in persona. Infatti, di tutti i 18 nuovi distretti, Xiongan è l’unico a vantare l’approvazione del Comitato centrale del Pcc e del Consiglio di Stato. Vuol dire che Pechino ha il pieno potere di spedire sul posto università, uffici governativi e aziende statali – sono già una trentina quelle ad aver confermato il proprio supporto alla realizzazione del progetto.

(Scritto per Gli Italiani)





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